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.: Il Blog di Alessandro Rizzo
Giovedì, 19 Luglio, 2007 - 13:58

Pensare il vestito in modo ecologico

Forse nessuno ancora ha pensato quale potrebbe essere l'origine di alcune dermatiti e intolleranze a sostanze di vario genere, che si manifestano con fastidiose orticarie, spesso di grave entità. Credo che occorra pensare a un'alternativa culturale dell'abbigliamento, quello non sintetico, quello non trattato con coloranti di varia natura, quello non derivante da coltivazioni intensive di piante di cotone, quelle non derivanti dal trattamento della lana prelevata da pecore che si cibano di erbe geneticamente modificate, come avviene spesso in America Latina. Ma occorrerebbe lanciare una nuova prospettiva nella cultura della moda, nella cultura produttiva dell'abbigliamento, pensando che ci sia un patrimonio ecologico e sostenibile, un mondo competitivo che potrebbe diventare leader sulla scena economica e commerciale. Pensiamo a quello che indossiamo, informiamoci, cerchiamo di scegliere: concepisco che spesso ci siano costi più elevati nel comprare e acquistare un capo ecologicamente compatibile rispetto a un capo trattato con coloranti, a basso prezzo di produzione: ma penso che sia abbatsanza importante avviare nuove pratiche, che partano dal quodiano, dalla nostra vita giornaliera, da quello che noi possiamo scernere.

Un interessante articolo di Carnazzi di Lifegate invita a pensare ecologico nella moda e nella cultura dell'abbigliamento, lanciando un comportamento etico nel rispetto della natura e di noi stessi. Non abbiamo mai immaginato che molti nostri indumenti possano essere intollerabili per il nostro fisico nonchè per l'intero sistema ambientale e naturale, data la modalità di produzione dei medesimi.

Un caro saluto
Alessandro Rizzo

Nudi, nell'intimità 
 
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 Nudi, col cuore che batte avvolti alla persona che si ama. E poi sotto la doccia.
Pensateci bene. Sono gli unici momenti di tutta la vita in cui il nostro corpo non è coperto da un qualche indumento...  
 
 ...Che siano i pochi centimetri quadrati del costume da bagno o i pesanti pastrani in cui ci s’imbacucca goffamente d’inverno. I vestiti sono una “seconda pelle” che copre, protegge dalle intemperie, riscalda. Che sfoggiamo per motivi estetici, culturali, rituali ed edonistici. Un lembo di stoffa ci accompagna ovunque, comunque, e l’industria della moda, economicamente prepotente e appariscente in tutti i paesi ricchi, ne studia tagli, linee, colori e tendenze.

La qualità più nascosta, più segreta, eppure più importante per la nostra pelle, il nostro corpo, no; quella no, la si dimentica sempre, non viene mai presa in considerazione.
La qualità biologica.
Che significa capacità traspirante e assorbente del tessuto, coibenza, morbidezza e piacevolezza al tatto, ma soprattutto assenza di sostanze tossiche rilasciate a contatto con la pelle.
Fibre sintetiche, trattamenti chimici e colorazioni artificiali sono la norma, nell’abbigliamento moderno. Senza contare l’impatto ambientale causato all’origine dalla coltivazione intensiva delle piante richieste dall’industria tessile. In India i pastori si lamentano delle morie di pecore e capre che vanno a brucare nei campi di cotone Ogm. C’è chi dice che è colpa del fatto che sono piante transgeniche, c’è chi dice che è colpa dei pesticidi. Fattostà che sono letali. E che il 50% delle migliaia di tonnellate di pesticidi a livello globale vanno nelle piantagioni di cotone del Sud del mondo, dove regole e controlli sono labili e dove, si sospetta, vengono tollerati trattamenti molto inquinanti, proibiti nei Paesi occidentali.
A questo s’aggiunge in tutta la catena produttiva dei tessuti un campionario di trattamenti da far invidia a un petrolchimico. Secondo un’inchiesta pubblicata su “Aam Terranuova” - settembre 2002: cromo (utilizzato come mordente e colorante), nichel e cobalto (finissaggi e coloranti), formaldeide (finissaggio di stampa colorata), colophone, trietanolammaina (finissaggio), profumi sintetici, composti ammoniacali, composti di mercurio (antimicrobici), bagni di teflon (appretto e antipiega)… E ancora apteni, Apeo, Dtdmac, Dsdmac, Dhtmac, Edta…
Nulla di tutto ciò è scritto sull’etichetta dei vestiti.
In compenso ce lo si trova “impresso” sulla pelle, dato che proprio al prolungato contatto con simili sostanze s’imputa la crescente diffusione delle dermatiti allergiche da contatto. 
 
È da notare che le reazioni paiono provocate soprattutto dai colori aptenici usati per ottenere il “blu scuro”, e molta parte delle persone allergiche sembrano non tollerare proprio i capi tinti di questo colore.
Un’altra via, c’è. Un altro modo di pensare i vestiti. Non è (solo) una moda. È un grande investimento sulla qualità. Biologica.
Come per l’agricoltura biologica qualche anno fa, stanno nascendo realtà produttive e imprenditoriali volte alla ricerca delle soluzioni più naturali, aggregando realtà produttive, agricole e industriali d’avanguardia con la sensibilità per la natura. In tutte la fasi della filiera tessile, coltivazione delle piante, produzione e raccolta delle fibre, filande, produzione d’abbigliamento e imprese di apprettatura, la natura viene rispettata seguendo nuove norme produttive e nuove strade commerciali.
Il cotone è per questo la coltivazione principe, e sempre più ampie regioni nel bacino Mediterraneo sono oggi coltivate a cotone con le pratiche dell’agricoltura biologica. Certificate.
Dopo il raccolto, le fibre vengono filate e tinte esclusivamente con puro indaco e trattate con processi in linea coi dettami del più grande e rigoroso standard internazionale, l’Oeko-Tex 100, che garantisce la totale assenza di rilascio per sfregamento di sostanze tossiche. Perfino il filo per cucire, il cosiddetto cucirino, dev’essere in puro cotone, così come bottoni, cerniere e rivetti sono privi di contaminanti.
Nei capi trattati con queste tinte, il colore non è mai netto, ma questo, specialmente nel caso dei jeans, non è un difetto. Anzi. Con il lavaggio si ottiene un effetto molto apprezzato, da capo vissuto. Vivo.
È la vita, la chiave di tutto, il desiderio di riscoprire l’autentico rispetto della natura anche nel vestirsi, di sapere che anche il gesto dell’indossare un paio di jeans può essere latore di un messaggio culturale, e che sulla pelle portiamo solo la trama di una storia di armonia con l’ecosistema.

