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Il Blog di Alessandro Rizzo | www.partecipaMi.it
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.: Il Blog di Alessandro Rizzo
Domenica, 24 Dicembre, 2006 - 12:08

Energia atomica.....

Interrogazione a risposta scritta 4-00975, presentata da Silvana Pisa e
Francesco Martone il 12 dicembre 2006 ai Ministri della Difesa e degli
Affari Esteri. Premesso che:

in data 3 dicembre 1960 il Governo italiano e il Governo degli Stati
Uniti hanno concluso un accordo (repertoriato nella raccolta degli
accordi internazionali degli Stati Uniti con la classifica TIAS 4764 2
U.S.T. 641; 1960 U.S.T. LEXIS 429), con il quale i due Paesi si
impegnavano a cooperare nel campo dell'energia atomica a scopo di
comune
difesa;

in particolare, all'articolo 2 si prevede lo scambio di informazioni
concernenti l'uso militare dell'energia atomica e lo «sviluppo di
sistemi di trasporto sull'obiettivo adeguati alle armi atomiche
trasportate», e all'articolo 3 la «consegna di parti non nucleari di
sistemi di armi atomiche»;

dal citato documento si evince chiaramente che da oltre 40 anni
l'Italia
e gli Stati Uniti collaborano concretamente alla pianificazione, allo
sviluppo, allo spiegamento e al potenziale impiego di sistemi d'arma
nucleari o con vocazione principalmente nucleare, tanto che esiste uno
scambio non solo di informazioni ma anche di materiali militari
destinati ad essere impiegati in armi nucleari;

ciò nonostante, il Governo italiano ha sempre rifiutato di ammettere la
partecipazione del Paese a programmi nucleari in ambito Nato e in
collaborazione con gli Stati Uniti nonché di riconoscere l'esistenza
sul
suolo nazionale di armi nucleari, impiegabili da vettori aerei italiani
o statunitensi, nonostante vi sia ampia evidenza nella letteratura
scientifica specializzata e in documenti ufficiali;

in data 1° luglio 1968 è stato firmato il Trattato di non
proliferazione
nucleare, successivamente ratificato sia dall'Italia che dagli Stati
Uniti d'America;

il trattato contiene, nel primo articolo, l'obbligo degli Stati
nucleari
di non lasciare a disposizione di nessuno, in modo né diretto né
indiretto, armi nucleari;

con l'articolo 2, gli Stati non nucleari hanno assunto l'obbligo di non
acquisire, direttamente o indirettamente, la disponibilità ed il potere
di disporre di armi nucleari, o di cercarne o accettarne il possesso, o
di dare un supporto alla produzione delle stesse armi;

con l'articolo 6 tutti gli Stati nucleari e non nucleari hanno assunto
l'obbligo di trattare in buona fede con gli altri Stati nucleari per
pervenire al più presto possibile ad un totale disarmo nucleare sotto
controllo internazionale;

con la risoluzione 15 dicembre 1994, n. 49/75 K, deliberata
dall'Assemblea generale, le Nazioni Unite hanno chiesto alla Corte
internazionale di esprimersi con un parere sulla quesito: «È la
minaccia
o l'uso delle armi nucleari in qualunque circostanza permessa dal
diritto internazionale?», richiamando le proprie risoluzioni 1653 (XVI)
del 24 novembre 1961, 11/71 B del 14 dicembre 1978, 34/83 G dell'11
dicembre 1979, 35/152 D del 12 dicembre 1980, 36/92 L del 9 dicembre
1981, 45/59 del 4 dicembre 1990 e 46/37 D del 6 dicembre 1991, in cui
si
dichiara che l'uso delle armi nucleari è una violazione della Carta e
un
crimine contro l'umanità;

in data 8 luglio 1996, la Corte internazionale ha statuito che la
minaccia o l'uso delle armi nucleari è, in linea generale, in contrasto
con le norme di diritto internazionale applicabile ai conflitti armati
e, in particolare, con i principi e con le regole del diritto
umanitario. Decideva la Corte, inoltre, che esiste un obbligo giuridico
di perseguire in buona fede e concludere negoziati che conducano ad un
disarmo nucleare globale sotto un rigido ed effettivo controllo
internazionale;

a seguito della dissoluzione dell'Unione Sovietica, nell'aprile 1999 la
Nato ha elaborato un nuovo concetto strategico nucleare, il cosiddetto
"NATO nuclear posture review", che postula «widespread participation by
European Allies involved in collective defence planning in nuclear
roles, in peacetime basing of nuclear forces on their territory and in
command, control and consulation arrangements» («ampliamento della
partecipazione degli alleati europei coinvolti nella pianificazione
della difesa collettiva in ruoli nucleari, nella dislocazione in tempo
di pace di forze nucleari sul loro territorio e in accordi di comando,
controllo e consultazione»);

il 15 marzo 2005, gli Stati maggiori riuniti degli Stati Uniti hanno
pubblicato il documento «Doctrine for Joint Nuclear Operations»,
contenente la dottrina ufficiale sull'impeigo operativo delle armi
nucleari, vincolante per tutti i comandi subordinati delle forze armate
statunitensi;

il documento spiega in 70 pagine in modo preciso che gli Stati Uniti
sono decisi ad impiegare le armi nucleari in qualsiasi futuro conflitto
internazionale, anche a livello regionale, o in caso di minaccia
proveniente dai cosiddetti "non-state actors". Sostengono di dover e di
poter usare le armi nucleari anche per attacchi preventivi. Nelle
istruzioni è evidenziato come nessun diritto consuetudinario o
convenzionale impedisca agli Stati Uniti di usare le armi nucleari in
un
conflitto armato;

la Nato, ugualmente, ha ancora in vigore i piani militari per l'uso
delle armi nucleari che prevedono di mettere in stato di operatività le
armi nucleari che si trovano nella base di Aviano e in altre basi
collocate sul territorio italiano. Tra i bersagli si trovano non
soltanto le zone di interesse economico del medio oriente, ma anche le
zone militarmente importanti della Federazione delle Repubbliche della
Russia, la quale, a sua volta, ha dichiarato recentemente di
abbandonare
la sua politica di «no first use» e di riservarsi il diritto di
colpire,
in caso di minaccia e/o di necessità, con armi nucleari ogni Stato
anche
non-nucleare, se mette il suo territorio a disposizione di uno Stato
nucleare;

di conseguenza, il territorio della Repubblica italiana, e
specificamente la zona di Aviano e altre zone dove si trovano armi
nucleari, è un bersaglio nucleare, in quanto rappresenta una minaccia
in
un futuro potenziale conflitto;

mantenere una minaccia nucleare nei confronti di altri Paesi è un
illecito, come affermato dalla Corte internazionale di Giustizia nella
advisory opinion 8 luglio 1996, ed inoltre le armi nucleari in
territorio italiano rappresentano un pericolo per la salute e la vita
di
chi vive nei pressi di una installazione nucleare militare;

