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Venerdì, 9 Marzo, 2007 - 12:22

per la tutela delle popolazioni rom e sinti

CAMERA DEI DEPUTATI
 
   N. 7610
 
 
PROPOSTA DI LEGGE
 
d'iniziativa dei deputati
 
MASELLI, BOATO, GARDIOL, GATTO, OLIVO, PISAPIA, PISTONE
 
Disposizioni per il riconoscimento e la tutela delle
popolazioni rom e sinti e per la salvaguardia della loro
identità culturale
 
Presentata il 13 febbraio 2001

        

Onorevoli Colleghi! - Nel nostro Paese (così come, a dire il vero, anche nel resto dell'Europa) le condizioni di vita, nonché il livello di integrazione e di accettazione da parte della cosiddetta "società civile" nei confronti delle popolazioni rom e sinti sono talmente preoccupantemente bassi da far pensare ad una vera e propria "emergenza sociale", caratterizzata da elementi di isolamento politico, sociale, economico e culturale. Le popolazioni rom e sinti sono presenti in Italia fin dall'Alto medioevo. Di tale presenza esiste una documentazione certa a decorrere dal secolo XIV.
Il rapporto con queste popolazioni ha costituito, nei secoli, costantemente, un notevole problema giuridico, tanto che ancora oggi ci troviamo di fronte ad una questione ulteriormente urgente, ovvero quella di riconoscere a livello legislativo nazionale una realtà che è invece già presente, in modo ovviamente frammentario, nella legislazione regionale.
La stessa lingua romanesh era stata compresa nell'elenco delle lingue minoritarie di Italia, di cui alla legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante "Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche", in seguito, però, era stata stralciata dall'elenco solo perché le norme tipiche della legge non le si applicavano coerentemente.
La presente proposta di legge si propone, dunque, l'intento di redigere un quadro normativo "complessivo" di riferimento, nonché di creare i collegamenti con le leggi già vigenti, come la citata legge n. 482 del 1999 di tutela delle minoranze linguistiche, la legge n. 383 del 2000 di disciplina delle associazioni di promozione sociale e la legge n. 328 del 2000, legge quadro di riforma dell'assistenza, ai fini non solo di fornire garanzie di giustizia e di equità sociale nonché di tutela delle minoranze, ma di contribuire ad un vero cambiamento nel clima ostile che si respira nei confronti delle popolazioni rom e sinti, purtroppo profondamente radicato e diffuso nel nostro Paese. L'atteggiamento più diffuso nei confronti dello "zingaro" è, infatti, quello basato sul sospetto, sulla diffidenza: lo stereotipo di riferimento, invece, si rifà a quello dello stregone, appartenente ad una razza "nera e maledetta", nulla facente e ladro per vocazione.
La prima testimonianza storica dell'ingresso in Italia di tali popolazioni è stata registrata nel 1322 a Bologna, ma le prime ondate migratorie partirono verso la fine del I millennio dall'India nord-occidentale. La diaspora totale fu determinata dall'espansione dell'Islam, che giunse fino al Punjab, zona di origine dell'emigrazione.
I sinti sono probabilmente originari del Rajastan (India del nord) mentre i rom sono originari del centro dell'India. In Europa i gitani sono invece sicuramente presenti dalla fine del 1300. Non facilmente inquadrabile all'interno delle categorie del pensiero medievale, e non facilmente omologabile ed assimilabile dalla cultura occidentale, lo zingaro è rimasto una delle poche figure avvertite come estranee ed inquietanti dalla civiltà moderna, anche perché nomade, errante, senza una patria, appartenente ad un popolo disperso e senza storia. Durante tutto il Medioevo, fino ad arrivare al Rinascimento, nessuno si avvicinò al tema se non in termini, per così dire, creativi: si andavano infatti creando dicerie e leggende riguardo alle loro origini; secondo parte della Chiesa essi erano i discendenti del fabbro che aveva forgiato i chiodi usati per la crocifissione di Cristo, secondo altri erano i discendenti dei sopravvissuti della mitica Atlantide ed a queste ricostruzioni leggendarie se ne sono aggiunte altre simili.
Alla fine del XVIII secolo ci furono i primi tentativi di approccio scientifico allo studio delle loro origini e, partendo dall'analisi del loro linguaggio, si scoprì che il romanesh era un dialetto di origine indoeuropea. Sulla base di questo dato, si riuscì a risalire alle presunte origini dei rom, collocandole, come già detto, nel nord-est dell'India. In realtà, come spesso avviene, una reale ricostruzione storica è stata possibile riordinando e collegando tra loro i moltissimi provvedimenti di tipo amministrativo e giuridico che nei secoli hanno visto come destinatarie le popolazioni nomadi, e in particolare i rom: il percorso che ne viene fuori rappresenta sicuramente una interessante "cartina di tornasole" dell'atteggiamento ostile che i popoli sedentari, a tutti i livelli, sia i cittadini di ogni classe sociale che le istituzioni, hanno sempre dimostrato nei confronti di tali popolazioni. Nei secoli si è andato, infatti, stratificando una sorta di pregiudizio sociale, giuridico e culturale che ha condotto all'adozione di politiche che si concretizzavano, in sintesi, sempre nell'espulsione "legale", nella reclusione di vario genere, o nel tentativo dell'assimilazione forzata di chi apparteneva alle etnie dedite al nomadismo.
Il problema che emerge chiaramente, e che non appare, purtroppo, assolutamente superato dalla nostra moderna, futuristica e futuribile società, si può sempre ricondurre al difficilissimo rapporto del modello sociale occidentale con "l'altro da sé", con chi non è facilmente soggetto a classificazioni e rivendica, non sempre in modo ortodosso e corretto, la propria libertà. Un Paese civile e democratico come è il nostro non può certo permettersi di ignorare che pregiudizi simili hanno, nel corso della storia, condotto a crudeli e vergognose persecuzioni: la Germania nazista con i suoi alleati perseguitò la minoranza zingara, sterminando oltre 500 mila individui: una tragedia, questa, dimenticata ed ignorata. Inoltre, non esistendo nessuna anagrafe, è stato pressoché impossibile quantificare esattamente le perdite. Al processo di Norimberga, nonostante il riconoscimento ufficiale del terribile danno subìto dalle comunità rom e sinti, non fu invitato nessun rappresentante di tali popolazioni, né per intervenire né tantomeno per acquisire il titolo necessario ad ottenere le somme destinate al risarcimento. Attualmente i rom e i sinti che vivono in Italia sono circa 110 mila: la maggioranza sono sinti. Si tratta, comunque, della percentuale di presenze più bassa dell'intera Europa.
Però, nonostante tutti i pregiudizi che si sono ricordati, in realtà, per un periodo considerevole, i rom riuscirono ad inserirsi nel tessuto sociale ed economico europeo in modo soddisfacente: i differenti gruppi cominciarono ad essere riconosciuti con il nome che ne indicava la professione. I rom kalderasha (presenti in Italia in circa 7 mila unità), ad esempio, erano "calderai", lucidatori di metallo, stagnini ed incisori dell'oro, i rudari erano venditori di stoffe, gli ursari ammaestratori d'orsi.
Gli zingari, fino all'avvento dell'industrializzazione, dell'urbanizzazione e della progressiva ma radicale trasformazione dell'economia, riuscivano ad adattarsi ai bisogni della società ospite, a crearsi delle nicchie di esistenza semi-protetta che aveva, come conseguenza dell'impatto, la instaurazione di una convivenza pacifica con chi, seppure diverso, era loro vicino.
Adesso la civiltà nomade deve forzatamente fare i conti con la società moderna, che fornisce ad essa continui segnali di estraneità: dimostra, infatti, di non avere più bisogno dei prodotti artigianali né delle professioni tipiche della tradizione zingara. Insieme alla perdita della loro tradizione, della possibilità di tramandare ai propri figli arti che non hanno più significato, si è verificato anche l'impoverimento economico, e lo scollamento dei ritmi di vita, tipici di queste popolazioni, sicuramente più prossimi a quelli della vita rurale che alla frammentazione e alla velocizzazione degli spazi e dei tempi propri dei sistemi odierni.
Da questi cambiamenti scaturiscono tutti i problemi a cui assistiamo oggi: i nomadi (è il termine con il quale li appellano, utilizzando un'accezione non sempre univoca, i mass media, al fine di superare la definizione "zingari", oramai carica di significati negativi) sono stati, nei fatti, posti ai margini "reali", non solo figurati, delle nostre città. Nel tempo si è dato vita a dei veri e propri ghetti che confinano, nella maggior parte dei casi, con periferie già povere e a rischio, oppure con discariche o zone industriali semi-abbandonate. E' superfluo evidenziare che la marginalità e la povertà creano disagio, e che il disagio è il terreno ideale per la propensione alla criminalità, che a sua volta genera altra marginalità e conflitto sociale.
La tolleranza, l'integrazione e il rispetto sono armi necessarie per evitare l'innescarsi di un meccanismo di odio al quale si risponda con il disprezzo delle regole, della legalità e della convivenza civile. L'anello debole di questa  catena, inoltre, sono i bambini, che molto spesso vengono coinvolti in attività illecite, quali furti negli appartamenti, o borseggio, ed accattonaggio. Il numero delle denunce e dei fermi è aumentato, e il problema della gestione dei minori sottoposti a procedimenti penali è estremamente spinoso e delicato; molto spesso l'attività micro-criminale del bambino zingaro, inoltre, è l'unica fonte di reddito dell'intero nucleo familiare, a sua volta costretto a vivere in condizioni sanitarie e di vita ai limiti della sussistenza.
L'allarme per lo stato in cui versano quasi tutti i campi nomadi disseminati sul territorio nazionale è stato aggravato dall'arrivo, in occasione dell'esodo successivo alla guerra con la Jugoslavia, di migliaia di persone di origine rom. Questi profughi, sia i kosovari che i rom kosovari e serbi, nella confusione successiva al conflitto non sono stati riconosciuti come rifugiati anche laddove ne avrebbero avuto diritto.
La presente proposta di legge si propone, quindi, l'intento di assicurare un sistema di interventi e di garanzie per queste popolazioni, mediante la fissazione di regole che, una volta applicate, produrrebbero sicuramente anche un valore aggiunto in termini di sicurezza e di legalità, a beneficio di una più serena e corretta convivenza civile, e che costituirebbero un primo passo nella direzione della costruzione di una cultura dei diritti e della differenza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
PROGETTO DI LEGGE - N. 7610
PROPOSTA DI LEGGE
 