Giovedì, 19 Luglio, 2007 - 13:44

I misteri dell'aria di casa

I misteri dell'aria di casa 
www.lifegate.it
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 Gas di scarico delle auto e fumi delle caldaie: questo è lo smog, nell’immaginario collettivo. Non pensiamo mai che in ambienti come la casa e l’ufficio l’aria possa essere più inquinata di quella esterna. Invece è proprio così.  
 
 La maggior parte della popolazione urbana trascorre dal 90 al 95% del proprio tempo in luoghi chiusi, dove gli agenti nocivi possono essere molti: formaldeide da legno trattato e truciolare, composti volatili da prodotti chimici per la pulizia della casa, pollini, acari e muffe, ma anche fumo di sigaretta e gas di combustione dei fornelli.
I diversi disturbi causati dall’inquinamento indoor  sono raggruppati sotto il nome di Sick Building Syndrome (SBS): si tratta di irritazioni agli occhi, mal di testa, nausea, torpore, sonnolenza, che spariscono non appena si esce dal luogo in questione.
Alla SBS si aggiungono la Building Related Illness (BRI),  disagio legato alle sostanze contaminanti presenti negli ambienti interni, e la Multiple Chemical Sensitivity (MCS), ossia l’impossibilità di tollerare un ambiente chimico o una classe di sostanze chimiche.
Che fare, dunque, per migliorare l’aria negli ambienti chiusi ed evitare disagi per la salute? 
È sufficiente aerare le stanze almeno un’ora al giorno, usare panni elettrostatici per togliere la polvere, adoperare meno sostanze chimiche per la pulizia della casa.
E infine sfruttare le potenzialità di alcune piante, come ad esempio filodendro, aloe vera e dracena, per assorbire naturalmente gli inquinanti dell’aria (ne basta una ogni 9 mq).
 
 

Ecco altri piccoli suggerimenti e informazioni utili:

  1. Usare i sacchetti di lavanda o i trucioli di cedro per profumare gli armadi. Le palline bianche di naftalina possono provocare emicranie, nausea, sindrome da affaticamento.
  2. Scegliere mobili in legno massello italiano, il meno possibile trattati, fabbricati con legname controllato. I mobili "etnici" possono essere, infatti, trattati con sostanze chimiche (si parla addirittura di DDT…) che, oltre ad evitare formazione di funghi e proliferazione di batteri, si diffondono nell’ambiente domestico. 
  3. La stessa cosa vale per i pannelli in truciolato, tenuti insieme da colle che rilasciano, gradualmente, formaldeide nell'ambiente.
  4. Laddove non fosse possibile un ricambio naturale dell’aria si possono utilizzare dei filtri, costituiti da materiali naturali assorbenti (come i carboni attivi, che riducono le concentrazioni di inquinanti) e apparecchi condizionatori.
  5. Contro le polveri sottili, che arrivano dall’esterno attraverso la suola delle nostre scarpe e che si depositano sugli arredi, è consigliabile sfregare bene i piedi sullo zerbino prima di entrare in casa.
  6. Contro le muffe e i funghi che possono formarsi in bagno o in cucina: stendere i panni ad asciugare fuori, o con le finestre spalancate e assicurarsi che non vi siano perdite d'acqua.
  7. In ufficio, sistemare stampanti laser, fotocopiatrici, macchine termiche lontano dalle scrivanie o dagli ambienti lavorativi, o ancora in apposite stanze ventilate.
  8. Le piante come l'areca palmata, filodendri, ficus, felci, dracena, edera, dieffenbachia, capaci di assorbire forti quantità di molecole volatili nell'aria, sono utili anche per combattere le allergie da polline!
  9. Il comune "tronchetto della felicità" ha un’azione fenomenale contro la formaldeide e il benzolo (ne assorbe rispettivamente il 50 e il 52 per cento in un solo giorno).
  10. Meglio usare il meno possibile i mastici, che sono gomme o resine sciolte in solventi (toluene, xilene, pentano, nitropropano, benzene e stirene, idrocarburi), che per "funzionare" devono evaporare, rilasciando particelle chimiche nell'aria.
Insomma, bastano pochi accorgimenti per tirare un sospiro di sollievo.

Giovedì, 19 Luglio, 2007 - 13:36

Affermazione gestione pubblica servizi CAM

MOZIONE
 
Affermazione della gestione pubblica dei servizi erogati dai Centri di Aggregazione Multifunzionale del Comune di Milano
 
 
Considerata di fatto
 
la volontà espressa dalla Direzione del Settore Decentramento del Comune di Milano, (ho cancellato il nome perchè è il direttore nella sua funzione da citarsi) durante la riunione tenutasi nel mese di gennaio 2007 con le rappresentanze sindacali degli operatori dei Centri di Aggregazione Multifunzionali, in cui si indicava l’intenzione dell’amministrazione, di esternalizzare la gestione dei servizi erogati dai medesimi arrecando, a nostro avviso, nocumento alla qualità del servizio ed alla stabilità dei rapporti di lavoro, in gran parte precario, degli stessi operatori preposti al servizio
 
Visto in diritto
 
la delibera comunale approvata il 16 settembre 2003 in cui si evince la potestà e la funzione assunta dall’organo consiliare circoscrizionale nel proporre, adottare ed attuare una programmazione unica dei corsi e delle attività di aggregazione sociale promosse nelle strutture medesime, gestiti direttamente o in convenzione dal Consiglio di Zona, in base del nuovo sistema di organizzazione delle iniziative zonali di aggregazione sociale denominato "Polo Multifunzionale Zonale"
 
Constatato
 
sempre dal testo della delibera di cui sopra, che sussiste già il principio della convenzione a soggetti terzi della gestione di parte di servizi che il Centro di Aggregazione Multifunzionale propone sul territorio
 
