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.: Il Blog di Alessandro Rizzo
Venerdì, 22 Giugno, 2007 - 12:45

Comunicato su sgomberi a Milano

Al prefetto di Milano
Al consiglio comunale di Milano
Alla società civile di Milano
Il consiglio comunale di Milano ha deciso a larga maggioranza con la sola opposizione di cinque consiglieri della minoranza, di sgomberare i campi nomadi abusivi. Immediatamente la giunta comunale ha proceduto a sgomberi a tappeto senza predisporre nessun tipo di soluzione per centinaia di rom rumeni che si trovano ora in condizioni disperate determinando gravi situazioni di tensione come è avvenuto al campo di via Triboniano.
Le conseguenze di questa scelta destano grandissime preoccupazioni. Questi sgomberi non offrono alternative: uomini, donne e bambini vengono semplicemente abbandonati a se stessi costringendoli a cercare rifugi di fortuna o, peggio ancora, a bivaccare nei parchi milanesi. Costretta a un nomadismo da tempo abbandonato perde le tracce di integrazione che si erano create - occasioni di lavoro, inserimento scolastico - una popolazione che ha lasciato il disastro della loro terra per cercare la loro piccola parte di felicità nell’opulenta Lombardia e per questo sono disposti ad accettare condizioni che una società normalmente civile non dovrebbe consentire a nessuno.
Chi voleva, a parole, la sicurezza ora soffia sul fuoco
genera una situazione di degrado umano e di conflitto;
legittima le azioni squadristiche contro i rom di leghisti e razzisti vari;
giustifica chi pensa che cittadini stranieri, persone e popoli abbiano meno diritti e più leggi speciali, secondo precedenti storici che hanno tragicamente segnato la storia umana;
infine abbandona a se stesse le molte associazioni e i volontari che  agiscono sul sociale e seguono i rom..
Noi crediamo che una politica responsabile e degna di un Paese civile non debba inseguire il malcontento, il disagio e anche il pregiudizio ma costruire le condizioni di diritti e doveri uguali per tutti per una convivenza pacifica e rispettosa delle .diverse culture.
Per questo chiediamo alle autorità prima di tutto di sospendere questa scelta dissennata che porta solo tensione, che si trovino nell’immediato soluzioni che rispettino la dignità e la condizione umana dei rom, infine che le aree vengano svuotate solo dopo aver trovato soluzioni abitative adeguate per tutti, avviando una politica concordata anche con i rom di processi di inserimento reale nel mondo lavorativo e sociale; dopo aver consegnato alla gestione delle forze dell'ordine e al sistema di giustizia solo chi lo deve essere.
Bisogna abbandonare la logica dei campi e prevedere, come è avvenuto e avviene in molti altri paesi, sia in Italia che in Europa, percorsi di inserimento sociale, lavorativo ed abitativo adeguato, come anche per i rifugiati e richiedenti asilo.
Facciamo perciò un appello
alle istituzioni e  alla politica perché tornino a produrre e proporre idee, contenuti, progetti per l'agire sociale della nostra comunità, mettendo al centro il diritto-dovere dell'accoglienza di una città, il rispetto dell'interesse generale di tutti i cittadini, italiani o stranieri che siano;
alla società civile perché intervenga anche con atti concreti manifestando la volontà di. rifiutare una comunità fondata sull’esclusione e sull’odio  esercitato sui più deboli e indifesi dei nostri concittadini.
ARCI, Associazione Aven Amenza, Associazione NAGA, Comitato per le libertà e i diritti sociali, Festa dei popoli di Opera, Opera nomadi

Rispondo in qualità di "società civile" anche se, temo, dirò più o meno quanto già detto in altra discussione presente su PartecipaMi.

I Rom non sono un problema, innanzitutto. Però i Rom lo diventano (non solo loro d'altronde) quando non si comportano secondo un comune sentire. Chi oggi, magari in situazione disperate, rifiuta lo sgombero in quanto non accetta la logica che ha portato a questo, non capisce che la nostra società, quella cosa che si è costruita nei secoli tra guerre e paci, si è data delle regole. Possono non essere condivise, ma occorre assolutamente che la collettività le accetti ed, eventualmente, si batta per modificarle.

