PETIZIONE no inceneritori
PETIZIONE
QUATTRO BUONE RAGIONI PER DIRE
NO AGLI INCENERITORI IN ZONA SUD
all’Assessore Provinciale all’Ambiente: Bruna Brembilla
all’Assessore Regionale all’Ambiente: Lionello M. Pagnoncelli
· Il rischio sanitario. E’ significativa la presa di posizione della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale, maggio 2006): “Gli inceneritori di ultima generazione con le loro alte temperature nei forni contribuiscono grandemente all’immissione nell’ambiente di polveri finissime che costituiscono un rischio sanitario”. Infatti producono nanopolveri che “sfuggendo ai filtri dell’inceneritore, non vengono nemmeno rilevate dagli attuali sistemi di monitoraggio delle emissioni degli inceneritori e non sono previste dai limiti di legge cui gli impianti devono sottostare. A fronte di emissioni cancerogene identificate da tempo, gli inceneritori emettono centinaia di sostanze di cui è sconosciuto l’impatto sulla salute umana. La combustione trasforma anche i rifiuti innocui, come imballaggi e scarti di cibo, in composti tossici e pericolosi”.
· La difesa dell’ambiente. Gli sconvolgimenti climatici e il surriscaldamento del pianeta sono un segnale forte per indurci a cambiare le nostre abitudini: ridurre le combustioni e impegnarci al massimo per il recupero delle materie prime. Recupero, riciclaggio, riuso, risparmio: se solo si raccogliesse separatamente la frazione umida dei rifiuti (che corrisponde al 30/35% del totale) non sarebbe necessario costruire inceneritori. Da anni AMSA afferma che il compost prodotto dall’umido di Milano è di cattiva qualità per la forte presenza di conservanti nei cibi; recentemente esperti del settore hanno smantellato questa argomentazione, attestando che con opportuni enzimi l’umido può trasformarsi in ottimo compost ed humus, riutilizzabili in agricoltura.
· La diminuita convenienza economica. I contributi statali per la realizzazione e la gestione degli inceneritori, compresi quelli dei “certificati verdi” (che non considerano più assimilabili alle fonti rinnovabili tutti i rifiuti da inceneritore) sono stati ridotti del 50%: questo fatto diminuisce drasticamente la convenienza economica di tali realizzazioni, rendendole molto più costose.
· La sottrazione delle risorse. La realizzazione di queste opere sottrae ingenti risorse economiche e territoriali alla cittadinanza: un nuovo inceneritore costerebbe 250 milioni di euro e sottrarrebbe al verde 20 ettari di Parco Sud.
Per tutti questi motivi chiediamo alle Autorità in indirizzo di modificare le loro decisioni, promuovendo la raccolta differenziata dei rifiuti e avviando un virtuoso processo di responsabilizzazione di imprese e cittadini, teso al raggiungimento di nuovi stili di vita, maggiormente compatibili con i cambiamenti ambientali e climatici che tutti stiamo vivendo.
Milano, ottobre 2007
Rilanciare le Biblioteche come accesso plurale alla conoscenza
L'UNESCO ha redatto un Manifesto circa la funzione e la gestione delle biblioteche, come luogo di preservazione e di promozione della cultura, patrimonio che diventa internazionale, fortemente inalienabile, il cui accesso è diritto di tutte e di tutti senza discriminazione alcuna, senza distinzione alcuna, senza differenza alcuna nelle condizioni di utilizzo del patrimonio e del suo godimento.
A Milano si registra una situazione che direi essere totalmente antitetica allo spirito e alla filosofia di questo Manifesto, che definisce delle linee guida, di indirizzo generali e universali a cui attenersi se si vuole definire biblioteca uno spazio comune, pubblico, dove professionalità dei soggetti che elargiscono il servizio si commistiona con la possibilità dell'utenza, nella sua generalità e complessità, di poter reperire in questo spazio un confortevole luogo fisico di accesso libero e incondizionato ai saperi.
Perchè dico che Milano, il Comune, l'amministrazione attuale, non rispetta queste linee di indirizzo, questi principi insindacabili e assolutamente condivisibili grazie la forza dei principi espressi?