Presa conoscenza
 
nella Relazione Previsionale e Programmatica di Bilancio 2007/09, dell’enunciato programmatico riportato a pagina 201, al punto "Centri di aggregazione multifunzionale" nel capitolo complessivo titolato "Aree cittadine e consigli di zona", che cita espressamente:
"Le principali linee di azione per il prossimo futuro, in questo contesto, possono essere sintetizzate nei seguenti punti:
-         Introdurre un sistema di gestione delle iniziative che utilizzi modalità omogenee per la realizzazione delle attività (non solo, quindi, incarichi a persone singole, ma anche affidamenti di servizi a società, convenzioni, etc...) con il rispetto delle norme vigenti in materia di procedure ad evidenza pubblica per la loro realizzazione"
 
Dedotta
 
in modo inequivocabile, affermativo e rafforzativo dal testo della suddetta Relazione di Bilancio il principio dell’esternalizzazione della gestione dei servizi, come già anticipato, in modo graduale dal testo della Delibera approvata dal Consiglio Comunale il 16 settembre 2003
 
Evinta
 
la conferma, subordinata al parere espresso dai relativi Consigli di Zona, della volontà di esternalizzare la gestione del servizio dei Centri di Aggregazione Multifunzionali da parte della stessa Assessora al Decentramento, Sen. Ombretta Colli, la quale, nella risposta a una interrogazione scritta formulata dal Capogruppo de L’Ulivo del Consiglio di Zona 7 di Milano, in cui si chiedevano informazioni in merito ai risultati ottenuti “dall’indagine esplorativa posta in essere per valutare se esistono i presupposti per l’affidamento degli spazi comunali siti nella struttura di Via delle Betulle, 39” di pertinenza del Consiglio di Zona 7
 
PqM
 
Il Consiglio di zona chiede che il Sindaco e l’Assessore al Decentramento
 
  1. predispongano un piano urgente di rilancio della gestione e della funzione dei Centri di Aggregazione Multifunzionale, strutture tipiche della città di Milano e senza eguali in altri contesti urbani e municipali, aventi la finalità di aggregazione sociale e di elargizione di servizi predisposti per la cittadinanza e per le diverse fasce di esigenze e di bisogni socio culturali della collettività;
  2. confermino l’attuale modalità di gestione pubblica dei servizi erogati dai Centri di Aggregazione Multifunzionali, carattere, questo, che definisce il mantenimento del controllo della qualità dei servizi elargiti dai medesimi, considerato anche l’aumento esponenziale in diversi contesti di utenti iscritte e di iscritti negli ultimi 7 anni;
  3. affidino, qualora fosse già operativo, a soggetti terzi l’elargizione di alcuni e secondari servizi, vincolando il Consiglio di Zona ad impegnarsi nel predisporre garanzie e condizioni nell’atto di affidamento, in particolare, la tutela della dimensione operativa territoriale di tali soggetti in quanto maggiormente a conoscenza della struttura e della tipologia dell’utenza; il carattere aperto della fruizione dei servizi, che non deve essere occasione di mero lucro e di guadagno; la tutela e la garanzia dei rapporti di lavoro oggi esistenti tra l’ente amministrativo e gli operatori, nonché, infine, il carattere temporale del servizio stesso e non permanente;
  4. Considerato il notevole  patrimonio di esperienza e professionalità maturato sul campo  dagli operatori del servizio C.A.M. in molteplici anni di collaborazione con l’amministrazione comunale, si ritiene indispensabile l’indizione di un concorso riservato per l’assunzione a tempo determinato del personale precario come previsto dal comma 560 della finanziaria in vigore. Ciò garantirebbe una stabilità professionale ed economica ai lavoratori coinvolti, nonché confermerebbe la continuità di un intervento che, negli anni, è diventato un punto di riferimento per l’aggregazione e socializzazione nelle zone, per molti cittadini di tutte le fasce d’età.
 
 
Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano
 
 
 
 
 
 
 