Non nascondiamoci dietro ad un dito, tante persone vivono alla giornata nella speranza che "qualcosa" o "qualcuno" possa cambiare il corso della sua vita. Difficilmente certe persone faranno ciò che dovrebbe fare e cioè "sistemarsi". 

I Rom sono guardati di traverso non solo a Milano, ma in Italia e in generale in Europa. Segno che hanno quanto meno un serio problema di comunicazione. Rifiuto l'idea che i cattivi siano sempre e solo gli altri, anzi noi, visto che di questo si tratta.

Situazioni o campi abusivi purtroppo tollerati per anni hanno esasperato gli animi della gente (non necessariamente tutta razzista o leghista) che, di fronte al muro di gomma delle Istituzioni preposte ad un maggior controllo e difesa del territorio e delle persone, si è sentita alla mercè di tutta una serie di abusi.

Ora lo sgombero. Non c'è da essere felici, indipendentemente da come la si pensi o da come si guardi alla faccenda, ma ad un certo punto la corda si rompe e tutti devono capire che non basdta avere "il cuore in mano" per aiutare qualcun altro, ma è necessario anche che quel qualcun altro lo voglia, lo desideri intensamente.

Sono sempre stato contrario a soluzioni diverse o scorciatoie per i Rom. Siamo tutti uguali di fronte alla legge e dobbiamo avere tutti le stesse possibilità. Se i Rom restano stanziali devono avere gli stessi identici diritti/doveri riservati a tutti noi stanziali. Un Rom vale come un milanese, un ecuadoregno, uno svizzero.

Diversamente, i Rom nomadi hanno diritto a trovare un salvagente in alcuni posti. Un salvagente, però, non è uno yacht e deve essere a tempo (come peraltro accade anche in alcuni Paesi stranieri). 

Aborro i razzisti dell'ultim'ora, ma devo anche dire che spesso, non sempre, dall'altra parte non c'è a volontà di mettersi anche nei panni degli altri.

 

 

Commento di Paolo Ramella inserito Ven, 22/06/2007 14:27

Caro Paolo, ti rispondo brevemente, come sempre cercando di sottolineare i punti che hai giustamente argomentato e che trovo essere rispettabili e comprensibili.
Volgio dirti che anche in questa occasione il Comune giunge sempre in ritardo, spaventoso ritardo: daltronde che cosa si può prentendere da un'amministrazione che si accorge della tensione sociale esistente presso Via Paolo Sarpi nella comunità cinese e nel rapporto con la cittadinanza dopo anni e anni di loro permanenza e, direi, presenza nella città (la comunità cinese è una delle prime a essersi insediata in Italia e a Milano, ma fino a qualche mese fa sembrava non esistere per l'amministrazione). Ebbene il Consiglio Comunale decide di intervenire, a "babbo morto", usando un detto popolare, a situazione precipitata e a degrado ormai già esistente. Analizzerei la questione nella sua poliedricità, nella sua complessità, nell'ottica di chi rom è, e nell'ottica, giustamente, di chi è stanziale cittadino di Milano, spesso in difficoltà nel rapportarsi con i primi, come avviene per ogni situazione che richiede un'integrazione pronta.
E' paradossale la totale mancanza di percezione delle esigenze della popolazione nomade, di intessere un rapporto di confronto e di collaborazione con le medesime per:
a. rispettare i loro diritti giuridici, come invita anche l'Unione Europea, che più volte ha ammonito l'Italia e Milano in particolare di non aver provveduto a dare una giusta assistenza e riconoscimento dei medesimi come vorrebbe e inviterebbe fare la Convenzione Europea dei diritti delle popolazioni nomadi, rom e sinti;
b. a provvedere a dare giusta accoglienza alle stesse popolazioni, al momento dello sgombero delle aree occupate, chiaramente in situazione di forte degrado ambientale e igienico, senza servizi idrici.

