
Chi Vuole firmare Petizione.....
ARABIA SAUDITA. IRACHENO DECAPITATO PER DROGA
4 settembre 2006: un cittadino iracheno, Muhammad Bin-Shalal Bin-Farhud al-Shammari, è stato decapitato in Arabia Saudita per traffico di droga.
Con quest’esecuzione diventano sei le persone messe a morte nel paese dall’inizio dell’anno.
Come già riportato da Nessuno tocchi Caino, lo scorso 28 agosto due militari sono stati decapitati nella città saudita di Arar per traffico di droga. Lo ha reso noto il Ministero degli Esteri, che identifica i giustiziati come Mueid bin Yahya Al-Waeli e Mehdi bin Hamad Al-Mansour. Di guardia lungo il confine con l’Iraq, i due sarebbero stati arrestati mentre trasportavano droga per mezzo di un veicolo.
L’Arabia Saudita ha un numero di esecuzioni tra i più alti al mondo, sia in termini assoluti che in percentuale sulla popolazione. Il record è stato stabilito nel 1995 con 191 esecuzioni.
Le esecuzioni nel 2004 sono state 38, il numero più basso nella storia degli ultimi anni, ma subito superato dalle almeno 90 esecuzioni effettuate nel 2005.
AFGHANISTAN. GIUSTIZIATO IN PUBBLICO DAI TALEBANI





2 settembre 2006: i Talebani hanno giustiziato in pubblico un uomo nella provincia afghana di Helmand, dopo averlo giudicato colpevole di omicidio.
L’esecuzione extra-giudiziaria è avvenuta nel villaggio di Safaar, nel distretto di Garmsir, alla presenza di decine di spettatori.
L’uomo è stato impiccato dopo che il leader talebano della zona ha pronunciato un lungo sermone.
E’ stato giustiziato – ha detto un esponente talebano, Qari Yousaf Ahmadi – per aver recentemente ucciso una persona innocente. Il padre della vittima avrebbe “chiesto giustizia”.
Il presunto assassino sarebbe stato arrestato dai talebani una settimana fa e processato da un tribunale religioso.
Per il portavoce dei talebani si tratta dell’11a esecuzione pubblica effettuata dagli “studenti di religione” nella provincia meridionale di Helmand dal 2001, anno in cui ha avuto termine il loro regime.
Il villaggio di Safaar – hanno confermato abitanti del luogo – si trova da tempo fuori dal controllo del governo afghano.
Da parte loro, funzionari del distretto hanno detto di non avere alcuna notizia dell’esecuzione extra-giudiziaria.
Non esistono statistiche ufficiali sulle esecuzioni effettuate in Afghanistan nel periodo dei talebani, ma nel solo 2001 almeno 68 persone, comprese due donne, sono state giustiziate.
Dal crollo del regime nel 2001, numerose condanne a morte sono state emesse ma il numero preciso è sconosciuto e le notizie variano dalle 11 rese pubbliche dai media alle 38 che sono state sottoposte all’approvazione presidenziale nel luglio del 2005.
Nel 2002, per la prima volta dopo moltissimi anni, non si sono registrate esecuzioni in Afghanistan e vi è stata una sola condanna a morte. Nel 2003, per il secondo anno consecutivo, non sono state effettuate esecuzioni.
Il 20 aprile 2004, è stata eseguita la prima condanna a morte comminata dalla caduta del regime dei talebani: un ex comandante militare, Abdullah Shah, condannato per più di 20 omicidi è stato ucciso con un colpo d’arma da fuoco alla nuca nella prigione Pul-e-Charkhi, nella zona orientale della capitale, davanti a testimoni, tra cui rappresentanti della polizia e della Procura.
Nel 2005, non sono state registrate esecuzioni in Afghanistan. Una donna è stata lapidata, ma si è trattato di una esecuzione extra-giudiziaria, effettuata dal marito della donna a seguito di una decisione di un Mullah locale.
Il 2 marzo 2006 Human Rights Watch ha reso noto che dal 2001, oltre 25 sentenze capitali sono state inviate all’ufficio del Presidente perché decida se eseguirle o commutarle.
Vade retro single!!
troppo.) Senza dubbio però mettere al mondo o, peggio, adottare un
figlio con lo scopo di soddisfare il proprio narcisismo, o per rimediare a
una situazione matrimoniale precaria, è segno d'immaturità quando non di patologia, o - ed eccoci arrivati al punto - di egoismo puro e semplice.
corrispettivi etero. In alcuni casi lo erano anzi di più, vuoi per
predisposizione naturale, vuoi perché consci del pregiudizio sociale nei
loro confronti e (giustamente) intenzionati a sfatarlo. La stabilità psicologico-affettiva di una persona, non le sue preferenze sessuali, devono costituire l'unico discrimine in caso di adozioni.
onestamente riconosciuto che ciò solleva una serie di problemi etico-
antropologici sui quali è indispensabile riflettere in modo approfondito, senza reazioni passionali o precomprensioni ideologiche.
Non mi pare esistano ancora studi sistematici e accreditati che garantiscano
l'assoluta ininfluenza della mancata complementarità sessuale dei
partner sulla personalità del bambino. La relazione uomo-donna non esaurisce tutte le potenzialità dell'amore umano, ma è pur vero che non si può nemmeno ridurre a mera questione di genere, del tutto irrilevante per gli scopi da raggiungere.
Ma i sindacati contestano che il risanamento debba colpire il settore
Scuola, scure sugli insegnanti Potrebbero essere mandati
di Carlo Rosso
dei dipendenti pubblici, e perché non ci fossero dubbi: «Un discorso che vale anche per la scuola».
Parole, quest’ultime, accolte con preoccupazione dai sindacati. «Finora tutto quello che sappiamo sono solo voci circa i possibili tagli, ma nessuno ci ha comunicato nulla ufficialmente», spiega Enrico Panini, segretario della CgiI-Scuola. «Qualcosa in più, forse, la sapremo domani pomeriggio (oggi pomeriggio, ndr), quando incontreremo il
ministro dell’istruzione Fioroni al quale chiederemo a cosa sta pensando il governo».
Di certo, per i sindacati, finora c’è solo un punto: il governo intenderebbe prelevare una parte consistente del risparmio dal comparto della scuola. La cifra che circola in
questi giorni è quella di un miliardo di euro nel 2007. Come arrivarci è da vedere. E qui entrano in ballo le ipotesi. La prima riguarda il possibile taglio di 100 mila insegnati (su un totale di 800 mila) che il governo vorrebbe realizzare nell’arco di cinque anni. Nei giorni scorsi è sembrato che in questa cifra dovessero rientrare anche
gli insegnati di sostegno, cioè quelli adibiti a seguire i bambini con handicap, ma l’ipotesi sembrerebbe scongiurata. Resta, comunque il taglio di un circa un ottavo dell’attuale personale msegriarte. Sebbene si tratti di una voce, la reazione dei sindacati è categoriCa: «Noi diciamo assolutamente no», dice secco Panini. «11 nostro è un settore che esce da cinque anni digestione Mo-
ratti, in cui è stato gi pesantemente penalizzato. Al governo chiediamo adesso un segno di discontinuità, perché abbiamo bisogno di investimenti altro che di tagli».
Contrario a una politica di
«lacrime e sangue per il settore si è detto anche Fioroni. 11 titolare dell’Istruzione ha annunciato di voler passare al setaccio i propri bilanci alla ricerca di soldi non spesi e di possibili sprechi. L’ipotesi di possibili tagli alla scuola intanto suscita allarme anche nella stessa maggioranza. <(Si tratta di una no
Il conflitto di Interessi

Il sistema radiotelevisivo va liberalizzato, oggi esiste un’oligarchia, con un ente pubblico assoggettato ai partiti e uno privato, che impedisce lo sviluppo di un libero mercato. Vanno create quindi le condizioni per la presenza di più soggetti privati e valutata la cessione di una o due reti pubbliche.
