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Il Blog di Alessandro Rizzo | www.partecipaMi.it
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Mercoledì, 26 Marzo, 2008 - 12:41

Appello al Voto Utile per la Sinistra Arcobaleno

Io ho aderito con forte convinzione ... voi?

Alessandro Rizzo

Noi sosteniamo le liste de “La Sinistra, l’Arcobaleno” , e il candidato-premier Fausto Bertinotti, per quattro buone ragioni.

1.        Perché è un voto utile alla democrazia italiana e alla rinascita della politica. La contesa elettorale non può ridursi a una partita a due, o a un referendum tra leadership spettacolari.  E il futuro del paese non può essere affidato al “modello americano” , che per definizione e vocazione storica cancella la sinistra dalla rappresentanza  istituzionale.  Per battere la destra, la sinistra resta essenziale. Per vincere la sfida della pace che muove milioni di persone, ci vuole una sinistra forte. Per superare la crisi di fiducia, e i pericoli di declino morale dell’Italia, le idee e la forza della sinistra restano imprescindibili.
2.        Perché è un voto di parte. Dalla parte dei lavoratori e dei diritti del lavoro, operaio, precario, intellettuale, sfruttato, sottopagato, umiliato. Dalla parte delle donne, dei giovani e dei nuovi cittadini e cittadine migranti in cerca di libertà. Dalla parte del rispetto per l’ambiente, minacciato da un’idea di sviluppo cieca e squilibrata. Dalla parte del valore non mercificabile del sapere e della conoscenza.  Fuori da questa parzialità, che rivendichiamo come una risorsa preziosa, non c’è vera possibilità di cambiamento. E tutto si “concilia”, si omologa, si appiattisce, in un clima di conformismo dilagante.
3.        Perché è un voto laico. Per fermare l’invadenza interventista delle alte gerarchie vaticane e le tentazioni neo-temporaliste della Chiesa cattolica. Per arginare le insorgenze fondamentaliste, che attaccano leggi come la 194, bloccano l’allargamento dei diritti civili, diffondono omofobia, tentano di ricondurre le donne ad un ruolo antico di soggezione.  Noi non vogliamo nè “guerre di religione” nè antistorici  steccati tra credenti e non credenti. Crediamo piuttosto che la laicità dello Stato e il primato del Parlamento siano il fondamento più solido della libertà di tutti.  
4.        Perché è un voto di speranza: per una sinistra capace di rigenerare se stessa, il suo modo di essere e di agire, i suoi progetti. Un obiettivo  difficile, ma assolutamente necessario, che può cominciare un percorso positivo nel fuoco di queste elezioni, il 13 e 14 aprile. Noi, a questa speranza non possiamo rinunciare.
Martedì, 25 Marzo, 2008 - 22:04