non si può mettere in discussione l'obbligo per gli Stati aderenti al
Trattato di non proliferazione nucleare, e dunque anche per gli Stati
Uniti e l'Italia, di non depositare all'interno di uno stato non
nucleare armi di distruzione di massa;

l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute, e, pertanto, la presenza
delle
armi nucleari in Italia, come preparazione di un futuro conflitto
nucleare rappresenta una violazione del diritto internazionale
generalmente riconosciuto;

in relazione a quanto sopra esposto, alcuni cittadini italiani che
vivono nelle vicinanze della base di Aviano hanno citato in giudizio
davanti al Tribunale di Pordenone il Ministro della difesa pro tempore
degli Stati Uniti Donald Rumsfeld per far rimuovere le testate nucleari
presenti sull'aeroporto di Aviano;

all'udienza del 7 luglio 2006 il Governo degli Stati Uniti non si è
costituito in giudizio e gli attori non erano in grado di dimostrare
l'avvenuta notifica dell'atto di citazione;

a tutt'oggi non risulta notificato neppure il secondo atto relativo
all'udienza del 23 marzo 2007,

si chiede di sapere:

se sia stato effettivamente notificato alle competenti autorità
statunitensi l'atto introduttivo della causa Tiziano Tissino, Giuseppe
Rizzardo, Michele Negro, Carlo Mayer e Monia Giacomini contro Rumsfeld
Reg. G. n. 4720/2005, Tribunale di Pordenone;

se il Governo, avendo a mente quanto sopra descritto, non intenda
intervenire nel giudizio a sostegno dei cittadini italiani;

se il Governo, avendo presenti gli obblighi derivanti dal Trattato di
non proliferazione e l'acclarata illegittimità del possesso e dell'uso
delle armi nucleari, non intenda chiedere il ritiro di tutte le armi
nucleari e di tutti i reparti militari previsti per il loro uso
presenti
su territorio italiano.

Domenica, 24 Dicembre, 2006 - 12:04

Lettera di Babbo Natale a Nichi Vendola

Caro Nichi,
volando dall'alto della mia slitta quest'anno non vedo una Puglia
migliore.

Ho notato che poco è cambiato. Gli stessi poligoni di tiro, le stesse
basi militari, le stesse industrie puzzolenti.

Ma vedo che il peggio deve ancora arrivare: un rigassificatore per
Brindisi, uno per Taranto... E non è finita. Da Genova portano a
Taranto
i fumi più velenosi, tutta la produzione a caldo dell'acciaieria,
quella
più inquinante, proprio quella che lì non vogliono più.

So di tante persone a letto. Non sono ammalate di influenza ma di
cancro.

E non è finita qui la storia, caro Nichi: la raffineria di Taranto la
vogliono ampliare! Volandoci sopra quasi precipitavo per la puzza.

Tornando per questo Natale devo proprio confessarti che non ho trovato
la Puglia più bella che mi avevi promesso ma un futuro grigio e
peggiore.

Caro Nichi, credo che prima o poi dovrò fare sciopero.

Vengo dal Polo e devo dirti che i ghiacci si stanno sciogliendo. Gli
scienziati scuotono il capo. Tra trentacinque anni le calotte polari
non
le vedremo più. E mentre venivo in Puglia ho saputo che il signor Riva
non vuole ridurre i fumi dalle sue ciminiere. Sbirciando fra i giornali
leggo che questo signore non ha alcuna intenzione di rispettare il
protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni. E che è disposto
a
licenziare 4000 operai pur di non diminuire i fumi delle sue ciminiere.

Corpo di Bacco! Visto che lo incontri digli di cambiare idea!

Invece di licenziare 4000 operai farebbe bene a comprare un po' di
impianti nuovi e più puliti: ma tu queste cose gliele hai dette? Lo sai
che ha conti in banca da nababbo? Io, con i miei superpoteri, riesco a
vedere oltre il segreto bancario e so che avrebbe i soldi per pulire
tutta Taranto. Ma non mette mano al portafogli! Io a quello gli porto
sempre del carbone, ma è tutto inutile: lui lo prende e lo butta sul
quartiere dei Tamburi a Taranto. E le case si sporcano ancora di più.

Fra trentacinque anni lui, il signor Riva, non esisterà più. E non
esisterà più l'Ilva. E - ricordalo - non esisteranno più le calotte
polari: a voi spetta il compito di fermare il disastro!

La mia slitta fra qualche hanno non avrà ghiacci su cui scivolare. Come
la mettiamo?

Caro Nichi, ricordati di quando eri bambino e ogni tanto pensami. Vivo
nei tuoi ricordi, vivo nel cuore di tutti i bambini e di tutti gli
uomini di buona volontà. Sono la speranza dell'umanità. Sono l'attesa
di
un mondo più bello. Senza di me, che cosa vi rimarrà?

Buon Natale, Nichi.

Il tuo

           Babbo Natale

Alessandro Marescotti" a.marescotti@peacelink.it

Domenica, 24 Dicembre, 2006 - 11:55

Buon Natale

CARA BELTA’

“Cara Beltà”, bellezza amata, questo il titolo del Concerto di Natale organizzato ieri alla parrocchia dei santi Nazaro e  Celso, a Bresso. La bellezza, per non essere soltanto ammirata o concupita, deve spirare da dentro. Oggi come mai abbiamo bisogno di questa bellezza. Io lo chiedo non soltanto per quelli che mi amano e che amo, ma anche e soprattutto per chi non sarà né amato né ricordato.
In particolare, questo Natale, il mio pensiero di bellezza va a Roberto Buffo e a Piergiorgio Welby.
Buon Natale! 
Daniela Tuscano
L’AMORE FA (Quattordici volte amore)
L’amore fa l’acqua buona
Fa passare la malinconia
Crescere i capelli l’amore fa
L’amore accarezza i figli
L’amore parla con i vecchi
Qualcuno vuole bene ai più lontani
Anche per telefono L’amore fa guerra agli idioti
Agli arroganti pericolosi
Fa bellissima la stanchezza
Avvicina la fortuna (quando può)
Fa buona la cucina
L’amore è una puttana
Che onora la bellezza
Di un bacio per regalo
Cose che fanno ridere l’amore fa
Cose che fanno piangere
L’amore fa belli gli uomini
Sagge le donne l’amore fa
Cantare le allodole
Dolce la pioggia d’autunno
E vi dico che fa viaggiare, sì
Illumina le strade
Fa grandi le occasioni
Di credere e di imparare
Cose che fanno ridere l’amore fa
Cose che fanno piangere
Fa crescere i gerani e le rose
Aprire i balconi l’amore fa
Confondere le città
Ma riconoscere i padroni (l’amore lo fa)
Aprire bene gli occhi
Amare più se stessi
L’amore fa bene alla gente
Comprendere il perdono
L’amore fa.
Ivano Fossati
Sabato, 23 Dicembre, 2006 - 09:56

Lo smog elisir di lunga vita?