Art. 1.
(Princìpi).
        1. La Repubblica, in applicazione degli articoli 2, 3 e 6 della Costituzione, e in conformità alle disposizioni della legge 15 dicembre 1999, n. 482, riconosce, garantisce e tutela la lingua romanesh, l'identità culturale e i diritti delle popolazioni rom e sinti nonché di tutte le popolazioni ad esse assimilabili etnicamente e culturalmente, riconoscendo loro, altresì, uguale diritto al nomadismo o alla stanzialità.
Art. 2.
(Status giuridici).
        1. Fatte salve le disposizioni generali in materia di cui al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione, emanato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, gli appartenenti alle popolazioni rom e sinti possono ottenere il permesso di soggiorno dopo due anni di permanenza documentata e regolare in Italia.
        2. Gli appartenenti alla popolazione rom e sinti residenti in Italia da almeno dieci anni ed in possesso della carta di soggiorno rilasciata ai sensi dell'articolo 9 del citato testo unico emanato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, possono richiedere la cittadinanza italiana ai sensi della lettera f) del comma 1 dell'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91.
Art. 3.
(Politiche in favore delle popolazioni rom e sinti).
        1. Al fine di realizzare i princìpi stabiliti all'articolo 1, sono promosse politiche ed iniziative volte ad assicurare alle popolazioni rom e sinti:
a)      il riconoscimento e la tutela della lingua romanesh;
b)      il diritto al lavoro, allo studio, alla formazione professionale, all'abitazione ed alla salute;
c)      la fruizione da parte delle popolazioni stesse dei servizi sociali e sanitari;
d)      l'istituzione di figure di mediazione che esercitino anche funzioni di raccordo nel sistema dei servizi di cui alla lettera c), previa predisposizione di specifici programmi per la loro formazione;
e)      il superamento delle difficoltà sociali, culturali ed economiche;
f)       la definizione di forme di partecipazione delle popolazioni stesse alla predisposizione e alla realizzazione degli interventi che le riguardano;
g)      la definizione di azioni specifiche a tutela dei minori;
h)      l'individuazione di misure di sostegno alla produzione del reddito, anche per mezzo di azioni mirate alla formazione e all'avviamento al lavoro.
 