Alcuni concessionari di servizi pubblici nel settore delle frequenze radiotelevisive hanno alterato e alterano le regole della democrazia elettorale con l’utilizzo capzioso, abnorme e predominante degli strumenti di comunicazione, in particolare nei periodi di campagna elettorale.
Per ovviare a quest’anomalia non ci sono blind trust o altre alchimie legislative che tengano, perchè come dice Travaglio, “il fondo sarà cieco ma il proprietario è chiaramente visibile”. La soluzione, pertanto, può essere solo l’ineleggibilità di candidati con titolarità di concessioni radiotelevisive.
L’Italia dei Valori parteciperà al processo legislativo sia supportandolo, sia con proprie proposte integrative.
Si dirà: “Ma così si esclude Berlusconi”. Ma se si persevera con un sistema senza regole lo si favorisce ingiustamente. Berlusconi deve capire che, in democrazia, o fa il concessionario di servizi pubblici o fa il politico.
DALLA PARTE DEL PIU' FORTE - Natascha, alle radici della violenza
Poi si spiega che la ragazza è vittima della sindrome di Stoccolma, vale a dire della dipendenza verso il criminale. Già. Ma alzi la mano quanti conoscono la sindrome di Stoccolma, e soprattutto quanti si soffermano a leggere (o ad ascoltare) le notizie: la maggioranza no di certo.
E il messaggio che arriva qual è? Che la ragazza, tutto sommato, era consenziente. O che questo mostro tanto mostro poi non era. Le aveva anche dato un'istruzione, via. Perché questo sta alla base di ogni mentalità maschilista: la donna, in fondo in fondo, vuol essere violentata. Si capisce: animali da dominare.
A Milano sono stati arrestati dei ragazzini (il più giovane, 12 anni) per aver tentato uno stupro di gruppo ai danni di una 14enne romena. Dev'essere stato un passatempo, per loro, farsi una "femmina". Del resto i messaggi che giungono loro dai mezzi di comunicazione (l'abbiamo visto poc'anzi) e dalla pubblicità, per non parlare della tv, sono inequivocabili. Sulla scuola, poi, meglio stendere un velo pietoso: la donna non esiste nemmeno, non ha mai fatto nulla d'importante, la guerra e la violenza dei tiranni famosi sono propagandate come conquiste di civiltà.
I violentatori tunisini, poi, non hanno bisogno di commenti: vengono da tradizioni (ho parlato di tradizioni, non di cultura o religione: l'Islam in quanto tale non è più antifemminista del cristianesimo) per cui le donne, pardon le femmine, non contano nulla per il semplice fatto di esistere.
Ma un paio di parole in più le merita il loro... datore di lavoro: pregiudicato, trascorsi nell'estrema destra, fu uno dei violentatori (nel '73) di Franca Rame, la moglie di Dario Fo, rapita e stuprata perché "rossa". Non si era mai fatto un giorno di galera.
Due giorni fa, in un locale pubblico, mi è capitato di ascoltare le conversazioni di due "normalissimi" ragazzini, uno dei quali aveva appena ricevuto la telefonata di controllo della mamma. Incuranti della mia presenza, così si esprimevano nei confronti di due coetanee che avevano occhieggiato: "Guarda che f... quelle, ma si tengono per mano 'ste maledette tr...". Ripetuto tre o quattro volte. Li ho apostrofati con durezza. Loro sembravano più che altro stupiti: non capivano, cosa avevano detto di male? Già, per loro parlare così delle ragazze era una cosa normalissima.
Questa situazione non è più tollerabile. Anche perché è assai diffusa: non appena si entra in confidenza con qualche donna ci accorgiamo infatti che, nel 90% del casi, hanno subito violenza, in un modo o nell'altro.