Per la stima e l’ammirazione umana e professionale che nutriamo nei
confronti del prof. Umberto Veronesi, che conosciamo ed apprezziamo anche
per il suo impegno civico, ci permettiamo di intervenire rispetto a
quanto da lui affermato nei giorni scorsi a un convegno degli operatori
dell’automobile, organizzato dall’Aci.
Il professor Veronesi ha in tale sede dichiarato che l’inquinamento
atmosferico è responsabile soltanto del 2% dei tumori polmonari, al
contrario di alimenti e tabacco che, insieme, rappresentano il 75% delle
cause.
Questa affermazione corrisponde pacificamente a quanto da anni riporta
la manualistica in materia di fattori di rischio oncologico, ma, se non
correttamente interpretata, si presta facilmente ad essere
strumentalizzata per fini politici, soprattutto da parte di chi vuole negare i
perversi effetti prodotti dal traffico delle nostre città, o
frettolosamente equivocata nelle sintesi giornalistiche, che giungono difatti in
qualche caso ad affermare: “Lo smog non fa vittime” oppure “Veronesi riapre
il dibattito su polveri e blocchi delle auto: Il fumo peggio dello
smog”, o ancora “Veronesi assolve lo smog”.

E’ facile ritenere che tali affermazioni, già udite in altre
circostanze, in questo caso abbiano forse risentito di una ulteriore
amplificazione probabilmente legata anche al contesto in cui sono state rese: uno
studio delle case automobilistiche sulle responsabilità degli agenti
inquinanti, specialmente del particolato fine.
Riteniamo quindi opportuno esprimere pure una nostra (assai più
modesta) riflessione, come associazione ambientalista.

Pur con la legittimità che ogni opinione ha in un dibattito, non
pensiamo infatti che sia utile un rincorrersi di affermazioni le une
contrapposte alle altre, dove, su problemi gravi, si dice tutto e il contrario
di tutto.

L’inquinamento nuoce oppure no? Ci avvelena o no? E’ un fattore
negativo o appare invece desiderabile?

Per essere corretti, dunque, bisogna cominciare a osservare che i
valori citati dal professor Veronesi sono delle medie riferite ad aree molto
ampie, ad interi Stati e non, invece, a zone di inquinamento ad elevata
intensità, come è l’area urbana milanese. Sono cioè valori complessivi
e non dati puntuali. Richiedono quindi molta cautela nel loro utilizzo
in chiave interpretativa di realtà specifiche. Basti pensare che stime
prudenti, riferite alla esposizione in aree ad alto inquinamento
atmosferico, come Milano, indicano una incidenza causale di patologie
tumorali intorno al 12%.

E’ peraltro evidente che la parola “cancro” non va usata solo come
spauracchio per incutere terrore. Ed è altrettanto evidente che il tumore,
pur con il suo carico di stigma sociale, non è l’unica patologia dalla
quale doversi difendere.
Sfuggiamo pure alle “facili correlazioni” e partiamo quindi da un
punto, che speriamo non più controverso: traffico e inquinamento incidono
pesantemente sulla “qualità” della vita di tutti i cittadini, prima
ancora che sulla “quantità” di vita.

Sono innegabili i costi individuali e sociali, diretti e indiretti, che
il traffico genera: quanto tempo perso, quanti soldi, quanto stress,
quante malattie psicofisiche, (ma anche quanti incidenti, quanti feriti,
quante vittime)? Quanto costa alle casse dello Stato e alle nostre il
traffic jam, l’ingorgo che ci assedia ogni giorno?
Sul versante inquinamento non ci sembra che la situazione sia più
rosea: comunque la si voglia vedere, vivere in un ambiente inquinato, a
prescindere dal fatto che esso accorci o no la nostra esistenza, ci logora,
ci fa stare male, ci costringe a vivere male, aumenta intensità e
frequenza di molte patologie, moltiplica il disagio sociale, rende anche il
nostro futuro assai meno desiderabile.
E, parlando di inquinamento (di cui quello atmosferico è una parte),
neppure ci si può dimenticare che alcuni agenti inquinanti sono spesso
ampiamente sottovalutati, in qualche caso neppure del tutto conosciuti
nei loro effetti, e investono tutti i nostri sensi: non esistono solo le
polveri sottili, il particolato fine che inaliamo ad ogni atto
respiratorio, di cui leggiamo quotidiani bollettini che suscitano un allarme
che, con clamori alterni, si stempera in un senso di impotenza, ma anche
idrocarburi, gas, rumore, eccetera.

Meglio allora inalare un tot di polveri sottili o fumarsi una
sigaretta?
Se non si vogliono assecondare inopportune confusioni, è bene dire
chiaro che un conto è scegliere di fumare, essendo ormai consapevoli della
gravità del danno che il fumo infligge; un altro conto è subire, essere
costretti a respirare un’aria resa mefitica, anche se, per mera
ipotesi, meno dannosa della sigaretta che si è magari scelto di non fumare.

Ma veniamo infine all’argomento scientifico da cui è nata questa
riflessione: assodato che la qualità della vita dei cittadini comunque ne
risente, è proprio vero che l’inquinamento atmosferico prodotto dal
traffico, nella fattispecie quello da polveri sottili, non ha tuttavia
conseguenze mortali provate sul piano medico-scientifico ed epidemiologico?
Gli studi condotti a livello internazionale indicano ormai chiaramente
che una correlazione c’è. L’inquinamento è dunque un fattore patogeno
(si pensi alle malattie a carico dell’apparato respiratorio e
cardiovascolare), nonostante che la sua efficacia nel causare malattie tumorali
appaia inferiore a quella di altri agenti. Ma questo, di per sé, non
significa nulla: certamente non vuol dire che si debba abbassare
l’asticella nella lotta al traffico e all’inquinamento. Anzi.

Il bello della scienza è che essa è libera: è libera di discutere e
addirittura capovolgere qualunque assunto, non importa quanto consolidato,
senza veli dogmatici, ma ha anche il dovere di essere sempre critica
verso sé stessa.
La libertà della scienza, perché continui ad essere strumento di
ragione, ha un vincolo ineludibile: quello di ancorarsi ai dati, di
dimostrare le proprie tesi, di confrontarsi in modo aperto e senza slogan.
Accanto a ciò, il dovere di chi compie scelte politiche, di chi
amministra, come di chi informa, è quello di non piegare tali dati per utilità
diverse, ma di confrontarsi con essi per quello che stanno
effettivamente a significare.

Ed è in definitiva per questo che, partendo dai dati scientifici (seri,
obiettivi e misurabili) e conoscendo il rigore laico dell’oncologo
Veronesi, in una situazione compromessa come quella milanese, speriamo che
egli non accetti di veder accostare impropriamente il suo nome a tesi
“buoniste” e auto-assolutorie che appaiono quantomeno superficiali ed
erronee.
Perché traffico e inquinamento restano, nei fatti, una delle prime
emergenze, non solo nella nostra città. E nessuno può chiamarsene fuori.

