Festival “Milano: Cinque Giornate per la Nuova Musica”
Nulla in realtà. Vogliamo solo cercare di dire a che punto siamo, dove la Musica è arrivata e non in tutti i suoi generi poichè – perdonateci per questo – ma non amiamo i tuttologi ! Vogliamo solo cercare di capire cosa succede ove si Ricerca, vogliamo portare allo scoperto tutti gli ambiti di Ricerca Viva, senza censure di sorta. Un grande cordone ombelicare che vada dal centro alla periferia di Milano e viceversa, una rete unita e non divisa dalle differenze, anzi irrobustita dalle differenze stesse e dalla consapevolezza della necessità del diverso per l’accrescimento della propria ricchezza culturale.
Solidarietà con la protesta in Tibet.
Dopo le proteste dei monaci e della popolazione birmana represse nel
sangue pochi mesi fa, assistiamo di nuovo alla mobilitazione di un
popolo, quello tibetano, oppresso da cinquant’anni di vessazioni e
discriminazioni da parte della Cina. E purtroppo la risposta è ancora
brutale: carri armati per le strade, caccia all’uomo, morti e feriti,
oscuramento dell’informazione.
*Chiediamo al governo cinese le seguenti misure:*
*- *Fine immediata della repressione delle proteste pacifiche
- Ritiro dell’ultimatum ai manifestanti
- Ripresa immediata dei negoziati con i rappresentanti del Dalai Lama,
per arrivare al più presto ad una soluzione accettabile da entrambe le
parti.
*A livello internazionale chiediamo:*
- l’invio di osservatori che documentino, denuncino e fermino le
continue violazioni dei diritti umani in atto in Tibet
- la pressione sul governo cinese affinché fermi la repressione e
intavoli i negoziati.
- la minaccia di arrivare al boicottaggio delle Olimpiadi, se la Cina
non adotterà le misure richieste.
Partito Umanista
La repressione cinese in Tibet e il silenzio del Papa
La repressione cinese in Tibet e il silenzio del Papa
Mi ha molto meravigliato il silenzio del Santo Padre sulla questione tibetana e la dura repressione in atto da parte del governo cinese. Il Papa, sempre attento a tutte le questioni mondiali e pronto ad intervenire sempre e comunque, questa volta è stato zitto. Domenica all’Angelus non ha proferito parola, nonostante che fosse stato sollecitato dal Dalai Lama in persona. Ambienti Vaticani hanno giustificato questo silenzio col fatto che “non avendo in Tibet un nunzio apostolico non hanno la possibilità di verificare quello che sta avvenendo”. Giustificazione a mio avviso molto risibile e discutibile, visto che quanto sta avvenendo è documentato, in parte, dai media e riportato dai vari ambasciatori presenti sul posto. Quello che sta avvenendo in Tibet è di una gravità estrema e si vuole soffocare nel sangue le legittime aspirazioni di un popolo che da decenni insegue una sua politica di indipendenza dalla Cina e dal suo potere soffocante. Sono intervenuti diversi capi di stato e anche il nostro Governo ha fatto la sua parte seppure ancora in maniera flebile e non incisiva. Ci sono in ballo interessi economici enormi e si sta attenti a non disturbare il Governo di Pechino anche in vista delle prossime olimpiadi. Da più parti si sono levati appelli a boicottare le prossime olimpiadi: un paese che non rispetta i diritti civili e attua la pena di morte, secondo me, non è degno di ospitare i giochi olimpici.
No War Day, Denuncia e impegno
"No War Day", denuncia e impegno
L’11 settembre 2001 un attentato terroristico causò la morte di 3.000 civili, in larga parte americani. Probabilmente, lo stesso giorno, qualche altro americano moriva perché privo dell’assistenza sanitaria, qualche altro veniva ucciso da un connazionale con un’arma da fuoco, qualche altro modernamente “giustiziato”, a migliaia venivano licenziati per mantenere libero il mercato, e così via...
Larga parte della popolazione mondiale, lo stesso giorno, pativa la fame, la sete, le malattie e ne moriva... Palestinesi si armavano o si promettevano al martirio e israeliani si adoperavano per martirizzare, morendone entrambi... e così via... insomma, un giorno di ordinaria amministrazione per molti e di buoni affari per pochi.
Però, da quel giorno in poi, si fece insistente la voce che era necessaria una guerra, una guerra per porre fine a questa scocciante minaccia che è il terrorismo e vivere finalmente secondo il modello occidentale. “L’unico modello! Democratico! Libero! E in definitiva il migliore. La guerra! La risposta alle barbarie!”.
