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Venerdì, 9 Marzo, 2007 - 12:22

per la tutela delle popolazioni rom e sinti

CAMERA DEI DEPUTATI
 
   N. 7610
 
 
PROPOSTA DI LEGGE
 
d'iniziativa dei deputati
 
MASELLI, BOATO, GARDIOL, GATTO, OLIVO, PISAPIA, PISTONE
 
Disposizioni per il riconoscimento e la tutela delle
popolazioni rom e sinti e per la salvaguardia della loro
identità culturale
 
Presentata il 13 febbraio 2001

        

Onorevoli Colleghi! - Nel nostro Paese (così come, a dire il vero, anche nel resto dell'Europa) le condizioni di vita, nonché il livello di integrazione e di accettazione da parte della cosiddetta "società civile" nei confronti delle popolazioni rom e sinti sono talmente preoccupantemente bassi da far pensare ad una vera e propria "emergenza sociale", caratterizzata da elementi di isolamento politico, sociale, economico e culturale. Le popolazioni rom e sinti sono presenti in Italia fin dall'Alto medioevo. Di tale presenza esiste una documentazione certa a decorrere dal secolo XIV.
Il rapporto con queste popolazioni ha costituito, nei secoli, costantemente, un notevole problema giuridico, tanto che ancora oggi ci troviamo di fronte ad una questione ulteriormente urgente, ovvero quella di riconoscere a livello legislativo nazionale una realtà che è invece già presente, in modo ovviamente frammentario, nella legislazione regionale.
La stessa lingua romanesh era stata compresa nell'elenco delle lingue minoritarie di Italia, di cui alla legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante "Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche", in seguito, però, era stata stralciata dall'elenco solo perché le norme tipiche della legge non le si applicavano coerentemente.
La presente proposta di legge si propone, dunque, l'intento di redigere un quadro normativo "complessivo" di riferimento, nonché di creare i collegamenti con le leggi già vigenti, come la citata legge n. 482 del 1999 di tutela delle minoranze linguistiche, la legge n. 383 del 2000 di disciplina delle associazioni di promozione sociale e la legge n. 328 del 2000, legge quadro di riforma dell'assistenza, ai fini non solo di fornire garanzie di giustizia e di equità sociale nonché di tutela delle minoranze, ma di contribuire ad un vero cambiamento nel clima ostile che si respira nei confronti delle popolazioni rom e sinti, purtroppo profondamente radicato e diffuso nel nostro Paese. L'atteggiamento più diffuso nei confronti dello "zingaro" è, infatti, quello basato sul sospetto, sulla diffidenza: lo stereotipo di riferimento, invece, si rifà a quello dello stregone, appartenente ad una razza "nera e maledetta", nulla facente e ladro per vocazione.
La prima testimonianza storica dell'ingresso in Italia di tali popolazioni è stata registrata nel 1322 a Bologna, ma le prime ondate migratorie partirono verso la fine del I millennio dall'India nord-occidentale. La diaspora totale fu determinata dall'espansione dell'Islam, che giunse fino al Punjab, zona di origine dell'emigrazione.
I sinti sono probabilmente originari del Rajastan (India del nord) mentre i rom sono originari del centro dell'India. In Europa i gitani sono invece sicuramente presenti dalla fine del 1300. Non facilmente inquadrabile all'interno delle categorie del pensiero medievale, e non facilmente omologabile ed assimilabile dalla cultura occidentale, lo zingaro è rimasto una delle poche figure avvertite come estranee ed inquietanti dalla civiltà moderna, anche perché nomade, errante, senza una patria, appartenente ad un popolo disperso e senza storia. Durante tutto il Medioevo, fino ad arrivare al Rinascimento, nessuno si avvicinò al tema se non in termini, per così dire, creativi: si andavano infatti creando dicerie e leggende riguardo alle loro origini; secondo parte della Chiesa essi erano i discendenti del fabbro che aveva forgiato i chiodi usati per la crocifissione di Cristo, secondo altri erano i discendenti dei sopravvissuti della mitica Atlantide ed a queste ricostruzioni leggendarie se ne sono aggiunte altre simili.
Alla fine del XVIII secolo ci furono i primi tentativi di approccio scientifico allo studio delle loro origini e, partendo dall'analisi del loro linguaggio, si scoprì che il romanesh era un dialetto di origine indoeuropea. Sulla base di questo dato, si riuscì a risalire alle presunte origini dei rom, collocandole, come già detto, nel nord-est dell'India. In realtà, come spesso avviene, una reale ricostruzione storica è stata possibile riordinando e collegando tra loro i moltissimi provvedimenti di tipo amministrativo e giuridico che nei secoli hanno visto come destinatarie le popolazioni nomadi, e in particolare i rom: il percorso che ne viene fuori rappresenta sicuramente una interessante "cartina di tornasole" dell'atteggiamento ostile che i popoli sedentari, a tutti i livelli, sia i cittadini di ogni classe sociale che le istituzioni, hanno sempre dimostrato nei confronti di tali popolazioni. Nei secoli si è andato, infatti, stratificando una sorta di pregiudizio sociale, giuridico e culturale che ha condotto all'adozione di politiche che si concretizzavano, in sintesi, sempre nell'espulsione "legale", nella reclusione di vario genere, o nel tentativo dell'assimilazione forzata di chi apparteneva alle etnie dedite al nomadismo.
