allo spazio Forma ... Goldblatt
Periodo
dal 28 Giugno
al 26 Agosto 2007
Orario
tutti i giorni dalle 11 alle 21
giovedì dalle 11 alle 23
chiuso il lunedì
Costo biglietto
Intero: 6,50 euro
Ridotto: 5 euro
Scuole: 3 euro
Elenco delle riduzioni
Per informazioni
02.5811.8067
Maestro del fotogiornalismo, David Goldblatt è il più importante fotografo sudafricano e presenta per la prima volta in Italia il suo lavoro in una mostra curata da Martin Parr: un esaustivo rapporto sulla storia del Sud Africa durante e dopo l’apartheid, un’attenta documentazione di quella che Goldblatt chiama l’era del “Baasskap”, la dominazione bianca. Con le sue immagini, all’apparenza semplici ma folgoranti, ispirate alla quotidianità, David Goldblatt riesce a rendere le vite sudafricane visibili in tutta la loro complessità. Le sue sono fotografie di denuncia e rivelano tutto l’impegno morale e la forte empatia dell’autore con la storia dei neri sudafricani, pur non ricercando mai situazioni particolarmente spettacolari o violente. Come dice lo stesso autore, “anche dove sembrava non accadesse niente, in qualche modo queste mie foto ribadivano le differenze e irritavano l’establishment”. Ma il suo lavoro non si limita a una denuncia o una registrazione del regime dell’Apartheid. Alla ricerca sempre di nuovi modi per interpretare la realtà che lo circonda, David Goldblatt negli ultimi anni ha saputo creare delle nuove serie fotografiche misurandosi con una realtà in continua evoluzione e con l’esigenza, quindi, di raccontarla con uno stile sempre nuovo, moderno, in grado di comprendere ma anche di stupire.
Le prime icone
Una panoramica delle sue prime fotografie tratte dai libri On the Mines (Nelle miniere), 1973 e Some Afrikaners Photographed (Ritratti di Afrikaners), 1975. La selezione mostra un Goldblatt giovane, che documenta con stile e voce forti, la vita quotidiana dei primi tempi dell’apartheid.
I trasportati
Una selezione di immagini scattate nel 1983/1984 che ritraggono gruppi di pendolari neri. Per poter lavorare, a milioni erano costretti a spostarsi dalle homelands alle città. Goldblatt ha fotografato la gente di KwaNdebele che doveva affrontare ogni giorno 8 ore di viaggio: 4 per essere a Pretoria alle 7 del mattino e 4 per rientrare a casa la sera tardi.
Boksburg
Questo importante progetto del 1979/1980 descrive la middle class bianca della piccola cittadina di Boksburg, vicino a Johannesburg. Nella loro apparente freddezza, le immagini sono ancora più incisive per la diretta crudezza delle situazioni ritratte.
I particolari
Scattate verso la metà degli anni Settanta, Queste fotografie si concentrano su dettagli di bianchi e neri mentre si riposano al parco. Goldblatt esplora i corpi, i vestiti e quello che evocano. Il libro di questo progetto, pubblicato nel 2004, ha vinto il premio del libro al festival di fotografia Rencontre d’Arles.
Sudafrica: la struttura delle cose com’erano
Questa importante serie di fotografie è stata realizzata prevalentemente negli anni Ottanta, nel periodo più buio dell’apartheid. Qui Goldblatt rivolge la sua macchina fotografica non tanto verso le persone, quanto verso le strutture costruite dalle persone. Ancora una volta, le sue immagini ci raccontano la gente e la società sudafricana.
Johannesburg oggi: gli artigiani e le loro insegne
Nei quartieri residenziali di Johannesburg spuntano piccoli annunci di imbianchini e artigiani neri che Goldblatt fotografa come parte integrante del paesaggio urbano. Alcuni sono stati da lui contattati, incontrati e quindi ritratti.
Le strade di Johannesburg
Diverse sono le situazioni che appaiono per le strade di Johannesburg, fotografate con una macchina di grande formato. Una dimensione di metropoli ampia, varia, caotica.
Funzionari statali Parte del nuovo sistema di governo del paese prevede un nuovo ordinamento per gli enti locali. Goldblatt ritrae impiegati statali, bianchi e neri, da soli o in gruppo, nei loro uffici o sul posto di lavoro. Le fotografie mostrano aree urbane e rurali e rivelano la progressiva emancipazione della società sudafricana.
Comunicato Stampa del 21 luglio 2007
Comunicato Stampa del 21 luglio 2007
L’altro ieri, giovedì 19 luglio, è stato effettuato un nuovo sgombero di un insediamento non autorizzato, quello sotto il ponte della Magliana (1300 persone). Contro le edulcorate e/o trionfalistiche dichiarazioni del sindaco, del presidente del XV Municipio ecc., noi qui sottoscritti vogliamo denunciare il disastro umanitario, l’acuta sofferenza, i disagi che queste travolgenti operazioni di polizia comportano. In una città in cui è stata dichiarata l’emergenza caldo abbiamo visto con i nostri occhi donne incinte arrancare faticosamente cariche delle loro povere masserizie, nugoli di bambini dagli sguardi smarriti, neonati! - non c’è pietà neppure per i neonati a Roma ? - gruppetti di sgomberati rassegnati e sgomenti, senz’acqua, senza cibo, senza sapere dove andare. Ma dov’è la coniugazione di sensibilità e legalità sbandierata dal sindaco ? Ma il sindaco ha visto ? Cosa gli è stato riferito ? Di quale illegalità sono colpevoli i neonati, i bimbi di 3, 4, 5 anni ? A noi lo sgombero è parso come una nuova vittoria dell’ingloriosa guerra intrapresa contro i poveri, i più deboli, i più emarginati. Esisteva ed esiste un problema di legalità, ne siamo consapevoli, ma la richiesta di legalità deve essere a tutto tondo e non strumento di vessazione degli esclusi. Dov’è la legalità delle istituzioni ? Dov’è il rispetto di quei diritti umani elementari che sono il diritto alla dignità, alla sopravvivenza, a un ricovero ? L’Italia è già stata condannata dal consiglio d’Europa per la brutalità degli sgomberi, per il mancato rispetto della normativa europea al riguardo. Come cittadini di questa città non ci riconosciamo in questa politica e la denunceremo al Commissario europeo per i diritti umani.
Firmano: Marco Brazzoduro (professore alla Sapienza); Francesco Careri (professore a Roma3); Roberto De Angelis (professore alla Sapienza); Roberto Pignoni (professore alla Sapienza); Anna Pizzo (consigliera PRC regione Lazio); Claudio Graziano (Arci-Roma); Hamadi Zribi (responsabile Immigrazione PRC Roma); Alessia Montuori (associazione SenzaConfine); Casa dei Diritti Sociali – Focus; Daria Pozzi (ATTAC); Stefania Ruggeri (Cooperativa sociale 621); Virginia Valente (Progetto diritti); Stefano Montesi; Andres Barreto; Alfonso Perrotta (Associazione Interculturale Villaggio Globale); Stalker/osservatorio nomade; Gianluca Staderini (Popica Onlus); Alessio Arconzo (G.C. –Factory); Stefano Galieni (Dipartimento Immigrazione Prc Nazionale); Laura Nobile; Imma Tuccillo Castaldo (Karaule Mir); Ghirmai Tewelde (consigliere PRC Municipio XVIII
CAM, quale futuro - mozione presentata in CdZ6 dall'Unione
Allego il testo della mozione presentata da tutta L'unione di zona 6 in Consiglio di Zona 6 sulle proposta di esternalizzare i servizi CAM.
