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Il Blog di Alessandro Rizzo | www.partecipaMi.it
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.: Il Blog di Alessandro Rizzo
Domenica, 18 Marzo, 2007 - 21:06

Denuclearizzare Ghedi

IL CASO. Nasce un comitato per «disarmare» l’aerobase
Denuclearizzare Ghedi Offensiva multimediale
 
L’altra sera Ghedi ha tenuto a battesimo il «Comitato popolare contro le armi nucleari». La nascita è stata salutata nel corso di un’assemblea pubblica alla presenza di Tiziano Tissino, dei Beati i Costruttori di pace del Comitato di Aviano che ha denunciato il Governo statunitense per violazione di trattato internazionale e per messa in pericolo della vita e della sicurezza dei cittadini: la prima udienza è fissata per il 28 marzo.
Fra gli ospiti anche Olol Jackons, figlio di un ufficiale statunitense di Vicenza che ha raccontato il disagio della città, sottolineando come tra l’altro le basi americane gravino sulle tasche degli italiani.
Dopo l’introduzione di Angelo Bressana di Rifondazione comunista - è toccato a Sauro Di Giovanbattista presentare documenti ufficiali di provenienza statunitense e fotografie che testimoniano la presenza di ordigni nucleari a Ghedi.
«Siamo di fronte a una doppia illegalità - ha spiegato Di Giovanbattista -. Il Governo italiano ha firmato infatti un trattato in cui si impegna a non ospitare bombe nucleari. Gli Usa a loro volta hanno siglato un impegno a non cedere, depositare o stoccare i loro ordigni al di fuori del loro territorio». Il Comitato procederà con una serie di richieste: in primo luogo lo smantellamento delle armi nucleari sul territorio italiano e l’affidamento alla base di Ghedi di funzioni meramente difensive. Come terza richiesta, visto che all’interno esiste un Piano di sicurezza per il personale militare, che vengano diffuse le informazioni necessarie a varare Piani di protezione civile specifici nei paesi del bacino dell’aerobase.
A proposito della presenza delle bombe B 61, quindi ordigni a gravitazione sganciate dagli aerei, il Comitato diffonderà un questionario tra la popolazione della Bassa per conoscere il grado d’informazione e le opinioni dei cittadini in merito al problema.
Inoltre verrà diffuso materiale audiovisivo fra gli studenti con lo scopo di organizzare assemblee negli istituti superiori.
Il sindaco di Ghedi, Anna Giulia Guarneri, pur non aderendo al Comitato, ha deciso d’inoltrare ai ministeri dell’Interno e della Difesa l’ennesima informativa, per elaborare eventuali Piani di sicurezza e di evacuazione.
Il primo cittadino chiederà inoltre che si proceda a denuclearizzare la base. In particolare il sindaco si sta muovendo anche per avere un contatto diretto con i ministeri interessati, visto che precedenti richieste di informazioni nel 1995 e nel 1999 avevano ottenuto risposte piuttosto generiche, anche se esprimevano una volontà di rinegoziare la presenza del nucleare sul territorio italiano.
Come ultimo passo l’Amministrazione civica coinvolgerà i sindaci dei paesi limitrofi per essere confortato e per fare maggior peso alla richiesta di informazioni e di interventi da parte del Governo centrale.
Milena Moneta
 
 

(Bresciaoggi 16/3/2007)

Domenica, 18 Marzo, 2007 - 19:51

Sicurezza: ma dove sono le proposte?

