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Lunedì, 29 Gennaio, 2007 - 19:06

Lettera aperta di fine anno

a tutti i giovani calabresi ed italiani
di Aldo Pecora


Carissimi giovani (coetanei e non),
l’anno che ci lasciamo alle spalle, nel bene e nel male, sarà certamente ricordato come uno degli anni più intensi della storia politico-sociale calabrese e nazionale, ma non possiamo permetterci che l’anno che verrà sia un anno fotocopia di questo grigio 2006.
Ora più che mai c’è bisogno di tutti, nessuno escluso. Perché se l’anno che volge al termine è stato quello della “coscientizzazione”, il 2007 o sarà l’anno della concretizzazione degli impegni e della partecipazione collettiva di noi tutti al riscatto della nostra povera Calabria o tanto vale ritornare egoisticamente alle sole nostre occupazioni quotidiane.
Quante volte, cari giovani, abbiamo sentito parlare di attenzione al futuro delle nuove  generazioni? Politici tutti, schierati in prima linea ad interessarsi solo a parole di noi  senza mai, però, pensare ad un nostro effettivo coinvolgimento atto ad accrescere  lo status sociale e politico della nostra terra.
Come dire: i giovani, bella risorsa ma per ora meglio lasciarli alla finestra.
Eppure quante volte ci siamo indignati, arrabbiati. Quante volte ci siamo ritrovati tutti in piazza a manifestare?
Siamo la prima generazione del terzo millennio, la prima generazione di cittadini europei, una generazione figlia di chi “ha fatto” il ’68 ed il ’77.
Una generazione, la nostra, che nel 2006 per la prima volta ha assistito al rinnovo simultaneo di tutte le cariche istituzionali del Paese: Presidente del Consiglio, Presidenti di Camera e Senato e Presidente della Repubblica. Non accadeva dal 1948.
E poi il referendum costituzionale di giugno, mediante il quale è stata abrogata la famosa “devolution” di Bossi. Quanti di noi giovani calabresi si sono davvero interessati a queste cose?
Ahi, serva Calabria, quante cose ha visto nel 2006 e noi quasi sempre lì a guardare, senza indignarci tutti insieme come meravigliosamente fatto alla fine del 2005 a Locri.
Proprio nella Locride a marzo è stato compiuto un vile atto intimidatorio ai danni delle cooperative vicine a Monsignor Bregantini: il diserbante negli irrigatori ed il conseguente avvelenamento delle piantine di mirtilli e lamponi lì coltivate. Un’offesa al lavoro di decine e decine di famiglie di giovani, per lo più tolti dalla strada.
E non pochi giorni addietro stesso copione anche a Gioia Tauro, atti intimidatori ai danni delle cooperative di “Libera”. Anche lì sono per lo più giovani ad aver subito il danno, giovani che hanno deciso di lavorare in Calabria e per la Calabria.
Ma torniamo per un attimo con la memoria al periodo estivo.
Agosto. L’afa estiva scendeva sempre di più sulle nostre case, e mentre il dibattito politico nazionale cominciava ad infiammarsi in occasione della legge sull’indulto, in Calabria il Consiglio regionale votava la sua prima legge anti-trasparenza meglio nota come “legge Burc(a)”, quella che, per intenderci, sancisce che non sarà più pubblicato sul Bollettino Ufficiale della nostra regione tutto ciò che grava sul bilancio regionale. Pochi, veramente pochi, siamo stati i giovani ad interessarcene, a chiederci cosa fosse questa legge ed a decidere di farla abrogare al più presto.
Come pochi siamo stati quelli che ci siamo interrogati sul perché la famosa relazione della Commissione d’accesso sulla Asl di Locri, che il Viceministro Minniti dice dovrebbe essere letta nelle scuole, continui ad essere secretata e i denuncianti ad essere denunciati.
Ed a proposito di denuncianti che diventano denunciati, anche il sottoscritto ha pagato sulla propria pelle l’aver detto, assieme ad altri ragazzi, “basta!” alle strumentalizzazioni politiche sui ragazzi di Locri ed al tempo stesso a dipingere il Consiglio regionale Calabrese quale “Consiglio regionale più inquisito d’Italia”.
