.: Il Blog di Alessandro Rizzo

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I sopravvissuti bambini alla strage di Marzabotto
Sul lungo iter giudiziario usa parole dure: «Sono trascorsi 60 anni per colpa dell'armadio della vergogna, io il processo l'avrei fatto a chi ha nascosto. Non perdonerò mai chi da bambino mi ha tolto l'affetto della mamma, è da 60 anni che aspetto il suo conforto, ma lei è rimasta là, nell'oratorio di Cerpiano quel 29 settembre». Fernando Piretti è sopravvissuto all'eccidio di Cerpiano dove il mattino del 29 settembre 47 persone, più di trenta donne e una dozzina di bambini, furono riunite e rinchiuse nell'oratorio dove le SS gettarono bombe a mano dalle finestre. Piretti, ferito alla spalla si salvò, fu il corpo della madre a fargli da scudo, poi rimase riparato dai corpi dei morti. Oltre alla madre morì la sorella di 11 anni e alcuni cugini. Il padre era nascosto nel bosco, i tre fratelli più grandi erano partigiani. Il giorno dopo si svegliò con intorno solo cadaveri e un lago di sangue, il viso sporco, forse fu questo a salvarlo quando i tedeschi tornarono per finire a fucilate chi era rimasto vivo. A portarlo via di lì un giovane arrivato a cercare la madre, anche lei fra le vittime. Insieme a Piretti si salvò Paola Rossi di 7 anni e la maestra, la suora orsolina Antonietta Benni. La famiglia Piretti solo un mese prima si era rifugiata a Cerpiano da Gardelletta, località più a valle, pensando, come molti altri sfollati, che quei luoghi impervi di montagna fossero più sicuri.
Nei giorni precedenti c'erano stati molti rastrellamenti, case e bestiame bruciati. Piretti trascorse alcuni giorni nello stabile del massacro, poi con il padre s'incamminò attraverso i boschi fino a Marzabotto, e in camion fino Bologna. Qualche giorno dopo il padre morì in ospedale, lasciandolo «orfano di vittime civili». Insieme ad un fratello raggiunse in Romagna la sorella sposata. Dopo alcuni anni tornò a vivere nei luoghi degli eccidi. Secondo l'avvocato Speranzoni il processo, dice, «ha confermato la premeditazione di un'operazione studiata a tavolino: lo sterminio di massa di un'intera popolazione. Una comunità cancellata da componenti delle SS specializzati in uccisioni di massa, esperienza fatta nei campi di sterminio dell'est europeo, per bonificare l'area, zoccolo duro della resistenza partigiana. La 16esima divisione aveva dei precedenti: era responsabile della strage di S. Anna di Stazzema». «La sentenza», continua, «ha dimostrato come, a distanza di più di 60 anni, sia stato possibile raggiungere la prova di responsabilità di crimini contro l'umanità, cosa che avrebbe riguardato un numero molto più ampio di colpevoli se celebrata anni prima».
In fase dibattimentale è emerso che né durante gli eccidi, né in precedenza, vi furono combattimenti con i partigiani, la maggior parte degli eccidi avvennero in località dove non erano presenti partigiani. Le perdite fra loro furono modeste, circa una ventina, tutte le vittime erano civili inermi. Le azioni avvennero nelle località in cui operava la brigata Stella Rossa guidata da Mario Musolesi detto Lupo. Nessun'altra unità tedesca compì in Italia stragi paragonabili a quella di Marzabotto. Sulla sentenza è laconico l'avvocato di Kusterer Nicola Canestrini, dopo la condanna in appello del suo assistito seguita all'assoluzione in primo grado, preferisce non commentare prima della pubblicazione delle motivazioni.
Nel gennaio 2006, in occasione del processo penale di primo grado, è nata l'associazione delle vittime degli eccidi nazifascisti perpetrati sui territori dei comuni di Marzabotto, Monzuno e Grizzana Morandi dalla primavera all'ottobre del 1944, composta da più di 300 tra superstiti, familiari ed eredi, con lo scopo di coordinare la tutela legale familiari.