Il problema che emerge chiaramente, e che non appare, purtroppo, assolutamente superato dalla nostra moderna, futuristica e futuribile società, si può sempre ricondurre al difficilissimo rapporto del modello sociale occidentale con "l'altro da sé", con chi non è facilmente soggetto a classificazioni e rivendica, non sempre in modo ortodosso e corretto, la propria libertà. Un Paese civile e democratico come è il nostro non può certo permettersi di ignorare che pregiudizi simili hanno, nel corso della storia, condotto a crudeli e vergognose persecuzioni: la Germania nazista con i suoi alleati perseguitò la minoranza zingara, sterminando oltre 500 mila individui: una tragedia, questa, dimenticata ed ignorata. Inoltre, non esistendo nessuna anagrafe, è stato pressoché impossibile quantificare esattamente le perdite. Al processo di Norimberga, nonostante il riconoscimento ufficiale del terribile danno subìto dalle comunità rom e sinti, non fu invitato nessun rappresentante di tali popolazioni, né per intervenire né tantomeno per acquisire il titolo necessario ad ottenere le somme destinate al risarcimento. Attualmente i rom e i sinti che vivono in Italia sono circa 110 mila: la maggioranza sono sinti. Si tratta, comunque, della percentuale di presenze più bassa dell'intera Europa.
Però, nonostante tutti i pregiudizi che si sono ricordati, in realtà, per un periodo considerevole, i rom riuscirono ad inserirsi nel tessuto sociale ed economico europeo in modo soddisfacente: i differenti gruppi cominciarono ad essere riconosciuti con il nome che ne indicava la professione. I rom kalderasha (presenti in Italia in circa 7 mila unità), ad esempio, erano "calderai", lucidatori di metallo, stagnini ed incisori dell'oro, i rudari erano venditori di stoffe, gli ursari ammaestratori d'orsi.
Gli zingari, fino all'avvento dell'industrializzazione, dell'urbanizzazione e della progressiva ma radicale trasformazione dell'economia, riuscivano ad adattarsi ai bisogni della società ospite, a crearsi delle nicchie di esistenza semi-protetta che aveva, come conseguenza dell'impatto, la instaurazione di una convivenza pacifica con chi, seppure diverso, era loro vicino.
Adesso la civiltà nomade deve forzatamente fare i conti con la società moderna, che fornisce ad essa continui segnali di estraneità: dimostra, infatti, di non avere più bisogno dei prodotti artigianali né delle professioni tipiche della tradizione zingara. Insieme alla perdita della loro tradizione, della possibilità di tramandare ai propri figli arti che non hanno più significato, si è verificato anche l'impoverimento economico, e lo scollamento dei ritmi di vita, tipici di queste popolazioni, sicuramente più prossimi a quelli della vita rurale che alla frammentazione e alla velocizzazione degli spazi e dei tempi propri dei sistemi odierni.
Da questi cambiamenti scaturiscono tutti i problemi a cui assistiamo oggi: i nomadi (è il termine con il quale li appellano, utilizzando un'accezione non sempre univoca, i mass media, al fine di superare la definizione "zingari", oramai carica di significati negativi) sono stati, nei fatti, posti ai margini "reali", non solo figurati, delle nostre città. Nel tempo si è dato vita a dei veri e propri ghetti che confinano, nella maggior parte dei casi, con periferie già povere e a rischio, oppure con discariche o zone industriali semi-abbandonate. E' superfluo evidenziare che la marginalità e la povertà creano disagio, e che il disagio è il terreno ideale per la propensione alla criminalità, che a sua volta genera altra marginalità e conflitto sociale.
La tolleranza, l'integrazione e il rispetto sono armi necessarie per evitare l'innescarsi di un meccanismo di odio al quale si risponda con il disprezzo delle regole, della legalità e della convivenza civile. L'anello debole di questa  catena, inoltre, sono i bambini, che molto spesso vengono coinvolti in attività illecite, quali furti negli appartamenti, o borseggio, ed accattonaggio. Il numero delle denunce e dei fermi è aumentato, e il problema della gestione dei minori sottoposti a procedimenti penali è estremamente spinoso e delicato; molto spesso l'attività micro-criminale del bambino zingaro, inoltre, è l'unica fonte di reddito dell'intero nucleo familiare, a sua volta costretto a vivere in condizioni sanitarie e di vita ai limiti della sussistenza.
L'allarme per lo stato in cui versano quasi tutti i campi nomadi disseminati sul territorio nazionale è stato aggravato dall'arrivo, in occasione dell'esodo successivo alla guerra con la Jugoslavia, di migliaia di persone di origine rom. Questi profughi, sia i kosovari che i rom kosovari e serbi, nella confusione successiva al conflitto non sono stati riconosciuti come rifugiati anche laddove ne avrebbero avuto diritto.
La presente proposta di legge si propone, quindi, l'intento di assicurare un sistema di interventi e di garanzie per queste popolazioni, mediante la fissazione di regole che, una volta applicate, produrrebbero sicuramente anche un valore aggiunto in termini di sicurezza e di legalità, a beneficio di una più serena e corretta convivenza civile, e che costituirebbero un primo passo nella direzione della costruzione di una cultura dei diritti e della differenza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
PROGETTO DI LEGGE - N. 7610
PROPOSTA DI LEGGE
 