Lavori alla ex cascina Colomberotto
Allego il testo dell'interrogazione presentata in Consiglio di Zona sulla ex cascina Colomberotto.
Quando la bicicletta diventa cultura di mobilità altra
In tutta Italia si moltiplicano le ciclofficine. Per costruire, riparare e vendere due ruote a pochi euro. E riscoprire la lentezza perduta. Al polso porta un braccialetto fatto con la catena di una bici. Lo indossa come un gioiello qualsiasi, ma è un segno di identità. Giacomo di professione fa il tecnico di biologia molecolare, ma fuori dal centro di ricerca è un «ciclomeccanico». Cioè ripara, assembla, costruisce biciclette di ogni forma o dimensione: non esistono limiti, nemmeno sul numero di ruote o di sellini. L'unica regola è mettere al bando motore e benzina. Per farlo ha aperto una «ciclofficina» a Roma, nell'ex Istituto Angelo Maj, rione Monti, a metà tra il garage e un circolo di quartiere. È uno stanzone che trabocca di chiavi inglesi, catene, cestini e telai. Tutti i pomeriggi apre alle cinque e fino a sera chiunque può entrare per aggiustare da solo la sua bici, per imparare come si fa, per chiederne una. Nella ciclofficina non si compra nulla: chi si innamora di una bici la chiede e poi lascia qualcosa, un euro, una torta, un regalo qualsiasi. All'inizio si va solo per «lavorare», ma poi si entra in un gruppo che propone e organizza di tutto, dall'asta pubblica con in palio bici recuperate fino ai raduni, ai viaggi. Quella di Roma non è l'unica ciclofficina in Italia. Ne esistono già una quindicina sparse un po' ovunque: a Milano, Bergamo, Firenze, Vicenza, e altre stanno nascendo. Internet è il mezzo di comunicazione degli appassionati. Per scambiare idee, progetti, appuntamenti o per organizzare eventi nazionali, come i campionati di ciclomeccanica a squadre, appena conclusi a Milano. Perché la ciclofficina è un piccolo mondo a parte, che funziona secondo regole e principi opposti a quelli delle nostre città, primi fra tutti la lentezza e la collaborazione. Marcello, 34 anni, ha smesso di fare il grafico per gestirne una a San Donato Milanese. Lo ha fatto per seguire un progetto, il primo in Italia, che unisce mezzi pubblici e due ruote: si arriva in metrò e poi si sale in bici. Sulla falsariga delle esperienze di Berlino o Amsterdam, è nata poco fuori Milano questa ciclofficina (Stecca) che noleggia, ripara e custodisce circa 300 biciclette (www.piubici.org, tel. 0255603730). Da qui partono anche iniziative per le scuole, per suscitare nei bambini l'amore per la bici, «il primo mezzo che si prende, e che purtroppo si lascia», come la definisce Giacomo. Molti istituti hanno già aperto le porte ai ciclo-meccanici, che insegnano, gratuitamente, come si riparano un freno o una ruota bucata (il modulo per richiedere il corso si scarica dal sito). Sempre a Milano, c'è la Ciclofficina Barona, gestita dalla Cooperativa sociale Anta res (via Cassoni, tel. 320-0444045), che ripara e vende bici, organizza gite fuori porta ma anche corsi di formazione e di inserimento sociale rivolti a minori soggetti a rischio di devianza. La solidarietà, del resto, è alla base anche del gruppo Ciclocomio di Vicenza, che invia periodicamente a piccole comunità in Bolivia container pieni di bici e attrezzature e ha un programma «bici collettive» da mettere a disposizione di chi ne ha bisogno. Poi ci sono i puristi della pedalata, che ammettono solo mezzi a rapporto fisso (senza cambio) e senza freni (si ritrovano su www.rotafixa.org). Come Marcello, che gira «senza freni per aumentare il livello di attenzione». In comune, tutti hanno una diversa idea di spazio urbano. E la voglia di realizzarla mettendo in sella più gente possibile. QUANDO SI FINISCE NELLA RETE DEI CLAN DEL PEDALE. www.ciclofficina.org Raccoglie i link ai siti di tutte le ciclofficine italiane presenti in rete, che presto si riuniranno in associazione: Ciclofficina Macchia Rossa, Don-Chischiotte, Centrale (a Roma); Ciclofficina Nord Niguarda, Stecca, Ruota Libera (Milano); Ciclofficina Ciclocomio (Vicenza), Ciclofficina Brugola Rossa (Firenze), Ciclofficina Cielito Lindo (Bergamo). www.piubici.org È l'associazione che gestisce sia la stazione delle bici di San Donato milanese (deposito, noleggio e riparazione), sia la ciclofficina Stecca. Organizza i campionati di ciclomeccanica a squadre. www.ciclistica.it Blog della comunità di ciclisti italiani, dove si raccolgono segnalazioni, si scambiano consigli, critiche, commenti. www.rotafixa.org Sito dei ciclisti metropolitani, cultori della bici a rapporto fisso e senza freni, con le date delle velocity, gare in città all'alba. www.dclxvi.org/chunk Sito americano per costruire bici fai-da-te di ogni tipo. www.bicyclefilmfestival.com Festival internazionale di video dedicati alla bici. Il 22-23 novembre si svolgerà a Tokyo. LE ASTE Tutto l'anno si svolgono aste di bici usate: le date si trovano sui siti delle clofficine. LE CARCASSE Abbandonare bici in strada è ritenuto uno dei peggiori «ciclodelitti»: i pezzi vanno riciclati. CORSI, FESTE, GITE: GLI APPUNTAMENTI DI NOVEMBRE Domenica 13, corso per ciclomeccanici gratuito presso la Ciclofficina Angelo Mai di Roma, aperta tutti i giorni dopo le 17 e il sabato tutto il giorno. Mercoledì 16 (e in genere ogni terzo mercoledì del mese), aperitivo per conoscersi presso la Ciclofficina Stecca di Milano (via Confalonieri, quartiere Isola). Corsi di ciclomeccanica per gruppi scolastici di massimo 35 alunni sono organizzati dall'associazione +Bici: il modulo si scarica dal sito www.piubici.org. Ciclogite tutto l'anno: info su www.romapedala.splinder.com, www.biciurbana.org, www.bici.net. Articolo di Alessia Piovesan, tratto da “il Venerdì di Repubblica” del 4 Novembre 2005, n. 920 pag. 140/141.
L’OZONO NON VA IN VACANZA
Le insidie di un inquinante spesso sottovalutato
In estate uno dei problemi principali che legano le condizioni climatiche alla presenza di inquinanti in atmosfera è quello della formazione di ozono troposferico. Le condizioni favorevoli alla comparsa di questa sostanza laddove non dovrebbe essere presente se non in minime quantità, ovvero nei bassi strati dell’atmosfera, sono tre: il forte soleggiamento, le temperature elevate e la scarsa ventilazione. Tali condizioni favoriscono infatti una serie di reazioni chimiche tra alcuni inquinanti, quali gli NOX o ossidi di azoto, direttamente immessi in atmosfera dalle attività antropiche e l’energia solare che raggiunge la superficie terrestre.
Questi fattori fanno sì che l’andamento tipico della concentrazione di ozono in un giorno d’estate presenti un picco proprio in corrispondenza delle ore più calde in cui il soleggiamento è maggiore, mentre tenda a diminuire di notte. Numerose ricerche confermano poi un trend positivo dei livelli di fondo dell’ozono troposferico negli ultimi decenni in tutto l’emisfero settentrionale. Una di queste illustra come il gas, fino a quel momento pressoché costante nei bassi strati dell’atmosfera, abbia iniziato ad aumentare già agli inizi del diciannovesimo secolo, per poi mantenere questa tendenza fino ai giorni nostri.