 
Art. 4.
(Inserimento nelle istituzioni scolastiche).
        1. La Repubblica favorisce l'inserimento delle popolazioni rom e sinti nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, garantendo, in particolare e quando necessario, specifici interventi di sostegno.
        2. Negli istituti scolastici di ogni ordine e grado nei quali siano presenti almeno venti studenti appartenenti alle popolazioni rom e sinti, è istituito un corso di insegnamento della lingua romanesh. Qualora il numero prescritto non sia raggiunto nei singoli istituti, ma risulti presente nel territorio del comune, è istituita una cattedra di lingua romanesh.
        3. L'insegnamento di cui al comma 2 comprende, oltre alla lingua, anche corsi inerenti agli usi, alle tradizioni e alla storia del popolo rom.
        4. La cattedra di cui al comma 2 organizza sedute pubbliche, iniziative e conferenze rivolte a tutti i cittadini che ne facciano richiesta.
Art. 5.
(Rapporti con le istituzioni).
        1. Gli appartenenti alle popolazioni rom e sinti hanno diritto, nel loro rapporti con la pubblica amministrazione, con gli organi giudiziari e con le Forze dell'ordine, ai sensi del comma 2 dell'articolo 9 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, di essere assistiti da personale in grado di fungere da interprete-traduttore, qualora non abbiano adeguata padronanza della lingua italiana. In tali casi non si applica il disposto di cui al secondo periodo del comma 1 del citato articolo 9 della medesima legge n. 482 del 1999.
        2. Qualora i soggetti di cui al comma 1 siano minori di diciotto anni essi devono essere assistiti anche da un'assistente sociale.
Art. 6.
(Istituzione dell'Osservatorio nazionale permanente).
        1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari sociali, è istituito l'Osservatorio nazionale permanente per le popolazioni rom e sinti, di seguito denominato "Osservatorio", avente il compito di coordinare la tutela delle popolazioni nomadi, mediante la identificazione di adeguate sedi di incontro, di confronto, di valutazione e di successiva verifica dei risultati raggiunti, al fine di creare un sistema sociale basato sulla integrazione e partecipazione delle minoranze.
        2. L'Osservatorio è istituito con il regolamento di cui al comma 4 ed è composto:
a)      dal Ministro per la solidarietà sociale o da un rappresentante delegato direttamente dal Ministro che lo presiede;
b)      dai rappresentanti dei Ministri dell'interno, per la solidarietà sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della pubblica istruzione, della sanità, della giustizia, degli affari esteri e dei lavori pubblici;
c)      dai rappresentanti delle regioni;
d)      da dieci rappresentanti delle popolazioni rom e sinti;
e)      dai membri delle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale operanti nel settore.
  3. L'Osservatorio ha, in particolare, i seguenti compiti:
 a) predisporre annualmente un piano programmatico da presentare entro il mese di ottobre alle Camere. Tale piano, sulla base dei dati del censimento di cui all'articolo 9, deve contenere le indicazioni relative al numero, alla tipologia e ai criteri di collocazione dei campi nomadi;

                b) raccogliere, elaborare e valutare i risultati del censimento di cui all'articolo 9;
                c) creare una banca dati dei progetti realizzati ai sensi della presente legge;
                d) raccogliere i dati della legislazione regionale vigente in materia per farne annualmente una sintesi.

4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per la solidarietà sociale adotta il relativo regolamento di attuazione, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e le competenti Commissioni parlamentari, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Art. 7.
(Politiche abitative).
        1. Le regioni, sulla base di quanto stabilito dal piano di cui alla lettera a) del comma 3 dell'articolo 6, attuano la programmazione relativa alle politiche abitative per le popolazioni rom e sinti, sia per quanto riguarda l'individuazione e la realizzazione delle aree di sosta e di transito attrezzate, che per quanto concerne la possibilità di accedere all'edilizia popolare, fermo restando il principio della dignità del contesto abitativo.
        2. I comuni procedono alla individuazione dei siti da destinare alle aree di cui al comma 1, e, ove necessario, provvedono ad apportare varianti agli strumenti urbanistici vigenti, al fine di evitare localizzazioni a rischio di marginalità e di conflittualità sociale.
        3. La gestione delle aree di cui al comma 1 spetta ai comuni, che, al fine di assicurarne il buon funzionamento, possono affidarla, sulla base di apposite convenzioni, ad associazioni ed enti di promozione sociale di cui all'articolo 1, comma 5, della legge 8 novembre 2000, n. 328, prevedendo, altresì, la partecipazione degli abitanti delle medesime aree, in forma individuale od organizzata.
        4. Le aree di cui al comma 1 devono essere progettate e realizzate secondo i seguenti princìpi:

                a) avere una superficie non inferiore a 2 mila metri quadrati e non superiore a 4 mila metri quadrati;

                b) delimitare la grandezza nelle zone da destinare in modo esclusivo ad ogni persona;
                c) essere fornite di servizi igienici funzionanti, che devono essere controllati periodicamente dall'azienda sanitaria locale, nonché di illuminazione elettrica collegata alla rete pubblica, di allacci alla rete fognaria, di contenitori per rifiuti solidi urbani, di cabina telefonica, di spazi atti alla collocazione di prefabbricati e di strutture mobili e non polivalenti, eventualmente adibibili ad attività lavorative, ricreative, culturali ed a presìdi socio-sanitari.
 
Art. 8.
(Definizione delle figure professionali di mediazione).
        1. Nell'ambito dei profili professionali delle figure professionali sociali definiti ai sensi dell'articolo 12 della legge 8 novembre 2000, n. 328, sono individuati specifici profili professionali destinati a svolgere funzioni di mediazione nei confronti delle popolazioni rom e sinti.
Art. 9.
(Censimento).
        1. Ogni quattro anni, a decorrere dal 31 dicembre successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, è indetto il censimento delle popolazioni rom e sinti residenti nel territorio dello Stato.
        2. Il censimento di cui al comma 1 è realizzato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322.
Art. 10.
(Istituzione del Fondo nazionaleper i minori rom e sinti).
        1. Al fine di realizzare interventi a livello nazionale, regionale e locale per favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la scolarizzazione, la socializzazione e l'integrazione dei minori e degli adolescenti appartenenti alle popolazioni rom e sinti e in conformità ai princìpi stabiliti dalla legge 28 agosto 1987, n. 285, è istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari sociali, il Fondo nazionale per le politiche a favore dei minori rom e sinti.
        2. La ripartizione del Fondo di cui al comma 1 avviene su base regionale.
        3. Sono ammessi al finanziamento del Fondo di cui al comma 1 i progetti che perseguono le seguenti finalità:
a)      porre le condizioni, logistiche e culturali, per una scolarizzazione completa e valida, garantita per l'intero ciclo scolastico obbligatorio e per la scuola materna, avvalendosi sia delle strutture appartenenti al normale circuito scolastico che degli strumenti e delle figure professionali specifici individuati ai sensi della presente legge;
b)       garantire i presupposti necessari ad un sano processo di crescita psico-fisica;
c)      perseguire l'integrazione nel tessuto sociale, per mezzo di attività ludiche, espressive e formative, che prevedano il contatto dei minori rom e sinti con i minori italiani e con gli altri stranieri;
d)      realizzare servizi di preparazione e di sostegno alla crescita, di contrasto alla povertà, alla violenza, allo sfruttamento minorile e all'accattonaggio, nonché di assistenza, di riabilitazione e di reinserimento dei minori coinvolti in procedimenti penali.

Art. 11.
(Formazione professionale).
        1. Le regioni destinano una quota, la cui misura è stabilita dall'Osservatorio, dei fondi per la formazione professionale alla preparazione e alla realizzazione di corsi di avviamento professionale per gli appartenenti alle popolazioni rom e sinti, tenendo conto delle tradizioni professionali e delle specificità culturali delle citate minoranze, prevedendo, altresì, anche percorsi di riconversione professionale.
        2. Al fine di garantire il diritto al lavoro delle popolazioni rom e sinti, le regioni ed i comuni promuovono adeguate iniziative per agevolare la concessione delle licenze e delle certificazioni relative all'esercizio di attività produttive e dello spettacolo, nonché per favorire forme associative o cooperative nei settori di attività tipici dei nomadi.
Art. 12.
(Copertura finanziaria).
        1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
        2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Venerdì, 9 Marzo, 2007 - 09:12

