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.: Il Blog di Donatella Elvira Camatta
Mercoledì, 6 Settembre, 2006 - 15:11

L'Italia non rinunci alla componente civile.....

La Tavola della pace insiste: l’Italia non rinunci alla componente civile, indispensabile e insostituibile
Non solo soldati.
 
In Libano una missione più civile.
Proposto un Difensore civico e un “Corpo di pace civile europeo”
6 settembre 2006 - La missione di pace in Libano approda in Parlamento e la Tavola della pace presenta nuove proposte concrete per favorire il suo successo.
“Non basteranno i militari, hanno affermato Flavio Lotti e Grazia Bellini, coordinatori nazionali della Tavola della pace. In Libano serve anche una forte componente civile. L’Italia deve costruirla anticipando una decisione che deve diventare europea. La missione dell’Onu non deve fallire e la componente civile è indispensabile.”
Data la natura complessa e l’alto rilievo della missione dell’Onu in Libano l’Italia, l’Europa e la comunità internazionale non possono fare a meno del contributo insostituibile di una componente civile impegnata a curare la “dimensione diritti umani” e a promuovere la “sicurezza umana”.
Quello che serve è innanzitutto personale civile in congruo numero e con appropriata competenza: monitori dei diritti umani, specialisti nel settore dello sviluppo e dell’assistenza umanitaria, personale esperto in comunicazione e dialogo interculturale. L’intera missione UNIFIL deve tener conto dei bisogni fondamentali delle popolazioni che sono afflitte da violenza e da insicurezza. Serve dunque personale civile impegnato in un continuo processo di comunicazione, consultazione e dialogo con le autorità di governo locale, i gruppi e le organizzazioni della società civile, sindacali, religiose, i media locali.
L’Italia ha scommesso sull’Onu. Ora deve prendere l’iniziativa, ancora una volta con coraggio e determinazione, per costruire questa componente civile anche investendo parte delle proprie risorse economiche stanziate per la ricostruzione (gestite dal Ministero Affari Esteri) nelle stesse zone del sud del Libano in cui si trovano ad operare le forze militari dell’Onu.
L’iniziativa del governo italiano potrà contare sulla collaborazione e il contributo autonomo di numerose organizzazioni della società civile e di Enti Locali e riceverà un largo sostegno internazionale. L’attenzione alla dimensione umana delle operazioni di pace è infatti da tempo coltivata nell’ambito delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea per iniziativa di centri di studio universitari e di governi, tra i quali esemplare è quello del Canada.
E’ importante che tra questi civili ci sia anche un “difensore civico” o “mediatore” (ombudsman) che sorvegli il comportamento dei Caschi blu nei loro rapporti con la popolazione. Il difensore civico assegnato alla missione dovrebbe assicurare che i diritti fondamentali siano rispettati, in primo luogo dal personale militare impiegato ed essere responsabile delle indagini sulle denunce fatte dai cittadini del luogo riguardo abusi o infrazioni commesse dalla Forza di pace UNIFIL. La sua nomina dovrebbe essere di competenza del Parlamento Europeo, cui riferirebbe regolarmente e possibilmente anche ai parlamenti nazionali, sia su richiesta sia d’iniziativa se il caso presunto riguarda una specifica forza nazionale di sicurezza; potrebbe agire ulteriormente come “punto di informazione legale”, informando la popolazione locale sui diritti e doveri e sulle disposizioni giuridiche vigenti durante l’operazione.
Due possono essere gli strumenti per assicurare una forte presenza civile in Libano: il “Meccanismo di reazione rapida” dell’Unione Europea, già funzionante dal 2001 e il “Corpo di pace civile europeo”, di annosa preconizzazione e che potrebbe finalmente trovare una prima attuazione nel contesto dell’operazione di pace in Libano.