Eugenio Galli (presidente Fiab CICLOBBY onlus)

Sabato, 23 Dicembre, 2006 - 09:54

PIERGIORGIO WELBY.............

Mi ero ripromessa di non tornare più sulla vicenda di Piergiorgio Welby, scomparso due giorni fa http://danielatuscano.wordpress.com/2006/09/24/piergiorgio-in-nome-dellumanita/#comments. La sua lezione, affermavo, dev’essere accolta con rispetto e silenzio. Non mi è stato possibile.
Il Vicariato di Roma gli ha negato i funerali religiosi http://www.romasette.it/modules/AMS/article.php?storyid=122. Nel comunicato stampa si legge che “il dott. Welby aveva ripetutamente chiesto l’interruzione della propria vita, e ciò è contrario alla dottrina della Chiesa”. Intervistato sull’argomento, mons. Rino Fisichella, mal recitando la parte del “padre” rammaricato (in effetti la sua faccia, di pietra, è sempre tristemente uguale), ha confermato che ahilui, questa deplorevole faccenda non poteva che concludersi così, il “dott. Welby” si era messo contro la cultura della vita, ma stessimo tranquilli, la Chiesa non farà mancare né la sua preghiera né la sua miseric…
…no, mi dispiace, ma non riesco a usare questa parola. Mi suona bestemmia, in questi casi. E chi scrive è, o cerca di essere, cattolica. Ha denunciato più volte le pericolose ambiguità dei sostenitori dell’eutanasia. Ma Piergiorgio ora, che già mi era parso simile a Giovanni Paolo II nei suoi ultimi momenti, lo vedo sempre più accomunato al Condannato per eccellenza, a quel Cristo cui il soldato sferrò uno schiaffo: “Rispondi così al sommo sacerdote?” (Gv 18, 22) .
I nostri sommi sacerdoti, in nome della Vita, negano un alito di concreta vita all’anima di Piergiorgio. Eppure, Piergiorgio, so che dall’alto ci scruti e sai che anche noi, oggi, noi cattolici intendo, non siamo tutti così. Ci vergogniamo di una Chiesa che fino a poco tempo fa (ma evidentemente, in questi tempi di rinnovata Controriforma, si sta tornando ai “bei tempi andati”) negava ai suicidi la sepoltura in terra consacrata. Ma non ha mai disdegnato solenni esequie a un mafioso. Non accetta la tua salma nel suo sacro tempio, a te che rischiavi di morire soffocato, a te che soffrivi atrocemente dall’età di 18 anni, a te che, forse, volevi non tanto l’eutanasia quanto evitare un vano, sadico accanimento terapeutico. Il dolore in sé non è un valore, e tu lo sapevi bene. Sei morto per testimoniare la vita degna, non per fornire alibi a chi vorrebbe sbarazzarsi di un corpo deforme e negato.
E mentre il Papa torna a tuonare sulle coppie di fatto, non vorrei davvero, specie in questo periodo, vergognarmi di essere cattolica. Ma non è questione di religione, è questione di… quella parola che non riesco a scrivere ora. A Natale, secondo lo stanco e ipocrita vaniloquio, siamo tutti più buoni. Se lo siamo sempre, però, altrimenti non ci salva nemmeno Gesù Bambino. E loro, loro non lo sono. Perdonaci, Piergiorgio, ora puoi farlo.
image
 TI VOGLIO BENE
Daniela Tuscano
Sabato, 23 Dicembre, 2006 - 09:52

A OPERA MANIFESTAZIONE ORE 12,OO OGGI

L'invito è quindi di far girare il più possibile questa nota e possibilmente di partecipare all'iniziativa:
23 dicembre - ore 12.00
Opera - area dove verranno sistemate tende
da Milano in macchina: Via Ripamonti - SS 412 - prima uscita per Opera "Opera centro" - alla prima rotonda, girare a destra.
Attenzione: ci dicono che potrebbero esserci presidi anti-rom da quelle parti.
un abbraccio
Luciano Muhlbauer


 
FATE GIRARE E PARTECIPATE GRAZIE
  
OPERA: MANIFESTAZIONE CONTRO IL CAMPO PROVVISORIO PER ROM:
INCENDIATE LE TENDE APPENA ALLESTITE
SABATO PARTECIPIAMO AL  PRANZO AL CAMPO CON DON COMEGNA
Ieri sera Opera è stata teatro di gravi manifestazioni xenofobe.
In seguito all' improvviso  sgombero di un centinaio di cittadini rom ( tra cui una trentina di bambini) dalle baracche di  via Ripamonti, nello scorso fine settimana erano stati avviati lavori per un campo provvisorio in territorio di Milano al confine con il quartiere  residenziale Noverasco di Opera, nelle vicinanze di una casa di riposo.
Il Comune di Opera, che non era stato informato, ha  segnalato che l' area non era idonea e data l' emergenza umanitaria  ha offerto la propria disponibilità ad un protocollo di intesa con Prefettura, Provincia e Comune di Milano per creare un campo provvisorio- per alcuni mesi- in un area in territorio di Opera  utilizzata per i  circhi. La gestione è affidata allla Casa dell' accoglienza di  Don Colmegna che attualmente ospita una parte   dei rom , mentre altri sono nel dormitorio di viale ortles.
La Provincia è intervenuta immediatamente, ieri erano state montate le tende.
Ieri sera era previsto un consiglio comunale. Il Sindaco si è reso disponibile a discutere ad inizio seduta del problema ma la discussione non è potuta avvenire per il clima di forte tensione da parte del pubblico, sia nel palazzo comunale che all' esterno, incitata da esponenti di destra e della lega .
Un numeroso gruppo si è recato al campo e poco dopo le tende sono state incendiate. Quindi la   via principale di attraversamento di opera è stata bloccata dai manifestanti anche con una tenda messa di traverso che impediva il passaggio ai pullman, mentre si minacciava di andare immediatamente  sotto casa del sindaco e di riprendere la protesta venerdì . Numerosi cittadini "comuni" osservavano ed approvavano, l' arrivo delle telecamere di rai e tg 5 ha dato nuovo impulso alle proteste. L' arrivo di ulteriori forze di polizia ha calmato la situazione che si è normalizzata verso mezzanotte e mezza .
Nel frattempo l' amministrazione ha tenuto una riunione dei consiglieri di maggioranza con l' arrivo di resenza di rappresentanti della Provincia (l' Ass. Corso) e Don Colmegna .
Si è deciso innanzitutto di fare una iniziativa sabato 23, con un pranzo di solididarietà nell' area del campo cui parteciperanno anche i rom,  con l' intenzione di favorendo il superamento dei pregiudizi .
Tutti coloro che vogliono partecipare all' insegna della nonviolenza e della  sono invitati.
E' importante sostenere quanti sono impegnati nel risolvere i problemi di questa famiglie e respingere il crescere della xenofobia.
Per cortesia fate girare
Grazie
Mercoledì, 20 Dicembre, 2006 - 13:44