Appello. ROM: CONTRO IL PATTO DI LEGALITÀ

ROM: CONTRO IL PATTO DI LEGALITÀ PER LA CITTADINANZA  COMPIUTA

«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana». (Costituzione italiana art. 3)
«Davanti alla legge tutti sono uguali ma qualcuno è più uguale degli altri»
(George Orwell, La fattoria degli animali)
A Milano si è celebrato il ricordo dello sterminio dei campi di concentramento nazisti. Raramente si ricorda che in quei lager vennero uccisi anche più di mezzo milione di zingari, giudicati dal nazismo criminali e asociali per definizione.
A Milano e Opera ai rom e ai sinti, che a tutt’oggi continuano troppo spesso a essere considerati delinquenti per vocazione, è stato imposto uno speciale “patto di legalità” per poter avere diritto a un ricovero in un container o in una tenda.
C’è una legge per tutti, ma per questi uomini, per queste donne c’è una legge in più, un trattamento differenziale, sintetizzato con queste parole: «Dovete comportarvi bene perché il primo che picchia, che ruba, che sporca, insomma, il primo che sgarra al regolamento, viene sbattuto fuori».
Un patto che rende questi cittadini, europei a tutti gli effetti, diversi dagli altri: ancora una volta ufficialmente proclamati portatori di "asocialità" e "criminalità", chiusi in ghetti, nei quali loro stessi per poter entrare devono esibire un “pass”.
E’ preoccupante che questa nostra città diventi una città di ghetti.
La recinzione fisica invocata dai cittadini “benpensanti” e applicata dalle istituzioni è indegna quanto i muri che ci sono già nel linguaggio, nei gesti, nei pre-giudizi: quasi archetipi culturali verso i Rom, barriere insormontabili e lugubri quanto se non di più di una recinzione.
E’ preoccupante che  i Rom siano costretti a firmare questo patto come il male minore.
Come cittadini di serie B che non hanno un’alternativa. Rassegnati a subire il rapporto del più forte viene loro sottratta la capacità di autogoverno, si rendono soggetti passivi di interventi assistenzialistici e di ordine pubblico.
E’ preoccupante soprattutto che questo patto, frutto di un accordo istituzionale tra Provincia e Comune di Milano, non abbia sollevato molte obiezioni nella politica e nella società milanese più sensibile.
Eppure questo patto è un mostro giuridico perché viola tutti i principi di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, non affronta i nodi strutturali dell’emergenza abitativa, impone una politica “emergenziale” che produce solo nuovi ghetti sociali e infine, se le istituzioni usano la discriminazione e l’umiliazione, puntando il dito contro quelli che non sono criminali ma comunque considerati di fatto potenziali delinquenti, si istiga all’odio razziale e si legittima conseguentemente coloro che bruciano le tende, buttano molotov tra le roulotte. Fatto − questo sì evidentemente illegale − che, peraltro, non ha provocato la riprovazione politica e la censura pubblica che avrebbe meritato.
Con questo appello rifiutiamo un patto che attribuisce ai rom una “cittadinanza imperfetta” e ci impegniamo perché il rapporto tra la nostra società e quella rom venga portato nell’ambito di una dialettica sociale che riconosca e rispetti i valori culturali e umani di ciascuno.
I “campi nomadi” per il solo fatto di esistere producono malattia, disoccupazione, devianza, induzione alla criminalità, conflitti sociali: effetti tipici del disagio sociale diffuso. Nati negli anni settanta del secolo scorso, da contenitori di umanità per l’emergenza si sono trasformati in campi di concentramento istituzionali, nuovi “Zigeunerlager” dove non c’è bisogno di “soluzione finale” perché i Rom e Sinti vi muoiono lentamente di diritti negati, di esclusione continua dal lavoro, dalla casa, dalle cure sanitarie, dall’istruzione, di induzione alla devianza ed alla criminalità. Va quindi assunta la prospettiva di smantellarli sostituendoli con soluzioni abitative idonee alla cultura rom.
In più: ciò che oggi si vuole applicare a Rom e sinti rischia di diventare un pericoloso precedente applicabile un domani a chiunque venga predefinito pericoloso per il potere costituito.
Lo smantellamento dei "campi" è la conquista di libertà e giustizia nell’eguaglianza dei diritti e dei doveri per una cittadinanza compiuta almeno a livello europeo se non mondiale.
AceA onlus, Maria Grazia Amorese Molteni, Associazione Aven Amentza, Associazione culturale Punto rosso, Associazione liberi, Associazione NAGA, Associazione osservAzione, Associazione Unaltralombardia, Associazione Afroitaliani/e, Associazione Todo Cambia, Arianna Ballotta, Banda degli ottoni a scoppio, Francesco “baro” Barilli, Piergiulio Branca, Gabriella Benedetti, Edda Boletti, Paolo Cagna Ninchi, Sandra Cangemi, Flora Capelluti, Fabrizio Casavola, Grazia Casagrande, Federico Ceratti, Umberto Ceriani, Eleonora Cirant, Enzo Colombo, Comitato per le libertà e i diritti sociali, Alex Corlazzoli, Dario Cusani, Sergio Cusani, Bianca Dacomo Annoni, Aurelia D'Andrea, Claudia De Cesaris, José Luiz Del Roio, Antonella Fachin, Nunzio Ferrante, Enrico Fletzer, Dario Fo, Grazia Paola Fortis, Gabriele Gabrieli,  Mario Gaeta, Massimo Gentili, Patrizio Gonnella, Nazzareno Guarnirei, Adriana Leonardo, Alessandra Maiocchi, Marina Mariani, Adriano Martellosio, Elisabetta Masciadri, Maria Grazia Meriggi, Luisa Motta, Luciano Muhlbauer, Elena Murdaca, Mario Napoleoni,  Giuseppe Natale, Giorgio Nobili, Officina società cooperativa, Tatiana Olear, Opera Nomadi, Stefano Panigada, Michele Papagna, Dijana Pavlovic, Alessandro Pesci, Guido Piccoli, Monica Pizzo, Patrizio Ponti, Roberto Prina, Alessandro Rizzo, Basilio Rizzo, Gabriella Sacchetti, Biagio Santoro, SDL intercategoriale, Sergio Segio, Giovanni Semi, Sabina Siniscalchi, Anita Sonego, Angela Teichner Accardi,  Roberto Traverso, Davide “Atomo” Tinelli, Angelo Valdameri, Roberto Veneziani
Per adesioni: nopattodilegalita@fastwebnet.it