Vorrei esaminare, sviscerando il testo del Manifesto dell'UNESCO, punto per punto le situazioni di fatto che non corrispondono agli enunciati, che devono essere attuati se si vuole dare alla biblioteca nel suo complesso una funzione civica di promozione dei saperi e di stimolo alle creatività, allo studio, alla cultura personale che diventa fattore collettivo, forte base fondante di uno spirito comune e condiviso di crescita continua e permanente, nella conoscenza, nella formazione, nell'informazione, nella comuniazione.
Nel preambolo il Manifesto dell'UNESCO sul ruolo e la funzione delle biblioteche civiche dice espressamente:
"La partecipazione costruttiva e lo sviluppo della democrazia dipendono da un'istruzione soddisfacente, così come da un accesso libero e senza limitazioni alla conoscenza al pensiero, alla cultura e all'informazione".
Ed è chiaramente annunciata la connessione imprescindibile intercorrente tra un'educazione che è in formazione, un'educazione che è in divenire con la crescita della persona, l'accesso al più alto livello e grado di istruzione, che deve essere garantito direttamente, il diritto allo studio, e dall'altra parte, indirettamente, la disponibilità di risorse pubbliche che possano creare canali di formazione permanente e di accesso ai saperi, alla cultura.
Io credo che sia assolutamente lacunosa e fallimentare la direzione politica amministrativa in questo ambito e nel precipuo caso dell'accessibilità ai luoghi di sapere e di conoscenza, in quanto la situazione attuale che vive la città di Milano è quella di un'assenza di un criterio omogeneo di gestione degli orari e del servizio su tutta la metropoli; riguarda l'assenza di una rete che possa mettere in comunicazione i diversi distretti bibliotecari della provincia con quelli della città; la mancanza di personale aggiuntivo pubblico che possa garantire un'apertura adeguata e prolungata del servizio, pur, dico pur, essendoci le condizioni per aumentare l'organico professionale, attingendo, grazie alla legge finanziaria 2007, secondo la quale le graduatorie del 2002 possono essere considerate nuovamente vigenti e legittime per attingere, da parte delle amministrazioni pubbliche, nuovo personale.
Il Manifesto prosegue nel preambolo con la seguente definizione:
"La biblioteca pubblica, via di accesso locale alla conoscenza, costituisce una condizione essenziale per l'apprendimento permanente, l'indipendenza nelle decisioni, lo sviluppo culturale dell'individuo e dei gruppi sociali".
Non si comprende come mai esista ancora nel regolamento delle biblioteche civiche di Milano la scriminante tra "utenti propri" e utenti "impropri", ossia, nell'ultima categoria, le studentesse e gli studenti che accedono giustamente allo spazio bibliotecario perchè luogo e via di accesso locale alla conoscenza per l'apprendimento permanente. E' una discriminante, questa, che vige da anni e che deve essere assolutamente superata, abrogata, elusa, se si pensa a un rilancio funzionale delle biblioteche corrispondente a quello che in altri contesti urbani, Roma in primis, dove il Comune ha investito diversi capitoli di spesa per la valorizzazione del patrimonio bibliotecario generale e civico, è ormai divenuta prassi amministrativa e politica gestionale: mi riferisco alla biblioteca come luogo polifunzionale, attinente al contesto e alla funzione di "spazio dove poter accedere liberamente alla conoscenza", di contaminazione educativa, culturale, artistica dove si forma la coscienza civica plurale e la conoscenza universale della persona e della collettività. Non esiste utenza impropria in quanto esiste uno spazio di accesso libero ai saperi che, per sua concezione, è universale, deve essere universale e indiscriminatamente garantito: esiste una dichiarazione internazonale dove si delineano principi generali e universali che registrano la cultura e il suo apprendimento libero e autonomo come diritti inalienabili e universali dell'essere umano. Questo è in parte, dico solo in parte, garantito a Milano: per diversi motivi possiamo dire che questo sviluppo funzionale dei centri civici bibliotecari, in città, è totalmente evaso dall'amministrazione pubblica. Occorre registrare un impegno nuovo e diverso, alternativo, di politiche di rilancio delle biblioteche come luoghi permamenti di formazione, comunicazione, informazione, conoscenza plurale, elargizione di cultura.
La totale illegittimità della disposizione discriminatoria "utenza impropria" viene evidenziata se si considera nel Manifesto questa dizione:
"I servizi della biblioteca pubblica sono forniti sulla base dell'uguaglianza di accesso per tutti, senza distinzione di età, razza, sesso, religione, nazionalità, lingua o condizione sociale".
