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.: Il Blog di Alessandro Rizzo
Sabato, 27 Ottobre, 2007 - 18:18

Anche le sedi sociali in pericolo

E' veramente paradossale che, se da un lato il Comune e la Giunta hanno deciso di vendere immobili pubblici per poter costituire un fondo per bisogni sociali, che ancora non ho capito quali siano quelli individuati come prioritari dalla stessa amministrazione, dall'altra alcune associazioni non lucrative, impegnate in campo culturale, sociale, assistenziale, di promozione dei diritti di integrazione, si trovino a dover forse fare i bagagli perchè le proprie sedi dove sono ospitate tutt'oggi potrebbero non essere confermate nei contratti di locazione. Spesso le associazioni si trovano a dover accettare contratti di entità anche cospicua, ma in stabili fatiscenti, spesso popolari, in estrema periferia, difficili da raggiungere, con l'onere di provvedere a riportare il locale a uno stato decente a livello estetico e strutturale. Le condizioni vengono assolutamente accolte, in quanto la ricerca di spazi per promuovere attività sociale continuativa è uno dei problemi maggiori per una realtà collettiva al momento della sua costituzione: non avere un luogo fisico dove porre tutti i documenti amministrativi, dove riunirsi, dove redarre giornalini o amministrare i siti, dove potersi confrontare, dove poter contare su un luogo visibile, spesso le stesse associazioni si trovano in scantinati che non accedono direttamente alla strada, diventa un ostacolo di non indifferente portata per il prosieguo delle attività.
Siamo in tempi in cui gli scandali a livello demaniale sugli affitti bassi e sui contratti di locazione a canone illegale coinvolgono la logica delle concessioni di immobili a terzi effettuata da alcuni anni a questa parte: oltre a questo si aggiunge il fatto per cui cercare una sede sociale diventa azione impervia a Milano e molte associazioni, anche storiche, rischiano di essere messe sulla strada senza neppure individuare una strada risolutiva utile a garantire pari opportunità di accesso a un diritto che io considero assolutamente fondamentale. Esistono facili concessioni ad ampliamenti di strutture inerenti a esercizi commerciali, a  canoni spesso non conosciuti inerenti all'accordo di contratto e di convenzione, firmata tra il Comune e le società stesse, spesso riguardanti ristoranti che progressivamente aumentano i propri spazi prospicenti per mettere altri tavolini e altre sedie in luoghi che dovrebbero essere considerati pubblici e di passaggio. Ma le associazioni non a scopo lucrativo vengono penalizzate. Questo elemento si aggiunge a un altro problema che riguarda l'attività sociale a Milano e la sua vita democratica, partecipata: parlo dell'assenza di spazi liberi di comunicazione e informazione che attanaglia diverse realtà collettive non commerciali, spesso soggette a violazioni del regolamento per le affissioni in quanto sono carenti bacheche informative e aree interattive, mi viene telenews metro, ossia la televisione in metrò, tempestata da messaggi pubblicitari, dove poter annunciare la propria voce, il proprio pensiero, rendere pubblica la propria attività, il proprio messaggio, il proprio supporto contenutistico, le campagne e quant'altro alla cittadinanza.
Viene penalizzato in questo panorama coloro che si muovono per interessi generali, spinti da esigenze politiche e sociali, culturali, fuori dal coro, magari senza alcun scopo economico, ma assolutamente promotori di iniziative utili a rendere aggregabile un tessuto collettivo. In periferia ci si lamenta dell'assenza di punti di aggregazione culturale, civile, sociale, politica: ed è vero, ma è questa la ricetta voluta dall'amministrazione? I Consigli di Zona possono sì diventare promotori di scelte che possano dare risposte a queste esigenze, magari programmando con le realtà territoriali assoicazionistiche, comitati, movimenti, luoghi da occupare liberamente, autogestire, mi vengono in mente spazi polifunzionali, con compagnie teatrali o artistiche, cinematografiche, affinchè si dia vita a modelli quali open space, gallerie aperte e partecipate, dove potersi contaminare e trovare in momenti di condivisione di esperienze e di crescita collettiva. Londra, Berlino, Parigi trovano alta presenza di questi presidi di aggregazione e di promozione sociale e culturale: Milano ne è carente. Hai i soldi? Bene potrai pensare di avere spazi enormi in luoghi raggiungibili e centrali. Non hai i soldi? Sarai penalizzato, e la tua attività non potrà avere la certezza di una continuità in futuro, scomparendo ogni possibilità di punto di riferimento fisico per poter accogliere chi con te voglia proseguire in un percorso sociale e collettivo, aumentando la capacità del tuo messaggio di farsi voce nella comunità, collettività.
Occorre invertire l'ordine di tendenza che penso sia alquanto intollerabile, se Milano vuole diventare città europea, della tolleranza, del pluralismo, della crescita dei saperi e dell'accesso a forme culturali e proposte civiche.
Occorre scrivere piattaforme civiche partecipate dove l'esigenza di luoghi e spazi possano essere corrisposti con adeguate soluzioni, invitando le associazioni affermate e radicate sui territori, ma anche quelle di neonata costituzione e fondate su scopi che sono assolutamente inquadrabili come di interesse generale, la diffusione delle arti, dell'espressione artistica giovanile, per esempio, avendo come punti di riferimento i consigli di zona che potrebbero benissimo divenire "casa civiche", dove rivolgersi per poter insieme individuare un percorso possibile e sostenibile che arricchisca e promuova il territorio all'insegna dell'aggregazione civile e sociale.

Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano