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Domenica, 6 Luglio, 2008 - 19:44

PSOE A CONGRESSO: SIAMO E RESTEREMO DI SINISTRA

PSOE A CONGRESSO: SIAMO E RESTEREMO DI SINISTRA
Zapatero PER SEMPRE
Congresso dei socialisti spagnoli, «Zap» inietta fiducia in un paese che sente la crisi, rivendica la laicità come la nazionale, attacca la destra. E si prepara a regnare fino al 2012, e molto oltre
Aldo Garzia
Il Manifesto 5 luglio 2008

MADRID

Da ieri fino a domenica il premier José Luis Rodríguez Zapatero si concede tre giorni da dedicare tutti al suo Partito socialista operaio spagnolo (Psoe), che celebra a Madrid il Congresso numero 37. Quando prende la parola, nel pomeriggio, per avviare la fase politica del dibattito, la platea lo applaude come si fa con i leader. È il testimonial più autorevole della rinascita del socialismo spagnolo, di quel «socialismo dei cittadini e delle libertà» che si è tradotto negli ultimi quattro anni in scelte di governo e che è chiamato a nuove verifiche - quasi unico in Europa - fino al 2012, dopo la netta vittoria nelle elezioni dello scorso 9 marzo.
Zapatero non delude la platea: «Noi socialisti siamo abituati a far crescere le libertà e la democrazia. È questo il nostro ruolo storico. Per questo affermiamo che siamo e resteremo socialisti, che siamo e resteremo un partito di sinistra». Poi dà, come è sua abitudine, una prolungata iniezione di fiducia sul futuro della Spagna. «Il nostro è un paese che è cresciuto molto, nell'economia e nella cultura. A noi non piace l'isolamento. Ci pensiamo piuttosto come cittadini europei impegnati nella cooperazione internazionale per la pace e contro la fame nel mondo. E anche per questo manifestiamo con piacere la nostra gioia ogni volta che la Spagna eccelle, come nella recente vittoria della coppa europea da parte della nostra nazionale».
Di questa conferma di fiducia che viene da Zapatero ha bisogno più che mai la società spagnola, alle prese negli ultimi mesi con preoccupanti segnali di crisi economica: gli indici di crescita sono sotto il 3%, la disoccupazione è al 10% ma soprattutto c'è lo scricchiolio del settore edilizio che fin qui ha accompagnato il boom di aeroporti, treni ad alta velocità, metropolitane e infrastrutture. Su questo punto, il premier ricorda la sfavorevole congiuntura internazionale, il rincaro del petrolio e annuncia che comunque «nessuna misura d'emergenza verrà presa senza l'accordo tra il ministro dell'economia Pedro Solbes, i sindacati e le parti sociali».
Zapatero scalda i cuori dei delegati difendendo le scelte del suo governo. «Ci avevano criticato per aver voluto il matrimonio tra coppie gay, dicendo che la parola matrimonio avrebbe disturbato settori dell'opinione pubblica. Noi invece abbiamo risarcito la sofferenza di tanti cittadini omosessuali facendoli diventare cittadini come tutti gli altri. Le stesse critiche ci sono state fatte quando abbiamo approvato le leggi contro la violenza di genere». Zapatero non dimentica le questioni sociali: «Continueremo a contrastare le disuguaglianze, a favorire le opportunità di lavoro per i giovani, a sostenere l'aumento delle pensioni e del salario minimo. La nostra spesa sociale non sarà ridotta. Anche in una fase di difficoltà economiche, la sinistra deve sapersi differenziare dalla destra».
Il premier socialista di Madrid traccia una prospettiva: «Siamo orgogliosi ma non soddisfatti. La nostra società è più libera e solidale, più mobile. Ma abbiamo rivinto le elezioni perché gli spagnoli sanno che faremo di più e meglio. È la lealtà rispetto ai nostri valori che ci rende credibili e ci rende maggioritari nella società». La polemica con la destra del Partito popolare (Pp) di Mariano Rajoy resta dura e frontale, fondata su valori e obiettivi differenti. «Ho fiducia in questo paese e nella sua laicità. Ho fiducia nel nostro progetto sociale. Ho fiducia nelle energie delle nostre forze imprenditoriali. La destra ragiona sempre e solo in termini di mercato e di opportunità individuali. Noi invece puntiamo sulla forza del cambiamento», ripete Zapatero.
La verifica di questa tre giorni del «socialismo dei cittadini» di Zapatero si svolge nel Palazzo dei congressi di Campos de las naciónes, a pochi chilometri dall'aeroporto Barajas. C'è anche una canzone-inno dal titolo ambizioso e politicamente insolito che riassume bene lo zapaterismo. Si tratta di Defender la alegria (Difendere l'allegria), testo del poeta uruguaiano Mario Benedetti e musica del cantautore Manuel Serrat, che accoglie i 995 delegati nelle fasi di intervallo. Proprio qui, otto anni fa, il Psoe tenne un congresso in ben altre condizioni. In quell'occasione a discutere era un partito battuto due volte alle elezioni da José Maria Aznar, leader del Pp. L'era di Felipe González, che aveva governato ininterrottamente dal 1982 al 1996, si era conclusa tra casi di corruzione e crisi del gruppo dirigente. E proprio qui l'allora sconosciuto José Rodríguez Zapatero venne eletto nel 2000 a sorpresa segretario del partito.
José Blanco, segretario di organizzazione, ricorda con orgoglio: «Otto anni fa avevamo meno di 8 milioni di voti ed eravamo all'opposizione. Oggi abbiamo più di 11 milioni di elettori e siamo tornati a governare dal 2004 e lo faremo almeno fino al 2012». Manuel Cháves, presidente del Psoe ma anche da molti anni della Regione dell'Andalusia roccaforte tradizionale dei socialisti, fa scattare l'applauso dei 995 delegati quando ricorda che «Zapatero, il nostro partito e le nostre politiche sono diventati un punto di riferimento delle speranze di rinnovamento del resto della sinistra europea». Sono presenti delegazioni di un certo peso degli altri partiti socialisti europei (per l'Italia, a conferma dell'imbarazzo con cui il Pd segue le vicende del socialismo spagnolo, considerato troppo laico e libertario, non ci sono Veltroni o D'Alema ma Luciano Vecchi e Lapo Pistelli).
Le conclusioni di Zapatero sono previste domenica. Non si escludono sorprese, tra cui l'annuncio che un centro studi internazionale con sede a Madrid dovrebbe coordinare la ricerca teorica con le altre forze della sinistra europea.