Emma Bonino ai giovani: nessuno vi può garantire

Ho ascoltato su Repubblica online, precisamente nella pagina Repubblica TV, le risposte che la candidata Emma Bonino, del Partito Democratico, ha dato ad alcune domande fatte dalle lettrici e dai lettori.
Una domanda mi ha fortemente interessato, forse per il suo contenuto che ritengo essere molto importante, forse per l'aspetto politico delle risposte che sono state date che, a parere del sottoscritto, sono fortemente disarmanti e prive di prospettiva: sto parlando della questione sul voto dei giovani, dove si dichiarava che molte intenzioni di voto e di scelta ricadono sulle forze politiche del centrodestra. Ci si chiedeva, e me lo domando in primis anche io, da che cosa è dovuta questa opzione, dato che, come si sa, il centrodestra in 5 anni di governo Berlusconi ha garantito solo maggiore precarietà non solo lavorativa, elemento già di indicazione di un livello di inciviltà notevole, ma anche esistenziale, essendoci la totale negazione della possibilità di autodeterminarsi come soggetto attivo, progettando il proprio futuro. Emma Bonino ha risposto con coerenza, devo dire, ma con frasi e concetti che definirei fortemente nichilisti e invitanti i giovani a considerare come dato di fatto, quasi in un'enunciazione apologetica del sistema di mercato globalizzato e uniformante, l'attuale situazione che obbligherebbe ad accettare senza se e senza ma una condizione di lavoro temporale, a tempo determinato, magari a semplice progetto della serie "ti uso e ti getto", magari a basso costo sociale, magari senza garanzie assicurative e previdenziali, magari senza diritti, questo è chiaro dato che si tratta di occupazioni atipiche diventate drammaticamente tipiche, dove anche la maternità diventa un elemento di discriminazione notevole e tragico.
Emma Bonino a questa domanda risponde semplicemente che ora per il Partito Democratico c'è maggiore libertà di prevedere politiche per i giovani senza nessun tipo di restrizione e di ridimensionamento della portata delle stesse, dato che esiste una distanza verso la sinistra comunista e verso un opportunismo di centro. Credo che già qui si debba rispondere data la portata dire accusatoria di certe aggettivazioni. La distanza verso la sinistra che, in senso uniformante e omologante, definisce essere solamente comunista, con termine che rieccheggia la caccia alle streghe indetta da Berlusconi da tempo ormai, in modo strumentale e fazioso, potrebbe garantire al PD scelte più coraggiose in tema di flessibilità dei rapporti di lavoro: la ricetta della Bonino potrebbe, così, trovare compimento, dopo 2 anni di contenimento delle spinte ultraliberiste e fortemente sviluppiste da lei sempre professate. Le sue proposte? Non possono che essere convergenti con l'assioma che delinea la risposta che Emma garantisce e desprime nei confronti di migliaia di giovani che chiedono un futuro socialmente più sostenibile e il diritto di diventare soggetti attivi e partecipi della programmazione della propria vita, in libertà e autonomia: "nessuno ti può garantire" dichiara in modo disarmante. Ossia voi che antrate giovani nel mondo dell'attuale mercato del lavoro lasciate, come un Dante condotto da Virgilio, ma senza Virgilio, ogni speranza fuori da questo inferno esistenziale e sociale, dove la logica del darwinismo economico e sociologico del motto "homo homini lupus, ergo bellum omnium contra omnes" impera in modo indefesso, inderogabile, continuativo, senza soluzione di continuità alcuna. Ma Emma si pronuncia come fosse una mamma che sa bene cosa vogliono i propri figli, in quanto li conosce come le proprie tasche, dicendo che da parte dei giovani esiste non "la richiesta di protezione ma di opportunità, ossia aprire porte e finestre". Si deduce che se tu entri nel mercato del lavoro, a prescindere dalla tua formazione professionale, che diventa sempre più obsoleta e inadatta con le logiche produttivistiche attuali dell'iperliberismo che rende la lavoratrici e e il lavoratore una mente d'opera al servizio assoggettante e assoggettato del profitto aziendale, devi accettare, se ancora hai velleità di coperture future previdenziali e di una pensione assicurata, di una minima copertura sociale qualora tu fossi soggetto a infortunio sul luogo di lavoro, cosa che capita ultimamente con una certa frequenza, la logica che impone il sistema attuale del mercato del lavoro voluto e decretato dall'economia della finanziarizzazione della ricchezza. Perchè? Semplicemente non esiste, dice Emma "nessuna alternativa alla globalizzazione" e quindi invita con tono scherzoso i giovani a "mordere il mondo e la vita", avendo più coraggio e rischiando di più.
Io credo che in queste parole, ripeto in un'ottica di coerenza intellettuale della Bonino, colei che nel 2000 ha presentato dei quesiti referendari dove si chiedeva di abrogare l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, dove si chiedeva di abrogare la ritenuta sul proprio stipendio per il rinnovo d'ufficio dell'adesione ai sindacati, ci sia un inquietante disegno che non può sposarsi con delle proposte che fino a ieri venivano lanciate dai palchi dal candidato alla presidenza del consiglio per il PD, Walter Veltroni. dove si dichiarava con tanto slancio propagandistico che ci saranno salari minimi per i precari. Nelle parole di Veltroni, però, non esistevano enunciati quali: progressivamente superiamo l'atipicità dei contratti a tempo determinato, obbligando le aziende anche con incentivi fiscali ad assumere dopo la seconda volta di rinnovo del contratto atipico; richiedendo l'obbligo formativo, la continuità professionale nella progressione, senza creare dispersione formativa; prevedendo a forme di tutela sociale universali; concependo forme di contrattazione non aziendale, non decentrata, ma collettiva, nazionale.
"Non si può tutelare il posto fisso": si ostina a ripetere Emma. Ma mi domando: è opportuno dire ai nostri giovani che devono adeguarsi a una logica che vuole privarli totalmente di garanzie minime, quelle che sono state conquistate nei tempi e che neppure il Governo Fillon, su mano della presidenza Sarkozy, si è permesso di eliminarle? Credo che il PD stia aumentando la propria conflittualità interna dovuta alle contraddizioni palesi che sono nutrite al loro interno, dove un radicalismo iperliberista avanza non lasciando spazio a chi ancora oggi si ostina a pensare che il PD abbia spazio per chi propone un modello altro di società. Senza programmi chiari si è più vulnerabili verso i poteri forti egemoni: ed è questa la natura assoluta di un partito nato su basi che mettono insieme diverse anime confliggenti e che da tempo ha accettato di mettere tra i propri candidati di spicco figure del capitalismo neppure illuminato, magari democratico, come giustamente sostenuto e sottolineato anche da Gallino. 
Noto sem,pre maggiormente una certa deriva preoccupante.

Alessandro Rizzo

Martedì, 25 Marzo, 2008 - 20:38

Il riconoscimento alleato di via Rasella

Il riconoscimento alleato di via Rasella
da Il Manifesto del 23 marzo

L'attentato di via Rasella del 23 marzo 1944 continua a stimolare posizioni revisionistiche che lo vorrebbero ridurre a «terrorismo». Ma durante la guerra erano gli stessi comandi inglesi a considerarlo un legittimo atto di resistenza

Marco Clementi
In Italia la storia della resistenza è stata oggetto di una serie di revisioni da parte di storici e saggisti, che hanno cercato di rileggere aspetti del fenomeno alla luce dei mutamenti politici europei degli ultimi decenni. I risultati non sempre sono stati all'altezza delle attese, ma in alcuni casi hanno avuto il merito di sollevare importanti quesiti, sui quali è bene confrontarsi anche a distanza di molto tempo, riguardanti per esempio il numero e il ruolo dei partigiani prima e dopo la liberazione del paese, le differenze tra le diverse anime della resistenza, la composizione sociale delle brigate partigiane, la corrispondenza al vero di vari «miti», da quello della resistenza tradita alla mancata epurazione nelle zone liberate. Libri che hanno avuto una larga diffusione, come quelli di Giampaolo Pansa dedicati al «sangue dei vinti» hanno suscitato polemiche, spesso accompagnate dal tentativo più generale di screditare in parte, o interamente, il movimento resistenziale italiano, che fu uno dei più importanti in Europa.
Il tema legato alla resistenza, del resto, divenne un oggetto di divisione e revisione già pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale. Se in un primo tempo, per esempio, i sovietici erano stati propensi a valutare l'esperienza partigiana italiana nel suo complesso e in modo equilibrato, distinguendone le varie anime e tendenze, già nel 1948 la lettura di quegli anni si era ideologizzata e un libro come La storia della resistenza di Luigi Longo poté essere pubblicato a Mosca solo dopo un'attenta revisione finalizzata a esaltare la guerra di popolo guidata dai comunisti e porre in ombra l'apporto delle forze politiche di diverso orientamento, che dovevano passare per elementi guidati dagli alleati al fine di boicottare l'incidenza di quello che fu chiamato già nel 1945 il vento del Nord. In tale prospettiva, fatti come il proclama Alexander del novembre 1944, sul quale si tornerà tra breve, sono stati giudicati alla stregua di un tradimento e come la prova della malafede alleata.
L'uso politico di via Rasella
La storiografia più recente ha registrato anche una tendenza opposta. Importanti studi, come quello di Franco Giustolisi dal titolo L'armadio della vergogna, riguardante gli incartamenti sulle stragi tedesche in Italia dimenticati in luoghi reconditi delle procure, non solo hanno fatto nuova luce sulle repressioni, ma hanno cercato di ricollocare nel loro contesto storico le azioni dei partigiani e dei Gruppi di azione (Gap) che agivano nelle città occupate. Tra gli atti di guerra che allora vennero condotti contro l'esercito tedesco, il più conosciuto e che ha catalizzato le maggiori polemiche è stata l'azione di via Rasella, un attacco portato dai Gap all'esercito occupante che il 23 marzo del 1944 provocò la morte di 33 uomini della undicesima compagnia del reggimento Bozen, comandato dal maggiore Helmut Dobbrick, e di sei italiani, tra cui un bambino.
Il giorno dopo, il 24 marzo, 335 italiani, tra cui 154 persone a disposizione dell'Aussenkommando, sotto inchiesta di polizia, 23 in attesa di giudizio del Tribunale militare tedesco, 16 persone già condannate dallo stesso tribunale a pene varianti da 1 a 15 anni, 75 appartenenti alla comunità ebraica romana, 40 persone a disposizione della Questura romana fermate per motivi politici, 10 fermate per motivi di pubblica sicurezza, 10 italiani arrestati il 23 nei pressi di via Rasella, una persona già assolta dal Tribunale militare tedesco e, infine, tre non identificate, furono condotti nelle cave di pozzolana lungo la via Ardeatina. Qui furono massacrati dai tedeschi comandati da Herbert Kappler. Per questo crimine, lo stesso Kappler e altri ufficiali tedeschi, tra cui Erich Priebke, sono stati processati poi e condannati dalla giustizia italiana.
Nel corso dei decenni seguiti alla fine della guerra le polemiche su via Rasella non si sono spente. Da un lato, dopo la riabilitazione «dei ragazzi di Salò», operata in Italia a molti livelli istituzionali, si è cercato di dare una nuova dignità a chi aveva aderito alla Repubblica mussoliniana. Dall'altro, dopo l'11 settembre 2001 e l'inizio della cosiddetta «guerra al terrorismo», alcuni eventi sono stati riletti sotto una luce nuova e atti di guerra come quelli di via Rasella sono stati interpretato come atti di terrorismo. Infine, qualcuno ha anche ipotizzato che via Rasella, in realtà, fu organizzata per provocare la reazione tedesca e condurre alla liquidazione del gruppo «Bandiera Rossa», scomodo per il Pci e in parte arrestato dai tedeschi.