Art. 1.
(Princìpi).
        1. La Repubblica, in applicazione degli articoli 2, 3 e 6 della Costituzione, e in conformità alle disposizioni della legge 15 dicembre 1999, n. 482, riconosce, garantisce e tutela la lingua romanesh, l'identità culturale e i diritti delle popolazioni rom e sinti nonché di tutte le popolazioni ad esse assimilabili etnicamente e culturalmente, riconoscendo loro, altresì, uguale diritto al nomadismo o alla stanzialità.
Art. 2.
(Status giuridici).
        1. Fatte salve le disposizioni generali in materia di cui al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione, emanato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, gli appartenenti alle popolazioni rom e sinti possono ottenere il permesso di soggiorno dopo due anni di permanenza documentata e regolare in Italia.
        2. Gli appartenenti alla popolazione rom e sinti residenti in Italia da almeno dieci anni ed in possesso della carta di soggiorno rilasciata ai sensi dell'articolo 9 del citato testo unico emanato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, possono richiedere la cittadinanza italiana ai sensi della lettera f) del comma 1 dell'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91.
Art. 3.
(Politiche in favore delle popolazioni rom e sinti).
        1. Al fine di realizzare i princìpi stabiliti all'articolo 1, sono promosse politiche ed iniziative volte ad assicurare alle popolazioni rom e sinti:
a)      il riconoscimento e la tutela della lingua romanesh;
b)      il diritto al lavoro, allo studio, alla formazione professionale, all'abitazione ed alla salute;
c)      la fruizione da parte delle popolazioni stesse dei servizi sociali e sanitari;
d)      l'istituzione di figure di mediazione che esercitino anche funzioni di raccordo nel sistema dei servizi di cui alla lettera c), previa predisposizione di specifici programmi per la loro formazione;
e)      il superamento delle difficoltà sociali, culturali ed economiche;
f)       la definizione di forme di partecipazione delle popolazioni stesse alla predisposizione e alla realizzazione degli interventi che le riguardano;
g)      la definizione di azioni specifiche a tutela dei minori;
h)      l'individuazione di misure di sostegno alla produzione del reddito, anche per mezzo di azioni mirate alla formazione e all'avviamento al lavoro.
 