Giovedì, 19 Luglio, 2007 - 13:34

19 Luglio 1992 : Una strage di stato

19 Luglio 1992 : Una strage di stato
Per anni, dopo l’estate del 1992 sono stato in tante scuole d’Italia a parlare del sogno di Paolo e Giovanni, a parlare di speranza, di volontà di lottare, di quell’alba che vedevo vicina grazie alla rinascita della coscienza civile dopo il loro sacrificio, dopo la lunga notte di stragi senza colpevoli e della interminabile serie di assassini di magistrati, poliziotti e giornalisti indegna di un paese cosiddetto civile.
Poi quell’alba si è rivelata solo un miraggio, la coscienza civile che purtroppo in Italia deve sempre essere svegliata da tragedie come quella di Capaci o di Via D’Amelio, si è di nuovo assopita sotto il peso dell’indifferenza e quella che sembrava essere la volontà di riscatto dello Stato nella lotta alla mafia si è di nuovo spenta, sepolta dalla volontà di normalizzazione e compromesso e contro i giudici, almeno contro quelli onesti e ancora vivi, è iniziata un altro tipo di lotta, non più con il tritolo ma con armi più subdole, come la delegittimazione della stessa funzione del magistrato, e di quelli morti si è cercato da ogni parte di appropriarsene mistificandone il messaggio.
Per anni allora ho sentito crescere in me, giorno per giorno, sentimenti di disillusione, di rabbia e a poco a poco la speranza veniva sostituita dalla sfiducia nello Stato, nelle Istituzioni che non avevano saputo raccogliere il frutto del sacrificio di quegli uomini, e allora ho smesso di parlare ai giovani convinto che non era mio diritto comunicare loro questi sentimenti, soprattutto che non era mio diritto di farlo come fratello di Paolo che, sino all’ultimo momento della sua vita, aveva sempre tenuto accesa dentro di se, e in quelli che gli stavano vicino, la speranza, anzi la certezza, di un domani diverso per la sua Sicilia e per il suo Paese.
Per anni allora non sono neanche più tornato in Sicilia, rifiutandomi di vedere, almeno con gli occhi, l’abisso in cui questa terra era ancora sprofondata, di vedere, almeno con gli occhi, come tutto quello contro cui Paolo aveva lottato, la corruzione, il clientelismo, la contiguità fossero di nuovo imperanti, come nella politica, nel governo della cosa pubblica, fossero riemersi tutti i vecchi personaggi più ambigui, spesso dallo stesso Paolo inquisiti quando ancora in vita, e nuovi personaggi ancora peggiori dato che ormai oggi essere inquisiti sembra conferire un’aureola di persecuzione e quasi costituire un titolo di merito.
Da questa mia apatia, da questo rinchiudermi in una torre d’avorio limitandomi a giudicare ma senza più volere agire, sono stato di recente scosso da un incontro illuminante con Gioacchino Basile, un uomo che ha pagato sempre di persona le sue scelte, che, all’interno dei Cantieri Navali di Palermo e della Fincantrieri, ha sempre condotto, praticamente da solo e avendo contro lo stesso sindacato, quella lotta contro la mafia che sarebbe stata compito degli organismi dello Stato, Stato che invece, secondo le sue circostanziate denunce, intesseva accordi con la mafia trasformando le Partecipazioni Statali in un organismo di partecipazione al finanziamento e al potere della mafia in Sicilia.
I fatti riferiti in queste  denunce, di cui Paolo Borsellino si era occupato nei giorni immediatamente precedenti il sua assassinio, sono state oggetto di una “Relazione sull’infiltrazione mafiosa nei Cantieri Navali di Palermo” da parte della Commissione Parlamentare di inchiesta su fenomeno della mafia (relatore On. Mantovano) ma come purtroppo troppo spesso succede in Italia con gli atti delle commissioni parlamentari, non hanno poi avuto sviluppi sul piano parlamentare mentre su quello giudiziario, come sempre succede quando si passa dalle indagini sulla mafia a quello sui livelli “superiori”, hanno subito la consueta sorte dell’archiviazione.
Gioacchino Basile è convinto che l’interesse personale che Paolo gli aveva assicurato nell’approfondimento di questo filone di indagine e l’averne riferito in uno dei suoi incontri a Roma nei giorni immediatamente precedenti la sua morte, sia il motivo principale della “necessità” di eliminarlo con una rapidità definita “anomala” dalla stessa Procura di Caltanissetta e che la sparizione di questo dossier dalla borsa di Paolo sia stata contestuale alla sottrazione dell’ agenda rossa.
Per parte mia io credo che questo possa essere stato soltanto uno dei motivi, all’interno del più ampio filone “mafia-appalti” che lo stesso Paolo aveva fatto intuire fosse il motivo principale dell’eliminazione di Giovanni Falcone insieme alla sua ormai certa nomina a Procuratore Nazionale Antimafia.
Il  motivo principale credo invece sia stato quell’accordo di non belligeranza tra lo stato e il potere mafioso che deve essergli stato prospettato nello studio di un ministro negli incontri di Paolo a Roma nei giorni immediatamente precedenti la strage, accordo al quale Paolo deve di sicuro essersi sdegnosamente opposto.
Su questi incontri, che Paolo deve sicuramente aver annotato nella sua agenda scomparsa, pesa un silenzio inquietante e l’epidemia di amnesie che ha colpito dopo la morte di Paolo tutti i presunti partecipanti lo ha fatto diventare l’ultimo, inquietante, segreto di Stato,  come inquietanti sono i segreti di Stato e gli “omissis” che riempiono le inchieste su tutte le altre stragi di Stato in Italia.
Ma il vero segreto di Stato, anche se segreto credo non sia più per nessuno, è lo scellerato accordo di mutuo soccorso stabilito negli anni tra lo Stato e la mafia.
A partire da quando i voti assicurati dalla mafia in Sicilia consentivano alla Democrazia Cristiana di governare nel resto dell’Italia anche se questo aveva come conseguenza l’abbandono della Sicilia, così come di tutto il Sud al potere mafioso, la rinuncia al controllo del territorio,  l’accettazione della coesistenza, insieme alle tasse dello Stato, delle tasse imposte dalla mafia, il pizzo e il taglieggiamento.
E, conseguenza ancora più grave, la rinunzia, da parte dei giovani del sud, alla  speranza  di  un  lavoro  se  non  ottenuto, da  pochi, a  prezzo  di favori e clientelismo e negato, a molti, per il mancato sviluppo dell’industrializzazione rispetto al resto del paese.
A seguire con il “papello” contrattato da Riina con lo Stato  con la minaccia di portare la guerra anche nel resto del paese (vedi via dei Georgofili e Via Palestro), contrattazione che è stata a mio avviso la causa principale della necessità di eliminare Paolo Borsellino, e di eliminarlo in fretta.
A seguire, infine, con l'individuazione di nuovi referenti politici dopo che le vicende di tangentopoli aveva fatto piazza pulita di buona parte della precedente classe politica e dei referenti "storici".
Accordi questi che costituiscono la causa del degrado civile di oggi dove si consente che indagati per associazione mafiosa governino la Sicilia e dove, a livello nazionale, cresce, almeno nei sondaggi, il consenso popolare verso chi ha probabilmente adoperato capitali di provenienza mafiosa per creare il proprio impero industriale con annesso partito politico.