Le città vanno sempre più militarizzandosi. La sindachessa di Milano, Letizia Moratti, ha promesso pugno di ferro contro gli stupratori (specie se extracomunitari, naturalmente). Già da diverso tempo, in effetti, i luoghi dove viviamo non sono più sicuri. E non solo la sera, ma persino in pieno giorno.
I quartieri diverranno così ancor più invivibili, rancorosi, lunari di quanto non siano ora. Terremo sigillati i nostri portoni, sempre più simili a una bocca che digrigna i denti.
La sicurezza è certo un problema reale. Inutile lasciarsi andare a sterili buonismi. Purtroppo, come sempre, il problema è molto più complesso, e originario. Ma la Moratti non può capirlo. Non può capirlo come non può capir niente di donne, come non capiva niente della scuola. Sono "mondi" a lei completamente estranei. Alieni.
Sbattere in galera uno stupratore è il minimo (e, come abbiamo visto, non è che accada poi così spesso). Ma prima di quello stupratore ci sono i brufolosi ragazzini cui ho accennato sopra. C'è un problema, insomma, educativo. Ci sarebbe da rivedere tutto un modo di comunicare: dai giornali, alle tv, alle pubblicità. E alla scuola. Ci sarebbe un intero sistema di "valori" (o di contro-valori) su cui questo mondo si è fondato praticamente da quando è nato. L'idea che esistano due esseri umani, e uno sia più... umano dell'altro. Non è raro trovare attivisti per i diritti civili dei neri, degli arabi, degli ebrei, dei gay che però restano inerti, o comunque non considerano poi gravissimo, che in tante parti del mondo, e anche da noi, le donne siano considerati oggetti. Se poi ciò avviene fuori d'Europa, beh, mica possiamo fare i razzisti, no? Ognuno ha la sua sacrosanta mentalità! C'è da giurare che se questa "mentalità" fosse stata a sfavore del nobile sesso maschile i nostri pseudo-paladini non sarebbero andati tanto per il sottile e non avrebbero mancato di cambiarla, fosse pure a suon di cannonate.
Ci sarebbe da ascoltare le donne, e le donne militanti. La loro cultura, il loro paziente lavoro per la liberazione di TUTTI, non solo del genere femminile. Ma Moratti è una donna dalla mentalità maschile e aristocratica: di queste cose non glien'è mai importato un fico. Non possiamo aspettarci alcun gesto costruttivo da parte sua. Solo qualche pistolero in più. Come invoca Anna Falchi dalle pagine di "Repubblica". Dove andremo a finire...
Catena Umana lungo l'adriatico contro la guerra
Lunedì 21 Agosto 2006
Torno oggi dopo una bella vacanza!
Ho così tanto da raccontare e mostrare che mi sono preparato uno schemino per i prossimi 10 articoli…
Da dove cominciare? Beh, direi dalla questione più “urgente”: il pericolo di una prossima guerra mondiale e il tema del disarmo nucleare globale.
Moltissimi e partecipanti al Movimento Umanista tornano ad essere veramente preoccupati. Dopo il gran lavoro fatto negli anni ‘80 per scongiurare il conflitto atomico, mai avrei pensato che saremmo dovuti tornare sul tema e con tanta energia.
Su iniziativa del Social Forum di Pescara, il 15 agosto si è realizzata una catena umana sulle spiaggie dell’Adriatico contro la guerra in Libano e per chiedere (aggiungiamo noi) il disarmo nucleare globale.
Non so come è andata altrove, ma noi del Movimento Umanista eravamo (circa un migliaio) in campeggio vicino a Lecce, è abbiamo fatto la nostra parte coinvolgendo anche tutti i bagnanti e gente locale, chiamando televisioni e giornali.. il risultato? 2Km di catena umana lungo la spiaggia tra Torre Rinalda e Casalabate!