Gli effetti nocivi su materiali e salute umana sono ormai ben noti: quanto ai primi le maggiori conseguenze non si hanno tanto sui beni di valore storico e culturale esposti agli agenti atmosferici, bensì su quelli conservati nei musei, negli archivi e nelle librerie, a causa dell’aggressività dell’ozono soprattutto nei confronti delle fibre tessili e cellulose, dei pigmenti e dei coloranti. Le ripercussioni sulla salute delle persone si manifestano invece mediante irritazioni delle mucose con bruciore agli occhi, alla gola, reazioni infiammatorie delle vie respiratorie, fino a livello polmonare, anche per interazione con altri agenti irritanti. L’impatto sull’organismo umano dipende tuttavia da tre fattori che sono la concentrazione, la durata dell’esposizione e l’intensità dell’attività fisica durante l’esposizione al tossico.
In Italia il problema dell’inquinamento da ozono passa però troppo spesso in secondo piano e non gode della stessa attenzione che le pubbliche amministrazioni e gli organi di informazione dedicano ad altri tipi di contaminazione come quella da particolato in sospensione (PM 10 e PM 2.5). L’esempio di altri paesi europei insegna come misure assai più specifiche e mirate potrebbero invece essere adottate per combattere in modo più efficace questo tipo di inquinamento. Fino ad oggi in Italia la normativa vigente fissa due soglie di concentrazione (soglia di informazione e soglia di allarme), oltre le quali occorre adottare dei provvedimenti informativi e operativi di tutela della salute umana e dell’ambiente. Questa rappresenta tuttavia la sola azione intrapresa contro il problema ozono e alla luce di ciò risulta allora chiara l’importanza di realizzare al più presto anche nel nostro paese interventi mirati per tentare di affrontare il problema di un inquinante dannoso, ma sottovalutato, quale è l’ozono.
Pamela Turchiarulo e Andrea Taverna
OMD - Osservatoprio Meteo Duomo
Quando il rosso diventa etico
L'articolo è tratto dal sito www.lifegate.it.
Alessandro Rizzo
Il rosso è di moda, ma può essere anche etico!
-----------------------------
Comprare beni di consumo può diventare un’azione etica? Secondo Bono e il suo socio Bobby Shriver sì, e tentano di dimostrarlo con il loro (PRODUCT) RED™.
Nell’immaginario comune il colore rosso ha diverse valenze simboliche. Possiamo associarlo a valori positivi, come l’amore romantico o la passione per le proprie idee, per l’impegno politico. Ma altre volte ci fa pensare immediatamente al sangue e, di conseguenza, a malattia e morte.
In Germania il Tempio del risparmio energetico
In Germania il Tempio del risparmio energetico
EnerGon, la più grande Passivhaus del mondo che consente un risparmio
energetico dell’80% rispetto ad un edificio tradizionale
Si potrebbe definirlo il “tempio” del risparmio energetico. Si tratta
di EnerGon, il più grande edificio amministrativo al mondo realizzato
nello standard “Passivhaus”e diventato in Germania l’emblema del
progetto di abbandono del nucleare.
EnerGon sorge nella cittadina di Ulm, la regione tedesca del Baden-
Württemberg. L’ultimazione dei lavori è avvenuta ad ottobre del 2002,
mentre agli inizi del 2003 ha avuto luogo l’inaugurazione.
L’importante esperimento, una Passivhaus che consente un risparmio
energetico dell’80% rispetto ad un edificio tradizionale, è stato
finanziato dalla Software AG Stiftung, società informatica tedesca
con sede a Darmstadt.
L’edificio, a forma di triangolo, si estende su una superficie di
7mila metri quadrati distribuiti su cinque piani, spazio in grado di
ospitare fino a 420 persone. Gli autori del progetto, Stefan Oehler e
Barbara Faigle, hanno effettuato uno studio rigoroso e dettagliato
per raggiungere l’obiettivo del massimo risparmio energetico: pareti
esterne con angoli rotondi, facciate per il 44% in vetro, volumi
compatti degli uffici, un sistema di isolamento che consente
l’accumulo di aria calda d’inverno e fresca d’estate senza
dispersione di calore, e pannelli solari sul tetto.
Un tetto quasi interamente in vetro consente l’illuminazione naturale
di un atrio che si estende su una superficie di 430 metri quadrati.
I muri esterni, in parte realizzati in legno, hanno uno spessore di
60 centimetri. Finestre con doppi vetri consentono il passaggio della
luce e del calore solari.
Grandissima attenzione è stata riservata anche al sistema di
riscaldamento: l’aria esterna viene sia riscaldata che raffreddata
sotto terra e poi ridistribuita nel palazzo.
Questo il suo percorso: viene aspirata all’interno di una
canalizzazione, attraversa un tunnel di cemento e poi viene spinta
nel sottosuolo alla profondità di 100 metri dove la temperatura
rimane costante per tutto l’anno (12 gradi circa). Ritornando in
superficie, viene riscaldata per mezzo di scambiatori di calore o
anche dal caldo generato dagli stessi computer o occupanti
dell’edificio. Il percorso dell’aria termina con l’espulsione nel
palazzo attraverso apposite bocchette fissate negli uffici. Lo stesso
meccanismo avviene per la generazione di aria fredda; cambia solo la
temperatura, che viene regolata dalla circolazione di acqua fredda o
calda nei muri o nei soffitti.
In vista del risparmio energetico sono state anche concepite le
lampade degli uffici, che si regolano in base alla luce naturale e si
spengono automaticamente quando le stanze rimangono vuote.
Tutti accorgimenti che fanno dell’EnerGon l’emblema dello
schieramento della Germania contro l’energia nucleare. Ricordiamo, a
questo proposito, che quattro anni fa il cancelliere tedesco Gerhard
Schröder, sotto la spinta degli ecologisti, ha deciso che entro il
2025 l’energia nucleare sarà definitivamente abbandonata con la
chiusura delle 19 centrali nucleari del paese; e lo scorso novembre è
stata chiusa la prima, quella di Stade, nelle vicinanze di Amburgo.
Nel frattempo, lo Stato si impegna a finanziare, mediante appositi
sussidi o detrazioni fiscali, risorse energetiche alternative come
quella solare o eolica.
La decisione ha suscitato non poche polemiche, nonché tensioni
all’interno dello stesso Partito Social Democratico: il ministro per
l’Ambiente Jürgen Trittin vorrebbe promuovere maggiori sussidi per
l’energia rinnovabile, mentre il ministro dell’Economia e del Lavoro
Wolfgang Clement teme che ciò comporti una penalizzazione sul fronte
economico sia per l’industria che per i consumatori. Lo scorso
dicembre i due sono giunti al compromesso di ridurre gradualmente gli
aiuti statali, ma nel frattempo Trittin si è impegnato in una
campagna contro il diossido di carbonio compilando una lista in cui
sono elencati più di 2.600 località che hanno l’obbligo di ridurne le
emissioni dell’1,5% all’anno fino al 2007.
La realizzazione della Passivhaus di Ulm è costata circa 12,7 milioni
di euro, più o meno la stessa cifra che richiede un edificio normale,
con la differenza che il risparmio energetico offerto dall’EnerGon
compensa abbondantemente i costi di costruzione. Secondo quanto
dichiara Lars Borghaus, un dirigente della Software AG Stiftung,
riscaldamento e aria condizionata nella Passivhaus di Ulm hanno un
costo di un euro l’anno per metro quadrato, contro i tre-quattro per
un edificio tradizionale.