Come possono allora chiamarsi “deviati” e non consoni all’essenza stesso di questo Stato quei “Servizi” che, per “silenzio-assenso” del capo del Governo o su sua esplicita richiesta, hanno spiato magistrati ritenuti e definiti “nemici” nei relativi dossier e addirittura convinto altri magistati a spiare quei loro colleghi che, sempre negli stessi dossier, venivano definiti come “nemici”, “comunisti” e “braccio armato” della magistratura, con un linguaggio che non è difficile ritrovare negli articoli di certi giornali e nelle dichiarazioni di certi poltici.
Giaocchino Basile mi dice che sarebbe mio diritto “pretendere” dallo stato di conoscere la verità sull’assassinio di Paolo, ma da “questo” Stato, dal quale ho respinto  “l’indennizzo” che pretendeva di offrirmi quale fratello di Paolo, indennizzo che andrebbe semmai offerto a tutti i giovani siciliani e italiani per quello che gli è stato tolto, sono sicuro che non otterrò altro che silenzi.
Gli stessi silenzi, lo stesso “muro di gomma”, che hanno dovuto subire i figli del Generale Dalla Chiesa, i parenti dei morti in quella interminabile serie di stragi, la strage di Portella della Ginestra, la strage di Piazza Fontana, la strage di Piazza della Loggia, la strage del Treno Italicus, la strage di Ustica, la strage di Natale del rapido 904, la strage di Pizzolungo, le stragi di Via dei Georgofili e di Via Palestro, delle quali oggi si conoscono raramente gli esecutori, ma i mandanti e spesso neanche il movente, susseguitesi mentre nel nostro Sud, grazie alla latitanza delle altre istituzioni dello Stato, uno dopo l’atro venivano uccisi tutti i Magistrati e i rappresentanti delle forze dell’ordine che della lotta alla mafia avevano fatto la propria ragione di vita, in una tragica sequenza che non ha eguali in nessuno degli altri paesi del mondo cosiddetto civile.
Io mi chiedo invece, con amarezza , di quante altre stragi, di quanti altri morti avremo ancora bisogno perchè da parte dello Stato ci sia finalemte quella reazione decisa e soprattutto duratura, come finora non è mai stata, che porti alla sconfitta delle criminalità mafiosa e soprattutto dei poteri, sempre  meno occulti, ad essa legati, perché venga finalmente rotto quel patto scellerato di non belligeranza che, come disse il giudice Di Lello il 20 Luglio del 1992, pezzi dello Stato hanno da decenni stretto con la mafia e che ha permesso e continua a permettere non solo la passata decennale latitanza di boss famosi come Riina e Provenzano ma la latitanza e l’impunità di decine di “capi mandamento” che sono i veri padroni sia di Palermo che delle altre città della Sicilia.
Da parte mia sono certo che non riuscirò a conoscere la verità in quel poco che mi resta da vivere dato che, a 65 anni, sono solo un sopravvissuto in una famiglia in cui mio padre, il fratello di mio padre, mio fratello, sono tutti morti a 52 anni, i primi per cause natuarali, l’ultimo perché era diventato un corpo estraneo allo Stato le cui Istituzioni egli invece profondamente rispettava (sempre le Istituzioni, non sempre invece quelli che le rappresentavano).
Spero soltanto che, in questo anniversario, mi siano risparmiate la vista e le parole dei tanti ipocriti che oggi piangono su Paolo e Giovanni quando, se fossero ancora in vita, li osteggerebbero accusandoli, nella migiore della ipotesi , di essere dei “professionisti dell’antimafia” o li farebbero addirittura spiare  da squallidi personaggi come Pio Pompa come “nemici” o come “braccio armato della magistratura” .
Chiedo solo, in questa occasione, di avere delle risposte ad almeno alcune delle tante domande, dei tanti dubbi che non  mi lasciano pace.
Chiedo al Proc. Pietro Giammanco, allonatanato da Palemo dopo l’assassinio di Paolo, ma promosso ad un incarico più alto piuttosto che rimosso come avrebbe meritato, perché non abbia disposto la bonifica e la zona di rimozione per Via D’Amelio.
Eppure  nella stessa via, al n.68 era stato da poco scoperto un covo dei Madonia e, a parte il pericolo oggettivo per l’incolumità di Paolo Borsellino, le segnalazioni di pericolo reale che pervenivano i quei giorni erano tali da  da far confidare da Paolo a Pippo Tricoli lo stesso 19 Luglio  : “e’ arrivato in città il carico di tritolo per me”.
A meno che, come affermato dal Sen. Mancino in un suo intervento del 20 Luglio alla camera, anche lui credesse che “Borsellino non era un frequentatore abituale della casa della madre” : infattivi si recava appena almeno tre volte alla settimana !
La stessa domanda inoltro all’allora prefetto di Palermo Mario Jovine anche se la risposta ritiene di averla già data con l’affermazione fatta in quei giorni: “Nessuno segnalò la pericolosità di Via D’Amelio” .
Affermazione palesemente risibile : in quei giorni si erano susseguite le segnalazioni di possibili attentati a Paolo Borsellino e bastava interrogare gli stessi agenti della scorta, cinque dei quali morti insieme a lui, per sapere quali erano i punti più a rischio.
Chiedo alla Procura di Caltanisseta, e in particolare al gip Giovanbattista Tona, il motivo dell’archiviazione delle indagini relative alla pista del Castello Utveggio : eppure proprio da questo luogo partirono, subito dopo l’attentato, delle telefonate dal cellulare clonato di Borsellino a quello del Dott.Contrada, oggi finalmente condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione per collusione e favoreggiamento.
Chiedo alla stessa Procura di Caltanissetta,  e sempre allo stesso gip Giovanbattista Tona, i motivi dell’archiviazione dell’inchiesta relativa ai mandanto occulti delle stragi.
Per un’altra archivazione, quella relativa alle vicissitudini del fascicolo relativo alla Fincantieri ho già inoltrato richiesta di chiarimenti in via ufficiale.
Chiedo alla Procura di Caltanissetta di non archiviare, se non lo ha già fatto, le indagini relative alla sparizione dell’agenda rossa di Paolo e di chiarire il coinvolgimento dei tutte le persone, dei servizi e non, in essa coinvolte.
Chiedo soprattutto al sen. Nicola Mancino, del quale ricordo, negli anni immediatamente successivi al 1992, una sua lacrima spremuta a forza durante una commemorazione di Paolo a Palermo, lacrima che mi fece indignare al punto da alzarmi ed abbandonare la sala, di sforzare la memoria per raccontarci di che cosa si parlò nell’incontro con Paolo nei giorni immediatamente precedenti alla sua morte.
O spiegarci perché, dopo avere telefonato a Paolo per incontrarlo mentre stava interrogando Gaspare Mutolo, a sole 48 ore dalla strage, gli fece invece  incontrare il capo della Poliza Dott. Parisi e il Dott. Contrada, incontro dal quale Paolo uscì sconvolto tanto, come racconto lo stesso Mutolo, da tenere in  mano due sigarette accese contemporaneamente
Altrimenti, grazie alla sparizione dell’ agenda rossa di Paolo, non saremo mai in grado di saperlo.
E in quel colloquio si trova sicuramente la chiave dalla sua morte e della strage di Via D’Amelio.
Milano, 15 Luglio 2007
                                                                           Salvatore Borsellino