Nello stesso Manifesto possiamo evincere i capisaldi delle linee guida, già attivate in diversi contesti comunali, ripeto in primis il Comune di Roma, per una nuova funzione aggiornata e rilanciata, rifondata, delle biblioteche civiche milanesi e del loro futuro gestionale, della filosofia della loro funzione attuale nel contesto pubblico urbano:
3. offrire opportunità per lo sviluppo creativo della persona;
4. stimolare l'immaginazione e la creatività di ragazzi e giovani:
5. promuovere la consapevolezza dell'eredità culturale, l'apprezzamento delle arti, la comprensione delle scoperte e innovazioni scientifiche;
6. dare accesso alle espressioni culturali di tutte le arti rappresentabili;
7. incoraggiare il dialogo interculturale e proteggere la diversità culturale.
E questi punti precisi e specificati, che evidenziano le funzioni della biblioteca civica e pubblica, che io penso debba essere amministrata nelle sue attività, nelle proposte che riguardano le iniziative che in tale contesto, ripeto PUBBLICO e non SINGOLO E PRIVATO, quindi non autoreferenzialmente amministrato, devono trovare spazio ed espressione in nome di quel principio guida che è espresso nel manifesto dell'UNESCO al punto numero 3, 4 e 5 soprattutto, ossia al concetto per cui la biblioteca deve trovare nella partecipazione e nella condivisione pubblica alle proposte che ineriscono queste funzioni la propria identità, che non è quella di dare disponibilità di utilizzo dei libri, funzione importante, ma sterile e alquanto inadeguata se rimane unica e isolata, direi soprattutto insufficiente nella sua portata, alquanto anacronistica nel tempo, date esigenze nuove sorte e dovute allo sviluppo di nuove arti e nuovi canali di formazione e conoscenza, con lo sviluppo soprattutto delle nuove tecnologie e con lo sviluppo di nuovi contesti sociali che creano nuove sociologie urbane, nuovi visioni di cittadinanza culturale, nuove richieste aggiuntive di cultura e di saperi.
"I servizi devono essere fisicamente accessibili a tutti i membri della comunità. Ciò comporta una buona localizzazione degli edifici, attrezzature adatte per la lettura e lo studio, le tecnologie necessarie e orari di apertura sufficienti e comodi per gli utenti. Analogamente comporta servizi esterni per coloro che non sono in grado di frequentare la biblioteca".
Non è altro che confermativa questa definizione del principio espresso precedentemente, ossia l'esigenza di un magigore investimento strutturale che aumenti in quantità e in qualità il servizio pubblico bibliotecario attualmente presente a Milano. Io penso anche come sia inadeguata per una città dalla molteplicità delle espressioni culturali e delle esigenze sociali di arte e di accesso ai saperi l'attuale rete di servizi bibliotecari, dove non esiste ancora una Biblioteca Europea civica, dove non esiste un'uniformità dei criteri di elargizione dei servizi bibliotecari, dove ancora permangono strutture che non sono funzionali alle nuove richieste di cultura, dove esistono zone che non sono beneficiate da strutture bibliotecarie, mi sovviene, per quanto riguarda la circoscrizione di cui sono consigliere di zona, la parte relativa al quartiere di Via Mecenate, Salomone, oppure al nuovo insediamento di Santa Giulia. Esiste in quantità e in qualità un'inefficenza strutturale e amministrativa di questo servizio che deve essere realmente percepito come fondamentale nella cultura pubblica e civica attuale, dove l'esigenza di cultura e di conoscenza, di formazione permanente diventa capitolo di uno stato sociale moderno, che integri nuovi diritti che sono fondamentali per l'essere umano, che diventano imprescindibili per la crescita della persona e della collettiva, in un contesto comunitario e plurale, complesso.
Riproviamo a rilanciare questi concetti e a renderli attuativi a livello pubblico amministrativo a Milano? Direi che è necessario se si vuole promuovere Milano come città della cultura e dei saperi, la cui domanda cresce negli strati sociali e generazionali differenti che compongono un mosaico multiculturale e sempre più variegato della nostra sociologia urbana attuale.
Segue, in allegato, il testo del Manifesto delle Biblioteche civiche emesso dall'UNESCO.
Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano
Dario Fo tra i 100 geni viventi
Da "la Repubblica" del 30 ottobre 2007
"Dario Fo è l'unico italiano a comparire nella hit parade dei 100 genio viventi, compilati da sei esperti di creatività sulla base anche di un sondaggio tra i sudditi di Sua Maestà. La classifica riportata dal Daily Telegraph vede al primo posto Albert Hofmann, 101 il chimico svizzero che ha scoperto l'Lsd.Dario Fo è al settimo posto".
L'Amministrazione di Milano, sindaco in testa, da tempo ignorano l'esistenza di questo grande genio, stimato ed onorato in quasi tutti i paesi della terra.
In Lombardia prestazioni sanitarie solo se sani sessualmente
Penso che sia l'ultima goccia che faccia traboccare il vaso: la Regione Lombardia si appresta a varare la legge quadro sui criteri di erogazione della rete dei servizi sociali. Fino a questo punto niente di grave, anche se attenderemmo, come comuni, di verificare insieme i criteri e le linee guida di erogazione dei servizi stessi, della rete dei servizi, e i criteri che permettano di attivare elementi di monitoraggio e censimento dei bisogni. Finora tutto è stato fatto secondo una logica alquanto accentratrice: ma tant'è da anni ormai che si procede con questa modalità autoreferenziale.
Il grave aspetto della disposizione della proposta non riguarda tanto l'aspetto procedurale, il metodo ma, bensì, il merito della proposta, ossia alcuni articolati che in essa troverebbero spazio e concretizzazione: mi riferisco alla disposizione, ripresa con giusto tono di denuncia da Repubblica, in cui l'erogazione dei servizi viene stabilita dipendentemente da una condizione, la cui antura sembra alquanto aleatoria e alquanto indeterminata, imprecisata, che ci rende assolutamente passibili di interpretazione allargate, estensive e alquanto deleterie. Parlo della frase in cui si dice che i servizi devono essere erogati in base alla cosidetta condotta accertata di sana sessualità del paziente, dell'utente. Cosa significa "sana sessualità"? Che cosa si intende con il termine aggettivo "sano"? Che cosa è sano e insano? Chi decide che una condotta sessuale è sana, mentre un'altra condotta è insana? Che cosa si intende per sessualità? Si comprendono gli atti, che sono altamente privati, di comportamento sessuale? E se si quali sono questi atti? I rapporti? E quali rapporti sono veriricabili come sani, quali come insani? Secondo quali criteri, quali linee guida di definizione, quali particolarismi?
Io credo che questa disposizione, come accusa giustamente Carlo Monguzzi, consigliere regionale dei Verdi, sia veramente inaccettabile nel momento in cui pone in essere parametri di stampo moralistico, fortemente confessionale, fortemente aleatorio, astratto, per il quale in una visione molto estendibile chiunque può essere soggetto potenziale di esclusione: parlo non solo dei tanto vituperati e fortemente discriminati omosessuali, ma anche di donne che hanno praticato aborti che, secondo un'accezione ideologicamente curialista, possono essere viste come persone "sessualmente insane".
Temo quando vedo definizione appartenenti a codici morali rientrare in linee guida di principi definitori di testi legislativi che, proprio perchè legislativi, devono rispondere al concetto illuministico classico e laico dell'erga omnes, ossia valevoli per tutte e per tutti, senza esclusione di sorta che possa ascriversi a visioni, appunto ideologiche e confessionali, o comunque strumentalizzabili da parte di certe e parziali visioni.
Temo che il carattere laico e aconfessionale dello stato, in Lombardia, possa essere messo in pericolo da una visione oscurantistica e fortemente moralistica, paternalistica, altamente manichea, quindi non democratica, quindi assolutista, quindi discriminatoria, in un'accezione fortemente confessionale e faziosa dell'attività legislativa nella definizione delle regole di erogazione della rete dei servizi sociali.
Penso, anche e perdipiù, che questa disposizione non corrisponda alle direttive europee dove la salute dell'essere umano, a prescindere da qualsiasi elemento personale e comportamentale, deve essere tutelata e preservata da parte delle legislazioni nazionali e statali, dove esiste il sacro santo principio costituzionale dell'articolo 3, ossia dell'eguaglianza difronte alla legge di qualsiasi essere umano, cittadina e cittadino, senza condizionare l'eguaglianza a corrispondenze ideologiche, religiose, sessuali di determinata impostazione e caratteristica.
Stiamo parlando di servizi sanitari, dove chiunque deve trovare assoluta assistenza sociale perchè si trattya di servizi alla persona in quanto tale, in quanto essere umano, in quanto cittadina e cittadino avente diritti.
Penso che opporsi a questo mostro giuridico regionale sia condizione necessaria per non instaurare in Lombardia un clima di oscurantismo medioevale dove ogni prestazione debba essere prestabilità in base a un esame di comportamenti morali e personali che prescindono dalle esigenze sociali e dalla natura delle istanze che provengono da chi soffre e da chi ha necessità di un intervento sanitario adeguato. L'Unione si è compattata nel denunciare la portata gravosa che da questa disposizione potrebbe derivare come conseguenza irreversibile dell'unità del tessuto sociale e civile.
Un cordiale saluto
Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano
Nomadi in zona 6
Una buona e una cattiva notizia. La buona notizia è che è stato arrestato il capo clan dei napoletani che sostano alla Barona su diversi camper (oltre 10) nelle vie Zumbini, Venosta, Bilbao. Condannato a un anno e 4 mesi per furto aggravato. Simulava finti incidenti, piegava gli specchietti della auto e pretendeva 50-100 euro di risarcimento. Dopo numerose denuncie ai C.C. della Barona, finalmente è stato condannato. La cattiva notizia è che poichè il reato è stato commesso prima dell'indulto, è già a piede libero.A.valdameri
"Assisteremo chi ha sana sessualita'"
"Assisteremo chi ha sana sessualità"
Scoppia il caso welfare regionale
L´assistenza? Solo a chi pratica una "sana e responsabile sessualità". La Regione approva un articolo del piano del welfare lombardo ed è subito polemica. Nel mirino dell´opposizione c´è il provvedimento, discusso ieri dalla commissione regionale della Sanità, che riguarda il "Governo della rete dei servizi alla persona in ambito socio-sanitario".
Già una settimana fa questo documento aveva provocato una bufera politica. La frase incriminata era quella relativa alla "tutela della vita fin dal suo concepimento", giudicata un attacco alla 194, la legge sull´aborto. E ora, lo stesso documento, torna a scatenare un caso politico con un articolo, definito dai Verdi «di stampo medievale», in cui si precisa che «le prestazioni sanitarie e sociali sono finalizzate a sostenere la persona e la famiglia, con particolare riferimento allo sviluppo di una sana e responsabile sessualità». L´Unione al gran completo e il consigliere Alessandro Cè hanno proposto di stralciare la parte relativa alla "sana e consapevole sessualità". Ma l´emendamento è stato bocciato e la maggioranza ha votato all´unanimità la proposta, contenuta nell´articolo 5.
«Questa legge sta diventando ultrabigotta, prima attacca l´aborto e adesso chi fa scelte sessuali diverse - denuncia Carlo Monguzzi, consigliere dei Verdi - questo provvedimento lascia spazio alla discrezionalità degli operatori che potrebbero negare assistenza a chi non rientra nei parametri di una sana sessualità». Monguzzi si domanda «cosa succederà quando ai servizi socio sanitari busseranno persone che non sono eterosessuali. Verranno discriminati gli omosessuali? E le lesbiche, i voyeristi, i feticisti che fine faranno? Ci sarà la messa al bando dei sadomaso? Qualche adultero verrà lapidato? E i baci, quali saranno considerati sani e quali no? Siamo davvero alla follia».
I Verdi e tutta l´Unione sono pronti a dare battaglia in consiglio regionale, ma di fronte a questa levata di scudi non batte ciglio Margherita Peroni di Fi, relatrice del progetto. «Io non metto in discussione l´identità sessuale di nessuno - spiega - quella frase non è discriminatoria. Omosessuali che stanno bene con se stessi hanno una sana e responsabile sessualità. E lo stesso vale per le lesbiche. Ecco perché ritengo che le polemiche siano inutili». E aggiunge: «La frase tanto discussa è contenuta nella legge 44 del ‘ 76, quella che istituisce i consultori. È lì da più di 30 anni e nessuno l´ha mai contestata. E poi quando si parla di sana e responsabile sessualità, ci si riferisce non alla pura genitalità, ma a quella dimensione più ampia che comprende l´affettività e la capacità di relazione. Questo è il senso delle parole che abbiamo scelto».