Certo non è stato banale organizzare tale cosa.. ma siamo abituati a ben altro
Puoi vedere in questo primo filmato anche il clima di pace e allegria che c’era in tutti noi:
http://www.arcoiris.tv/module
a domani. ciao
Cecio
Ticket di ingresso Milano, ATM,posteggi....
vi segnalo ancora altree e-mail oltre a quella del 23 agosto u.s. sul ticket di ingresso a Milano.
A mio avviso il ticket d'ingresso nell'area metropolitana, che la giunta comunale vorrebbe adottare per risolvere il problema del traffico, non è assolutamente la soluzione migliore per tre motivi:
Le zone con ticket di ingresso riguarderebbero, se non sbaglio, quelle che partono dal centro fino alla cerchia della circonvallazione esterna. Si creerebbero quindi molti disagi in periferia (Milano si estende ben oltre la cerchia della circonvallzione), dovuta ad un maggior transito di auto, mentre solo i residenti delle zone centrali trarrebbero dei benefici. Quindi, come già specificato in un precedente commento, si creerebbero cittadini di seria A e di serie B.
Il ticket graverebbe solo sugli autisti con un reddito medio-basso, mentre per altri (magari per chi guida SUV) il peso della nuova spesa non sarebbe eccessivo. Quindi vedremo girare in città solo fuoristarda ed auto sportive....
In questo momento il trasporto pubblico è nelle condizioni che tutti conosciamo. La giunta comunale vorrebbe migliorarlo con i fondi ricavati dal ticket di ingresso... ...ma la domanda sorge spontanea: nel periodo che va dall'introduzione del ticket d'ingresso fino alla messa in opera dei propositi di miglioramento dei servizi, quanti ulteriori disagi, dovuto all'aumento dell'utenza, dovranno subire gli utenti del trasporto pubblico?
A mio avviso occorrerebbe creare una situazione in cui sia comodo utilizzare i mezzi pubblici e rimanga, come oggi, scomodo utilizzare la macchina in città.
Oggi, l'automobilista imbottigliato nel traffico, vede i mezzi di superfice anch'essi imbottigliati, strapieni di gente accalcata che cerca di far rispettare il suo mezzo metro quadrato a gomitate, oppure vede gente imprecare alla fermata dell'autobus che è in ritardo bestiale, e quindi non è certo incentivato all' utilizzo del trasporto pubblico.
Se invece vedesse, mentre va a 5 all'ora, scorrere velocemente e comodamente gli autobus sulla loro corsie preferenziali, potrebbe anche ripensarci.
Nel percoso della 90-91 nel tratto del cavalcavia monte-ceneri, ci sono sempre auto in fermata, se non addirittuara in sosta, sulla corsia preferenziale. La cosa assurda è che la polizia municipale ,in quel tratto, ogni tanto ferma delle auto per dei controlli, senza fare la minima contravvenzione alla fila di auto in sosta sulla corsia preferenziale!
Nel percorso che fa il 14, fra piazza napoli e via Solari, la corsia perferenziale non viene rispettata, impedendo al tram di raggiungere la fermata di Sant'Agostino in tempi accettabili.
Si potrebbero aggiugere delle corsie prefernziali da rispettare solo in determinate fasce orarie (dall 8.00 alle 9.30 e dalle 17.00 alle 19.00). Ad esempio nel percorso della 95 che, secondo me, è l'autobus più lento di Milano.
penso che molta gente, come me, andrebbe al lavoro in bicicletta, se non rischiasse l'osso del collo transitando su strade utilizzate dalle automobili.
ho la sensazione che delle multe comminate dai controllori, sono una minima parte venga pagata dai trasgressori. Spero non sia così. Se davvero tutti gli utenti pagassero il bilglietto i fondi per migliorare il sistema di trasporto non sarebbero poi così difficili da reperire.