Apprendo la conferma della manifestazione sulla sicurezza indetta dalla maggioranza di centrodestra a Palazzo Marino per criticare il governo sulla mancanza di fondi per fare fronte all'emergenza milanese. Apprendo le parole del Cardinale Tettamanzi, pronunciate da Gerusalemme, dove è impegnato in un viaggio per incontrare il suo predecessore Martini, in cui considera questo appuntamento come pericoloso per la città, in quanto tende ag aggravare la situazione esasperando gli animi in insensati e irrazionali impulsi e sentimenti. Non credo che l'Arcivescovo possa essere tacciato di parzialità, ma possiamo dire che le sue parole sono testimonianza, come nella tradizione ambrosiana milanese, del tempo, dell'epoca che la città, una grande metropoli internazionale del calibro di Milano, vive. Le varie pronunce fatte da Tettamanzi e dai suo predecessori registrano, come sempre, la situazione complessa di una modernità che coinvolge, a volte trovandola impreparata, il capoluogo lombardo. Milano non è pronta e non è ancora all'altezza di una politica complessiva sulla sicurezza: ma non perchè, come sottolinea anche l'onorevole D'Ambrosio, che questa città conosce profondamente, manca organico di polizia, ma, invece, perchè esiste la mancanza totale di un dialogo istituzionale con i centri di vigilanza, con i comandi di polizia investigativa, e di raccordo con i servizi sociali che dovrebbero offrire risposte chiare e concrete al disagio estremo che aumenta in questa metropoli. Tettamanzi parla di solitudine: ed è reale, quanto mai chiaro, vero. Esiste una solitudine delle persone, degli anziani, dei giovani, degli adolescenti, che sono abbandonati al loro destino e che non trovano riferimenti aggregativi appropriati, luoghi dove trovare rifugio dall'esasperante clima della vita quotidiana, istituzioni con cui parlare, dialogare, e in cui trovare indicazioni risolutive alle prorpie doglianze, innumerevoli doglianze. Esiste una solitudine diffusa, un individualismo assoluto, un atomizzazione insensata, un'assenza totale di senso di collettività: dall'altra parte abbiamo politiche inadeguate, proposte da parte dell'amministrazione comunale, che non riescono a vedere un progetto lungimirante di intervento che rimuova le cause sociologiche di questa piaga assoluta, che ammorba il tessuto civile di questa città, che è sempre stata esempio di dedizione e di solidarismo diffuso, di integrazione, di intercultura, di tolleranza laica. Si parla sempre di "emergenze" ma non si discute come prevenire queste emergenze tramite azioni che diano continuità a un intervento strutturale di integrazione e di promozione dei diritti sociali, e che sappiano garantire un ampio respiro riformatore sociale del sistema di servizi, della messa in rete di questi servizi, di comunicazione e informazione costante, di decentramenti possibili e funzionali a garantire una percezione territoriale del governo e della presenza di un riferimento istituzionale di rappresentanza.
Qualche giorno fa abbiamo avuto un episodio che oserei definire assolutamente tragico, su cui nessuno si è soffermato più di tanto nel studiarne le cause e il motivo: un ragazzo eritreo si è impiccato in Viale Forlanini, il grande corso che unisce la città all'aereoporto di Linate, percorso ogni giorno, a ogni ora, da sfreccianti macchine, da taxi da autobus che portano passeggeri pronti per l'imbarco nei luoghi di destinazione vari: dalla meta turistica a quella lavorativa, magari per incontri di affari, magari per accordi di fusione societaria, magari per delocalizzare parti strutturali delle proprie imprese. Nessuno se n'è accorto più di tanto di questo immenso grido di doloreo pronunciato da questo ragazzo, solo, abbandonato, in una città insensibile e desolante, nella propria immensa tristezza e nella propria miseria quotidiana. E' stato un atto estremo ma singificativo, drammaticamente significativo, pesando come un masso sulle responsabilità che noi tutte e tutti, e che l'amministrazione comunale in primis dovrebbe verificare. Questo ragazzo come tante e tanti suoi compagni di "viaggio" ormai da tempo sono in città e chiedono tutela e rispetto del proprio diritto di permanere in Italia perchè rifugiati politici: il governo stanzia ogni anno fondi che devono essere investiti nell'assicurare accoglienza dignitosa per persone che hanno avuto il riconoscimento di esuli politici con diritto d'asilo obbligatorio secondo la nostra giurisdizione costituzionale, la legge fonte, come diceva Kelsen la "lex fundamentalis". Queste persone hanno trovato solo una risposta dall'amministrazione comunale: l'ubicazione dei medesimi nell'edificio fatiscente di Viale Forlanini è stata una risposta inadeguata e fortemente criticabile, in quanto non adatta a dare dignitosa ospitalità a queste persone che hanno il diritto di ricevere assistenza sociale e degna collocazione domiciliare, come dovrebbe sussistere per ogni persona umana. In questo edificio, una vecchia caserma di aviazione, fortemente diroccato, privo di strutture igieniche, fortemente abbandonato, con infissi divelti, mancante di ogni supporto architettonico tale da farne una reale abitazione. La solitudine e la disperazione hanno prevalso in questo ragazzo e il suo atto estremo è stato un grido di denuncia contro una situazione di degrado civile e sociale. La maggioranza di centrodestra ha deciso di manifestare per criticare il governo sull'assenza di organico della policzia e sulla mancanza di fondi: questa è la risposta meno appropriata che nella circostanza si sarebbe dovuto dare come governo della città. Ed è anche una strumentalizzazione di vana portata: Prodi è stato a Milano per diverse volte nel primo semestre del suo governo e ha definito una strategia di rilancio economico e sociale della città, garantendo fondi per interventi strutturali in diversi ambiti. Ma da parte della Giunta dov'è stato presentato un progetto di intervento sociale adeguato a fronteggiare le diverse problematiche della città? Quali sono le risposte che vengono date all'emergenza casa, al caro affitti, alla mancanza di un coordinamento tra consigli di zona e comandi di vigilanza urbana, utile e funzionale a dare una forma di raccordo politico e di mediazione politica tra le istanze del territorio e l'organo che è peroposto a intervenire direttamente per garantire la sciurezza cittadina? Quali sono le proposte che vengono fatte in merito ai contratti di quartiere, ossia a quel complesso di programma sociale dove non solo si deve discutere di "interventi architettonici" per abbellire le case, magari spesso non richiedenti un progetto di riqualificazione, ma, bensì, si deve discutere di progetti sociali e di intervento sociale, strutturando sul territorio presidi che diano servizi alle persone residenti, spesso sul limite della fascia di povertà? Ma quali sono le proposte in merito agli assegni per gli anziani, i contributi sociali, i sussidi, se i consigli di zona, primi organi che dovrebbero erogare questo servizio, hanno visto decurtare la cifra del fondo, gestito da una commissione, dove le forze politiche e civili vengono spesso escluse dai lavori? Ma quale futuro attende i Centri di Aggregazione Multifunzionale, oggi quanto mai presidi di aggregazione e punti di riferimento rappresentativo delle esigenze della cittadinanza con capacità professionale dei propri animatori di determinare politiche di intervento e risposte accurate e conformate al contesto territoriale? Dove esiste la volontà di dare avvio a una programmazione triennale delle politiche sociali, un Piano reale e chiaro, che, come tutti i piani, definiscano le linee guida e le linee di azione che sono necessarie prendere in merito alle emergenze, in merito alle istanze, in merito alle bisogna, con un'analisi sociale strutturale e dettagliata, con un'indagine sociale preparatoria e propedeutica a dare rilievo e fondamento alle linee che si intende perseguire con chiarezza e determinazione.
Manifesta il 26 marzo chi ha responsabilità di governo e di amministrazione di questa città: come fosse un'opposizione, non pensando di risolvere con spirito di responsabilità adeguata e con forte volontà politica la questione della sicurezza, prevenendo forme di devianza e di crimine, micro e organizzato, con misure che estirpino alla radice le cause. Ma in 15 anni di governo il centrodestra cosa ha predisposto in merito alla soluzione del caso, se oggi addirittura si concepisce la sicurezza come un'emergenza, dipingendo la città come assediata da orde barabriche che mettono a repentaglio l'incolumità delle persone? Se il 26 esiste da parte dell'amministrazione comunale la volontà di scendere in piazza significa che esiste una qualche denuncia e critica da parte della medesima riguardo l'operato fallimentare avviato dalle consiliature precedenti, dello stesso colore politico e sostenute da un'uguale coalizione di maggioranza, per fare fronte all'ormai e "sempiterna" emergenza sicurezza. Caro sindaco la stagione elettorale è terminata, non esiste più nessuna concorrenza da battere nei seggi elettorali avviando forme e iniziative di propaganda, ma siamo in piena stagione di governo e di proposta di amministrazione per la città adeguata per le esigenze e per il miglioramento della qualità di vita della cittadinanza. Vogliamo pronunciare qualcosa di positivo e di propositivo, o continuiamo a fare campagna elettorale senza alcuni frutti ed esiti per la città che attende da lei e da tutta la sua giunta qualche risposta.

Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4

Sabato, 17 Marzo, 2007 - 13:15

Banane (Usa) che grondano sangue

Banane (Usa) che grondano sangue
Una corte di Washington condanna la Chiquita Brands (ex United Fruit) a una multa di 25 milioni di dollari per aver pagato i «paras» della Colombia. Ma...
Guido Piccoli

www.ilmanifesto.it

Se José Arcadio Secondo avesse fatto il sindacalista dei raccoglitori di banane in questi anni e non a Macondo tre quarti di secolo fa, avrebbe avuto ancora meno probabilità di morire di vecchiaia. Le banane, allora come oggi, continuano a grondare sangue.
Lo conferma la sentenza del tribunale di Washington, che ha condannato la Chiquita Brands (delle famose «Chiquita 10 e lode») a pagare una multa di 25 milioni di dollari per avere finanziato, dal 1997 al 2004, attraverso la sua filiale Banadex, le Autodefensas Unidas de Colombia (Auc). La storia, quindi, si ripete, sebbene siano cambiati il nome della multinazionale (che una volta si chiamava United Fruit) e i metodi della repressione, realizzata negli anni '20 con i massacri dell'esercito (come racconta Gabriel García Márquez in Cent'anni di solitudine), adesso con le mini-Uzi dei sicari paramilitari. Il pagamento delle Auc furono approvati «per garantire in buona fede la sicurezza dei nostri impiegati», si è difeso dalla sua sede di Cincinnati, nell'Ohio, il presidente della Chiquita Brands. «La multa ad un'impresa, rea per avere pagato un gruppo illegale, è un magnifico segnale», ha commentato il ministro della difesa colombiano, Juan Manuel Santos. Sebbene abbia suscitato scalpore, la sentenza del tribunale Usa è quasi una burla, per quello che decreta e omette.
A conferma dell'amaro refrain colombiano («negli Usa i soldi, a noi i morti»), i 25 milioni di dollari entreranno nelle casse statali Usa, invece di risarcire le vittime dei paramilitari che, a differenza di quello che sostiene il presidente della Chiquita, non proteggevano i lavoratori, ma si dedicavano, con la collaborazione dei militari, ad ammazzare e far sparire sindacalisti ed esponenti della sinistra legale, forti soprattutto nella zona «bananera». Inoltre, i giudici di Wahington si sono guardati bene dall'approfondire alcuni episodi ben più gravi, che dimostrano un'unità d'intenti tra la Chiquita Brands e le Auc del (forse) defunto Carlos Castaño e dell'italo-colombiano Salvatore Mancuso. Il più clamoroso successe il 21 novembre 2001 (due mesi dopo l'inclusione delle Auc nella lista dei gruppi terroristi internazionali, decisa da Bush dopo l'attentato delle torri gemelle), quando nel porto privato della Chiquita Brands della cittadina atlantica di Turbo furono sbarcati dalla nave Otterloo 14 container contenenti 3400 mitra Ak-47 (i Kalashnikov) e 4 milioni di pallottole, destinati proprio al «Banana Bloque» dei paramilitari. Ovviamente con la complicità di militari, poliziotti e doganieri colombiani (oltre ai loro colleghi nicaraguensi e panamensi). Mentre un anno dopo, lo stesso Castaño, in un'intervista rilasciata al quotidiano El Tiempo, esaltò quell'operazione di rifornimento bellico come «il miglior gol» realizzato dalla sua organizzazione, l'inchiesta giudiziaria colombiana fu puntualmente insabbiata, grazie all'intervento del fiscale generale Luis Camilo Osorio (ex ambasciatore colombiano in Italia). La Chiquita Brands ne uscì tanto «pulita» da meritare nell'aprile del 2004 il premio della fondazione Trust for the Americas per il suo «impegno sociale contro la povertà e la corruzione». A consegnarlo fu addirittura che il presidente dell'Organizzazione degli stati americani, l'ex presidente colombiano) César Gaviria, che poi ebbe l'impudenza di negare di sapere che la Chiquita Brands fosse implicata nello scandalo dell'importazione di armi per i paras.
I sindacati colombiani hanno dichiarato di non accontentarsi della sentenza di Washington, annunciando che continueranno a dare battaglia non solo alla Chiquita Brands, ma anche alla Coca Cola, Oxy e alla mineraria Drummonds, noti mandanti degli omicidi di attivisti sindacali. Chiedendo la solidarietà internazionale e utilizzando, oltre a quelle attuali, una legge del 1789, che prevede che uno straniero possa denunciare alla giustizia Usa i cittadini statunitensi responsabili di delitti contro l'umanità. Una norma che più di due secoli fa intendeva combattere i pirati eredi di sir Francis Drake e che ora potrebbe servire per frenare i ben più crudeli guerrieri del «libero mercato».

Sabato, 17 Marzo, 2007 - 13:10

Università greche contro privatizzazione

Università greche in rivolta contro la privatizzazione
Il governo conservatore usa la mano pesante e tenta di criminalizzare la protesta. Atene: scontri e provocazioni
Pavlos Nerantzis

www.ilmanifesto.it

Atene
Universita al collasso, scontri tra polizia e gruppi di giovani incappucciati, manifestazioni di massa di studenti e docenti, arresti a catena. È il tragico bilancio del tentativo del governo di Kostas Karamanlis di far passare una riforma universitaria che pochi giorni fa è stata votata dal parlamento. Ieri gli scontri si sono trasferiti a Salonicco, città con il piu alto numero di studenti, mentre ad Atene sfilava ancora un altro corteo di protesta.
Tutto comincia poco prima di Natale, quando i conservatori entrano nel dibattito sulle riforme costituzionali con l'intenzione di cambiare l'articolo 16 e dare così via libera alla fondazione di università private. La prospettiva fa parte di un progetto governativo piu ampio per la riforma degli atenei, che, a sentire il ministro dell'istruzione, Marietta Koutsikou, prevede la riduzione di anni a disposizione degli studenti per completare i corsi e rende gli atenei piu antagonisti e indipendenti anche sotto il profilo economico.
«Con la privatizazione delle università, senza toccare i gravi problemi dell'istruzione fin dalla scuola elementare, la situazione peggiorerà», sottolineano docenti e rappresentanti del movimento studentesco, che hanno reagito unanimi. Una dopo l'altra tutte le facoltà nel paese sono state occupate, mentre il leader del Pasok, Jorgos Papandreou, inizialmente a favore della privatizzazione, ha dovuto fare marcia indietro anche perché la maggioranza dei socialisti si è espressa contro. Al centro dell'attenzione il carattere pubblico delle università e il diritto all'istruzione gratuita. «Il diritto costituzionale non si tocca» affermano gli studenti. «È un mito» sostengono i conservatori, viste le migliaia di studenti che ogni anno vanno all'estero a causa del numero chiuso nelle universita greche. Il sogno di ogni famiglia di vedere i propri figli laureati e non operai, obbliga i genitori a spendere ogni anno migliaia di euro in istituti privati che preparano gli esami di ammissione alle università. Secondo una ricerca della Confederazione Generale dei Lavoratori (Gsee), ogni anno le famiglie greche spendono complessivamente 4,3 miliardi di euro per l'educazione dei loro figli. A livello mondiale, tenendo conto dei 10 milioni di abitanti, la Grecia ha il maggior numero di studenti all'estero (piu di 50 mila).
Che gli atenei greci siano in crisi non lo nega nessuno. Lo senti nelle facoltà occupate, dove la partecipazione nelle assemblee è massiccia. Preoccupati i giovani per un avvenire incerto, preoccupati i docenti per il futuro dell'università. Poca ricerca, lauree sempre meno qualificate, scarsi finanziamenti. Nessuno, però, nemmeno i rettori degli atenei sono a favore di questa riforma, che «comunque sarà votata dal parlamento», come aveva fin da febbraio annunciato il governo, lasciando pochi margini di dialogo. «La riforma non potrà essere applicata». è stata la replica di studenti e docenti.
Dal quel momento in poi lo scontro è aumentato. Ogni settimana un corteo sempre piu di massa sfila per le vie di Atene. Ogni settimana la polizia in tenuta antisommossa si scontra con gruppi di giovani «ignoti» e comunque estranei al movimento studentesco. Lanci di candelotti lacrimogeni da una parte e di molotov dall'altra. Allo stesso tempo è partita una campagna di diffamazione. «La sinistra copre atti di vandalismo», ripetono ogni sera i notiziari delle otto, nonostante che testimoni dicevano di aver visto poliziotti discutere con giovani a volto coperto.
Una settimana fa i nodi sono arrivati al pettine. Nel parlamento cominciava il dibattito sulla riforma e nella capitale piu di 30 mila studenti manifestavano per esprimere pacificamente il loro dissenso. Quando il corteo ha raggiunto la centralissima piazza Syntagma, dove sorge il parlamento, gruppi di giovani incappucciati hanno cominciato a scagliare bottiglie incendiarie. Le fiamme hanno avvolto una vicina garritta in legno, a pochi passi dal monumento del milite ignoto sulla facciata del parlamento, simbolo di libertà e resistenza per tutti i greci. Gli Euzones, i caratteristici soldati presidenziali con il gonnellino e gli zoccoli di guardia al monumento sono stati allontanati in fretta, come i pochi turisti. Gli agenti della polizia, però, non hanno arrestato nessuno degli aggressori che stavano a pochi passi da loro, creando ancora maggiori sospetti sul ruolo delle forze dell'ordine. Hanno invece attaccato duramente i manifestanti. Lacrimogeni a pioggia, scariche di gas chimici in faccia, manganellate in testa. Molti i feriti, alcuni anche gravi, e piu di 60 studenti arrestati. Saranno processati mercoledi prossimo con accuse pesanti.
Un dibattito forte è partito anche al seno dei sindacati della polizia, dove il presidente della federazione nazionale ha accusato il ministro dell'ordine pubblico di fare dei «giochi politici». Il governo, pero, non vuole sentire ragioni. Intanto piu di 250 facoltà continuano a rimanere occupate, il semestre è quasi certo che andrà perso e c'è già chi dice che ci saranno presto elezioni anticipate.

Sabato, 17 Marzo, 2007 - 13:07

Comunità di Pace di San José de Apartadó

COLOMBIA - Aggiornamento
Comunità di Pace di San José de Apartadó

Data di pubblicazione dell'appello: 14.03.2007
Status dell'appello: attivo

Recentemente Amnesty International ha appreso che 69 militari sono sotto indagine da parte dell’Ufficio del Procuratore Generale per il massacro, avvenuto nel 2005, di otto membri della Comunità di San José de Apartadó.