Ma queste cose, cari giovani, devono diventare pane quotidiano di tutti.
Immaginiamo di poter raccontare al mondo come si vive ad Adwa, dove la gente vive in media 35-40 anni e solo il 2% dei bambini frequenta la scuola elementare.
Ad Adwa, però, ci sono riusciti a cominciare a cambiare un po’ le cose.
E ad onor del vero un po’ ci stiamo provando anche noi di Ammazzateci tutti, andando in giro per le scuole e le università di tutto lo Stivale, a testimoniare quella Calabria che è già cominciata e sensibilizzare il maggior numero possibile di ragazzi e ragazze circa l’”emergenza legalità” in cui versa tutto il Mezzogiorno, con la Calabria ovviamente in testa.
Ci stiamo e ci stanno accreditando in tutta Italia, sono venuti persino da Al Jazeera a girare un documentario su di noi e sulla Calabria, ma in Calabria continuiamo ad essere una mera “vox clamans in deserto”. O meglio, osannati quando sfilavamo con i nostri striscioni, condannati quando abbiamo cominciato ad aprire la bocca e parlare, denunciare, dialogare, anche se con toni accesi.
Cari ragazzi e care ragazze, Quante persone devono ancora morire prima che la sconfitta della ‘ndrangheta diventi realtà?
Prima di tutto la cosa da fare è una: dobbiamo riprenderci la Calabria e l’Italia, dobbiamo liberarla non solo dal giogo mafioso, ma dal malaffare, dalla malapolitica, dalle massonerie deviate e da ogni potentato.
C’è bisogno di tutti noi giovani! Non possiamo continuare ad essere solo pochi identificabili don Chisciotte contro i mulini al vento.
Cari giovani, entrate in politica, scegliete il partito che meglio vi pare, ma portateci dentro  la vostra eticità, la vostra limpidezza, i vostri sogni e la vostra sana voglia di legalità.
L’attuale classe dirigente che tante volte critichiamo sarà rinnovata solo se almeno per metà sarà ringiovanita dalle esperienze, intelligenze e professionalità di donne e uomini al di sotto dei quarant’anni.
C’è bisogno di giovani che facciano cambiare idee e comportamenti a chi ci ha consegnato questo mondo indecente dove ancora oggi, non solo in Calabria, si è costretti quasi a dover scappare per affermare le proprie idee e la propria intraprendenza.
Libertà, giustizia e pace hanno bisogno del vostro volto, delle vostre mani, della vostra intelligenza, del vostro cuore per poter vivere. C’è bisogno di giovani che non si rassegnino neppure ad una sola morte, che sia essa per ‘ndrangheta, fame, incidenti stradali, suicidio, droga.
Cari giovani calabresi e di tutta Italia, spero che nel 2007 riusciremo a capire tutti che noi siamo la prima risposta alle guerre, al terrorismo, al fanatismo, alle tragedie del nostro tempo. Ognuno di noi conta, ma non perché esiste. Conta perché è un investimento della generazione che l’ha preceduto e, se vuole, può cambiare la storia.
Dobbiamo smettere di pensare che cambiare è impossibile! Leggiamoli i giornali, usiamo Internet, facciamo rete.
Il presente prima che il futuro delle nostre terre è quindi affidato a noi, e l’Italia di domani sarà  come oggi sapremo progettarla e costruire.
Non mancheranno, come non sono mancati fino ad oggi, quelli che diranno che è tutto inutile, che non vale la pena di spendersi, di rischiare di poter cambiare le cose. Ma noi abbiamo il dovere di essere sempre i primi a scendere in trincea, a Napoli, a Palermo, a Milano, a Bolzano, a Roma, ovunque ce ne sia la necessità; a spenderci in prima persona, a metterci (e rimetterci se è il caso) la nostra faccia, il nostro tempo, i nostri affetti.
Sempre lì, a sognare di poter cambiare il mondo, e chissà che magari non lo cambieremo davvero. Buon 2007 e buona vita!
Aldo Pecora