Stavo pensando.. ma chi invece abita a Rho e lavora a Milano, naturalmente prende la macchina perchè con traffico ci mette 30/40 minuti, quando ci sarà il ticket d'ingresso quanto spenderà al mese? E poi, deciderà di lasciare la macchina a Molino Dorino e troverà fila alla cassa, fila alle macchinette per far passare l'abbonamento, gente in attesa in banchina (parlo dell'ora di punta), attesa per i convogli sempre pieni, attesa per qualche altro mezzo...quante ore prima deve partire da casa? 2 ore come minimo.
Non fa prima a trovarsi un lavoro a Rho....già, ma non penso ci sia lavoro per tutti i rodensi. Io quello che mi aspetto è estremo casino....Tante file e tanta gente incazzata...ma probabilmente qui in Italia bisogna arrivare a questo punto, per svegliare le menti della gente troppo concentrata nelle sue cose. E qui forse il comitato riuscirà ad essere ascoltato! Leggo che ci sono tante preoccupazioni a proposito...puntiamo su queste preoccupazioni, mettiamo davanti a loro il caos che regnerà sovrano e proviamo a fare un'azione preventiva.
Come? I pochi attivi e partecipi si riuniscano per fare una manifestazione davanti a Palazzo Marino. E lì espletiamo tutti i problemi che stiamo raccogliendo in questi mesi. Questa è una proposta estrema, naturalmente prima bisogna fare dei piccoli passaggi e bisogna continuare a fare quello che stiamo facendo. Io ci sono sempre, a seconda degli impegni lavorativi; come vedi ci sono con le mie proposte e preoccupazioni.
Se, in linea di pricipio, l'iniziativa andrebbe accolta favorevolmente, temo però che, in assenza di una rete di collegamenti ragionevolmente efficiente tra Milano e l'hinterland (almeno in orario lavorativo), questo provvedimento finisca per vessare quei pendolari che non dispongano di alternative praticabili all'uso dell'auto privata.
Una volta che il servizio pubblico copra effettivamente anche tali zone, ben venga il pedaggio!
Stefano
E' notizia del Corriere della sera l'intervento dell'assessore Sgarbi sul contestato parcheggio di piazza Sant'Ambrogio.
(e quindi i cittadini) non sborsa un centesimo: si tratta comunque di risorse scarse e dell'utilizzo di beni appartenenti alla collettivita'.
dritti dritti all'interno della citta'.
Per giunta in aree di grande pregio storico, architettonico, ambientale, culturale. Dicono che "giuridicamente non c'e' piu' nulla da fare". Perche', cosa e' stato fatto prima? Quali passaggi pubblici, quali possibilita' di intervento, quale trasparenza e' stata data su queste opere? Perche' si e' decisa proprio quella (e non altra) collocazione?
Ne' e' giusto rassegnarsi.
*****************************
La bici non consuma e non produce emissioni, non ingombra e non fa rumore: è un mezzo ecologico per definizione e ad alta efficienza energetica. La bicicletta migliora il traffico, l'ambiente, la salute e l'umore.Buon giorno.
Da quindici anni sono abbonata annuale ATM. Ho letto sui giornali che state raccogliendo segnalazioni di disservizi e reclami per migliorare la qualità dei servizi ATM.
Lettera aperta della Tavola della Pace al Direttore del Corriere della Sera
Caschi Bianchi...mail da Gabriele De Veris da Perugia
Abbiamo nel cuore la morte di tante persone nel Libano, abbiamo nel
cuore la morte di Angelo Frammartino. Una vita giovane dedicata alla
ricerca della pace. Credo che anche per lui dovremmo rilanciare la
proposta dei Caschi Bianchi a questo Governo. Da 8 anni aspettiamo
che una legge riconosca questo strumento di pace, che renda efficace
la prevenzione dei conflitti e la ricostruzione dopo una guerra.
Quando avremo i Caschi Bianchi potremo davvero parlare di 'missioni
di pace'.
Gabriele De Veris, Perugia
L'Italia non rinunci alla componente civile.....