Giovedì, 8 Marzo, 2007 - 16:00

Biblioteche rionali: rilanciamo il servizio

Biblioteche rionali
ampliamo il servizio
per gli utenti, per la zona, per la città
Il valore imprescindibile, sotto il profilo culturale e aggregativo, del servizio offerto dalle biblioteche milanesi, è riscontrabile soprattutto in contesti periferici, quale la zona 4 di Milano: è chiaro, quindi, il grave danno che ha determinato la decisione di chiudere le biblioteche civiche rionali, da sempre frequentate soprattutto da studentesse e da studenti aventi diritto di usufruire di un servizio civico insostituibile per poter reperire uno spazio dove poter studiare e consultare libri appartenenti al patrimonio bibliografico, negli orari serali, soprattutto per studenti lavoratori che possono beneficiare solo di questa fascia oraria per poter studiare e consultare libri.
Per discutere il rilancio delle molteplici funzioni della struttura bibliotecaria attraverso un’attività di riconsiderazione in senso qualitativo delle offerte di impiego del tempo libero per i cittadini residenti nelle rispettive zone, vi invito a contattare il sottoscritto, Alessandro Rizzo, per organizzare una riunione affinché si possa ridefinire il ruolo e la funzione di questo servizio utile per tutta la cittadinanza e per una politica culturale di ampio respiro sia nel metodo che nel merito.
Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4
cell. 3939573094
email: alessandro.rizzo@email.it

Giovedì, 8 Marzo, 2007 - 13:42

Ordine del Giorno su apertura serale biblioteche


Oggetto : riorganizzazione servizio bibliotecario
I sottoscritti Consiglieri di Zona
CONSIDERATO
  • Il valore insostituibile, sotto il profilo culturale nonché sociale ed aggregativo, del servizio offerto dalle biblioteche milanesi, in particolar modo quelle rionali di periferia;
  • che lo stato attuale del servizio bibliotecario, nel suo complesso, non garantisce una fruizione del servizio qualitativamente sufficiente alla cittadinanza;
  • che la scarsità del personale presente nelle biblioteche è la prima causa della disfunzione di tale servizio;
  • la mozione approvata all’unanimità in data 12 ottobre 2006, presentata dal sottoscritto titolata “PER IL RIPRISTINO DELL’ORARIO DI APERTURA SERALE DELLE BIBLIOTECHE RIONALI DI ZONA 4”;
VALUTATO
  • che tale servizio non ha una organizzazione unitaria, con conseguenze deleterie per l’utenza: la difformità dell’orario di apertura delle biblioteche ne è l’esempio più evidente;
IMPEGNANO  IL CONSIGLIO DI ZONA:
  • ad uniformare il servizio bibliotecario rionale con quello della biblioteca Sormani invertendo un trend negativo che ha visto quest’ultima trasformarsi in una biblioteca di conservazione sempre meno aperta al pubblico;
  • ad applicare progressivamente e uniformemente in tutta la rete bibliotecaria cittadina l’orario di apertura continuativo protratto fino alle ore tardo serali, nonché una effettiva offerta culturale diversificata, dalle postazioni audio-video collegate ad internet alle manifestazioni culturali organizzate in sede;
  • a rilanciare le molteplici funzioni della struttura bibliotecaria attraverso un’attività di riconsiderazione in senso qualitativo delle offerte di impiego del tempo libero per i cittadini residenti nelle rispettive zone, realizzabile attraverso una politica culturale di ampio respiro sia nel metodo che nel merito;
  • ad aumentare l’organico comunale destinato alle biblioteche lungo tutto l’orario di apertura, assicurando la professionalità della mansione lavorativa e della sua funzione non ascrivibile a semplice e mera custodia del patrimonio bibliografico presente.
Proponente: Alessandro Rizzo – Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano

Giovedì, 8 Marzo, 2007 - 13:30

Decentramento: quali proposte dal Settore?

Alla cortese attenzione del Presidente del Consiglio di Zona 4
Paolo Zanichelli

 
 
 
 
Interrogazione: richiesta di informazioni sulla riunione avutasi tra i Presidenti di Circoscrizione e il Responsabile del Servizio Coordinamento Centrale Decentramento, Federico Bordogna
 
 
 
 
In riferimento alla comunicazione di una riunione indetta da Federico Bordogna, Responsabile del Servizio Coordinamento Centrale Decentramento, rivolta ai Presidenti dei Consigli di Zona di Milano per discutere della questione riguardante le linee organizzative della gestione dei servizi del decentramento in generale e le proposte in merito al tema medesimo, volevo avere informazioni circa quanto discusso a proposito. A proposito faccio espresso riferimento all’oggetto dell’interrogazione, da me presentata nell’ultima seduta consiliare del giorno martedì 20 febbraio, concernente il futuro gestionale dei Centri di Aggregazione Multifunzionale, in vista di una possibile esternalizzazione del medesimo e riguardante le diverse conseguenze, economiche e organizzative, da esso derivanti. Colgo l’occasione per richiedere una delucidazione più generale e complessiva sulla questione del decentramento, in vista di un’opportuna valutazione delle proposte presentate dall’assessorato competente, di una loro analisi da parte del Consiglio di Zona, predisponendo una riunione di consiglio straordinario sul tema specifico con la presenza dell’assessore di riferimento e responsabile, al fine di concludere una discussione che, vista l’entità del provvedimento, non prescinda dal coinvolgimento degli organismi direttamente interessati.
 
 
 
 
 
Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano
 
 
 

Giovedì, 8 Marzo, 2007 - 13:28

monitoraggio aree di demanio pubblico di zona 4

Alla cortese attenzione del
Presidente della Commissione Territorio
Giorgio Tomellini
Alla cortese attenzione del
Presidente della Commissione Edilizia
Bruno Bernardi

 
 
 
 
Interrogazione in merito alla richiesta di una commissione congiunta per valutare progetti di intervento e di riqualificazione nelle aree di proprietà comunale e di demanio pubblico presenti in circoscrizione
 
 
In riferimento
 
All’elenco specifico, effettuato dall’amministrazione, delle aree pubbliche di proprietà demaniale comunale presenti nella circoscrizione, dove si evincono informazioni utili dal punto di vista logistico, urbanistico e ambientale;
 
Vista
 
La presenza di diverse aree di demanio pubblico oggi abbandonate e non soggette a interventi immediati di riqualificazione urbanistica e territoriale
 