Dall'altra parte, invece:
a. esasperazione dei cittadini residenti nelle zone limitrofe ai campi occupati, dovuti a fenomeni di grave violazione dei diritti, fenomeni didevianza e di emarginazione, reati quali il furto;
b. giusta rivendicazione da parte dei residenti delle zone limitrofe di una riqualificazione del territorio, vedendo uno stato di abbandono e di degrado assoluto delle aree occupate dai nomadi, rom e sinti.

In tutto questo dobbiamo considerare che, dal primo gennaio 2007, i rom e i sinti sono cittadini rumeni, quindi cittadini europei, quindi aventi gli stessi diritti a ottenere la possibilità di permanere a Milano e in Italia, in quanto esiste la libera circolazione delle persone nello spazio dell'UE.

Ebbene che fare?

Non certo le ruspe risolvono unicamente il problema, come accaduto: abbiamo visto le conseguenze, devastanti, anche interne alla stessa popolazione tra persone considerate "rientranti nei parametri prefissati dall'amministrazione" e quelle, invece, non rientranti, che dovranno vivere alla diaccio, nella totale assenza di un'assistenza adeguata e privi di sostegno sociale.
Dov'è l'integrazione, se queste sono le misure prese dal Comune? Ma dov'è il piano per un'integrazione adeguata. Tu, giustamente, parli di assenza di capacità di comunicazione da parte delle popolazioni: ma perchè non provvedere a integrarle proprio partendo da questo elemento. Non insegnando la grammatica integrale, ma il necessario per poter dare loro gli strumenti di comprendere la lingua del paese dove sono, per renderli liberi ed emancipati nel provvedere a reperire un lavoro, a integrarsi nella scuola, a fare fronte a propri bisogni, a rivendicare propri diritti. Esistono le associazioni che lo fanno, da tempo: mi viene in mente la Filef, vicina all'ARCI, mi viene in mente, per esempio, Opera Nomadi, alcune realtà operanti sui territori perifierici, spesso vicine al mondo cattolico, di volontarie e di volontari encomiabili nella loro dedizione. Ma l'amministrazione cosa fa? Cosa ha fatto? Se non si danno a loro questa OPPORTUNITA' loro come possono sentirsi se non alieni al sistema cittadino generale in cui sono presenti?

Scrivi "di fronte al muro di gomma delle Istituzioni preposte ad un maggior controllo e difesa del territorio e delle persone, si è sentita alla mercè di tutta una serie di abusi": ma questo è avvenuto, e questo è stato fatto, se la situazione è giunta a questo livello di tensione e di degrado, quasi irreversibile. La cittadinanza, i residenti, si è sentita chiaramente abbandonata dall'assenza di servizi sul territorio, di una presenza degna delle istituzioni, che non hanno proposto nessun tipo di riqulificazione delle aree e di inserimento sociale delle persone. Non c'è stato niente di niente. In Provenza avviene, ogni anno, un festival dedicato a Santa Sara, protettrice di queste popolazioni, rom e sinti. Ma in Provenza esistono protocolli che sono scritti con una certa lungimiranza, con la capacità di provvedere a intessere con loro medesimi un dialogo e un confronto, e in cui loro non debbano sentirsi, permanendo, corpi alieni. Gli stessi rom e sinti desiderano avere una casa, un'abitazione, un'educazione, un lavoro, un luogo dove trovarsi: ma se le istituzioni non provvedono a dare i canali giusti che possano determinare un inizio per questo lungo percorso da condividere, come possiamo noi accusare loro di voler rimanere in uno stato di emarginazione e non voler accettare l'integrazione.