Lettera del Comitato Inquilini Molise - Calvairate - Ponti

Lettera pubblicata da Il Manifesto il  25-10-06

 
COMITATO INQUILINI MOLISE-CALVAIRATE-PONTI

Via degli Etruschi, 1 - 20137 – Milano - Tel/Fax 02/55011187

e-mail: basta.esclusione@tiscalinet.it - http: web.tiscalinet.it/bastaesclusione
in collaborazione con
CARITAS DECANALE ROMANA-VITTORIAAssociazione Luisa Berardi – Milano
 
A Letizia Moratti
Sindaco di Milano
Milano
 
Signor Sindaco, nel febbraio scorso Lei ci ha invitati ad un incontro nel Suo ruolo di candidata alle elezioni amministrative. In quell’occasione, il 13 febbraio, nel poco tempo di cui Lei  disponeva,  Le abbiamo esposto le richieste che abbiamo presentato nel corso degli anni ai responsabili istituzionali rispetto alle condizioni di degrado e di esclusione di questi Quartieri e, dal 2004, per un cambiamento della conduzione del Contratto di quartiere,  gravemente inadeguata nella sua impostazione generale e negli indirizzi specifici relativi alle problematiche edilizie e sociali. Se sarà possibile, ci ha detto, ci incontreremo nuovamente. Durante la campagna elettorale non Le è stato possibile.
In data 10 luglio Le abbiamo chiesto l’incontro che è stato nella nostra attesa dopo la Sua elezione. Nel corso della campagna elettorale abbiamo considerato con attenzione alcune Sue dichiarazioni: se sarò eletta andrò nei quartieri… per le periferie faremo come a Lione. In data 9 corr. abbiamo telefonato alla Sua segreteria e la risposta che ne abbiamo ricevuto alla nostra lettera del 10 luglio è stata: “Il Sindaco non riceve privati cittadini. Il vostro incartamento è stato trasmesso all’Assessore Colli.”
Signor Sindaco, la situazione oggi è ben più grave di quella che Le abbiamo esposto a febbraio.
Abbiamo chiesto e ottenuto un lavoro di monitoraggio nel quartiere Calvairate, fino ad oggi eseguito con risultati parziali, per modificare in base alla conoscenza delle condizioni degli alloggi e delle famiglie i progetti preliminari degli interventi di ristrutturazione edilizia, non partecipati, confermati come progetti definitivi, non partecipati.  Assente il Comune in conseguenza di decisioni di riassetto della struttura responsabile dei Contratti di quartiere, l’ALER vanifica il lavoro del  monitoraggio fin qui compiuto  e avvia il lavoro di definizione dei progetti esecutivi di ristrutturazione edilizia confermando la progettazione non partecipata del 2004: un intervento pesante su un blocco di tre isolati per 686 alloggi, un cantiere aperto per dieci anni in un’area abitata da molti anziani e persone in difficoltà, che dovrebbero affrontare il trasferimento ad altro alloggio per la durata dell’ intervento, eseguito  per lotti di due scale. E’ decisa la demolizione di alloggi ristrutturati dagli inquilini con l’investimento dei loro risparmi o  della liquidazione ottenuta con il pensionamento, in mancanza di certificazione, mentre rimangono senza risposta i restanti alloggi del quartiere con i servizi igienici forniti di solo water, privi di doccia o vasca, o per altri aspetti in condizioni invivibili. Non si comprende perché non sia possibile inserire gli ascensori esterni, tenuto conto dello sconquasso che determinerebbe lo sventramento all’interno delle scale.
Un grande numero di persone e famiglie  non intendono subire queste decisioni e lasciare il loro alloggio per l’esecuzione degli interventi.    L’ALER  non ha dato alcuna informazione agli inquilini,  che devono aprire la porta ai tecnici incaricati della progettazione esecutiva ignorando che cosa sia stato deciso.  Nessuna attenzione ad una possibilità di lettura del monitoraggio che cambi la progettazione originaria imposta  in base all’impostazione assurdamente rigida  e costrittiva del Bando della Regione Lombardia, astratta rispetto alle reali condizioni dei quartieri,  con unilaterali criteri tecnico-economici. Nessuna impostazione del Contratto per quanto riguarda le gravi problematiche sociali. Quale decisione, dunque, rispetto  alla richiesta di  considerare infine la reale condizione dei quartieri e della popolazione, i bisogni a cui dare risposta? In conseguenza di questa situazione abbiamo deciso di sospendere la nostra partecipazione al Laboratorio di quartiere, continuando il nostro impegno nei Quartieri e per il Contratto di quartiere,  in attesa di conoscere le Sue risposte, le Sue assunzioni di responsabilità.
Le rinnoviamo la richiesta di un incontro  di lavoro nei nostri Quartieri, per noi urgente. Ora si può disporre del tempo necessario per ascoltare, per conoscere, per studiare le soluzioni migliori possibili, rispettando la partecipazione e non mortificandola, Invece precipitano  decisioni dall’alto che offendono gli abitanti, con il rischio di spreco delle risorse pubbliche.
Le inviamo il nostro saluto.
Franca Caffa – Presidente Comitato Inquilini Molise-Calvairate-Ponti
Ing. GiovanBattista Barbarossa – Volontario Comitato Inquilini Molise-Calvairate-Ponti
Don Luciano Pozzi – Responsabile Caritas Decanale Romana-Vittoria
Mariangela Simini – Presidente Associazione Luisa Berardi

Martedì, 19 Dicembre, 2006 - 15:31

Comiso: da rampa di guerra a sito di pace di Alex Langer

E' nota, e non occorre qui ripercorrerla in dettaglio, la storia dell'installazione dei c.d. "euromissili" in Europa. Dopo che, nel 1977, l'Unione Sovietica aveva installato in territorio europeo i suoi missili SS-20, nel dicembre 1979 interveniva la decisione della NATO di rispondere col dispiegamento di un certo numero di missili INF (Intermediate Range Nuclear Forces), "a media gittata".

La posizione che la NATO si poteva, alla fine, riassumere nella c.d. "doppia decisione": installare i propri missili, e negoziare con l'URSS la riduzione degli "euromissili" in entrambi i campi. In seno all'Alleanza Atlantica veniva convenuto che un certo numero di missili "Pershing II" e di "Cruise" (GLCM = Ground Launched Cruise Missiles) venissero dislocati in alcuni degli Stati membri. Questa decisione della NATO e dei Governi interessati aveva provocato un vasto movimento pacifista, in molti paesi europei occidentali, contrario all'installazione di missili che venivano visti come elemento di massima insicurezza del c.d. "teatro europeo".