I DELEGATI DEL PSOE
Carme Chacón, l'erede di «Zetape»
Il Manifesto 5 luglio 2008

Hanno l'età media di 43 anni i 995 delegati che partecipano al Congresso numero 37 del Psoe in rappresentanza di 550mila iscritti. Il 52% uomini, il 48% donne. «Non siamo ancora riusciti ad avere un partito composto a maggioranza di donne, come invece abbiamo fatto nella scelta dei ministri», dichiara quasi per scusarsi José Blanco, segretario organizzativo del Psoe. Tutti i delegati hanno compiuto gli studi superiori, il 73% ha una laurea. La composizione sociale è varia, come si conviene a un partito di massa: l'80% si dichiara comunque «lavoratore dipendente». Oltre che abbastanza giovane e colto, l'identikit dei delegati socialisti presenta un'altra positiva sorpresa sul fronte della burocratizzazione del partito. Quasi il 51% occupa incarichi pubblici in rappresentanza del Psoe, mentre il restante 49% dichiara di essere solo iscritto-militante: nel congresso di quattro anni fa, la quota di chi ricopriva incarichi pubblici era addirittura dell'80%. Un'inchiesta sulla popolarità dei dirigenti vede tre donne al comando: la ministra della difesa Carme Chacón, la vice premier Maria Teresa Fernández de la Vega e la vice ministra degli esteri Leire Pajín. Tra gli uomini crescono le quotazioni di López Aguilar, ex ministro della giustizia e sicuro capolista del Psoe nelle europee dell'anno prossimo. I riflettori sono puntati soprattutto su Chacón, la «ministra col pancione», così ribattezzata a causa della sua gravidanza al momento della nomina ministeriale: i bookmaker la indicano come l'erede più probabile di Zapatero. Ma si tratta di un'ipotesi non all'ordine del giorno. Zap o Zetape - come lo chiamano in Spagna - non ha intenzione di abdicare: lui è nato nel 1960 e Chacón può aspettare, avendo compiuto appena 37 anni.

Commento di Alessandro Rizzo inserito Dom, 06/07/2008 19:45