Riportare in questo giorno di ricordo le cose nella loro proporzione storica non è un'impresa che può avvenire con un breve saggio. Né, del resto, è facile ricomporre quella che da molti è stata chiamata «la memoria divisa», che nel nostro paese sembra volersi non ricomporre mai o, nel caso, secondo una del tutto arbitraria par condicio, che in storia, invece, non dovrebbe avere quartiere. Prima della caduta del muro di Berlino i danni anche di una certa storiografia sono stati elevati e ci vorranno decenni per porre riparo a tutto ciò che una presunta lettura marxista - ma più semplicemente ideologica - ha provocato.
Il proclama di Alexander
Due documenti molto chiari su ciò che allora era l'attitudine alleata nei confronti dei partigiani italiani, possono comunque aiutarci nel tentativo. Sono entrambi firmati dal comandante in capo delle forze alleate in Italia, il generale Alexander; uno è molto noto, il suo già citato proclama, l'altro un po' meno, ed è un Warnings, un avvertimento. Nel novembre del 1944 Alexander chiese ai partigiani di tenere le posizioni invernali per poi riprendere la parte finale della lotta in primavera. Il proclama diceva questo:
«Patrioti! La campagna estiva, iniziata l'11 maggio e condotta senza interruzione fin dopo lo sfondamento della linea Gotica, è finita: inizia ora la campagna invernale. In relazione all'avanzata alleata, nel periodo trascorso, era richiesta una concomitante azione dei patrioti: ora le piogge e il fango non possono non rallentare l'avanzata alleata, e i patrioti devono cessare la loro attività precedente per prepararsi alla nuova fase di lotta e fronteggiare un nuovo nemico, l'inverno. Questo sarà molto duro per i patrioti, a causa della difficoltà di rifornimenti di viveri e di indumenti: le notti in cui si potrà volare saranno poche nel prossimo periodo, e ciò limiterà pure la possibilità di lanci; gli alleati però faranno il possibile per effettuare i rifornimenti».
Si aggiungeva che si dovevano conservare le munizioni, attendere nuove istruzioni, «approfittare però ugualmente delle occasioni favorevoli per attaccare i tedeschi e i fascisti», continuare «nella raccolta delle notizie di carattere militare concernenti il nemico; studiarne le intenzioni, gli spostamenti, e comunicare tutto a chi di dovere». Inoltre, «le predette disposizioni possono venire annullate da ordini di azioni particolari», mentre «nuovi fattori potrebbero intervenire a mutare il corso della campagna invernale (spontanea ritirata tedesca per influenza di altri fronti)». Dunque «i patrioti siano preparati e pronti per la prossima avanzata». Infine, Alexander pregava «i capi delle formazioni di portare ai propri uomini le sue congratulazioni e l'espressione della sua profonda stima per la collaborazione offerta alle truppe da lui comandate durante la scorsa campagna estiva».
Tutto ciò, in quelle condizioni, era non solo ineccepibile, ma un riconoscimento di alta considerazione per il lavoro che stavano compiendo gli italiani oltre le linee dell'occupante. Avrebbe forse Alexander dovuto chiedere ai partigiani di organizzare la sollevazione generale, che in quel momento sarebbe sicuramente stata repressa dai tedeschi? Alexander, in realtà, stimava fortemente i partigiani italiani e fu leale nei loro confronti. Un mese prima del proclama egli aveva diffuso con tutti i mezzi a disposizione (etere, manifestini) il Warning, l'avvertimento rivolto agli ufficiali e agli uomini tedeschi affinché non usassero il pretesto delle azioni dei patrioti per commettere crimini contro la popolazione civile.
Nel Warning si constatava che i massacri di civili italiani stavano diventando ogni giorno più frequenti; il fatto, però, che in un certo luogo dei patrioti italiani avessero portato a termine un'azione militare contro gli occupanti, non giustificava da parte di questi ultimi alcuna azione di rappresaglia contro la popolazione o persone in attesa di processo, che doveva essere considerata un crimine di guerra. Gli ufficiali e gli uomini tedeschi che si erano o si sarebbero macchiati di tali azioni, sarebbero stati considerati dei criminali e processati nei paesi in cui tali crimini erano stati perpetrati. Si chiedeva alla popolazione italiana e ai partigiani di prendere nota dei nomi dei reparti tedeschi responsabili, dei luoghi e delle modalità con cui le rappresaglie erano condotte, e si elencavano alcuni degli eccidi di cui al momento si era a conoscenza. Tra questi, al primo posto Alexander citava proprio quello delle Fosse Ardeatine, seguito da quello di Stia, di Civitella Val di Chiana e Roncastaldo.
Atti di guerra
La posizione del generale inglese è molto importante per comprendere l'attitudine degli alleati nei riguardi dei nostri partigiani. Essi erano i patrioti che al di là delle linee svolgevano un'importante azione finalizzata alla cacciata degli occupanti. Nessuna azione poteva giustificare una reazione tedesca contro la popolazione. Al contrario, gli atti dei partigiani, compresa via Rasella, furono sempre considerati come legittimi atti di guerra contro l'occupante, appoggiati dagli alleati con ogni mezzo propagandistico a disposizione. Contrariamente a quanto si può supporre, in alcuni casi non c'è bisogno di andare a cercare molto lontano una legittimità che, in quegli anni, era cosa non solo scontata, ma assolutamente condivisa da tutto il fronte antifascista.