Considerata
 
L’interrogazione presentata dal sottoscritto nella seduta consiliare del giorno martedì 20 febbraio u.s. sulla verifica di provvedimenti esistenti presso il settore demanio pubblico e urbanistico del Comune di Milano di riqualificazione dell’area presente in Via Presolana 6, nonché sull’indizione di una commissione congiunta di valutazione di provvedimenti proponibili in merito da parte del Consiglio di Zona 4
 
Chiedo
 
con la presente al Presidente della Commissione Territorio, Giorgio Tomellini, e al Presidente della Commissione Edilizia, Bruno Bernardi, di indire una riunione congiunta per monitorare le aree di demanio pubblico oggi presenti in circoscrizione e di provvedere a inserire nella programmazione dei rispettivi lavori di commissione la valutazione di provvedimenti esistenti presso il settore centrale competente, nonché l’assessorato, o proponibili da parte del Consiglio di Zona, in merito alla riqualificazione delle aree suddette, magari predisponendo all’uopo, con la partecipazione e il coinvolgimento della cittadinanza residente, criteri atti a valutare interventi utili socialmente e urbanisticamente.
 
 
Alessandro Rizzo
Capogruppo lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4

Giovedì, 8 Marzo, 2007 - 13:26

Graduale applicazione di software open source

 
 
MOZIONE IN TEMA DI UTILIZZO DEL SOFTWARE OPEN SOURCE (OSS) NELL’AMBITO DEL DECENTRAMENTO SETTORE ZONA 4
 
Premesso che
 
il software open source (a codice aperto) è utilizzabile liberamente e garantisce libertà e autonomia di aggiornamento, senza pesare ulteriormente nei costi delle licenze previste dai software oggi utilizzati nell’ambito della pubblica amministrazione;
 
Considerati
 
i problemi che si sono presentati in passato in merito all’utilizzazione e alla gestione dell’attuale rete comunale, nella fattispecie di interruzioni dei servizi di rete, con le gravi conseguenze subite dall’utenza (interruzione dei servizi al cittadino) e dalla stessa amministrazione (danno di immagine)
 
Considerato che
 
i sistemi operativi a codice aperto, nati e sviluppati in ambito accademico, sono sempre più utilizzati, soprattutto in ambito server, per l’affidabilità tecnica che garantiscono
 
l’utilizzo dell’OSS nella pubblica amministrazione risponde ai requisiti di economicità, sicurezza, ricusabilità e interoperabilità, e, data l’adattabilità e il numero elevato dei software disponibili, permette di fare fronte alle esigenze amministrative specifiche degli uffici e dei servizi consentendone contestualmente la modernizzazione dei sistemi informatici
 
Viste
 
le norme introdotte nella legge finanziaria 2007 relative all’istituzione del “Fondo per il sostegno agli investimenti per l’innovazione negli enti locali”, che danno priorità ai progetti “che utilizzano o sviluppano applicazioni software a codice aperto”
 
Visto che
 
esiste e sussiste la libertà piena di eseguire il programma per qualunque scopo, senza vincoli sul suo utilizzo,
 
Considerato di fatto che
 
in base alle applicazioni software libero, open source, si deduce la piena libertà di studiare il funzionamento del programma, e di adattarlo alle proprie esigenze, da parte del personale preposto al servizio informatico e in base alle necessità e utilità del settore di zona
 
Visto che
 
sussiste la libertà, in base all’adozione del software open source, di migliorare il programma, e di distribuirne i miglioramenti
 
 
 
considerato di fatto
 
che esiste l’opportunità che la correzione di un errore in un programma da parte di un soggetto renda disponibile la correzione applicabile anche agli altri soggetti fruitori e gestori del servizio
 
si delibera
 
-         di utilizzare il software open source presso il settore decentramento di zona 4, introducendo da subito sui P.C. in ambiente Windows l’utilizzo di software alternativi agli applicativi più diffusi (ad es. la suite OpenOffice per la videoscrittura, i fogli di calcolo, le presentazioni e i database; Firefox per la navigazione web; Nvu per la creazione e l’aggiornamento di siti web, Gimp per la grafica, etc.) e valutando nel contempo la possibilità tecnica (compatibilità hardware) di aggiornare il vecchio hardware con sistemi operativi open source di comprovata sicurezza (quale Linux), prevedendo soprattutto per quelle apparecchiature utilizzate all’interno della struttura comunale come semplici terminali di rete sistemi operativi aperti e browser analoghi;
-         di destinare i conseguenti futuri risparmi sui costi delle licenze dei software utilizzati nel settore al finanziamento di corsi di formazione del personale funzionali a fornire le conoscenze opportune e fondamentali per la gestione e l’utilizzo della nuova tipologia di software impiegato
 
 
Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano
 
 
 
 

Giovedì, 8 Marzo, 2007 - 09:11

Via San Marchetto:abuso edilizio?