 
Art. 4.
(Inserimento nelle istituzioni scolastiche).
        1. La Repubblica favorisce l'inserimento delle popolazioni rom e sinti nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, garantendo, in particolare e quando necessario, specifici interventi di sostegno.
        2. Negli istituti scolastici di ogni ordine e grado nei quali siano presenti almeno venti studenti appartenenti alle popolazioni rom e sinti, è istituito un corso di insegnamento della lingua romanesh. Qualora il numero prescritto non sia raggiunto nei singoli istituti, ma risulti presente nel territorio del comune, è istituita una cattedra di lingua romanesh.
        3. L'insegnamento di cui al comma 2 comprende, oltre alla lingua, anche corsi inerenti agli usi, alle tradizioni e alla storia del popolo rom.
        4. La cattedra di cui al comma 2 organizza sedute pubbliche, iniziative e conferenze rivolte a tutti i cittadini che ne facciano richiesta.
Art. 5.
(Rapporti con le istituzioni).
        1. Gli appartenenti alle popolazioni rom e sinti hanno diritto, nel loro rapporti con la pubblica amministrazione, con gli organi giudiziari e con le Forze dell'ordine, ai sensi del comma 2 dell'articolo 9 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, di essere assistiti da personale in grado di fungere da interprete-traduttore, qualora non abbiano adeguata padronanza della lingua italiana. In tali casi non si applica il disposto di cui al secondo periodo del comma 1 del citato articolo 9 della medesima legge n. 482 del 1999.
        2. Qualora i soggetti di cui al comma 1 siano minori di diciotto anni essi devono essere assistiti anche da un'assistente sociale.
Art. 6.
(Istituzione dell'Osservatorio nazionale permanente).
        1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari sociali, è istituito l'Osservatorio nazionale permanente per le popolazioni rom e sinti, di seguito denominato "Osservatorio", avente il compito di coordinare la tutela delle popolazioni nomadi, mediante la identificazione di adeguate sedi di incontro, di confronto, di valutazione e di successiva verifica dei risultati raggiunti, al fine di creare un sistema sociale basato sulla integrazione e partecipazione delle minoranze.
        2. L'Osservatorio è istituito con il regolamento di cui al comma 4 ed è composto:
a)      dal Ministro per la solidarietà sociale o da un rappresentante delegato direttamente dal Ministro che lo presiede;
b)      dai rappresentanti dei Ministri dell'interno, per la solidarietà sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della pubblica istruzione, della sanità, della giustizia, degli affari esteri e dei lavori pubblici;
c)      dai rappresentanti delle regioni;
d)      da dieci rappresentanti delle popolazioni rom e sinti;
e)      dai membri delle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale operanti nel settore.
  3. L'Osservatorio ha, in particolare, i seguenti compiti:
 a) predisporre annualmente un piano programmatico da presentare entro il mese di ottobre alle Camere. Tale piano, sulla base dei dati del censimento di cui all'articolo 9, deve contenere le indicazioni relative al numero, alla tipologia e ai criteri di collocazione dei campi nomadi;

                b) raccogliere, elaborare e valutare i risultati del censimento di cui all'articolo 9;
                c) creare una banca dati dei progetti realizzati ai sensi della presente legge;
                d) raccogliere i dati della legislazione regionale vigente in materia per farne annualmente una sintesi.

4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per la solidarietà sociale adotta il relativo regolamento di attuazione, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e le competenti Commissioni parlamentari, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Art. 7.
(Politiche abitative).
        1. Le regioni, sulla base di quanto stabilito dal piano di cui alla lettera a) del comma 3 dell'articolo 6, attuano la programmazione relativa alle politiche abitative per le popolazioni rom e sinti, sia per quanto riguarda l'individuazione e la realizzazione delle aree di sosta e di transito attrezzate, che per quanto concerne la possibilità di accedere all'edilizia popolare, fermo restando il principio della dignità del contesto abitativo.
        2. I comuni procedono alla individuazione dei siti da destinare alle aree di cui al comma 1, e, ove necessario, provvedono ad apportare varianti agli strumenti urbanistici vigenti, al fine di evitare localizzazioni a rischio di marginalità e di conflittualità sociale.
        3. La gestione delle aree di cui al comma 1 spetta ai comuni, che, al fine di assicurarne il buon funzionamento, possono affidarla, sulla base di apposite convenzioni, ad associazioni ed enti di promozione sociale di cui all'articolo 1, comma 5, della legge 8 novembre 2000, n. 328, prevedendo, altresì, la partecipazione degli abitanti delle medesime aree, in forma individuale od organizzata.
        4. Le aree di cui al comma 1 devono essere progettate e realizzate secondo i seguenti princìpi:

                a) avere una superficie non inferiore a 2 mila metri quadrati e non superiore a 4 mila metri quadrati;

                b) delimitare la grandezza nelle zone da destinare in modo esclusivo ad ogni persona;
                c) essere fornite di servizi igienici funzionanti, che devono essere controllati periodicamente dall'azienda sanitaria locale, nonché di illuminazione elettrica collegata alla rete pubblica, di allacci alla rete fognaria, di contenitori per rifiuti solidi urbani, di cabina telefonica, di spazi atti alla collocazione di prefabbricati e di strutture mobili e non polivalenti, eventualmente adibibili ad attività lavorative, ricreative, culturali ed a presìdi socio-sanitari.
 
Art. 8.
(Definizione delle figure professionali di mediazione).
        1. Nell'ambito dei profili professionali delle figure professionali sociali definiti ai sensi dell'articolo 12 della legge 8 novembre 2000, n. 328, sono individuati specifici profili professionali destinati a svolgere funzioni di mediazione nei confronti delle popolazioni rom e sinti.
Art. 9.
(Censimento).
        1. Ogni quattro anni, a decorrere dal 31 dicembre successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, è indetto il censimento delle popolazioni rom e sinti residenti nel territorio dello Stato.
        2. Il censimento di cui al comma 1 è realizzato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322.
Art. 10.
(Istituzione del Fondo nazionaleper i minori rom e sinti).
        1. Al fine di realizzare interventi a livello nazionale, regionale e locale per favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la scolarizzazione, la socializzazione e l'integrazione dei minori e degli adolescenti appartenenti alle popolazioni rom e sinti e in conformità ai princìpi stabiliti dalla legge 28 agosto 1987, n. 285, è istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari sociali, il Fondo nazionale per le politiche a favore dei minori rom e sinti.
        2. La ripartizione del Fondo di cui al comma 1 avviene su base regionale.
        3. Sono ammessi al finanziamento del Fondo di cui al comma 1 i progetti che perseguono le seguenti finalità:
a)      porre le condizioni, logistiche e culturali, per una scolarizzazione completa e valida, garantita per l'intero ciclo scolastico obbligatorio e per la scuola materna, avvalendosi sia delle strutture appartenenti al normale circuito scolastico che degli strumenti e delle figure professionali specifici individuati ai sensi della presente legge;
b)       garantire i presupposti necessari ad un sano processo di crescita psico-fisica;
c)      perseguire l'integrazione nel tessuto sociale, per mezzo di attività ludiche, espressive e formative, che prevedano il contatto dei minori rom e sinti con i minori italiani e con gli altri stranieri;
d)      realizzare servizi di preparazione e di sostegno alla crescita, di contrasto alla povertà, alla violenza, allo sfruttamento minorile e all'accattonaggio, nonché di assistenza, di riabilitazione e di reinserimento dei minori coinvolti in procedimenti penali.

Art. 11.
(Formazione professionale).
        1. Le regioni destinano una quota, la cui misura è stabilita dall'Osservatorio, dei fondi per la formazione professionale alla preparazione e alla realizzazione di corsi di avviamento professionale per gli appartenenti alle popolazioni rom e sinti, tenendo conto delle tradizioni professionali e delle specificità culturali delle citate minoranze, prevedendo, altresì, anche percorsi di riconversione professionale.
        2. Al fine di garantire il diritto al lavoro delle popolazioni rom e sinti, le regioni ed i comuni promuovono adeguate iniziative per agevolare la concessione delle licenze e delle certificazioni relative all'esercizio di attività produttive e dello spettacolo, nonché per favorire forme associative o cooperative nei settori di attività tipici dei nomadi.
Art. 12.
(Copertura finanziaria).
        1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
        2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.