Fu così che si invase l’Afghanistan, poi l’Iraq. Nel 2004 quella guerra arrivò anche in Europa, prima a Madrid e poi a Londra. Un’Europa che ancora si domandava incredula sulla guerra dei primi anni Novanta nella ex-Jugoslavia.
Ma la buona gente non ci stava, manifestava, a milioni scesero in piazza opponendosi a questa logica dell’occhio per occhio, sapendo bene che, in definitiva, dalla violenza non nascerà mai la pace.
E allora iniziarono a cercare di convincere queste persone che ci sono guerre e guerre, tutte brutte, per carità... alcune però necessarie... E allora per darcela a bere parlarono di guerra lampo: “Ti faccio male ma smetto subito”; di guerra chirurgica: “Ti asporto il male di netto e passa tutto”... salvo poi dimenticarsi le pinze nell’addome! Guerra umanitaria! “Ora sì che abbiamo ragione di farla questa guerra!”, vogliono farci credere,...è umanitaria! “A fin di bene ti massacro, e se mi riesce ti rianimo, se poi muori, mi spiace...tanto, lo giuro”.
E ora ci parlano di armi nucleari...
Ma a chi vogliono fare paura? Ai cosiddetti “cattivi”? A chi desidera la pace per sé e per gli altri? Forse a tutti...
In questi giorni non si sente parlare che di vita. Si fa a gara a chi la difende di più. E di sicurezza... Telecamere, più polizia, più armi, pene più severe!
MA DI QUALE SICUREZZA CI PARLANO? DI QUALE VITA? LA NOSTRA O LA LORO?
Di certo con una legge elettorale come questa la loro di vita la difendono benissimo, ed è molto più sicura! La domanda è: fino a quando?
Il Partito umanista esiste dagli ‘80, e quando e dove ha potuto si è presentato alle elezioni perché nel voto si potesse esprimere un’opportunità non-violenta alla disastrosa direzione degli avvenimenti.
Piccolo partito, ci dicono... E’ vero, ma che possibilità ha di esprimersi e crescere? Soprattutto, con quelli grandi, ce la passiamo forse meglio?
Utopici. Questo, a dir la verità, ce lo dicono un po’ meno oggi...
Sanità ed educazione gratuita e di buon livello per tutti è quello che chiedevamo e chiediamo. Una democrazia partecipativa dove venga chiesto alle persone se vogliono partecipare ad una guerra o preferiscono dare un’opportunità alla pace.
Dove, in definitiva, si possa esprimere la libera scelta di ogni individuo di decidere della propria vita.
Mozione:"I Cambiamenti climatici e le politiche energetiche"
In allegato il testo della mozione sui"Cambiamenti climatici e le politiche energetiche" sottoscritta dai consiglieri di maggioranza ed opposizione.E' stata presentata al Consiglio di Zona 6 il 13 marzo u.s. dai consiglieri della Sinistra zona 6 e verrà votata al prossimo Consiglio di Zona.
PETIZIONE IN DIFESA DEL PARCO DI MONZA
PETIZIONE IN DIFESA DEL PARCO DI MONZA
Un'affermazione pericolosa e irresponsabile
Ha già una ricetta in tasca, Berlusconi, per "risolvere" i problemi di un'intera generazione e di quelle future di giovani precari. A una domanda di una ragazza durante la trasmissione TG2 Punti di Vista, riguardo a che cosa si propone per cancellare e combattere la precarietà lavorativa, che è anche precarietà esistenziale, il "Rodomonte" di Arcore risponde dicendo che sarebbe buona idea sposare un milionario, magari il proprio figlio Pierslivio. Direi che il programma è veramente interessante. Risolvere la questione drammatica di una totale incertezza sul futuro proprio e quello della propria famiglia, spesso difficile, impossibile dal crearsi, uno dei candidati alla presidenza del consiglio, auspicabile la sua sconfitta, licenzia la tragedia esistenziale con una battuta pessima indicativa della caratura irresponsabile del soggetto. Basta vincere una lotteria, oppure andare al Milionario di Scotti, oppure sposarsi, magari con sponsor vari, un ricco figlio di "buona famiglia" per poter coronare la propria speranza di vivere un futuro migliore. Come dire: o accetti la tua condizione precaria e marginale, oppure affidati alla bontà del signorotto di turno, come un Don Rodrigo brianzolo. E' una vera offesa quella che Berlusconi ha fatto non solo alla ragazza ma a tutte le ragazze e a tutti i ragazzi che vivono di stenti e di forte confusione perchè precari, senza