--
Forum di discussione della Rete del Nuovo Municipio
http://www.nuovomunicipio.org
Iscrizione: forum-subscribe@liste.nuovomu
Cancellazione: forum-unsubscribe@liste.nuovo
Quante atomiche in Italia?
La discussione costruttiva che abbiamo aperto su quante atomiche ospita l' Italia sara' utilissima per il lavoro a supporto della campagna per un futuro senza atomiche.
Quando organizzeremo i tavoli per la raccolta firme, molte delle adesioni saranno sollecitate sulla base della sana e consapevole preoccupazione di chi vive accanto alle basi USA e NATO. Ed ai cd "porti nucleari".
Per la quale creeremo, in collaborazione dei comitati locali, delle schede apposite, che agevoleranno il lavoro dei militanti ai tavoli ed il rapporto con l'opinione pubblica: il che non significa affatto "gridare al lupo", tipico di certa sinistra ultraradicale (qui mi concedo una stoccata polemica). Ragionare, come fanno i vicentini, sugli enormi lavori che sono in corso al Site Pluto significa attingere una prospettiva piu' realistica sul significato di cio' che li tocca (e ci tocca) piu' direttamente e visibilmente con il progetto Dal Molin. Fara' sicuramente bene alla raccolta delle adesioni ai banchetti.
La fanteria e' fuori dalla guerra atomica? Purtroppo non era vero ieri, con i famosi piani per la difesa nucleare della "soglia di Gorizia"; e non e' vero neanche oggi, a maggior ragione con le atomiche che sono diventate micro, potendosi costruire con appena 10 grammi di materiale fissile.
(Su questo punto dei nuovi principi fisici che permettono di superare la "massa critica" ho parlato per ore con Emilio Del Giudice, scienziato dell'INFN, consulente - appare anche intervistato - del servizio di Rainews 24 "Anatomia di una bomba" , che ha vinto il premio Ilaria Alpi).
Ogni Arma, Marina, Esercito, Aeronautica - questo dovrebbe essere noto anche ai sassi - ha la sua proiezione operativa nella "deterrenza nucleare", oggi anche preventiva.
certezze, ma ci sono fonti che ne parlano. Noi chiediamo comunque la non produzione/dislocamento di tutte e stop".
In ricordo di Giovanni Pesce
Rientrato in Italia nel 1940, Pesce viene arrestato ed inviato al confino a Ventotene. Nel settembre del 1943 è tra gli organizzatori dei G.A.P. a Torino; dal maggio del 1944 assume a Milano, sino alla Liberazione il comando del 3° G.A.P. "Rubini".
Nella motivazione della Medaglia d’oro al valor militare concessa a "Visone" (questo il nome di battaglia di Giovanni Pesce), si legge tra l’altro "Ferito ad una gamba in un’audace e rischiosa impresa contro la radio trasmittente di Torino fortemente guardata da reparti tedeschi e fascisti, riusciva miracolosamente a sfuggire alla cattura portando in salvo un compagno gravemente ferito…In pieno giorno nel cuore della città di Torino affrontava da solo due ufficiali tedeschi e dopo averli abbattuti a colpi di pistola, ne uccideva altri due accorsi in aiuto dei primi e sopraffatto e caduto a terra fronteggiava coraggiosamente un gruppo di nazifascisti che apriva intenso fuoco contro di lui, riuscendo a porsi in salvo incolume…".
Giovanni Pesce è, dalla costituzione dell’A.N.P.I., membro del suo Consiglio nazionale. Tra la numerosa memorialistica sulla Resistenza, basti ricordare i suoi "Un garibaldino in Spagna" del 1955 e "Senza tregua – La guerra dei G.A.P." del 1967. Proprio nel sessantesimo anniversario della Liberazione, Franco Giannantoni e Ibio Paolucci hanno pubblicato, presso le Edizioni Arterigere-EsseZeta, un "libro della memoria" di 368 pagine intitolato: "Giovanni Pesce «Visone» un comunista che ha fatto l’Italia".