In tale quadro, anche in Italia veniva scelto, dal Governo, il sito del piccolo e vecchio aeroporto "Vincenzo Magliocco" a Comiso (Ragusa, Sicilia) come base missilistica, portata a compimento nel 1983. Nel 1987 i missili GLCM ivi installati ammontavano a 108 (in dotazione al "487th Tactical Missile Wing" dell'"US Air Force"); al tempo stesso altri "euromissili" erano dislocati in Belgio (Florennes, 20 GLCM), nei Paesi Bassi (Woensdrecht), nella Repubblica Federale di Germania (Wüschheim, 62 GLCM; Wellerbach, 12 Pershing II; Schwäbisch Gmünd, 40 Pershing II; Waldheide-Neckarsulm, 40 Pershing II; Neu-Ulm, 40 Pershing II) e nel Regno Unito (Greenham Common, 101 GLCM; Molesworth, 18 GLCM). La base di Comiso aveva ospitato, a regime, circa 2700 militari USA, il personale civile era in parte locale ed in parte statunitense.

In seguito allo storico accordo tra Reagan e Gorbaciov, raggiunto a Washington l'8 dicembre 1987, dove si prevedeva l'eliminazione di 2000 testate nucleari (il 20% dello schieramento nucleare europeo), veniva deciso lo smantellamento degli "euromissili" (accanto all'eliminazione di altri tipi di armamento nucleare, chimico e convenzionale): la NATO si impegnava a rinunciare a 689 missili tra "Pershing II" e "Cruise", il Patto di Varsavia a sua volta si impegnava ad eliminarne 826.

Ancor prima della data prevista (fine maggio 1991), la base di Comiso veniva lasciata libera dai missili "Cruise", asportati - sembra - in data 27 marzo 1991, con destinazione alla base di Davis Monthan, Arizona (USA), dove vettori e testate dovevano essere distrutte. Entro lo stesso anno 1991 la base veniva restituita al Governo italiano, dopo che circa 200 militari USA vi erano ancora rimasti dopo la partenza dei missili.

Contrariamente alle assicurazioni, date dall'allora Ministro della Difesa Lagorio nel Parlamento italiano, che la base di Comiso non avrebbe comportato spese per l'Italia, in realtà circa un terzo della spesa è stato sostenuto dall'Italia, un terzo dagli USA ed un terzo dalla NATO. Dal punto di vista socio-economico, la presenza della base ha comportato direttamente un'occupazione precaria di poche centinaia di persone (che oggi si trovano in "cassa integrazione", un trattamento di temporanea disoccupazione previsto dal sistema sociale italiano). Gli effetti economici indotti (industria alberghiera, forniture, edilizia, ecc.) sono stati molto inferiori alle aspettative, anche a causa di una conduzione fortemente "autarchica" della base. In tal modo la regione interessata ha subito un doppio danno: prima la sua economia si è ri-orientata verso la presenza della base militare, ed ora deve riqualificarsi di nuovo, senza di essa. Qualcuno sostiene anche che la prospettiva di sviluppo (poi non realizzatasi) intorno alla base militare avrebbe attirato elementi mafiosi, prima non presenti in provincia di Ragusa.

2.

Anche dopo lo smantellamento della base missilistica di Comiso, il carico di installazioni militari in Sicilia resta ancora molto forte: vi sono ulteriori basi USA e NATO (tra le quali Augusta-Melilli-Priolo/Siracusa, Isola delle Femmine/Palermo, Lampedusa/Agrigento, Motta Sant'Anastasia/Catania, Sigonella-Lentini/Siracusa, Trapani-Birgi), con circa 6000 militari statunitensi e si registra ogni anno un elevato numero di incidenti connessi a tale presenza. Ma sicuramente il ritiro della base di Comiso apre una prospettiva di rilancio di attività civili, e pone - al tempo stesso - un serio problema di riconversione di infrastrutture ed attività. Va ricordato, a questo proposito, che l'installazione della base di Comiso non ha poi portato tutto quello "sviluppo" che era stato prospettato alle popolazioni della zona, ed ha in alcuni casi seminato persino disoccupazione, visto che talune attività tradizionali (commercio, agricoltura, turismo) hanno dovuto cedere il passo ad un "economia della base militare", in gran parte interna ad essa. La seriocoltura e l'edilizia, attività tradizionalmente sviluppate, sono rimaste condizionate in negativo da un sviluppo tutto incentrato intorno alla base militare. Ecco perché oggi si sente fortemente il bisogno di risanare l'economia locale e rimediare ad alcuni dei danni prodotti. Così è iniziato il dibattito, a molti livelli e molte voci, sul futuro della base di Comiso e sulla possibile destinazione civile dell'area e delle infrastrutture. Se ne stanno occupando Parlamento e Governo italiano, l'Assemblea e l'Amministrazione Regionale Siciliana, i Comuni e le Province interessate ed ovviamente anche l'opinione pubblica. Le ipotesi di utilizzo che vengono lanciate, spaziano da proposte più orientate a finalità economiche (trasformazione in aeroporto civile e commerciale), altre ispirate ad impianti di alta tecnologia (centro ricerche su "energie pulite"; progetto ricerche LASER; ricerche su applicazione tecnologie ex-militari, ecc.), a proposte miranti alla creazione di un centro internazionale di dialogo, di promozione della pace e dei diritti umani nell'area Mediterranea, di cooperazione euro-araba o di un "Politecnico del Mediterraneo", sino all'idea di utilizzare gli impianti riconvertiti in un grande centro di protezione civile e prevenzione catastrofi.

Ovviamente non può spettare al Parlamento o alla Comunità europea la scelta su come riconvertire l'ex-base di Comiso o altre analoghe strutture: ciò è interamente nelle mani delle autorità nazionali, regionali, provinciali e comunali, secondo le distinte competenze, che la Comunità europea rigorosamente rispetta.

Ciò che il Parlamento può raccomandare, è così riassumibile:

1) che nel caso di Comiso, e di altre analoghe ex-installazioni militari nella Comunità, la riconversione civile avvenga possibilmente con una valorizzazione della vocazione europea di tali siti, che da impianti destinati alla difesa militare comune ben si presterebbero a diventare importanti istituzioni civili di rilievo europeo e forse comunitario;

2) che la Comunità eserciti la sua azione di sostegno in favore dei processi di riconversione, che dovunque comportano problemi occupazionali, strutturali ed infra-strutturali, dovuti al passaggio da economie che per un certo periodo hanno dovuto subire una finalizzazione tutta o prevalentemente militare e che ora devono riqualificarsi a scopi civili.

3.