diritti, senza garanzie, senza possibilità di autodeterminarsi come persona autonoma. E' l'espressione di chi non conosce il dramma esistenziale che ingabbia le nostre giovani generazioni in una situazione di non progressione sociale ed economica utile e funzionale a renderle indipendenti. E' l'espressione di chi minimizza una piaga sociale che vive i nostri tempi e li rende una delle epoche più incerte in materia di diritti e di garanzie, di subordinazione verso i datori di lavoro, di subalternità, di dipendenza assoluta e continuativa, di insoddisfazioni esistenziali. E' una ricetta tipica dell'opulento ricco che sbeffeggia chi fatica a raggiungere fine mese e chi fatica a trovare un'occupazione continuativa e stabile, socialmente sicura almeno: quell'opulenza che vede soluzioni solo se il potere e la ricchezza concedono motivi di riscatto fuori dalla propria vita ordinaria, dalla propria condizione vitale, dalle proprie abitudini civili, dalla propria autodeterminazione sociale. Sono preoccupato difronte a tanta irreverenza e irresponsabilità: dopo le allucinanti e gravose esternazioni di un candidato dichiaratosi fascista e fiero di esserlo nelle fila delle liste del PdL, oggi abbiamo nuove esternazioni che rivelano un'indole disumana e squallida.
Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano
Perchè il vero “voto utile” è a sinistra
Dal Messaggero studio a sorpresa: in senato più il risultato è bipartitico più vince Silvio
di Matteo Bartocci “Il Manifesto” 11 marzo’08
Sul Messaggero si tracciano 4 scenari constatando che “il controllo della camera alta non dipende solo dallo scontro diretto Berlusconi – Veltroni” ma soprattutto dal risultato delle altre forze politiche: per come è fatta la legge elettorale e per la serie storica di dati tra regioni “bianche” e “rosse” una maggioranza chiara di destra è infatti quasi impossibile.
Salvo in un caso: con i due partitoni che prendono tutto o con una sinistra perdente sotto l’8%. Prendiamo per semplicità la simulazione più “bipartitica” di tutte: prevede un testa a testa Pd-PdL (39,4% contro il 42,4%) e una sconfitta pesante sia per Bertinotti che per Casini (entrambi sotto il 6%). Ebbene, potrà sorprendere ma proprio il risultato più netto è quello che garantisce la maggioranza assoluta del senato a Berlusconi: 164 seggi al PdL contro i 138 del Pd e 2 ciascuno per Sa e Udc (in Toscana e in Sicilia). Questo perché sia nelle regioni “rosse” che in quelle “bianco-azzurre” proprio le terze forze Sa e Udc hanno l’effetto (riequilibrante) di togliere seggi al partitone perdente. Facendo le somme, in quasi tutte le regioni un successo della Sinistra toglie seggi a Berlusconi. Al sud, viceversa, un risultato dell’Udc favorisce di poco Veltroni. Non a caso la simulazione massima in cui la Sinistra raggiunge il 9,3% (21 senatori) è anche quella in cui Berlusconi prende meno seggi (154).
Dal punto di vista politico si possono trarre due conclusioni. La prima è che chiunque vinca in Senato ci saranno comunque tre opposizioni (Sa, Udc, Pd) che non si possono sommare tra loro. Ad esempio: sulle missioni estere Udc e Pd potrebbero votare con il PdL ma non la Sa.
La seconda, altrettanto importante, è che parlare di sostanziale pareggio non vuol dire altro che preparare uno scenario in cui Pd e PdL da soli controllano 311 seggi su 315 a Palazzo Madama. Un numero forse insufficiente a dare un governo stabile ma che consente di fare riforme costituzionali senza neanche passare per il referendum confermativo. Una “grande coalizione” per le riforme del tutto inedita nella storia repubblicana.
Nel 2006 Prc, Pdci e Verdi hanno avuto più voti al senato che alla camera. Segno che una parte dell’elettorato ha voluto garantire la vittoria a Prodi con un voto “utile” sentendosi più libero sul voto di Palazzo Madama. Stavolta si vuole far credere l’esatto contrario. Ma se così avvenisse l’unico effetto concreto sarebbe di consegnare il paese a Berlusconi. Se il 30% di elettori è ancora indeciso è ora che la Sinistra Arcobaleno provi a spiegare, anche con i numeri, che l’unico voto utile contro Berlusconi è il suo.