Tenuto conto che in passato funzionari delle Nazioni Unite hanno tenuto comportamenti che non sono conformi agli ideali e ai principi dell’Onu, con l’effetto di dare scandalo agli occhi dei più bisognosi, occorre che il personale civile da impiegare in questa che si preannuncia o comunque dovrebbe essere una operazione esemplare anche sotto il profilo del rilancio-rinnovamento delle Nazioni Unite, deve essere reclutato attingendo agli ambienti che sono più qualificati e attendibili: università (con specializzazione sui diritti umani) e reputate organizzazioni della società civile.
Il buon funzionamento della missione dell’Onu in Libano può facilitare l’indispensabile iniziativa politica dell’Europa e delle Nazioni Unite per costruire finalmente la pace in Medio Oriente e può aprire la strada a nuove missioni di pace a partire dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania.
Nota bene.
Il “Meccanismo di reazione rapida” (creato con Regolamento (CE) N. 381/2001 del Consiglio del 26 febbraio 2001), ha la funzione principale di mettere in grado l’UE, attraverso una celere erogazione di finanziamenti, di “rispondere in modo rapido, efficace e flessibile a situazioni d’emergenza o di crisi o a minacce di crisi”. Tale Meccanismo può essere attivato in quei paesi dove si verificano minacce all’ordine pubblico, alla sicurezza e alla incolumità delle persone o dove la situazione potrebbe degenerare in un conflitto armato o minacciare una destabilizzazione del paese o compromettere i benefici delle politiche e dei programmi di assistenza e di cooperazione. Tra le iniziative assunte dall’UE nel quadro del Meccanismo di reazione rapida si segnalano l’istituzione di una unità di polizia integrata a Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo, l’avvio di un programma di sostegno al processo elettorale e costituzionale in Iraq, il supporto mediatico al processo di pace in Liberia, il progetto per la promozione del negoziato e del dialogo e la riduzione del conflitto violento in Bolivia. E’ importante sottolineare che spetta alla Commissione europea decidere e attuare le azioni previste dal meccanismo di reazione rapida. I soggetti destinatari possono essere le autorità statali, le organizzazioni internazionali, le ONG e gli operatori pubblici e privati.
Da diversi anni si discute, soprattutto al Parlamento europeo e nella società civile, della creazione di un “Corpo di pace civile europeo” (CPCE), quale ulteriore strumento dell’UE per accrescere la sua azione esterna in materia di prevenzione dei conflitti e costruzione della pace dopo un conflitto. Nel 1999 il PE ha adottato una Raccomandazione, con la quale chiede al Consiglio di elaborare uno studio di fattibilità sulla possibilità di istituire un CPCE nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune. Nella Relazione che accompagna la Raccomandazione sono indicate le funzioni che tale Corpo dovrebbe svolgere: mediazione e rafforzamento della fiducia tra le parti belligeranti, aiuto umanitario, reintegrazione degli ex combattenti, sostegno agli sfollati, ai rifugiati e ad altri gruppi vulnerabili, ricostruzione, stabilizzazione delle strutture economiche, monitoraggio dei diritti umani, osservazione elettorale, creazione e sviluppo di istituzioni democratiche, educazione alla pace e ai diritti umani, dialogo interculturale. Il CPCE dovrebbe essere istituito dall’UE quale servizio specifico nell’ambito della DG Relazioni esterne ed operare sotto la sua autorità sulla base di un mandato dell’ONU o delle organizzazioni regionali (OSCE, OUA, OSA).
“In modo crescente, il mantenimento della pace richiede che i funzionari politici civili, i supervisori dei diritti dell'uomo, i funzionari elettorali, gli specialisti nell'ambito dei rifugiati e degli aiuti  umanitari e le forze di polizia giochino un ruolo centrale al pari dei militari.  Si è dimostrato sempre piu' difficile ottenere nei quantitativi richiesti il personale di polizia. Io  raccomando che siano riveduti e migliorati gli accordi per l'addestramento del personale per il  mantenimento della pace - civile, di polizia, o militare - utilizzando le varie potenzialità dei Governi  degli Stati Membri, delle organizzazioni non governative e le strutture del Segretariato”.
Boutros Boutros-Ghali, Segretario generale dell’Onu (1995)