Paolo sia chiaro: non sto attaccandoti, nè accusandoti. La mia enfasi è dovuta al tenore della mia risposta, che è dichiarazione di una mia posizione generale e assoluta, a prescindere, sulla questione. Tu hai giustamente proseguito nella discussione che ho proposto nel mio post, riportando la lettera aperta delle associazioni per i diritti dei rome  dei sinti, la "società civile", unica, finora, ad avere provvisto risorse umane ed economiche utili a fare fronte alle esigenze di integrazione e di dialogo, puramente scartate dall'amministrazione comunale.
Anzi convergo con te quando affermi "Siamo tutti uguali di fronte alla legge e dobbiamo avere tutti le stesse possibilità". Ma loro partono svantaggiati perchè non hanno i canali offerti per sentirsi uguali e nessuno, dal Comune, da questa Giunta comunale, ha voluto neppure prendere in esame gli strumenti utili a solvere questo problema.
Credo che sia giunto il momento, proprio per il nome della città che vuole essere europea e della tolleranza, di attivare una politica diversa e altra sul tema dell'integrazione. Noi nasciamo da una cultura che è di per sè ibrida, in quanto figlia di diverse culture che si ono trovate, si sono mischiate, hanno creato questo patrimonio di civiltà e di livello etico che possiamo offrire e che si basa sulla tolleranza e sull'uguaglianza. Nessun diritto è inferiore a un altro: il diritto dei residenti di vivere tranquilli e sicuri è sacro santo quanto il diritto dei rom e dei sinti di avere un'adeguata assistenza e un riconoscimento dei loro diritti, in primis quello di avere un'istruzione, una conoscenza della nostra lingua, un lavoro, una casa.
Non voglio assolutamente "giustificare" situazioni di permanenza di un degrado generale delle popolazioni stesse nomadi nei campi che tutti noi conosciamo e che abbiamo visto. Ma il Patto per la legalità è un non patto, ossia un atto unilaterale di imperio previsto dalla giunta, dove l'assessore Mojoli dice con chiare lettere che essendo lei l'amministratrice lei può comandare, in ogni ambito e situazione. Se questo è il dialogo propedeutico all'integrazione, mala tempora currunt e correranno. Se questo è il senso di responsabilità politica di una classe amministratrice miope e alquanto inadeguata penso che sia giunti a un momento di non ritorno.

Cosa ha creato il provvedimento di sgomberare il campo senza provvedere a una serie di conseguenze che chiaramente e naturalmente sarebbero derivate? Di incrementare il disordine sociale, di incrementare l'insicurezza, di incrementare il disagio diffuso, l'emarginazione e la conflittualità. Chi predica l'ordine e nel nome dell'ordine ha agito in modo grossolano ed elefantiaco ha ottenuto un peggioramento della situazione già precaria esistente. Avremo persone che vivranno ai limiti della dignità, senza posto, senza casa, senza diritti, e, spesso, vittime di una preponderanza alla devianza e al crimine di piccola portata, come reati di furto, che proseguiranno imperterritamente.
E non si può dire che occorre che loro stiano alle nostre regole se non abbiamo a loro assicurata solo la minima possibilità di poterlo fare? Non li abbiamo messi, la giunta comunale non l'ha fatto, nelle condizioni di poter iniziare un'integrazione condivisa, emarginandoli sempre a una situazione di ghettizzazione e di disagio assoluto.

Le tue considerazioni sono assolutamente condivisbili, Paolo, soprattutto quando dici che queste tue considerazioni sono dettate da una situazione di disagio che tu, come il sottoscritto, come tanti altri, avvertiamo, di degrado, di assenza delle istituzioni. Ma mi domando: le istituzioni, a Milano, devono solo provvedere a fare sentire la loro voce con la teoria del pugno di ferro usato in modo irrazionale e privo di responsabilità di lungimiranza, oppure devono costantemente monitorare le situazioni dove esistono diversi diritti in gioco e che necessitano ugualmente di essere rispettati e tutelati? In Provenza esiste da anni un'0integrazione condivisa con le popolazioni nomadi. A Milano questo non avviene, pena l'insicurezza universale e sociale di tutte e di tutti e la perdurante condizione di conflittualità. Come avviene con un cuore trapiantato, un organo vitale qualsiasi che, se non compatibile, viene rigettato dal fisico. Può essere tollerabile queste rottura della convivenza sociale e civile pacifica? Penso che in una città che si autodefinisce "europea" sia alquanto ignobile. Si provveda a fare qualcosa di costruttivo, singora giunta.

Un caro saluto
Alessandro Rizzo

Commento di Alessandro Rizzo inserito Ven, 22/06/2007 19:16