La Tavola della pace insiste: l’Italia non rinunci alla componente civile, indispensabile e insostituibile
Non solo soldati.
In Libano una missione più civile.
Proposto un Difensore civico e un “Corpo di pace civile europeo”
6 settembre 2006 - La missione di pace in Libano approda in Parlamento e la Tavola della pace presenta nuove proposte concrete per favorire il suo successo.
“Non basteranno i militari, hanno affermato Flavio Lotti e Grazia Bellini, coordinatori nazionali della Tavola della pace. In Libano serve anche una forte componente civile. L’Italia deve costruirla anticipando una decisione che deve diventare europea. La missione dell’Onu non deve fallire e la componente civile è indispensabile.”
Data la natura complessa e l’alto rilievo della missione dell’Onu in Libano l’Italia, l’Europa e la comunità internazionale non possono fare a meno del contributo insostituibile di una componente civile impegnata a curare la “dimensione diritti umani” e a promuovere la “sicurezza umana”.
Quello che serve è innanzitutto personale civile in congruo numero e con appropriata competenza: monitori dei diritti umani, specialisti nel settore dello sviluppo e dell’assistenza umanitaria, personale esperto in comunicazione e dialogo interculturale. L’intera missione UNIFIL deve tener conto dei bisogni fondamentali delle popolazioni che sono afflitte da violenza e da insicurezza. Serve dunque personale civile impegnato in un continuo processo di comunicazione, consultazione e dialogo con le autorità di governo locale, i gruppi e le organizzazioni della società civile, sindacali, religiose, i media locali.
L’Italia ha scommesso sull’Onu. Ora deve prendere l’iniziativa, ancora una volta con coraggio e determinazione, per costruire questa componente civile anche investendo parte delle proprie risorse economiche stanziate per la ricostruzione (gestite dal Ministero Affari Esteri) nelle stesse zone del sud del Libano in cui si trovano ad operare le forze militari dell’Onu.
L’iniziativa del governo italiano potrà contare sulla collaborazione e il contributo autonomo di numerose organizzazioni della società civile e di Enti Locali e riceverà un largo sostegno internazionale. L’attenzione alla dimensione umana delle operazioni di pace è infatti da tempo coltivata nell’ambito delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea per iniziativa di centri di studio universitari e di governi, tra i quali esemplare è quello del Canada.
E’ importante che tra questi civili ci sia anche un “difensore civico” o “mediatore” (ombudsman) che sorvegli il comportamento dei Caschi blu nei loro rapporti con la popolazione. Il difensore civico assegnato alla missione dovrebbe assicurare che i diritti fondamentali siano rispettati, in primo luogo dal personale militare impiegato ed essere responsabile delle indagini sulle denunce fatte dai cittadini del luogo riguardo abusi o infrazioni commesse dalla Forza di pace UNIFIL. La sua nomina dovrebbe essere di competenza del Parlamento Europeo, cui riferirebbe regolarmente e possibilmente anche ai parlamenti nazionali, sia su richiesta sia d’iniziativa se il caso presunto riguarda una specifica forza nazionale di sicurezza; potrebbe agire ulteriormente come “punto di informazione legale”, informando la popolazione locale sui diritti e doveri e sulle disposizioni giuridiche vigenti durante l’operazione.
Due possono essere gli strumenti per assicurare una forte presenza civile in Libano: il “Meccanismo di reazione rapida” dell’Unione Europea, già funzionante dal 2001 e il “Corpo di pace civile europeo”, di annosa preconizzazione e che potrebbe finalmente trovare una prima attuazione nel contesto dell’operazione di pace in Libano.
Tenuto conto che in passato funzionari delle Nazioni Unite hanno tenuto comportamenti che non sono conformi agli ideali e ai principi dell’Onu, con l’effetto di dare scandalo agli occhi dei più bisognosi, occorre che il personale civile da impiegare in questa che si preannuncia o comunque dovrebbe essere una operazione esemplare anche sotto il profilo del rilancio-rinnovamento delle Nazioni Unite, deve essere reclutato attingendo agli ambienti che sono più qualificati e attendibili: università (con specializzazione sui diritti umani) e reputate organizzazioni della società civile.