Giovedì, 19 Luglio, 2007 - 12:55

Domande per il futuro

Due notizie:

20-11-2006: Merlin ufficializza l'acquisizione
Con un comunicato diffuso il 13 novembre, Merlin Entertainments ha ufficializzato la notizia dell'acquisizione di Gardaland, il parco di divertimenti più famoso d'Italia, e dell'annesso Gardaland Hotel Resort.
L'acquisizione rappresenta una mossa strategica della Merlin Entertainments, già ben piazzata in Europa con i parchi Legoland e Sea Life. Con i suoi 16 milioni di visitatori nei sui 37 parchi, Merlin potrebbe diventare il più importante gruppo europeo del settore.
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 Publichiamo il Comunicato Stampa congiunto ricevuto da Aquatica e Gardaland:
GARDALAND restituisce ai milanesi il loro parco acquatico storico:
Sabato 9 giugno riapre - in una veste completamente rinnovata - AQUATICA by GARDALAND
Entrato a far parte lo scorso anno del Gruppo Merlin Entertainments – ormai divenuto il 2° polo del divertimento nel mondo – AQUATICA apre il prossimo sabato 9 giugno la stagione 2007.
Aggiungo io che è stato acquisito anche l’hotel realizzato (e mai aperto per i mondiali ’90) al di là della tangenziale e che stanno ristrutturando.
Noto che sta prendendo piede in questi ultimi tempi, vedi Parco di Trenno il mese scorso (spettacoli, spiaggia finta, SUV sul prato, costo 90000 euro per tre giorni) e vicenda Parco delle Cave, una visione meno naturalistica dei parchi, sostituita con una visione più  “parco divertimenti” e con un diverso uso del verde in genere.
·        Ritenete che la Società Merlin si fermerà alla sola acquisizione di Aquatica e Hotel senza pensare di allargarsi?
·        Nell’ottica di Expo 2015 e il conseguente triplicamento dell’area Fiera a Pero pensate che il territorio verso la Fiera rimarrà verde o subirà dei cambiamenti di destinazione?
·        Che fine faranno i progetti di riqualificazione dell’area tra Quinto e Baggio Cava Ongari-Cerutti , presentati da Italia Nostra e ancora da realizzare?
·        Che fine farà l’area Verde, oggi Parco Agricolo Sud ad Ovest di Quinto tra Aquatica e Via Novara?
·        Sapete che deve essere approvato il nuovo Piano Generale del territorio che rivedrà tutte le destinazioni delle aree?
·        Ricordate che l’ex Presidente della Provincia Colli disse anni fa che quella era un’area altamente degradata e non sarebbe stato male riqualificarla con un Parco Divertimenti
·        Avete visto il progetto Metropolitana Linea 5 che percorre Via Novara? Perchè sotterranea se sono tutti prati?

Queste sono tutte domande che dovremo cominciare a porci in futuro

Mercoledì, 18 Luglio, 2007 - 17:12

SOLIDARIETA´ CON TURI VACCARO

Comunicato stampa
SOLIDARIETA´ CON TURI VACCARO IN APPELLO IL 19
LUGLIO A DEN BOSCH (OLANDA)
L'AZIONE DIRETTA CHE DA' LA SVEGLIA PER IL
DISARMO NUCLEARE EUROPEO E´ GIUSTA

Solidarizziamo con Turi Vaccaro,
il nonviolento del movimento "Ploughshares", "sabotatore" di F16
nucleari in Olanda, che, il 19 luglio 2007, verra´ giudicato in appello
a Den Bosch, in seguito al ricorso contro la condanna in primo grado
(18 mesi di detenzione), comminata quasi due anni fa (27 ottobre 2005),
da parte del Tribunale di Breda.
Turi e' un pacifista "storico", fin
dai tempi dell'opposizione agli euromissili di Comiso, ma oggi il
movimento di resistenza italiana alla guerra ha imparato a conoscerlo
per il suo impegno nella Carovana della pace, conclusasi a Roma il 2
giugno scorso.
La prima udienza per l' appello era stata fissata il 27
ottobre 2005. I tempi del processo si sono poi allungati perche' la
Corte giudicante era arrivata a proporre la sospensione dall'Ordine
dell'avvocato Difensore di Turi, Meindert Stelling, colpevole di aver
polemizzato duramente con i giudici accusandoli di complicita' con la
preparazione dello sterminio atomico. Un crimine, a suo dire, peggiore
del collaborazionismo con i nazisti. Meindert Stelling e' presidente
della sezione olandese della IALANA (Giuristi contro le Armi Nucleari),
ed ex pilota di F16.
Ora, ci informa Turi, e' cambiato il Presidente
della Corte: si tratterebbe di una donna, dall'atteggiamento piu'
comprensivo e dialogico.
La condanna a Turi era intevenuta perche' il
pacifista siciliano aveva deliberatamente ed in piena coscienza
danneggiato, il 10 agosto 2005, 60°mo di Nagasaki, due caccia NATO F16,
capaci di portare testate atomiche B61, ospitati nella base di
Wonsdrecht. La condanna in primo grado per "vandalismo" e' stata di 6
mesi di detenzione (piu'12 mesi aggiuntivi se il Vaccaro non pagherà
750.000 euro "stralciati" di danni) ed e' stata già materialmente
scontata da Turi (i sei mesi, dall'agosto 2005 al febbraio 2006) nel
carcere di Breda.
La nostra posizione e' chiara: sosteniamo il gesto
di disobbedienza civile del Vaccaro, credente cattolico, attivista
nonviolento da molti anni, considerando sia la sua nobile motivazione
("trasformare le spade in aratri"), considerando altresì la forma di
attuazione, responsabilmente autodenunciata, e contro "strumenti di
morte" e non contro persone.
L'azione di Turi pone pur sempre
all'attenzione di tutti, non solo in Olanda, il problema della presenza
degli armamenti nucleari sul suolo europeo e dei modelli di difesa e
delle dottrine militari che ne prevedono il dispiegamento e l'uso. Turi
Vaccaro sostiene di aver agito per legittima difesa contro
l'illegalita' delle armi nucleari che costituiscono una concreta
minaccia alla vita della sua famiglia, della comunita' in cui ha scelto
di risiedere, dell'umanità tutta.
Il Comitato di Solidarieta' al
nonviolento Turi Vaccaro rivolge un rivolge un appello, in particolare
al Governo italiano ed al governo olandese. Questi governi, in primo
luogo, dovrebbero vigilare, mediante le Autorità competenti, sul
trattamento giuridico in Olanda dell'eurocittadino Vaccaro, esigendo
dalle Corti internazionali che sia sottoposto ad un giusto processo, un
processo che valuti le cause di giustificazione ignorate dal Tribunale
di Breda e, stando a quanto finora avvenuto, anche dal Tribunale di Den
Bosch. Questi governi, in secondo luogo, auspicando che in appello Turi
sia riconosciuto innocente perlomeno del reato di "vandalismo",
dovrebbero comunque assicurarsi che la pena eventualmente inflitta al
pacifista sia scontata umanamente, rispettando i suoi bisogni
fondamentali, che comprendono la necessita' di comunicare con la
famiglia e con gli amici e di rispettare le sue scelte nella
alimentazione e gestione della salute.
Il Comitato infine esorta la
Commissione Europea ed i governi di tutti i Paesi europei a decidere ed
attuare la rimozione e la distruzione delle testate nucleari presenti
sul proprio territorio, incluse quelle installate sui sommergibili e
sulle navi. Invita l'Unione Europea, con tutta la sua articolazione
politico-istituzionale, a sviluppare con la massima priorita' ed
urgenza, iniziative e programmi perchè la politica europea di sicurezza
comune e la politica europea di difesa comune escludano l'arma nucleare
dai concetti di deterrenza, dalle dottrine di impiego e dalle concrete
possibilità operative e perche' - a livello globale, in sede ONU - si
intraprendano seri negoziati per arrivare ad un disarmo nucleare
totale.
Cogliamo l'occasione per ricordare che in Italia vi e' la
possibilita', per i pacifisti, di aderire e di supportare la legge di
iniziativa popolare per dichiarare l'Italia "Zona Libera dalle Armi
nucleari". La proposta verra' depositata il 25 luglio pv presso la
cassazione, a Roma.
Per il Comitato di Solidarieta´ al Nonviolento
Turi Vaccaro c/o Lega per il disarmo unilaterale via Borsieri, 12 -
20159 Milano
Alfonso Navarra cell. 349-5211837 email
alfonsonavarra@virgilio.it
(raccogliamo dichiarzioni di solidarieta'
con Turi ed impegni ad aderire alla LIP per il disarmo atomico
dell'Italia)