«Basta polveroni - taglia corto Stefano Galli, il capogruppo della Lega - i termini sono giusti e corretti». «Quella della sinistra è una polemica con autogol - replica Giancarlo Abelli, l´assessore all´Assistenza - da quando esiste la legge sui consultori non è mai stato discriminato nessuno. Tutti i nostri interventi sono a tutela della maternità, del concepimento, della famiglia e dell´umanità che c´è in ogni uomo, al di là di qualsiasi distinzione di sesso o altro».
La maggioranza ha votato a favore del discusso provvedimento ma c´è chi, come Carlo Saffioti, consigliere di Fi, che ritiene che «quella frase sulla sana sessualità andava evitata perché si presta a equivoci. Io l´avrei tolta». Contro il provvedimento è Ardemia Oriani, consigliere regionale dei Ds. «Che cosa si intende per "sana sessualità"? Questa è una legge oscurantista che va cambiata». Dello stesso parere Susanna Camusso, il segretario generale della Cgil lombarda: «Qui si cancella chi manifesta un diverso orientamento sessuale».
Anche le sedi sociali in pericolo
E' veramente paradossale che, se da un lato il Comune e la Giunta hanno deciso di vendere immobili pubblici per poter costituire un fondo per bisogni sociali, che ancora non ho capito quali siano quelli individuati come prioritari dalla stessa amministrazione, dall'altra alcune associazioni non lucrative, impegnate in campo culturale, sociale, assistenziale, di promozione dei diritti di integrazione, si trovino a dover forse fare i bagagli perchè le proprie sedi dove sono ospitate tutt'oggi potrebbero non essere confermate nei contratti di locazione. Spesso le associazioni si trovano a dover accettare contratti di entità anche cospicua, ma in stabili fatiscenti, spesso popolari, in estrema periferia, difficili da raggiungere, con l'onere di provvedere a riportare il locale a uno stato decente a livello estetico e strutturale. Le condizioni vengono assolutamente accolte, in quanto la ricerca di spazi per promuovere attività sociale continuativa è uno dei problemi maggiori per una realtà collettiva al momento della sua costituzione: non avere un luogo fisico dove porre tutti i documenti amministrativi, dove riunirsi, dove redarre giornalini o amministrare i siti, dove potersi confrontare, dove poter contare su un luogo visibile, spesso le stesse associazioni si trovano in scantinati che non accedono direttamente alla strada, diventa un ostacolo di non indifferente portata per il prosieguo delle attività.
Siamo in tempi in cui gli scandali a livello demaniale sugli affitti bassi e sui contratti di locazione a canone illegale coinvolgono la logica delle concessioni di immobili a terzi effettuata da alcuni anni a questa parte: oltre a questo si aggiunge il fatto per cui cercare una sede sociale diventa azione impervia a Milano e molte associazioni, anche storiche, rischiano di essere messe sulla strada senza neppure individuare una strada risolutiva utile a garantire pari opportunità di accesso a un diritto che io considero assolutamente fondamentale. Esistono facili concessioni ad ampliamenti di strutture inerenti a esercizi commerciali, a canoni spesso non conosciuti inerenti all'accordo di contratto e di convenzione, firmata tra il Comune e le società stesse, spesso riguardanti ristoranti che progressivamente aumentano i propri spazi prospicenti per mettere altri tavolini e altre sedie in luoghi che dovrebbero essere considerati pubblici e di passaggio. Ma le associazioni non a scopo lucrativo vengono penalizzate. Questo elemento si aggiunge a un altro problema che riguarda l'attività sociale a Milano e la sua vita democratica, partecipata: parlo dell'assenza di spazi liberi di comunicazione e informazione che attanaglia diverse realtà collettive non commerciali, spesso soggette a violazioni del regolamento per le affissioni in quanto sono carenti bacheche informative e aree interattive, mi viene telenews metro, ossia la televisione in metrò, tempestata da messaggi pubblicitari, dove poter annunciare la propria voce, il proprio pensiero, rendere pubblica la propria attività, il proprio messaggio, il proprio supporto contenutistico, le campagne e quant'altro alla cittadinanza.