Nel 2005, Luis Eduardo Guerra, Alfonso Bolivar Tuberquia Graciano (leader della comunità) e i loro familiari – tra cui tre bambini di 2, 6 e 11 anni - stati prelevati da uomini armati appartenenti all’esercito colombiano e fatti sparire. Alcuni giorni dopo la scomparsa, i loro corpi massacrati sono stati ritrovati in fosse comuni nel territorio della comunità. Nella zona erano in corso operazioni militari da parte della XVII Brigata dell’esercito colombiano e risulta che i militari abbiano dichiarato che le vittime erano dei guerriglieri.

La Comunità di Pace di San José de Apartadó è stata creata dagli abitanti di San José de Apartadó, nel marzo 1997, per tentare di persuadere le forze armate colombiane e i gruppi di opposizione armata a rispettare i loro diritti civili e richiedendo nel contempo, a tutte le parti coinvolte nello scontro, di rimanere al di fuori del loro territorio. Le parti in conflitto hanno reagito con violenza a questa iniziativa: da quando è sorta la comunità, oltre 160 membri sono stati uccisi o sono “scomparsi”, la maggior parte per mano delle forze di sicurezza e dei loro alleati paramilitari. Nel gennaio scorso la comunità ha nuovamente ricevuto minacce da parte di uomini armati che si sono dichiarati appartenenti alle AUC, Autodefensas Unidas de Colombia, nonostante la loro supposta smobilitazione.

Amnesty International chiede alle autorità colombiane di proseguire con le indagini sul caso assicurando i responsabili delle uccisioni alla giustizia e chiede inoltre di garantire la protezione degli abitanti della comunità.

Per approfondimenti consulta il rapporto di AI Colombia, Fear and Intimidation:The dangers of human rights work alla pagina: http://web.amnesty.org/library/Index/ENGAMR230332006?open&of=ENG-COL  

Partecipa alla nostra azione, scegliendo una di queste possibilità:
- Firma on line questo appello 
http://www.amnesty.it/appelli/firmamodelappelli.html?nomeappello=SanJose_140307

- Stampa http://www.amnesty.it/system/galleries/download/apel/Colombia_San_Josx_appello2.rtf
e spedisci l’appello qui sotto all'indirizzo:
President of the Republic
Señor Presidente Álvaro Uribe Vélez
Presidente de la República, Palacio de Nariño, Carrera 8 No.7-2, Bogotá, Colombia
Fax: + 57 1 337 5890 / 342 0592

Testo dell’appello

Excmo. Sr. Presidente Uribe,

Le escribo para llevar a su atención el caso de la Comunidad de Paz de San José de Apartadó. Los miembros de la comunidad llevan tiempo pidiendo no verse arrastrados al conflicto; sin embargo, han sufrido reiterados ataques.

Le quiero recordar el caso del líder de la comunidad Luis Eduardo Guerra, asesinado el 21 de febrero de 2005 junto con otros miembros de la comunidad, entre los cuales tres niños. He recibido la noticia de que la Fiscalía General de Colombia está investigando a 69 soldados por estos homicidios. Esto podría ser un importante paso adelante para otorgar reparación al menos a algunas de las víctimas.

Le insto a que la investigación sobre estos asesinatos progrese y que los responsables sean llevados ante los tribunales. Le pido también que sean adoptadas las medidas adecuadas para proteger a la comunidad y a sus líderes.

Le agradezco por su atención

Atentamente,

Sabato, 17 Marzo, 2007 - 12:52

principi fondamentali governo del territorio

Italia Nostra onlus - Associazione Polis

Ipotesi di principi fondamentali in materia di governo del territorio

Allegato alle osservazioni di Italia Nostra del 23 febbraio 2004 alla proposta di testo unificato in materia di governo del territorio
 
 
 
0. La materia del governo del territorio, oggetto di legislazione concorrente ai sensi dei commi terzo e quarto dell’articolo 117 della Costituzione, concerne la disciplina delle tutele, degli assetti, delle trasformazioni e delle utilizzazioni del territorio e degli immobili che lo compongono.
Con i principi fondamentali determinati dalla legislazione dello Stato in materia di governo del territorio sono coordinati quelli nelle materie di protezione civile, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, ordinamento della comunicazione, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, valorizzazione dei beni culturali e ambientali, parimenti oggetto di legislazione concorrente ai sensi dei commi terzo e quarto dell’articolo 117 della Costituzione.
L’esercizio della potestà legislativa delle Regioni nella materia del governo del territorio si svolge nel rispetto, oltreché della Costituzione e dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, dei principi fondamentali suindicati, nonché delle disposizioni della legislazione dello Stato nelle materie in cui quest’ultimo ha competenza esclusiva, con particolare riferimento:
- alle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
- alla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
- all’ordinamento civile e penale;
- alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
- alla tutela della concorrenza e alla perequazione delle risorse finanziarie.
 
1. Al governo del territorio si provvede, oltre che con norme legislative e regolamentari, esclusivamente con strumenti di pianificazione, formati ai sensi delle leggi.
Gli strumenti di pianificazione sono rivolti a regolare tutte le trasformazioni, fisiche o funzionali, del territorio e degli immobili che lo compongono, nonché le azioni suscettibili, singolarmente o nei loro effetti cumulativi, di indurre tali trasformazioni, e a conferire a tali trasformazioni e azioni coerenza, in relazione sia alla loro collocazione nello spazio che alla loro successione nel tempo.
Gli atti delle pubbliche amministrazioni concernenti le trasformazioni e le azioni suindicate devono essere conformi a strumenti di pianificazione, ovvero inseriti in essi secondo procedimenti che ne preservino le coerenze, e che rispettino gli elementi essenziali di quelli ordinari di formazione e variazione dei medesimi strumenti di pianificazione. Fanno eccezione unicamente gli atti assunti nei casi di straordinaria necessità di provvedere, con interventi urgenti, alla difesa militare o alla sicurezza della Nazione, ovvero a prevenire il verificarsi di calamità naturali, di catastrofi e di altri eventi calamitosi, o di rimediare ai suddetti eventi, e comunque nel rispetto delle specifiche norme legislative.
 
2. Il governo del territorio compete esclusivamente a pubbliche autorità.
La formazione degli strumenti di pianificazione spetta ordinariamente agli enti territoriali: Stato, Regioni, Province o Città metropolitane, Comuni.
Il riconoscimento delle competenze pianificatorie delle Province, delle Città metropolitane, dei Comuni, è operato dalla legislazione dello Stato anche con riferimento alla sua competenza esclusiva di definizione delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane.
La legislazione dello Stato e quella regionale possono attribuire competenze nel campo della formazione di strumenti di pianificazione specialistica o settoriale, attinenti la difesa del suolo, le aree naturali protette, l’erogazione di servizi di interesse collettivo, e simili, ad altre autorità pubbliche, che si configurino come organi misti, con la concorrenza di diversi enti territoriali, fermo restando che anche in tali casi la competenza decisionale finale deve spettare all’ente territoriale nella cui circoscrizione rientri l’intero ambito oggetto dello specifico strumento di pianificazione.
La legislazione dello Stato e quella regionale, nell’ambito delle rispettive competenze, specificano i casi di prevalenza dei suddetti strumenti di pianificazione specialistica o settoriale sugli ordinari strumenti di pianificazione e le modalità di adeguamento di questi ultimi alle disposizioni dei primi. Sono altresì specificati i casi in cui il raggiungimento di intese con le autorità pubbliche competenti conferisca agli ordinari strumenti di pianificazione delle Regioni, delle Province o Città metropolitane, dei Comuni, le valenze e le efficacie dei suddetti strumenti di pianificazione specialistica o settoriale.
La legislazione dello Stato e quella regionale, nell’ambito delle rispettive competenze, definiscono comunque i procedimenti tecnici e decisionali di formazione di tutti gli strumenti di pianificazione così da conferire a tali procedimenti la massima unitarietà, attraverso il concorso, in termini di leale collaborazione, di tutte le pubbliche autorità cui siano riconosciuti ruoli, anche differenziati, in relazione agli oggetti degli specifici strumenti di pianificazione considerati.
In ogni caso la definitiva approvazione degli strumenti di pianificazione, da parte del soggetto pubblico pianificatore, è subordinata solamente alla condizione sospensiva della verifica della loro conformità agli strumenti di pianificazione cui è conferita dalle leggi efficacia prevalente. Tale conformità è, di norma, verificata mediante conferenze di amministrazioni.
 