Martedì, 17 Luglio, 2007 - 10:37

ROM E SICUREZZA: E’ QUESTO IL VERO PROBLEMA DI MILANO?

ROM E SICUREZZA: E’ QUESTO IL VERO PROBLEMA DI MILANO?

 
Un’emergenza si è abbattuta sulla città e la provincia di Milano: l’invasione dei rom. Per rispondere a questa calamità le amministrazioni comunali provvedono a sgomberi senza né capo né coda perché non offrono alternative: uomini, donne e bambini vengono semplicemente abbandonati a se stessi costringendoli a cercare rifugi di fortuna in condizioni sempre più precarie.  
La scoperta che la sicurezza è un diritto dei cittadini e che la legge e la polizia devono intervenire per interrompere sfruttamento e infrazioni del codice penale, se non è la scoperta dell’acqua calda visto che dovrebbe valere per tutti, rom e non rom, in realtà nasconde la cattiva coscienza di chi in questi anni ha lasciato crescere l’impunità in tutti i campi – dalle grandi speculazioni immobiliari all’evasione fiscale, alla mancata politica contro traffico e inquinamento - , costruendo le condizioni di una sensazione generale di insicurezza e frustrazione.
Una politica responsabile e degna di un Paese civile non deve inseguire il malcontento e il pregiudizio ma costruire le condizioni di diritti e doveri uguali per tutti per una convivenza pacifica, sicura e rispettosa delle diverse culture sconfiggendo gli imprenditori della paura, le forze politiche più reazionarie e razziste, che su questo terreno pensano di costruire le loro fortune elettorali.
Il problema va affrontato su diversi piani, assumendo il problema della convivenza tra cittadini che fanno parte della stessa comunità con una visione più generale del complesso problema dell’immigrazione. Ma c’è un piano che va affrontato immediatamente ed è quello che riguarda, in questo momento, le condizioni di vita di queste persone, uomini donne e bambini che cercano, come tutti, un angolo di pace, di serenità e di sicurezza sociale e per i quali si prospetta una vera e propria emergenza umanitaria. 
Per il superamento della politica dei campi nomadi,
Per una moratoria sugli sgomberi nella città di Milano e in Provincia,
Per la costituzione di tavoli di concertazione reale del Comune, della Provincia, della Regione,
Per un investimento sistematico sulle comunità affinché oltre alle professionalità in ambiti "imprenditoriali", si sviluppino e si formino mediatori culturali,
Per contrastare il "razzismo istituzionale" e il trattamento discriminatorio nella pubblica amministrazione e nei servizi vere e proprie violazioni dei diritti umani
 
LUNEDÌ 23 LUGLIO DALLE 18 ALLE 20 IN PIAZZA SCALA
Incontro con i rom dei campi di Milano
 
Con testimonianze di Bebo Storti, Renato Sarti
Moni Ovadia con un messaggio letto da Dijana Pavlovic,
più musica rom  e altro

Martedì, 17 Luglio, 2007 - 10:35

Laboratorio Politico Metropolitano

Carissimo/a,
desideriamo informarti dell'esito dell'ultima riunione di LABORATORIO POLITICO METROPOLITANO che si è tenuta giovedì 12 luglio u.s..
All'ordine del giorno era in discussione il testo della proposta della DICHIARAZIONE di MISSIONE di L.P.M. che avevi già precedentemente ricevuto.
I presenti hanno discusso sino a trovare un punto di equilibrio sull'intero testo, ma data la prolungata discussione e la tarda ora, il gruppo ha ritenuto opportuno delegare una parte dei presenti stessi (aperto al contributo di chiunque voglia partecipare) al fine di procedere alla stesura della "bozza definitiva" della DICHIARAZIONE di MISSIONE.
A tal fine mercoledì 18 LUGLIO alle ore 20.30 tale gruppo si incontra presso l'ufficio di ASCO - viale BEATRICE D'ESTE 32 - MM CROCETTA - per completare il lavoro di scrittura di tale "bozza" che sarà successivamente pubblicato sul forum e inviato all'indirizzario mail.
Tale testo sarà infine discusso per una approvazione definitiva durante la PROSSIMA RIUNIONE di L.P.M. convocata per LUNEDI' 23 LUGLIO alle ore 18.30 c/o ARCI - VIA ADIGE 11 - MM P.TA ROMANA
LABORATORIO POLITICO METROPOLITANO
Domenica, 15 Luglio, 2007 - 17:32

Monitor e consumi d'energia. Tutti i dati

Monitor e consumi d'energia. Tutti i dati 

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 L'EPA - Environmental Protection Agency, l'ente protezione ambientale Usa, detentore dello standard per l'efficienza energetica Energy Star, ha commissionato all'Università di Berkeley, California, approfondite indagini sui consumi energetici degli apparecchi da ufficio.
 