Viene penalizzato in questo panorama coloro che si muovono per interessi generali, spinti da esigenze politiche e sociali, culturali, fuori dal coro, magari senza alcun scopo economico, ma assolutamente promotori di iniziative utili a rendere aggregabile un tessuto collettivo. In periferia ci si lamenta dell'assenza di punti di aggregazione culturale, civile, sociale, politica: ed è vero, ma è questa la ricetta voluta dall'amministrazione? I Consigli di Zona possono sì diventare promotori di scelte che possano dare risposte a queste esigenze, magari programmando con le realtà territoriali assoicazionistiche, comitati, movimenti, luoghi da occupare liberamente, autogestire, mi vengono in mente spazi polifunzionali, con compagnie teatrali o artistiche, cinematografiche, affinchè si dia vita a modelli quali open space, gallerie aperte e partecipate, dove potersi contaminare e trovare in momenti di condivisione di esperienze e di crescita collettiva. Londra, Berlino, Parigi trovano alta presenza di questi presidi di aggregazione e di promozione sociale e culturale: Milano ne è carente. Hai i soldi? Bene potrai pensare di avere spazi enormi in luoghi raggiungibili e centrali. Non hai i soldi? Sarai penalizzato, e la tua attività non potrà avere la certezza di una continuità in futuro, scomparendo ogni possibilità di punto di riferimento fisico per poter accogliere chi con te voglia proseguire in un percorso sociale e collettivo, aumentando la capacità del tuo messaggio di farsi voce nella comunità, collettività.
Occorre invertire l'ordine di tendenza che penso sia alquanto intollerabile, se Milano vuole diventare città europea, della tolleranza, del pluralismo, della crescita dei saperi e dell'accesso a forme culturali e proposte civiche.
Occorre scrivere piattaforme civiche partecipate dove l'esigenza di luoghi e spazi possano essere corrisposti con adeguate soluzioni, invitando le associazioni affermate e radicate sui territori, ma anche quelle di neonata costituzione e fondate su scopi che sono assolutamente inquadrabili come di interesse generale, la diffusione delle arti, dell'espressione artistica giovanile, per esempio, avendo come punti di riferimento i consigli di zona che potrebbero benissimo divenire "casa civiche", dove rivolgersi per poter insieme individuare un percorso possibile e sostenibile che arricchisca e promuova il territorio all'insegna dell'aggregazione civile e sociale.
Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano
patrimonio comunale sottoposto a cessione
della Commissione Edilizia del consiglio di zona 4;
- maggiori dettagli, allo stesso assessorato, in merito alle condizioni economiche e di utilizzo iscritte nel contratto di cessione stipulato tra il Comune l’ente acquirente e se sono stati già individuati i soggetti contraenti, anche solo indicativamente;
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano
Bando per accesso funzione vigile: alcune scriminanti inusuali
del Comando della Polizia Municipale del Comune di Milano e della Zona decentrata 4
- all’Assessorato alle risorse umane e alla loro gestione e al rispettivo settore quale è la ratio che ha invitato l’amministrazione a predisporre il suddetto articolo nel testo di bando di selezione per la carica di Agente di Polizia Municipale;
- l’ipotesi di rivedere il bando, da parte della stessa amministrazione comunale, alla luce di quanto espresso da alcune organizzazioni sindacali rappresentative delle lavoratrici e dei lavoratori del settore, in quanto il capoverso di cui all’articolo 10 potrebbe essere oggetto di controversie per eccezioni di illegittimità per contrasto con il secondo paragrafo di cui al preambolo.
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano
Addio Massimo Consoli padre dei gay italiani
ADDIO A MASSIMO CONSOLI, PADRE DEI GAY ITALIANI
(04/11/2007) Se ne va a sessantadue anni uno dei grandi pionieri del movimento e della coscienza omosessauli italiani. Nel 1963 a diciotto anni fondò il primo gruppo semilcandestino `La rivoluzione è verde`. La grande lezione della memoria.www.gay.tv
Roma - "Luciano Massimo Consoli ci ha lasciato alle 01:50 del 4 Novembre 2007. Per cortesia date la notizia a tutti. Lorenzo."
Arriva nella notte tra sabato e domenica, con un messaggio diffuso da suo figlio, la notizia della morte di Massimo Consoli, uno dei grandi padri fondatori del movimento LGBT italiano. Dopo una battaglia contro il cancro iniziata nel 2001, lo scrittore, storico, giornalista italiano ha ceduto al male. Le condizioni erano peggiorate nelle ultime settimane.
Ricorderemo ora e sempre Massimo Consoli per la sua grande lezione sul valore assoluto della memoria, per il suo impegno affinché la storia e lo studio di essa, ci guidino alla presa di coscienza e al raziocinio, indispensabili per l'affermazione delle libertà individuali.
La redazione