Martedì, 25 Marzo, 2008 - 20:26

Tg, più Pdl per tutti. Poi c'è il Pd

Tg, più Pdl per tutti. Poi c'è il Pd
da Il MANIFESTO del 22 marzo

Per il Cavaliere la violazione della par condicio è irrilevante: la «legge liberticida» non dovrebbe esistere e l'Agcom «deve guardare alla sostanza delle cose». Ovvero: è giusto che il suo partito abbia più spazio in tv L'Authority invia un richiamo alla Rai e alle tv private: l'informazione politica premia i partiti maggiori, in particolare il Popolo delle libertà

Mi. B.
Roma
L'Authority per le comunicazioni non badi a norme e regolamenti, ma «guardi alla sostanza delle cose: un partito che viene votato dal 50% degli italiani deve poter esporre i suoi programmi ai cittadini per un voto consapevole più di un partito che ha l'1%». Per quanto riguarda Silvio Berlusconi, la legge «liberticida» sulla par condicio non ha mai avuto motivo di esistere e dunque potrebbe tranquillamente essere ignorata da chi dovrebbe garantirne l'applicazione, nonostante possa essere difficile come dice il commissario Michele Lauria. E invece l'Authority ha inviato un richiamo alle emittenti pubbliche e private chiedendo «l'immediato riequilibrio dell'informazione politica tra tutte le liste partecipanti alla campagna elettorale». Perché, in particolare nei tg, l'Agcom ha rilevato, nella settimana dal 10 a 17 marzo, un trattamento privilegiato nei confronti di Pd e Pdl rispetto a tutte le altre forze politiche, una disparità di trattamento tra queste ultime e, tra i due partiti maggiori, uno squilibrio in favore della lista di Berlusconi e Fini.
La parte del leone (berlusconiano) la fa il Tg4, che al partito del capo dedica il 53,65% del tempo contro il 15,66 del Pdl e il 7,93 della Sinistra arcobaleno. Sul tg di Emilio Fede, Socialisti (6,86) e Idv (4.37), ottengono più dell'Udc (3,79), ma pure della Lega (2,75).
Rispetto alle altre testate, sul Tg5 di Clemente Mimun la situazione per la Sinistra arcobaleno va meglio: ottiene il 17,30% del tempo di parola contro il 34,86 del Pdl e il 23,59 del Pd. L'Udc è al 6,46 e gli altri sotto. A Studio Aperto il Pdl è al 37,80%, il Pd al 21,89 e al terzo posto, con il 7,86, si piazza l'Idv.
Sui Tg Rai, il Pdl ha la meglio in tutte le edizioni, seguito dal Pd, che forse in ossequio ai sondaggi su Tg1 e Tg2 è sette punti sotto, mentre sul Tg3, più ottimista, il distacco è di meno di un punto, ma sempre a favore del Pdl. Il Tg1 assegna a Sinistra arcobaleno e Udc poco più del 9% e gli altri sono tutti sotto il 3. Pari merito Arcobaleno-Udc anche sul Tg2 (sotto il 7%), mentre sul Tg3 la sinistra è al 13,61 e Casini all'11,75. E ancora, sul Tg La7 svetta il Pdl, al 41,71% contro il 19,44 del Pd con il 15,46 a Di Pietro, il 12.99 dei socialisti e il 7,58 della Sinistra. Questi i dati relativi a tutte le edizioni. Per quanto riguarda le edizioni principali, sul Tg1 migliora la performance del Pd (i punti di distacco dal Pdl scendono a circa 4), mentre restano invariati gli altri risultati. Sul Tg2, Pdl al 37,62 e Pd al 22,70, Sinistra all'8,9 e Udc al 7,78, gli altri dal 3 circa in giù. Al Tg3, dopo Pdl e Pd migliorano Arcobaleno (va al 15,38%) e l'Udc, tutti gli altri sono sotto il 2. Il Tg4 si ridimensiona (Pdl al 39,18% e Pd al 18.24, poi socialisti al 10,17, Sinistra all'8,84, Di Pietro al 6,48% e Udc al 5,62). Il Tg5 invece rispetto alla media di tutte le edizioni premia ancora di più il Pdl, così come Studio Aperto.
Proprio ieri la Sinistra arcobaleno ha presentato un nuovo esposto all'Agcom. Ma anche il Pd Fabriizio Morri protesta per lo squilibro «a favore di Berlusconi e della sua coalizione e a danno di Veltroni», trascurando che tutti gli altri restano ancora più indietro.