In via San Marchetto, alla Barona, nei pressi dei Laghetti di Assago, hanno costruito negli ultimi giorni dei muraglioni e un basamento in cemento armato che non si capisce bene a cosa preluda. Il cartello apposto sopra la staccionata di ingresso riporta tutti i dati dell'impresa costruttrice, della società mandataria, ma non evidenzia il numero di permesso a costruire o la D.I.A., dichiarazione inizio attività. Preoccupati che ciò possa significare una ripresa dell'attività estrattiva della ex cava - ora laghetto per la pesca sportiva- o nella peggiore delle ipotesi usata come discarica, abbiamo segnalato la questione alla Polizia Municipale, ai C.C. della Barona,alla Provincia di Milano nella persona dell'ass.ra Brembilla (Parco Agricolo Sud) e al Consiglio di Zona 6. Da tempo all'interno del Parco Sud si realizzano nuove edificazioni come in via Bardolino 31, si spianano terreni che vengono usati come deposito di inerti, senza alcun controllo degli organi preposti.A. Valdameri consigl. di zona 6 Lista Fo

Martedì, 6 Marzo, 2007 - 14:59

Patto di Legalità: occorre proseguire

Cercare di ragionare sulle politiche locali nei confronti delle comunità stanziali di rom e sinti significa spesso inoltrarsi in un labirinto di pratiche discriminatorie striscianti, talvolta anche da parte di poteri pubblici che dovrebbero essere invece garanti dell’universalismo dei diritti.
Dopo un lungo periodo in cui rappresentanti delle istituzioni milanesi e della casa della carità hanno parlato sui media, in una sorta di monologo, della necessità di stipulare un “patto di legalità e socialità” con i rom rumeni dei campi di via Triboniano ed Opera, eccoli ora proporre di estendere nel prossimo futuro questo ipotetico “modello” di comportamento agli altri insediamenti abitati dai rom e sinti italiani, serbi, bosniaci, kosovari.  
Ce lo aspettavamo.
Il fastidio e l’irritazione un po’ scomposta che hanno accompagnato la reazione di alcuni politici e opinion leaders alle nostre critiche e argomentazioni, non hanno peraltro offerto una risposta convincente nel merito di politiche che rischiano di essere discriminanti sul piano del diritto o fin troppo logore e condizionate da interventi di solo carattere emergenziale.
Cioè senza prospettive di più ampio respiro.
Difficile dunque capire perché non si debba continuare a discutere sulle conseguenze e le implicazioni della varie possibili scelte senza sottostare alla spada di Damocle di un’accusa davvero ingiusta che ci siamo sentiti rivolgere, cioè di “indebolire” la sinistra impegnata a difendere le politiche per i Rom del centro destra al governo a Milano.

 
Opera Nomadi Milano

Sabato, 3 Marzo, 2007 - 19:19

Il prezzo della benzina non trova riduzioni

Francesco Piccioni
Tanto rumore per nulla. Il primo incontro intorno al «tavolo» tra il ministro dello sviluppo, Pierluigi Bersani, e i rappresentanti di petrolieri e benzinai, era stato annunciato come foriero di grandi decisioni in materia di prezzi dei carburanti. Vero è che l'incontro era stato convocato con all'ordine del giorno solo il decreto sulle liberalizzazioni e le sue conseguenze sulla struttura delle rete di distribuzione. Ma gli aumenti decisi dalle compagnie nei giorni scorsi - a partire dall'Agip, costola dell'Eni e quindi controllata direttamente dall'azionista di maggioranza (il governo stesso), avevano preparato un'atmosfera diversa.
Di prezzi, pare, quasi non si è parlato. Eppure Bersani aveva in mattinata lamentato lo scarto incomprensibile tra i prezzi praticati in Italia (al netto del peso delle «accise», ovvero le tasse) e quelli europei, «auspicando che la forbice si stringa». Gli avevano risposto le compagnie petrolifere, invocando da un lato «il cattivo esempio» dato dallo stesso governo, che ha già approvato due aumenti delle accise (uno a ottobre 2006, l'altro a partire dal prossimo maggio), senza peraltro curarsi dell'escalation dei prezzi avviata dalla «sua» Agip (solo la Erg si è mossa in controtendenza, facendo scendere il listino di 5 millesimi). Alle associazioni di consumatori non era rimasto altro che chiedere un «osservatorio dei prezzi» (per controllare le mosse dei petrolieri) e una «sterilizzazione delle accise» (pastrocchio tutto italiano: noi paghiamo l'Iva sul totale del prezzo industriale del carburante più le tasse; paghiamo una tassa sulla tassa).
Il costo industriale dichiarato dalle compagnie in Italia (44-45 centesimi di euro al litro) si discosta alquanto dalla media europea (poco sotto i 40). Dato decisamente sospetto, anche perché il nostro paese raffina più greggio di quanto non ne consumi, al punto che le esportazioni di «prodotti petroliferi raffinati» sono una delle voci più attive della nostra scalcagnata bilancia commerciale. Come è possibile, quindi, che il prezzo della benzina che noi raffiniamo e vendiamo all'estero sia più alto qui che non dove viene esportata?
I petrolieri glissano con eleganza sulla domanda, sparando numeri come una cortina fumogena. Il prezzo internazionale sarebbe arrivato a 600 dollari la tonnellata, che corrispondono però a 0,345 euro al litro. Meno (9 millesimi) di quanto non costasse sei mesi fa, nonostante l'aumento del petrolio - denominato in dollari - a causa della rivalutazione dell'euro rispetto alla moneta Usa. Insomma: le compagnie starebbero lucrando sul differenziale euro/dollaro per mettersi in tasca qualcosina in più. Nemmeno poco, se si pensa che un centesimo sulla benzina equivale a quasi 20 milioni di euro al mese.
Il governo, si diceva, non può fare la parte del «virtuoso», visto quello che fa sul fronte tasse (il 60% del prezzo alla pompa). In questo clima di accuse reciproche, l'incontro di ieri risulta communque «avvenuto in uno spirito di collaborazione» che ha lasciato ogni partecipante sulle posizioni di partenza. L'unanimità è stata raggiunta solo su un punto: il confronto va allargato alle Regioni e ai Comuni. Il motivo ufficiale sta nel fatto che la ristrutturazione della rete distributiva dei carburanti richiede la loro partecipazione. Ma qualcuno deve ancora dimostrare che, aumentando il numero dei dialoganti, il dialogo stesso diventi «più operativo».

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