Il Parlamento europeo già in almeno tre occasioni si era espresso in favore dei processi di riconversione civile di impianti e strutture militari. "E' necessario favorire la riconversione delle regioni della Comunità in cui l'occupazione dipende in forma considerevole dall'industria bellica, sostituendola con una produzione più diversificata di beni socialmente utili", diceva ancora recentemente il cons.H della risoluzione del 18.4.1991. Naturalmente lo stesso problema si pone, pur magari in dimensioni minori, nei casi dove installazioni militari vengono tolte perché ritenute - fortunatamente - non più necessarie: l'economia di aree più o meno vaste ruotava, talvolta per anni, talvolta per decenni, intorno a tali installazioni, tanto che dopo la loro chiusura occorre trovare delle alternative, sia sul piano occupazionale che su quello dell'utilizzazione di areali ed impianti. Perchè non accogliere, anche a livello comunitario, l'idea oggi espressa nel caso di Comiso dalle autorità locali siciliane ed all'interno del Parlamento italiano, di sforzarsi di trovare, persino con una sottolineatura simbolica, delle destinazioni civili che possano contribuire non solo ad una sana economia regionale, ma anche al dialogo ed alla pacificazione internazionale e comunque ad una vocazione europea ed internazionale dei siti un tempo prescelti per ospitare missili, caserme, sistemi di armamento e così via?

Ecco perchè viene spontaneo pensare alla necessità di stimolare l'intervento comunitario in favore ed a sostegno di simili processi di riconversione. Già esiste una linea di bilancio (denominata B2-610) che mira al sostegno delle "regioni periferiche ed attività fragili della Comunità" con il programma PERIFRA, attualmente (1992) finanziato con 50 milioni di ECU (competenza) e 45 milioni di ECU (cassa). L'introduzione di tale linea di bilancio, oltretutto, aveva permesso nel 1990 il Parlamento europeo di superare un emendamento (nr.344), presentato dai deputati Lo Giudice, Theato, Langer, Cassanmagnago Cerretti, Forte, Zavvos e Bindi, volto a finanziare un programma di iniziative per compensare alcuni contraccolpi economici dovuti a processi di smilitarizzazione in corso (comprendendovi anche la base di Comiso), adottando invece l'emendamento nr.730 del relatore Lamassoure (66,4 MECU di competenza, 50 MECU di cassa) per il programma PERIFRA, esplicitamente destinato a finanziare progetti-pilota aventi attinenza, tra l'altro, con "la riconversione di basi militari e industrie militari". Tra i progetti-pilota miranti a far decollare attività nuove o alternative alle precedenti basi militari, presi in considerazione in tale ambito, troviamo (sovvenzionati al 25-50%) per esempio progetti relativi alle ex-basi sovietiche in Germania orientale o ex-basi NATO come Torrejon in Spagna. Una gestione piuttosto flessibile e pragmatica ha contraddistinto l'impiego di tali risorse, la cui disponibilità veniva comunicata agli Stati membri, attraverso i loro ambasciatori, in data 23 marzo 1991, fissando il 30 aprile 1991 come limite per l'accettazione delle domande di sovvenzione PERIFRA avanzate a livello nazionale. In luglio si è poi proceduto alla selezione dei progetti, il cui elenco è stato pubblicato il 9 settembre 1991. La responsabilità per l'esecuzione dei progetti appartiene ai Governi nazionali degli Stati membri.

Tra i 124 progetti presentati entro il 31 maggio 1991, per una richiesta complessiva di 117,4 MECU, sono stati poi selezionati, sinora, 25 progetti PERIFRA da sovvenzionare. Tra questi troviamo, in particolare, la riconversione della base NATO a Turnhout (Belgio), dove l'aiuto comunitario (515.000 ECU) viene impiegato per riqualificare il personale belga della base militare; la riconversione di altre basi NATO a Karup (Danimarca) e Torrejon (Spagna); la riconversione civile di ex-basi sovietiche in Germania orientale (Stendal/Sachsen Anhalt, Neubrandenburg/Mecklenburg-Vorpommern, Zinna/Brandenburg, Neuruppin/Brandenburg) o ex-basi del Patto di Varsavia (Thüringen), ma anche ex-basi americane, inglesi, francesi o tedesche in diversi Stati-membri(Zweibrücken/D, a Brest e a Tarbes (Francia), dove si tratta di riconvertire industrie di armamenti (radar) e basi GIAT; a Merseyside (Regno Unito) si contribuisce alla riconversione di cantieri navali, e si ha persino un caso in cui si finanzia la valorizzazione turistica di un forte militare (Kijkduin/Den Helder, Paesi Bassi).

Resta solo da auspicare che la dotazione finanziaria del programma PERIFRA possa essere via via adeguato alle necessità, e che una sistematica politica di ricerca, di accompagnamento e di incentivazione di questi processi di riconversione possa essere condotta costantemente e con attenzione dalla Commissione esecutiva della Comunità, in sintonia con le autorità regionali e nazionali interessate.

4.

Anche i fondi per lo sviluppo regionale (FEDER) potrebbero utilmente essere impiegati, tra altri scopi, pure al fine di sostenere la riconversione civile che si rende necessaria in seguito a processi di smilitarizzazione che possono provocare dei contraccolpi occupazionali o economici. Obiettivo di tali fondi è la riduzione delle disparità di sviluppo e di ricchezza tra le regioni della Comunità: quando si dimostri, che la riconversione di ex-basi militari produrrebbe vantaggi per il rilancio economico delle regioni interessate, anche i FEDER potrebbero contribuire a finanziare infrastrutture o servizi di interesse generale, che magari prendano il posto delle installazioni militari.

Meno indicato sembra, allo stato attuale, il ricorso ai fondi strutturali della C.E., visto che sono assai generali nei loro obiettivi e non vincolano a favorire proprio quei processi di riconversione dal settore militare al civile, di cui qui ci stiamo occupando.

5.

Concludendo si può dire, dunque, che la riconversione della ex-base missilistica di Comiso in Sicilia ad usi civili, così come è prevista dalle numerose prese di posizioni delle autorità localmente competenti, potrebbe trovare un utile sostegno da parte della Comunità, e che la Comunità Europea oggi dovrà anche in molti altri casi favorire - con sussidi finanziari e "know-how" tecnico - analoghi processi di riconversione in tutti gli Stati-membri. Spetterà alle autorità nazionali prendere le opportune decisioni ed avanzare le necessarie domande. La Comunità non può che rallegrarsi ogniqualvolta una realizzazione civile di orientamento e di ispirazione europea e comunitaria prenderà il posto di installazioni militari ormai superati dagli eventi, e non mancherà di offrire il proprio sostegno, secondo le proprie normative.

Ed il Parlamento europeo, a sua volta, non mancherà di premere sulle autorità esecutive della Comunità perchè si ottengano i necessari ampliamenti dei programmi ed il conseguente adeguamento dei fondi occorrenti.

Relazione sulla riconversione ad usi civili della base militare missilistica di Comiso in Sicilia, presentata per incarico della Sottocommissione Disarmo e Sicurezza e della Commissione Politica del Parlamento Europeo

Gennaio 1992

Martedì, 19 Dicembre, 2006 - 13:17

A proposito di Regolamenti Edilizi: quali sono gli altri Comuni "virtuosi"

Qualche giorno fa ho lanciato su questo blog e sul forum generale la proposta politica, che si tradurrà in un mio impegno relativo e conseguente agli strumenti istituzionali del Consiglio di Zona, di riformare accuratamente il Regolamento Edilizio Comunale, oggi vigente ma obsoleto in termini del recepimento di linee guida all'insegna dello sviluppo ecosostenibile ed ecocompatibile delle nuove edificazioni, private e pubbliche. La filosofia che regge la ratio della necessità di apportare un complessivo disegno di roforma consiste nel garantire costruzioni che non inquinino, emettendo sostanze di vario tipo tramite sistemi di riscaldamento e termini assolutamente insostenibili, riportando le fonti di energia e termodinamiche sotto la valenza del risparmio energetico e della caratteristica naturale e rinnovabile delle medesime.
L'esempio più direttamente incidente in materia è il Regolamento Edilizio riformato ex ordinanza comunale a Barcellona, esempio europeo. Per imanere in un contesto più limitrofo ho riportato il Regolamento rivisto di Carugate, emesso con delibera nel 2005, primo esempio, possiamo dire in senso pioniersitico a livello istituzionale, di impegno di riforma completa e accurata dell'edificazione e dei criteri di compatibilità ambientale e di una loro attenta e accurata verifica.
Ci sono, però, altri comuni della Provincia di Milano e della Lombardia che hanno recepito la riforma con nuovi regolamenti edilizi rivisti e riletti alla luce delle nuove esigenze di uno sviluppo di qualità della società e dell'ambiente.
Al seguente url http://www.tazioborges.it/EdiliziaSostenibile/Reg_Ed.pdf potrete trovare gli elenchi dei Comuni, in totale sono 6, che hanno già deliberato la Riforma del Regolamento Edilizio Comunale, sull'esempio di Carugate, e altri in cui la nuova delibera d riforma è in discussione, ma prossima al suo licenziamento.
Altra qualità dal punto di vista ecologico e sociale derivante dalle nuove disposizioni consiste nell'assicurare una riduzione dei consumi di energia della metà: è un notevole passo in avanti.

Infine riporto in allegato in formato pdf le linee guida per un Regolamento Edilizio Tipo delineate dall'Assessorato all'Ambiente della Provincia di Milano, il cui documento è reperibile sul sito stesso della Provincia, consistenti in un accurato disegno di analisi sugli impatti ambientali derivabili dagli insediamenti residenziali, pubblici e privati, e sulle disposizioni possibili da proporre per limitare ed eludere queste esternalità negative per la qualità del vivere in città. E', questo, un documento di analisi molto attento e puntuale, ottima guida politica istituzionale per una seria riforma dei Regolamenti Edilizi oggi vigenti, soprattutto quello di Milano, ancora fermo a qualche decennio fa e oggi assolutamente incompatibile con le nuove istanze di qualità dello sviluppo urbanistico e del miglioramento delle condizioni di vita della cittadinanza.

Cordialmente
Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano

Martedì, 19 Dicembre, 2006 - 12:39

Contro lo smog la Provincia di Milano istituisce la pagella per gli edifici

pubblico di seguito, proprio per rimanere in tema di edilizia sostenibile e nuove costruzioni eco compatibili e all'insegna del risparmio energetico, un articolo di Sergio Zabot, direttore del Settore Energia della Provincia di Milano.
Il 24 Gennaio è stata presentata a palazzo Isimbardi una procedura per la certificazione energetica degli edifici messa a punto dal Politecncico di Milano. L’iniziativa nasce nell’ambito del tavolo Energia & Ambiente, istituito dall’assessorato provinciale all’ambiente con i Comuni del milanese. Così come avviene da anni per i frigoriferi e le lavatrici, anche le case della Provincia di Milano avranno la loro brava etichetta  a scalini che, con una efficace colorazione che va dal Verde al Rosso identifica sette classi, da A per i bassi consumi, a  G per gli alti consumi.

Assieme al certificato energetico verrà rilasciata anche una targa che indicherà, in unità fisiche (kWh/m2) il fabbisogno di energia dell’edifico e che potrà essere esposto all’ingresso a fianco del numero civico.

Parallelamente, la Provincia sta creando un ente di accreditamento che avrà il compito di formare, accreditare e controllare i certificatori energetici, nuove figure professionali che, su richiesta dei Comuni, dei costruttori o anche di semplici cittadini, avranno il compito di assegnare ad ogni edificio, dopo aver fatto le necessarie verifiche, la sua etichetta.

L’istituzione della etichettatura energetica, peraltro già prevista da una legge mai applicata del 1991 e ribadita da una Direttiva europea nel 2001, introduce un elemento di conoscenza del reale consumo di un appartamento o di un edifico, oltre che inserire un po’ di trasparenza in un mercato edilizio ormai attento solo alla firma delle piastrelle del bagno e alle rubinetterie.

Porre al centro dell’attenzione i consumi energetici, oltre che dare impulso a un modo di progettare più attento all’efficienza e al risparmio energetico, serve a diminuire le emissioni di inquinanti in atmosfera, ma soprattutto ad alleggerire le bollette del gas e della luce che ormai sembrano fuori controllo.

L’iniziativa non è nuova in Italia. L’applicazione della certificazione “Casa Clima” in Alto Adige ha fatto da battistrada, dimostrando come nel volgere di pochi anni la richiesta di certificati sia aumentata esponenzialmente a discapito degli edifici meno efficienti dal punto di vista energetico, che si stanno deprezzando. Sebbene l’area milanese, come del resto tutto il nord Italia sia caratterizzato da una più ampia varietà edilizia, potrebbe verificarsi anche qui lo stesso fenomeno, sostanzialmente per via dei costi sempre più crescenti dei combustibili.

D’altra parte, l’adozione di misure di emergenza come la riduzione della temperatura degli ambienti riscaldati è il segnale preoccupante di una mancanza di governo dell’energia che, dopo essersi manifestata negli anni scorsi sul versante elettrico con i black-out, ora si estende anche al gas.

L’attenzione dei media viene distolta e rivolta  sulla necessità di adeguare l’offerta, attraverso l’incremento delle importazioni dei gasdotti e con la realizzazione di terminali di rigassificazione. Tutte cose ragionevoli. Ma non bisogna dimenticare le azioni sul lato della domanda.

Anche sul lato della domanda ci sono risorse e queste risorse si chiamano efficienza energetica e uso razionale dell’energia e non bisogna mai dimenticare che l’energia migliore è quella che non si consuma.

Il risultato di politiche di sostegno alla gestione della domanda è lo sviluppo dell’innovazione, sia di processo, sia di prodotto, che porta alla realizzazione di dividendi multipli in termini di minori consumi, minori costi per le famiglie, minori impatti ambientali, maggiore sicurezza negli approvvigionamenti. Queste politiche infine possono trasformarsi in opportunità concrete di sviluppo di tutto il mondo progettuale e imprenditoriale, assai vasto, che ruota intorno all’edilizia in genere.

(*) Direttore del Settore Energia della Provincia di Milano

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