 
 Tra i dati elaborati, emerge che il consumo d'energia dei monitor dei computer varia anche a seconda dei colori, della luminosità, del contrasto impostato e, soprattutto, della quantità di luce generata.
 
La variazione è maggiore nei monitor a tubo catodico (CRT), che nei moderni schermi piatti LCD - ma pur sempre significativa ("maximum to minimum on power ranges from 118-188% in CRTs, compared to 103-108% in LCDs").
 
 
 
Fonte: Energy Analysis Department
Environmental Energy Technologies Division
Berkeley Nat.l Lab., University of California, Berkeley, USA
 
Gli effetti di luminosità, colore e contrasto sul consumo d'energia dei monitor, specificamente LCD, sono poi stati indagati più dettagliatamente da nuove ricerche. I ricercatori di ECOS Consulting hanno riscontrato con esattezza nello studio "Recommended Approach to Revising Energy Star Monitor Specification and Summary of Process to Date" che il colore bianco, rispetto al colore nero, ha un impatto sul range di potenza anche degli schermi LCD, perché uno schermo richiede più backlighting, la componente più energivora ("energy-intensive component") del monitor.
 
Dai calcoli e dalle fonti più attendibili che abbiamo selezionato, sono emersi questi risultati.
 
250 milioni di ricerche al giorno su Google
Assumendo 15 secondi per ogni ricerca, si ipotizza un totale di circa 1.000.000 ore al giorno in cui il motore di ricerca è visualizzato sui monitor di tutto il mondo
L'indice di penetrazione sul mercato dei monitor LCD è del 74% [DisplaySearch]
Un display LCD risparmia, visualizzando il nero invece che il bianco, 4 Wh; un display CRT 10 Wh. Il dato aggregato dell'universo monitor è quindi un risparmio medio di 5,5 Wh
Quindi il risparmio globale è di 5.500 megawattora al giorno.
E' quindi fondato presumere che l'impiego di un motore di ricerca nero farebbe risparmiare 2 milioni di KWh all'anno: in termini economici 200.000 euro all'anno d'energia in meno.
Secondo LifeGate questi risparmi in sé non sono significativi, il valore economico è di circa 200.000 Euro anno su tutto il pianeta.
LifeGate ha comunque sviluppato LifeGaatle, una sua versione di Google, perché anche questo, al di la dei risparmi e senza fare promesse sensazionali, contribuisce a diffondere un messaggio di attenzione all'ambiente.
 
Stefano Carnazzi

Domenica, 15 Luglio, 2007 - 17:30

che fine faranno le auto in città?

Ma che fine faranno le auto in città?www.lifegate.it


La rivoluzione dell’auto ecologica abbia inizio! Ma in quale direzione? E’ quello che in tanti si domandano e noi cerchiamo di dare un piccolo contributo in termini di chiarezza.
Prima di tutto cerchiamo di capire le colpe. Sappiamo tutti che un’automobile o meglio, un veicolo in generale, muovendosi inquina. E già in questo c’è la prima contraddizione, la prima dialettica, il primo scontro.
Abbiamo infatti due forme di inquinamento. Quello locale, quello di cui sentiamo parlare in tutti i Tg, quello che forse ci fa arrabbiare di più perché ogni tanto blocca in garage la nostra auto costata migliaia di euro.
Quali automobili contribuiscono ad aumentare i livelli di questi due inquinanti?
Principalmente le auto a gasolio e i vecchi ciclomotori pre Euro, tanto per capirci tutti quei motocicli a due tempi.
In questa direzione si muovono le normative Euro. Solo alcuni mesi fa la Comunità Europea ha fissato le future normative Euro 5, in vigore da settembre 2009 per i nuovi modelli e dal 1 gennaio 2011 per tutti, e la futura Euro 6 prevista nel 2014.
Cosa prevedono in breve queste nuove normative?
Impongono nuovi limiti per gli inquinanti di cui dicevamo prima: NOx e Pm10. In pratica, l’Euro 5 limita drasticamente il particolato, rendendo di fatto obbligatorio il famoso filtro, FAP o DPF che si chiami, mentre l’Euro 6 penserà agli ossidi di azoto costringendo i costruttori ad equipaggiare le automobili del futuro con dei sistemi De-NOx, una sorta di catalizzatori in grado di bloccare i pericolosi inquinanti.
Normative dunque che andranno a colpire soprattutto i motori a gasolio. Il paradosso, su cui c’è poco purtroppo da ridere, nasce considerando l’aspetto globale dell’inquinamento.
In questo caso la sostanza da limitare è la CO2, non un inquinante, la sua produzione è infatti intrinseca alla vita stessa, ma che contribuisce in maniera determinante all’effetto serra e al conseguente cambiamento climatico a cui stiamo assistendo.
Ebbene le auto a gasolio sono quelle che emettono meno CO2 nell’aria. Il livello di emissioni di una city car diesel è infatti equiparabile, e in alcuni casi anche inferiore, rispetto a quello di una tanto pubblicizzata auto ibrida.
E allora che fare? Quale strada percorrere? Quella che privilegia l’aria che respiriamo direttamente, l’aria della nostra città, oppure il clima mondiale che sentiamo più lontano ma che poi ci fa toccare con mano le sue alterazioni?
La strada per noi di LifeGate è unica: deve essere privilegiata la lotta alla CO2. Così come d’altronde evidenzia bene il Protocollo di Kyoto.
Uno strumento che però deve necessariamente essere applicato a tutti i Paesi. Cina e Stati Uniti compresi. Altrimenti tutti gli sforzi potrebbero essere vani e irrisori. E per le città? E’ semplice: devono essere prese decisioni forti e antipopolari.
L’uso dell’auto in città va in qualche modo limitato. Vanno privilegiati i mezzi pubblici e i sistemi alternativi di mobilità come ad esempio il car sharing. Il tutto senza colpevolizzare l’auto, senza farla diventare il nemico numero uno ma anzi, ridisegnandogli un futuro fatto ancora di emozioni su quattro ruote.

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