Venerdì, 21 Marzo, 2008 - 21:16

rapporto AI: Iraq cinque anni di carneficina e disperazione

Rapporto di Amnesty International sull’Iraq: cinque anni di carneficina e disperazione

Cinque anni dopo l’intervento militare guidato dagli Usa che spodestò Saddam Hussein, l’Iraq rimane uno dei paesi più pericolosi al mondo dal punto di vista dei diritti umani.

È quanto ha affermato oggi Amnesty International, pubblicando il rapporto “Carneficina e disperazione”. Secondo l’organizzazione per i diritti umani, gli attacchi e gli omicidi settari da parte dei gruppi armati, le torture e i maltrattamenti da parte delle forze governative e la continua detenzione di migliaia di persone sospette (molte delle quali da lungo tempo, senza accusa né processo) da parte delle forze statunitensi e irachene hanno avuto un impatto devastante, costringendo oltre quattro milioni di iracheni a lasciare le proprie case.

Milioni di dollari sono stati spesi per la sicurezza, ma oggi due iracheni su tre non hanno ancora accesso all’acqua potabile e almeno uno su tre (otto milioni di persone) sopravvive grazie agli aiuti d’emergenza.

“L’amministrazione di Saddam Hussein fu proverbiale per le violazioni dei diritti umani” – ha affermato Malcolm Smart, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International – “ma la sua destituzione non ha portato alcun sollievo alla popolazione irachena”.

Migliaia di persone sono state uccise o gravemente ferite e comunità che in precedenza vivevano in uno stato di relativa quiete sono state trascinate in aperto conflitto. La popolazione civile ha pagato il prezzo più alto. Per molte donne, che ora sono minacciate dai militanti religiosi, le condizioni sono peggiori rispetto ai tempi di Saddam Hussein.

Secondo il rapporto di Amnesty International, anche nella relativamente calma regione settentrionale curda, i passi avanti economici non sono stati accompagnati da un maggiore rispetto dei diritti umani.

“Continuano a giungere segnalazioni di arresti arbitrari, detenzioni e torture anche dalle province curde” – ha sottolineato Smart – “e il dissenso politico è scarsamente tollerato. Oppositori politici sono stati imprigionati senza processo mentre i cosiddetti delitti d’onore, in cui le donne sono assassinate dai propri familiari, restano un problema profondamente radicato che le autorità criticano ma non affrontano in maniera adeguata”.

Nessuno è in grado di stabilire esattamente quante persone siano state uccise in Iraq a partire dall’invasione diretta dagli Usa del marzo 2003. Secondo la ricerca più estesa, condotta congiuntamente dall’Organizzazione mondiale della sanità e dal governo iracheno e pubblicata nel gennaio di quest’anno, dal marzo 2003 al giugno 2006 sono state uccise più di 150.000 persone. Le Nazioni Unite hanno affermato che nel 2006, ultimo anno su cui sono disponibili dati, sono state uccise almeno 35.000 persone.

Il costante problema dell’insicurezza ha pregiudicato i tentativi di restaurare l’ordine, ma anche quando le autorità irachene sono state messe in grado di far rispettare i diritti umani, hanno ampiamente fallito. I processi sono regolarmente iniqui, con condanne emesse su prove estorte con la tortura. Centinaia di persone sono state condannate a morte.

“Questo è uno degli aspetti peggiori per il futuro. Anche di fronte a evidenti prove della tortura commessa sotto i loro occhi, le autorità irachene non hanno portato i responsabili di fronte alla giustizia, né gli Usa e i loro alleati li hanno stimolati a farlo” – ha concluso Smart.

FINE DEL COMUNICATO                                                                                     Roma, 17 marzo 2008

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it

Venerdì, 21 Marzo, 2008 - 20:08

Stop the fever-Fermiamo la febbre del pianeta

Ci vorrebbero ben 5 Lombardie interamente ricoperte di alberi per assorbire l'elevata produzione di CO2 emessa sul nostro territorio regionale. E' inimmaginabile, seppure sia un'interessante e accattivante proiezione onirica, ma è la realtà scientifica chiara di un risultato oggettivo conclusivo di una lunga ricerca indetta da Legambiente Lombardia. Tre Italie, invece, colme di alberi per assorbire l'anidride carbonica emessa sul nostro territorio nazionale.
«Stop the fever-Fermiamo la febbre del pianeta» è il nome della campagna che si aprirà il 26 marzo con momenti artistici di esecuzioni musicali, piece teatrali, biciclettate serali, apposizioni di segnaletiche che dissuadono il fluido veicolare continuo del traffico caotico cittadino, reading di poesie e di brani letterari. Aprirà la grande manifestazione un concerto di un famoso emergente artista africano, Youssou N'Dour, all'Alcatraz, lo stesso 26 marzo. Tutto ciò che concerne la strumentazione tecnica e i materiali per amplificazione sonora sono ecosostenibili e compatibili con il rispetto dell'ambiente: microfonature e strumenti che saranno alimentati da fonti di energia rinnovabile e naturale, quale quella solare. Bisogna invertire la tendenza, come sostiene Legambiente stessa, del nostro sviluppo e abbassare la febbre che sta ammorbando il nostro pianeta. L'aumento delle emissioni di anidride carbonica, di polveri sottili, quali PM 10, PM 2,5, che portano il nostro Paese a essere uno dei primi trasgressori degli impegni stilati con il Protocollo di Kyoto, comporta chiaramente e inevitabilmente un aumento progressivo del clima apportando forte nocumento all'equilibrio bio-climatico.
Invertire la rotta, anche partendo dall'arte e dalla cultura, da interessanti e coinvolgenti momenti musicali e culturali, vernissage e kermesse, che non fanno altro che aumentare la forza incisiva del messaggio che vogliamo rivolgere alla cittadinanza: cambiate i consumi.
Il 7 giugno concluderà l'evento e la campagna un grande appuntamento culturale e artistico: sempre a basso consumo di energia e all'insegna della sostenibilità delle fonti e al loro rinnovamento.
Qualcosa cambierà? Forse in futuro non vedremo più come unica speranza avere 5,7 lombardie di alberi per assorbire un aumento esponenziale di Co2: soprattutto se invece di costruire impianteremo alberi nuovi, difenderemo le aree agricole oggi esistenti e fortemente sofferenti, indurremo i nostri vicini a usare fonti di energia rinnovabile e a risparmiare nel consumo di energia.

Alessandro Rizzo

Giovedì, 20 Marzo, 2008 - 16:56

Agevolazioni fiscali per l’abbonamento ATM: chi lo sa?

Agevolazioni fiscali per l’abbonamento ai mezzi pubblici: chi lo sa?

 
L’incentivo all’utilizzo dei mezzi pubblici deriva anche e soprattutto da misure fiscali agevolanti e che rendono quest’ultimo competitivo rispetto a quello del mezzo privato, automobilistico.
La finanziaria 2008 prevede fino al 31 dicembre la possibilità di detrarre dall’IRPEF, all’atto della dichiarazione dei redditi, il 19% dall’imposta lorda sull’acquisto di abbonamenti al trasporto pubblico locale, sempre in un ambito di importo non superiore a 250 euro. I conti sono presto fatti e il diritto al rimborso, che la legge economica dello stato riconosce, è notevole sia numericamente, sia anche come questione di principio e di titolarità giuridica.
Siamo in procinto della stagione della dichiarazione dei redditi: gran parte dei residenti milanesi sono alle prese con i vari moduli. Un diritto, però, viene reso attuativo solamente se se ne è a conoscenza, ovviamente: in caso contrario rimane un buon enunciato di grande prestigio ma “à la carte”. L’organo deputato a informare la propria cittadinanza di questa opportunità fiscale non è altro che il Comune, il quale avrebbe il compito di rendere conoscenti tutti dell’esistenza di questa possibilità, incentivando, così, senza nessun tipo di disposizione consiliare, delibera o determina, e senza nessun onere, assestamenti di bilanci vari, l’utilizzo dei mezzi pubblici e l’abbandono della tanto amata automobile. Tutto questo influirebbe, chiaramente, non solo su una modifica dei comportamenti delle persone, ma anche su una mobilità sostenibile, quindi eco compatibile, quindi più economica, meno dispendiosa di risorse e di energia, fluida e decongestionata a livello cittadino. Ma fino a oggi ancora nessuno è venuto a conoscenza da parte del Comune di questa possibilità, nonostante diversi consiglieri de L’Unione abbiano più volte invitato l’amministrazione a provvedere, così come avvenuto per il tanto decantato ecopass, a strutturare una pubblicizzazione diffusa della disposizione e dell’opportunità consentita dalla legge finanziaria 2008. Che cosa si attende? Si aspetta il 31 dicembre per garantire un’utile e giusta informazione su questa possibilità per la cittadinanza?
 
Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano

Mercoledì, 19 Marzo, 2008 - 20:33

Via Feltrinelli 16: il sindaco intervenga con urgenza

COMUNICATO STAMPA

Via Feltrinelli 16: il sindaco intervenga con urgenza

La drammatica denuncia degli abitanti di via Feltrinelli e via Santi sulle conseguenze della

presenza di amianto nelle loro case che abbiamo ascoltato oggi nel corso della Commissione

Consiliare merita una attenzione del tutto particolare. Noi quelle parole le abbiamo ascoltate

anche con emozione ed indignazione.

Le risposte dell'ass. Verga possono valere in termini ordinari: le discuteremo e vigileremo perché

si traducano in fatti.

Quando, tuttavia, si sente di casi di morti, di persone che lottano contro il cancro, di altre e gravi

patologie connesse ad una situazione abitativa sulla quale da troppi anni si tarda ad intervenire

il problema diventa emergenza straordinaria.

Riteniamo allora giusto ricordare che è il Sindaco per legge che deve vigilare sulla salute dei

cittadini.

E' il Sindaco che aspettiamo si muova nelle prossime ore per interventi immediati che devono

ridare ai cittadini la certezza di non essere condannati ad una intollerabile decimazione ("sarò io

il prossimo a morire, o i miei figli?").

Se ancora una volta la politica, la civica amministrazione non sapranno dare risposte, ci

impegniamo a stare a fianco di quanti cercheranno ascolto e giustizia in altri luoghi.

Basilio Rizzo Consigliere Comunale Lista Uniti con Dario Fo per Milano

Alessandro Rizzo Consigliere di Zona 4 Lista Uniti con Dario Fo per Milano

Milano, 19 marzo 2008

Mercoledì, 19 Marzo, 2008 - 13:29

Presidio a Milano ore 16,30 Pzza della Scala per Tibet

PRESIDIO A MILANO IL 20 MARZO ORE 16,30 IN pzza  della  Scala  PER TIBET

In solidarietà alla protesta dei monaci e della popolazione
tibetana, il
Partito Umanista appoggia
il presidio
di protesta…

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Martedì, 18 Marzo, 2008 - 16:09

Fausto e Iaio, il dolore continua

A trent'anni dall'uccisione dei due ragazzi in via Mancinelli

Fausto e Iaio, il dolore continua
Andavano ad un concerto al Leoncavallo. In tre gli spararono. Libro e dvd raccontano il tragico 18 marzo che gelò mezza Milano

www.vivimilano.it

MILANO - «Sono le 21.17, interrompiamo le trasmissioni per una notizia appena arrivata. Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, giovani di diciannove anni, sono stati uccisi in via Mancinelli, dietro al centro sociale Leoncavallo, dove doveva tenersi un concerto blues. Stavano andando al concerto, sono stati inseguiti da tre individui e uccisi a colpi di pistola. I loro corpi sono ancora per terra».
Il tono concitato tipico dei cronisti di Radio Popolare quel 18 marzo 1978 gelò il sangue a mezza Milano; parole che emozionano ancora oggi quanti ricordano, con rabbia e dolore, quell'attentato di cui non si sono mai trovati i colpevoli. Per riflettere su ciò che avvenne in quel tormentato mese di marzo (due giorni prima del duplice omicidio fu sequestrato Aldo Moro) è uscito il libro+dvd «Fausto e Iaio trent'anni dopo» (Costa e Nolan).
Un testo firmato da familiari, amici, rappresentanti delle associazioni tra cui il giornalista Daniele Biacchessi (curatore del capitolo che riassume i fatti). «La difficoltà di ottenere giustizia, è il dato più doloroso», sottolinea Biacchessi. «Ci sono nomi e cognomi ma non c'è stata volontà di tradurre le intuizioni dei magistrati in un processo penale.
Realtà comune ad altre tragedie italiane, dalla strage di Brescia a Piazza Fontana». La seconda parte del libro raccoglie le testimonianze di nomi della cultura e della politica, da Gad Lerner a Paolo Hutter. Le loro parole si uniscono alle poesie lasciate sul marciapiede di via Mancinelli, dai ventenni di allora e di oggi.
«I pensieri e le emozioni di chi era ragazzo nel 1978», continua Biacchessi, «diventano quelle di chi ha conosciuto lo stesso dolore con la morte di Carlo Giuliani e di Dax». «La vera forza del libro», conclude la sorella di Iaio, Maria Iannucci. «sta nel dire che c'è un'Italia disposta a lottare: il passato non si archivia».
INFORMAZIONI - Oggi alle ore 17 in via Mancinelli amici e familiari di Fausto e Iaio incontrano il quartiere In scena Alle 21.30 al Teatro di Ringhiera (via Boifava 17, ingr. 6 euro), dopo la presentazione del libro a cura di D. Biacchessi, va in scena «Fausto e Iaio, due ragazzi come noi», del Teatro Garage, diretto da Angelo Prati
Livia Grossi
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