3. Le attività di governo del territorio hanno per obiettivi prioritari le tutele dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio stesso, da assumere quali condizioni di ogni ammissibile scelta di trasformazione, fisica o funzionale, nonché il conferimento al medesimo territorio, e in particolare al sistema insediativo antropico, di più elevati caratteri di qualità, formale e funzionale, al fine di perseguire uno sviluppo sostenibile, nonché la massima coesione sociale e un sempre maggiore benessere individuale e collettivo.
 
4. La legislazione regionale può disporre che la pianificazione si esprima attraverso strumenti, o componenti dei medesimi strumenti, aventi efficacia conformativa delle facoltà di operare trasformazioni, fisiche e funzionali, degli immobili, connesse al diritto di proprietà sui medesimi, e strumenti, o componenti dei medesimi strumenti, non aventi tale efficacia, ma soltanto valenza di direttive vincolanti rivolte a successivi atti pianificatori aventi la predetta efficacia conformativa.
 
5. Le regole conformative delle facoltà di operare trasformazioni, fisiche e funzionali, degli immobili, dettate dagli strumenti di pianificazione, con riferimento alle articolazioni del territorio, o alle categorie di elementi territoriali, definite dai medesimi strumenti, possono essere variate discrezionalmente, seppure motivatamente, dagli strumenti stessi, secondo i procedimenti stabiliti dalle leggi.
Le predette facoltà non possono essere soppresse o modificate dalle variazioni degli strumenti urbanistici soltanto ove sia stato ottenuto il provvedimento abilitativo a operare le trasformazioni, e i relativi lavori abbiano inizio entro un periodo di tempo predeterminato dalle leggi.
 
6. Le trasformazioni, fisiche e funzionali, degli immobili, sono effettuabili, di norma, previo ottenimento, anche tacito, di un titolo abilitativo comunale.
L’ottenimento dei titoli abilitativi relativi alle trasformazioni, fisiche e funzionali, suscettibili di variare il carico urbanistico puntuale e le necessità di dotazioni di opere di urbanizzazione e di spazi per servizi pubblici e per la fruizione collettiva, è subordinato al versamento di un corrispettivo commisurato ai costi effettivi di realizzazione delle suddette dotazioni.
 
7. Trasformazioni del territorio non urbanizzato, sia a prevalenza di naturalità che oggetto di attività colturali, al fine di realizzare nuovi insediamenti di tipo urbano, o ampliamenti di insediamenti esistenti, ovvero nuovi elementi infrastrutturali, possono essere definite ammissibili o prescritte dagli strumenti di pianificazione soltanto ove non sussistano alternative consistenti in trasformazioni volte al riuso degli insediamenti ovvero delle infrastrutture esistenti.
Il territorio non urbanizzato, sia a prevalenza di naturalità che oggetto di attività colturali, individuato dagli strumenti di pianificazione come non interessabile da nuovi insediamenti di tipo urbano, o da ampliamenti di insediamenti esistenti, è qualificato bene ambientale in forza di legge, conseguendone ogni relativo effetto. In tale territorio la legislazione regionale, le norme regolamentari, gli strumenti di pianificazione, non possono ammettere nuove edificazioni, demolizioni e ricostruzioni, consistenti ampliamenti di manufatti edilizi esistenti, se non con esclusivo riferimento ai manufatti edilizi strettamente funzionali all’esercizio delle attività agro-silvo-pastorali ed eventualmente delle attività escursionistiche, nonché alle opere di difesa del suolo e di tutela dell’ambiente e alle infrastrutture alle condizioni suindicate.
 
8. I provvedimenti abilitativi comunali relativi a trasformazioni, fisiche o funzionali, di beni ambientali, ove siano conformi a disposizioni immediatamente precettive e operative della pianificazione comunale che, anche in adeguamento a strumenti di pianificazione provinciale e regionale, siano state definite d’intesa con la competente Soprintendenza, costituiscono provvedimenti definitivi. In tali casi non trovano applicazione i poteri di controllo e di annullamento riconosciuti all’amministrazione statale per i beni culturali.
 
9. In forza della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dei beni culturali, sono qualificati come tali, per effetto dell’essere individuati dagli strumenti di pianificazione delle Regioni, delle Province o Città metropolitane, dei Comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, d’intesa con la competente Soprintendenza:
- gli insediamenti urbani storici e le strutture insediative storiche non urbane, le addizioni urbane aventi un impianto urbanistico significativo, le strutture insediative, anche minori o isolate, che presentino, singolarmente o come complesso, valore di testimonianza di civiltà, nonché le rispettive zone di integrazione ambientale;
- le unità edilizie, e gli spazi scoperti, siti in qualsiasi altra parte del territorio, aventi riconoscibili e significative caratteristiche strutturali, tipologiche e formali, ovvero, comunque, costituenti esemplari significativi, sotto il profilo del valore artistico o anche soltanto dell’interesse testimoniale, della cultura architettonica.
Resta ferma la competenza della Soprintendenza di integrare le predette individuazioni con propri provvedimenti amministrativi.
Le trasformazioni ammissibili e le utilizzazioni compatibili degli immobili suindicati sono disciplinate dagli strumenti di pianificazione delle Regioni, delle Province o Città metropolitane, dei Comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, come definite dalla legislazione regionale. Laddove e nella misura in cui siano oggetto di disposizioni immediatamente precettive e operative definite d’intesa con la competente Soprintendenza, i provvedimenti abilitativi comunali conformi a tali disposizioni tengono luogo delle speciali autorizzazioni dell’amministrazione statale dei beni culturali richiesti dalle vigenti norme di legge.
 
10. Non danno luogo a obbligo di corrispondere indennizzi le limitazioni alle trasformazioni fisiche ammissibili e alle utilizzazioni compatibili degli immobili, anche comportanti totale immodificabilità, disposte dagli strumenti di pianificazione, ovvero da altri atti amministrativi producenti effetti nel governo del territorio, dello Stato, delle Regioni, delle Province o Città metropolitane, dei Comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, per finalità di tutela dell’identità culturale e dell’integrità fisica del territorio, nonché in conseguenza del riconoscimento delle caratteristiche intrinseche degli immobili considerati, sotto il profilo dell’interesse culturale, oppure sotto il profilo delle condizioni di fragilità o di pericolosità.
 
11. Non danno parimenti luogo a obbligo di corrispondere indennizzi le limitazioni alle trasformazioni fisiche ammissibili e alle utilizzazioni compatibili degli immobili, anche comportanti totale immodificabilità, disposte dagli strumenti di pianificazione, ovvero da altri atti amministrativi producenti effetti nel governo del territorio, dello Stato, delle Regioni, delle Province o Città metropolitane, dei Comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, con riferimento a intere categorie di immobili che si trovino in predefinite relazioni con altri immobili, ovvero con interessi pubblici preminenti (come nel caso delle fasce di rispetto delle strade, delle ferrovie, degli aeroporti, e simili).
 
12. Non danno infine luogo a obbligo di corrispondere indennizzi le regole conformative delle trasformazioni fisiche ammissibili e delle utilizzazioni compatibili degli immobili, pure se fortemente differenziate nelle diverse articolazioni del territorio riconosciute o definite dalla pianificazione, disposte dagli strumenti di pianificazione, ovvero da altri atti amministrativi producenti effetti nel governo del territorio, dello Stato, delle Regioni, delle Province o Città metropolitane, dei Comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, nell'esercizio del potere di disciplinare il godimento della proprietà privata per assicurarne la funzione sociale, e comunque al fine di perseguire assetti del territorio, e in particolare del sistema insediativo antropico, dotato delle volute qualità, formali e funzionali.
 
13. Gli immobili esattamente individuati dagli strumenti di pianificazione che siano dagli stessi assoggettati a disposizioni immediatamente precettive e operative che comportino la loro utilizzazione solamente per funzioni pubbliche o collettive, attivabili e gestibili soltanto dal soggetto pubblico competente, devono essere acquisite dal predetto soggetto pubblico entro il termine perentorio di dieci anni dalla data di entrata in vigore delle suindicate disposizioni.
Decorso inutilmente il suddetto termine, gli immobili sono acquisiti in forza di legge al patrimonio del soggetto pubblico competente. I proprietari di tali immobili hanno diritto a una somma pari all’indennità di espropriazione determinata ai sensi delle leggi con riferimento al momento del perfezionamento del loro acquisto da parte del soggetto pubblico. Tale diritto si estingue a norma dell’articolo 2946 del codice civile. La somma suindicata è rivalutata di anno in anno con riferimento alla data della sua liquidazione, in base alle intervenute variazioni dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertate dall’ISTAT. Sulla somma rivalutata di anno in anno sono dovuti gli interessi, in misura pari a quella del tasso di sconto, fino alla data della liquidazione.
Gli strumenti di pianificazione possono stabilire che non abbia applicazione quanto sopra sancito, laddove l’attivazione delle destinazioni d’uso imposte agli immobili, anche se per funzioni pubbliche o collettive, non comporti necessariamente la loro preventiva acquisizione, e la loro gestione, da parte del soggetto pubblico competente, trattandosi di utilizzazioni per loro natura attivabili e gestibili nell’ambito dell’ordinaria iniziativa economica privata, pur se regolata da convenzioni che garantiscano gli obiettivi di interesse generale.
Può essere prevista, dalla legislazione regionale e dagli strumenti di pianificazione, la permuta degli immobili destinati a funzioni pubbliche o collettive con immobili di proprietà del soggetto pubblico competente suscettibili, secondo gli strumenti di pianificazione, di trasformazioni e utilizzazioni nell’ambito dell’ordinaria iniziativa economica privata, e di valore equivalente a quello che sarebbe stato conferito agli immobili destinati a funzioni pubbliche o collettive dall’entità e dalla qualità delle utilizzazioni definite ammissibili dagli strumenti di pianificazione nell’articolazione del territorio nella quale ricadono questi ultimi immobili.
Può altresì essere previsto, dalla legislazione regionale e dagli strumenti di pianificazione, il trasferimento, ad altri immobili di proprietà del medesimo soggetto, dell’effettuabilità di trasformazioni di entità e qualità equivalenti a quelle definite ammissibili dagli strumenti di pianificazione nell’articolazione del territorio nella quale ricadono gli immobili destinati a funzioni pubbliche o collettive, quale compensazione della cessione gratuita di questi ultimi immobili al soggetto pubblico competente alla loro utilizzazione e gestione.
 
14. In forza della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, la legislazione dello Stato determina i requisiti quantitativi, qualitativi e relazionali inderogabili delle dotazioni di opere di urbanizzazione e di spazi per servizi pubblici e per la fruizione collettiva che devono essere assicurate negli strumenti di pianificazione delle Regioni, delle Province o Città metropolitane, dei Comuni, nell’ambito delle rispettive competenze.
 
15. Gli strumenti di pianificazione dello Stato individuano, tra l’altro, l’insieme delle grandi opere di rilevanza sovraregionale di competenza dello Stato medesimo. La definizione della localizzazione, o del tracciato, nonché delle caratteristiche, di tali opere, è effettuata mediante conferenze di amministrazioni.
 
16. Le trasformazioni degli assetti morfologici del sistema insediativo, quali i nuovi impianti urbanizzativi ed edificatori, le ristrutturazioni urbane con demolizione e ricostruzione di ingenti quantità di manufatti edilizi esistenti e modificazione della maglia insediativa, e simili, devono essere disciplinate da strumenti di pianificazione specificamente e unitariamente riferiti agli ambiti territoriali interessati dalle predette trasformazioni.
Tali strumenti di pianificazione garantiscono la massima perequazione tra gli eventuali diversi proprietari degli immobili compresi negli ambiti ai quali si riferiscono. La partecipazione ai benefici e ai gravami conferiti ai predetti immobili dagli strumenti di pianificazione è definita in misura proporzionale alle superfici dei suoli, e a quelle degli edifici eventualmente esistenti, appartenenti ai diversi proprietari.

www.italianostra.org

Venerdì, 16 Marzo, 2007 - 17:41

Lunga vita alle batterie al piombo!

Lunga vita alle batterie al piombo!Nel 2006 il Cobat ha raccolto e avviato al riciclo quasi 16 milioni di pezzi, recuperando più di 100mila tonnellate di piomboLIVORNO. Nel 2006 sono state 11.504 le tonnellate di batterie al piombo esauste raccolte e avviate al riciclo dal Cobat in Toscana. In tutto in Italia sono state 191.743 tonnellate, pari a oltre 15,8 milioni di singole batterie, da cui sono state recuperate circa 107.300 tonnellate di piombo, 9.000 tonnellate di plastiche nobili (polipropilene) e neutralizzati oltre 31 milioni di litri di acido solforico.

Capofila nella raccolta è la Lombardia, con circa 33,6 mila tonnellate, seguita da Veneto (21,5 ton), Emilia Romagna (18,5), Campania (18,1), Lazio (16,6), Piemonte (14,4) e Sicilia (13,7). Subito dopo la Toscana, che è quindi settima. Con il piombo recuperato nell’anno passato sono stati risparmiati oltre 110 milioni di euro sulle importazioni di questo metallo.

«I dati di raccolta del 2006 – ha dichiarato Giancarlo Morandi, presidente del Cobat – confermano l’efficienza e l’efficacia del lavoro svolto dal consorzio. La capillarità e la rilevanza dell’azione di raccolta assicurata dai nostri raccoglitori incaricati confermano al Cobat un ruolo cruciale per una gestione adeguata e sicura di questi rifiuti pericolosi, a tutela della salute pubblica e per la protezione dell’ambiente».

La quantità totale delle batterie esauste raccolte in Italia nel 2006 sarà però definitivamente nota al termine del mese di giugno. Già oggi è però possibile affermare che con il consuntivo finale di giugno, per la 2a volta consecutiva, in Italia la raccolta totale supererà quota 200 mila tonnellate. Il Consorzio, infatti, stima che le altre imprese private operanti nel nostro Paese abbiano contribuito quest’anno alla raccolta per circa 12.000 tonnellate.

Le batterie riciclate sono quelle al piombo di auto, camion, mezzi agricoli, mezzi per la nautica. Le batterie dei treni, dei muletti elettrici dei supermercati e simili. Inoltre quelle presenti negli impianti stazionari (ex: i gruppi di continuità degli ospedali, delle centrali elettriche etc – tutti quei posti dove l’elettricità non può mancare) e le batterie che alimentano i ripetitori di telefonia dove non arrivano i fili elettrici

Il riciclo delle batterie al piombo esauste mediante il recupero del metallo in esso contenuto presenta notevoli vantaggi per la collettività, sia in termini economici sia ambientali. Il piombo “secondario”, infatti, è identico a quello estratto dal minerale, è riutilizzabile all’infinito e per la sua lavorazione è possibile un risparmio energetico pari al 66% rispetto al piombo “primario”. Essendo l’Italia un Paese importatore di tale minerale, la riduzione dei volumi da acquistare contribuisce positivamente alla bilancia nazionale dei pagamenti. A tale scopo basti pensare che il metallo riciclato dalle batterie esauste rappresenta oltre il 50% della produzione italiana di piombo nonché circa il 40% del fabbisogno nazionale. Se il riciclo non fosse possibile, inoltre, lo smaltimento delle batterie potrebbe avvenire solo con il conferimento in discariche idonee a ricevere rifiuti tossico-nocivi. Si calcola che, dall’inizio della sua attività, il Cobat ha sottratto allo sversamento nell’ambiente circa 425 milioni di litri di acido solforico diluito.

Sono sei gli impianti consorziati del Cobat in Italia che effettuano il riciclaggio delle batterie, con una capacità di 442.000 tonnellate per anno, superiore rispetto ai volumi provenienti dalla raccolta. Tali impianti sono situati in Lombardia, in Campania, in Calabria e in Sicilia: Eco-Bat S.p.A. - Paderno Dugnano (MI) Piomboleghe S.r.l. - Brugherio (MI) Piombifera Bresciana S.p.A. - Maclodio (BS) Eco-Bat S.p.A. - Marcianise (CE) Me.Ca. S.r.l. - Lamezia Terme (CZ) E.S.I. S.p.A. - Pace del Mela (ME)»

Il processo di recupero avviene sostanzialmente in quattro fasi: la frantumazione delle batterie; la fusione; la raffinazione del prodotto; l’tilizzo del piombo secondario.

Il piombo ottenuto dal processo di riciclaggio ha gli stessi utilizzi del piombo ottenuto da minerale in quanto ha le stesse caratteristiche fisico-chimiche e grado di raffinazione. Il mercato è internazionale e le quotazioni sono determinate al London Metal Exchange. Il consumo nazionale di piombo si attesta intorno alle 280.000 t/a di cui oltre 200.000 t/a prodotte in Italia. Di queste oltre 100.000 t/a sono di piombo ottenuto dal riciclaggio delle batterie esauste. Il piombo viene reimmesso nel ciclo industriale per trovare impiego soprattutto nella produzione di nuovi accumulatori, ma anche per il rivestimento di cavi di trasporto d’energia, nell’industria chimica, in quella delle ceramiche, nonché per la produzione di apparecchiature radiologiche e lastre e tubi per l’edilizia.http://www.ecomondo.it/

Venerdì, 16 Marzo, 2007 - 17:36

NO LIBERALIZZAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI

Buongiorno, tra pochi giorni al senato nel silenzio più assoluto verrà approvato il disegno legge lanzilotta sul riordino dei servizi pubblici locali, è veramente preoccupante per l'impatto che avrà soprattutto sui beni comuni come acqua, energia e su servizi importanti come trasporti e rifiuti, ecc, molte realtà sociali, reti e movimenti sono state in audizione in commissione , FP CGIL, Contratto Acqua, Rete Nuovo Municipio, Atac, solo per citarne alcune, tutte concordi per disegnare un nuovo disegno strategico che mette al centro una gestione e proprietà pubblica e partecipata dai cittadini, ma purtroppo il disegno di legge licenziato non tiene conto di queste istanze, andando dritto dritto verso una liberalizzazione molto pesante, ci sono diversi emendamenti sostenuti dai Verdi, Pcdi, RC, Sinistra DS e altri singoli senatori che posso cambiare il senso di questo disegno di legge, MA C'E' BISOGNO DI UNA MOBILITAZIONE DAL BASSO, DI FAR CONOSCERE E INFORMARE SU QUANTO STA' ACCADENDO a tal fine abbiamo preparato un appello che vi allego, se volete sottoscriverlo vi prego di comunicarmelo via mail a salvatore.amura@libero.it grazie mille Salvatore Amura CHIEDIAMO ATTENZIONE E RESPONSABILITA’, NON VOGLIAMO LA LIBERALIZZAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI. APPELLO AI PARLAMENTARI DI CAMERA E SENATO E AL GOVERNO SUL RIORDINO DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI Nel silenzio più assoluto, sta procedendo l'iter del disegno di legge sul riordino dei servizi pubblici locali,per questo richiamiamo tutti i parlamentari a all'ascolto delle proposte e delle indicazioni delle comunità locali che in questi anni hanno lavorato per una presenza pubblica forte nella proprietà e nella gestione dei servizi pubblici locali. Esprimiamo forte contrarietà sul disegno di legge 772 proposto dal governo che impone la messa sul mercato dei servizi pubblici locali essenziali per la vita delle comunità quali il Trasporto Pubblico Locale, il Gas, il trattamento,la raccolta e lo smaltimento dei Rifiuti, l’Elettricità,l'energia. In Senato articolate e ampie sono state le proposte fatte dai vari movimenti sociali in audizione in commissione: la Funzione Pubblica della CGIL, il Contratto per l’Acqua, la Rete del Nuovo Municipio, diverse associazioni come Attac, ARCI, ma ora occorre una maggioranza che sostenga questi punti. Quindici e più anni di politiche di aziendalizzazione, liberalizzazione, privatizzazione dei servizi di pubblica utilità, hanno dimostrato nei fatti di non mantenere le promesse: è peggiorata la qualità dei servizi, è aumentata la precarizzazione del lavoro e sono aumentate le tariffe. Tale fallimento manifesta che la qualità, l’universalità e l’efficienza dei servizi può essere garantita solo da un maggior controllo e partecipazione nella gestione dei servizi stessi da parte dei cittadini: questo deve essere fortemente riportato al centro della discussione e forte deve essere l’impegno del governo e del parlamento in questa direzione. Una materia così essenziale per il benessere delle comunità locali richiederebbe una discussione pubblica sul tema dei beni comuni e dei servizi pubblici che coinvolga gli amministratori e le comunità locali, le organizzazioni dei lavoratori e la cittadinanza tutta;ora,in fase di decisione,occorre far sentire forte questa voce! I proponenti di questo appello chiedono pertanto ai Parlamentari di modificare il testo della proposta di legge accogliendo le proposte fatte da amministratori locali, associazioni e reti sociali in favore del mantenimento pubblico dei servizi e della possibilita'di scelta da parte delle amministrazioni locali. Per rafforzare la richiesta di modifica del disegno di legge, si realizzera' una giornata di confronto ed approfondimento di tutti gli aspetti del dibattito in corso ed iniziative di pressione a partire dal Senato . inviare le adesioni via mail a salvatore.amura@libero.it Primi firmatari Fulvio Aurora - Vice Presidente Presidente di Medicina Democratica Eors Cruccolini - Presidente Consiglio Comunale di Firenze Marco Boschini - Coordinatore Nazionale Associazione dei Comuni Virtuosi. Lia Bandera - Presidente CRIC Giorgio Ferraresi - Direttore LPE Politecnico Milano Tommaso Fattori - Rappresentante del forum italiano dei movimenti per l'acqua Anna Rozza - Assessore alle Politiche Sociali, Nuove Povertà – Integrazione, Pace e Cooperazione Internazionale - Provincia di Cremona Salvatore Amura - Coordinatore Nazionale Rete del Nuovo Municipio -- Forum di discussione della Rete del Nuovo Municipio http://www.nuovomunicipio.org - forum@liste.nuovomunicipio.org Iscrizione: forum-subscribe@liste.nuovomunicipio.org Cancellazione: forum-unsubscribe@liste.nuovomunicipio.org

Venerdì, 16 Marzo, 2007 - 15:21

Piano di illuminazione: che cosa si propone?

Ieri si è tenuto un consiglio di zona straordinario sul tema del programma sull'illuminazione cittadina, alla presenza dell'Assessore ai Lavori Pubblici Simini: il consiglio straordinario, nonostante la portata dell'ordine del giorno, non ha avuto un seguito nella cittadinanza, insufficiente di numero di partecipanti. Questo è niente altro che conseguenza di una mancanza sul territorio che dia una strutturazione complessiva dell'informazione e della comunicazione tra il Consiglio di Zona e la popolazione residente nella circoscrizione, interessata su temi vari a pronunciare le proprie istanze, o i propri pareri, consigli, inviti, sollecitazioni. Ma questo è un capitolo a parte e riguarda un tema più complesso inerente al decentramento.
Prima della riunione mi sono documentato nel testo della Relazione previsionale di bilancio 2007/2009 e ho evinto che sulla questione esistono sì alcuni punti di novità, che Simini ha ribadito e riportato in seduta, ma non sussiste un punto che ritengo fondamentale in merito: l'inquinamento luminoso, quello visivo, che rende la nostra città in alcuni spazi e luoghi accecante nel vero senso della parola, impedendo di vedere il cielo. L'inquinamento di questa portata arreca danno sia alla vista per la cittadinanza, soprattutto quella residente presso o vicino a insegne pubblicitarie che inquinano in termini di luminosità, ma se continuativo può influire anche sulla stabilità "metabolica" e sui bioritmi di vita delle persone, degli animali, ma anche delle piante, della vegetazione, con il grave sconquasso derivante da questa situazione. Ebbene nella Relazione è previsto un progetto di intervento per rimuovere e limitare fenomeni di inquinamento acustico e aereo: buoni propositi, ma non si evince nessun riferimento a quali siano le modalità di intervento e quali intenzioni di predisposzione di misure ci siano per rimuovere questo fenomeno, dovuto all'assenza esclusiva di controllo sui livelli di intensità luminosa di insegne pubblicitarie, riportandoli a giusto regime. Simini considera che esiste in merito una "inossservanza diffusa" dei parametri massimi consentiti ex lege in tema di intensità luminosa prodotta da insegne pubblicitarie, oppure insegne commerciali, poste presso le entrate dei negozi. Ma non ho avuto nessun tipo di "conforto" e di enunciazione di propositi virtuosi ed efficaci per rimuovere questa insopportabile situazione. 

In secondo luogo nel mio intervento, oltre a sottolineare l'esigenza urgente di risolvere l'inquinamento luminoso, oggi diffuso, a detta anche di Simini, ho chiesto quali siano le misure predisponibili e che l'assessorato ha intenzione di adottare per diffondere fonti di energia rinnovabile e sostenibile atte ad alimentare la rete elettrica municipale. Simini parla di nuove tecnologie, ma non supporta queste tesi, di grande valore, ma pur sempre teoriche, con dati previsionali economici che quantifichino l'entità dell'intervento che, per la sua complessità e per la sua portata, dovrà essere cospicuo, almeno spero che lo sia. Si sta discutendo di bilancio a Palazzo Marino: si sta per votare le linee economiche che guideranno l'amministrazione nel prossimo anno di governo. Esistono delle misure predisposte dalla legge finanziaria 2007 che incentivano notevolmente i comuni e i muinicipi che adottano modelli di sostenibilità ecocompatibile e forme di risparmio energetico e di rinnovabilità per il proprio tessuto cittadino e in ambito municipale. Mi chiedo quale previsione in termini monetari ci sia da parte dell'assessorato in merito e quali norme intende perseguire e attivare, nonchè a quali articolati della legge stessa intende riferirsi, dato che esistono non solo sulla carta, ma anche attraverso cospicue disponibilità di finanziamento e di sostengo presenti presso i ministeri competenti, affinchè questa buona dichiarazione di intenti, che apprezzo, anche perchè programmatica e generale, senza precedenti, quindi in discontinuità rispetto a una pratica amministrativa passata, supportata dalla medesima maggioranza attuale, e sottoposta a severe critiche per la fallacità che essa ha determinato della medesima da parte dello stesso Simini, possa tradursi in un impegno reale, fattibile, concreto, pratico e chiaro, visibile nelle sue parti integranti. A Milano, e in questo caso il sistema impiantistico di illuminazione è puramente coinvolto - parlo delle palature, dei tralicci, dei fari presenti in molti contesti demaniali -, in passato non vi è mai stata un'adeguata attenzione all'arredo urbano e all'armonia del decoro urbano, in quanto esistono ancora oggi lampioni nascosti dalle frasche degli alberi, oppure pali non omogenei in termini architettonici, oppure fari potenti che sprigionano illuminazione altamente intensa vicino a isole ambientali dove sussiste la vegetazione, sottoposta a una presenza costante di luce artificiale assai nociva.

Il Piano programmatico dell'illuminazione deve essere promosso con la partecipazione dei consigli di zona che, dovranno, sintetizzare con capacità programmatica e con spirito più universale i punti dolenti e le linee di intervento in merito al sistema di illuminazione. Queste le parole di Simini, che accolgo con interesse e direi anche con stupore, in quanto sembrano contestare le pratiche e le metodologie promosse dalla precedente consiliatura, guidata da una coalizione di uguale colore politico, dove non esisteva il concetto di armonizzazione del sistema di diffusione dell'illuminazione con il contesto urbano, sociale, civico, cittadino, demaniale (vedi, appunto, la sovrapresenza di strutture di illuminazione non sempre consone al luogo dove esse vengono inserite, con grave pregiudizio estetico urbano). E la volontà, che considero chiaramente espressa da Simini, è quella di coinvolgere i consigli di zona, per dare una carattere di partecipazione della cittadinanza locale di indirizzare con maggiore cognizione di causa gli interventi necessari per risolvere questioni che ineriscono il sistema e la rete d'illuminazione. Sono contento, ma i criteri che possano rendere questo presupposto come concreto non sono stati esplicati. Non esiste autonomia decisionale dei Consigli, che non hanno neppure la possibilità, tramite il geometra presente nella struttura, di programmare interventi riparatori urgenti e di prima necessità a livello edilizio e demaniale: con il precedente regolamento sul decentramento, il geometra poteva, su istanza del consiglio di zona, provvedere a intervenire per rimuovere un infisso rotto presso una struttura scolastica di propria competenza, arrecando giovamento immediato a un problema che può essere risolto senza gravami amministrativi e ulteriori passaggi burocratici. Ora questa possibilità non esiste, non sussiste. Mi chiedo se l'intenzione rimane sempre quella di ascoltare il consiglio di zona, leggere l'elenco di punti di intervento segnalati, e attestare i criteri politici di intervento progettuale sul sistema di illuminazione di zona, ma dare conseguenza in uns econdo tempo, magari terzo tempo, predisponendo tutte le procedure decisionali che ineriscono altre tipologie di intervento pubblico di caratura cittadina. Se rimane questo l'obiettivo, penso che siamo difronte a un ennesimo buon proponimento che rimane, come sempre "a la carte". Dov'è il decentramento necessario e la reale municipalità? Ritorniamo sullo stesso problema che deve essere risolto in breve tempo: l'assessora, senatrice, consigliera provinciale, Colli parlava di 100 giorni per riformare in senso più espansivo i poteri attribuiti ai consigli di zona, ma ne sono passati più di 300, senza nessun tipo di proposta su cui discutere o su cui inziaire a discutere, COINVOLGENDO I CONSIGLI DI ZONA, la cittadinanza, l'associazionismo, i comitati. Attendere Godot non è sempre stimolante e piacevole. Ma la speranza non ha mai fine. 

 
Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Cinsiglio di Zona 4

Venerdì, 16 Marzo, 2007 - 13:42

ROM CABARET

> ROM CABARET
>
> Cervantes Puskin Mérimée Bizet
>
> Trovatori Turchi in Italia
>
> poesie popolari e d'autori Rom
> a cura di
>
> Giuseppe Di Leva e Dijana Pavlovic
> con la collaborazione di Margherita Monga
>
> fisarmonica Jovica Jovic violino Marta Pistocchi
> intervengono:
>
> Paolo Bessegato Claudio Migliavacca
> 19 e 20 marzo 2007 h. 19.00, Take Away, via S. Marco 33, Milano tel.
> 026552204

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