Il buon funzionamento della missione dell’Onu in Libano può facilitare l’indispensabile iniziativa politica dell’Europa e delle Nazioni Unite per costruire finalmente la pace in Medio Oriente e può aprire la strada a nuove missioni di pace a partire dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania.
Nota bene.
Il “Meccanismo di reazione rapida” (creato con Regolamento (CE) N. 381/2001 del Consiglio del 26 febbraio 2001), ha la funzione principale di mettere in grado l’UE, attraverso una celere erogazione di finanziamenti, di “rispondere in modo rapido, efficace e flessibile a situazioni d’emergenza o di crisi o a minacce di crisi”. Tale Meccanismo può essere attivato in quei paesi dove si verificano minacce all’ordine pubblico, alla sicurezza e alla incolumità delle persone o dove la situazione potrebbe degenerare in un conflitto armato o minacciare una destabilizzazione del paese o compromettere i benefici delle politiche e dei programmi di assistenza e di cooperazione. Tra le iniziative assunte dall’UE nel quadro del Meccanismo di reazione rapida si segnalano l’istituzione di una unità di polizia integrata a Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo, l’avvio di un programma di sostegno al processo elettorale e costituzionale in Iraq, il supporto mediatico al processo di pace in Liberia, il progetto per la promozione del negoziato e del dialogo e la riduzione del conflitto violento in Bolivia. E’ importante sottolineare che spetta alla Commissione europea decidere e attuare le azioni previste dal meccanismo di reazione rapida. I soggetti destinatari possono essere le autorità statali, le organizzazioni internazionali, le ONG e gli operatori pubblici e privati.
Da diversi anni si discute, soprattutto al Parlamento europeo e nella società civile, della creazione di un “Corpo di pace civile europeo” (CPCE), quale ulteriore strumento dell’UE per accrescere la sua azione esterna in materia di prevenzione dei conflitti e costruzione della pace dopo un conflitto. Nel 1999 il PE ha adottato una Raccomandazione, con la quale chiede al Consiglio di elaborare uno studio di fattibilità sulla possibilità di istituire un CPCE nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune. Nella Relazione che accompagna la Raccomandazione sono indicate le funzioni che tale Corpo dovrebbe svolgere: mediazione e rafforzamento della fiducia tra le parti belligeranti, aiuto umanitario, reintegrazione degli ex combattenti, sostegno agli sfollati, ai rifugiati e ad altri gruppi vulnerabili, ricostruzione, stabilizzazione delle strutture economiche, monitoraggio dei diritti umani, osservazione elettorale, creazione e sviluppo di istituzioni democratiche, educazione alla pace e ai diritti umani, dialogo interculturale. Il CPCE dovrebbe essere istituito dall’UE quale servizio specifico nell’ambito della DG Relazioni esterne ed operare sotto la sua autorità sulla base di un mandato dell’ONU o delle organizzazioni regionali (OSCE, OUA, OSA).
“In modo crescente, il mantenimento della pace richiede che i funzionari politici civili, i supervisori dei diritti dell'uomo, i funzionari elettorali, gli specialisti nell'ambito dei rifugiati e degli aiuti umanitari e le forze di polizia giochino un ruolo centrale al pari dei militari. Si è dimostrato sempre piu' difficile ottenere nei quantitativi richiesti il personale di polizia. Io raccomando che siano riveduti e migliorati gli accordi per l'addestramento del personale per il mantenimento della pace - civile, di polizia, o militare - utilizzando le varie potenzialità dei Governi degli Stati Membri, delle organizzazioni non governative e le strutture del Segretariato”.
Boutros Boutros-Ghali, Segretario generale dell’Onu (1995)