Ma Milano è veramente informatizzata?
Buona idea. Sì buona idea è quella del Comune di aprire una casella di posta elettronica per ogni cittadina e ogni cittadino di età maggiore ai 15 anni sul sito del Comune: casella dove mandare le comunicazioni importanti che riguardano il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadinanza. Si risparmierà in termini di carte con bolli autenticate, inviate con ricevuta di ritorno, raccomandate varie, che temporeggiano nell'essere recapitate e che consumano dispendiosamente carta, appunto.
Ma alcune domande nascono spontaneamente. Innanzitutto come ogni passo che viene visto come eccezionale e senza precedenti si parte sempre da dove si dovrebbe concludere un progetto organico di informatizzazione della comunicazione amministrativa e pubblica.
Mi riferisco a diverse questioni che, ancora, a Milano non trovano soluzione, portando Milano a essere non la prima città che adotta un'informazione digitale e basandosi sulla rete tra Comune e cittadinanza, ma l'ultima in classifica per quanto concerne l'utilizzo di "open source", il sistema operativo e programmatico che consentirebbe chiaramente di decurtare costi ingenti che ogni anno incombono sulla pubblica amministrazione in termini di rinnovo delle licenze dei sistemi operativi, dei software. Proprio ieri si è discusso in commissione tempo libero, in consiglio di zona, di promuovere un seminario/work shop in consiglio sull'utilizzo di Linux e di Open Source come metodi attivi per garantire la programmazione in rete dei sistemi di base e dei software. Io avevo presentato una mozione, recepita all'unanimità, ripeto unanimità, da tutte e da tutti i consiglieri per avviare almeno partendo dal settore decentramento zona 4 sistemi operativi Open Source, OOSS. Non ho avuto nessun tipo di risposta politica chiara e decisiva in merito: tant'è che qualche settimana fa in consiglio ho fatto un'interrogazione a riguardo, senza avere riscontri ancora.
Ma già si parla di dotare ogni persona che richiedesse una casella di posta elettronica sul sito del Comune per informarla delle procedure burocratiche che ineriscono le varie pratiche, fino ad arvviare al tema delle iniziative comunali, degli spettacoli che offre la città, della viabilità addirittura. Ripeto ottima idea, ma peccato che manchino alcune fondamenta che possano dotare la città di un vero servizio efficente e razionalizzato di informatizzazione e di calibratura della rete. Parlo anche di wireless: a che punto è la delibera nella sua fase esecutiva, approvata dal Comune di Milano, e, per inciso anche dal consiglio di zona 4, sempre su mia proposta di mozione, in riferimento all'esperienza di Buccinasco, che aveva da tempo avviato questa diffusione sul territorio, dai parchi alle scuole, dalle biblioteche alle fermate degli autobus, dai musei alle palestre? Un sistema di connessione veloce e non dispendioso potrebbe realmente dotare la cittadinanza di un utile strumento per utilizzare la rete e internet. Per tutte e per tutti, indistintamente.
E che dire, infine, di attivare anche a Milano col patrocinio e il contributo attivo del Comune, conference e meeting che definiscano quale è la situazione in cui si trova la diffusione di internet e della rete, in campo economico, amministrativo, sociale, civile, aziendale, imprenditoriale, universitario, formativo, come è esempio "State of the net" promosso dalla Regione Friuli Venezia Giulia, oppure seminari, workshop, open space, laboratori dove domanda e offerta si incontrano e si comprendono, interessandosi dell'obiettivo principale, la costruzione di un progressivo sviluppo della rete e dell'utilizzo dell'informatica come democratico livello di confronto e di partecipazione civica.
Ci sono ancora punti da evadere se si vuole, poi, parlare di diffusione della rete come metodo di confronto e di comunicazione tra cittadinanza e pubblica amministrazione.
Saremo la prima città per avviare un progetto di questo tipo, ma chiaramente siamo molto lontani dai parametri e dagli obiettivi europei riguardanti le macro proposte di diffusione della rete, parlo di Berlino, di Parigi e di Londra. Nelle biblioteche, luogo dove ampiamente si utilizza la rete, per studiare, per ricercare libri e pubblicazioni utili agli approfondimenti che le studentesse e gli studenti cercano, ancora wireless non è arrivato. Così come in molte scuole, in molti centri civic, in molti musei, spazi che potrebbero dare opportunità ai visitator* di sedersi in angoli dotati di panchine o di comode poltroncine sobrie per documentarsi e per studiare con più attenzione particolari che ineriscono l'oggetto della mostra allestita. Cosa attendiamo?
Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano
«Così concilio Chavez e la City E ora sogno la rivoluzione verde»
La riduzione delle emissioni, il lavoro, il multiculturalismo e il declino degli Usa. Intervista a tutto campo con il carismatico leader laburista inglese. Che guarda a Cuba, al Venezuela e soprattutto alla Cina. Apre alle imprese «etiche» e bacchetta i no global Chavez ci vende il petrolio per i nostri autobus a 20 milioni di dollari in meno l'anno e noi usiamo i soldi che risparmiamo per ridurre della metà le tariffe C'è bisogno di una Tobin tax e io, sindaco, dovrei avere il potere di redistribui
E come si genera?
Ah... beh, continuando instancabilmente a parlare di queste cose. Bisogna acquistare consenso, spingere tutto in avanti. Vedo almeno un ministro alla settimana e lo faccio da sei anni e mezzo. Sì fanno progressi dolorosamente lenti, e di tanto in tanto si torna indietro, magari perché uno di questi ministri ti dice che serve un'altra pista a Heathrow.
La tua priorità ora paiono essere i cambiamenti climatici.
Sì, ma se non riusciremo a ridurre le emissioni di carbonio sarà una catastrofe. I capitalisti più sensibili riconoscono il problema. Al tempo del Greater london council (Glc), l'arena politica internazionale rispecchiava la divisione di classe nella società e le imprese avevano totalmente aderito al Thatcher-pensiero. Ma le grandi imprese adesso sono un alleato forte su tutta una serie di questioni, dai cambiamenti climatici al miglioramento della specializzazione della forza lavoro, all'investimento nei trasporti pubblici. Non sono più loro il nemico, sono i comuni (sia quelli in mano ai laburisti che quelli guidati da conservatori e liberali). E poi c'è il governo, che è terrorizzato da quello che potrebbe dire il Daily Mail.
Parli molto di rendere Londra una città globale sostenibile. Quando eravamo nel Glc ci preoccupavamo di evitare che Londra diventasse thatcheriana. C'è qualcosa di equivalente oggi?
Allora stavamo promuovendo una strategia economica alternativa. E avevamo anche un piano per ridurre il numero di abitanti da 8 milioni e mezzo a 6. Ma le cose sono andate al contrario. Adesso bisogna lottare per contenere il più possibile la crescita di Londra. La densità immobiliare è aumentata del 300% per ettaro in quattro anni. E dato che la maggioranza della popolazione mondiale oggi vive in città bisogna trovare il modo di farle funzionare in maniera sostenibile. Poi c'è la questione della struttura. Nel Glc abbiamo fatto il possibile per impedire il declino dell'industria manifatturiera e nulla per incoraggiare business e finanza, ma quella battaglia è stata completamente persa. I servizi commerciali e finanziari sono raddoppiati e rappresentano oltre un terzo dei posti di lavoro a Londra, mentre l'industria è scesa a 300mila posti e sta ancora calando. La situazione che abbiamo di fronte certamente non è quella che avremmo scelto. A produrla è stato il big bang della Thatcher.
Finora le cose su cui ti sei concentrato sono la City e i cambiamenti climatici. Quando parli di Londra come città globale, cosa intendi?
Beh, mi pare chiaro che Londra si sia avvicinata a città come New York.
In che termini?
In termini di servizi finanziari e commerciali, ma anche di come viene percepita dal resto del mondo. Qui succedono tante cose, sempre più giovani scelgono di trasferirsi qui anziché a New York. E l'altro grande cambiamento è che la popolazione nera e asiatica è raddoppiata dai tempi del Glc. Quindi siamo di fronte a una città che è certo la capitale della Gran Bretagna ma che a tutti gli effetti è una città globale.
Nel senso di avere tutto il mondo in una sola città...
Sì. A Londra si parlano 300 lingue, a New York 200. Il grande vantaggio che abbiamo rispetto ad altre città miste è che le etnie e i luoghi qui si mescolano meglio. Una persona su venti qui è di etnia mista, ma non è così a New York. Perciò queste idee di scontro di civiltà e terrorismo globale non hanno alcun senso.
Il multiculturalismo di cui parli è diverso da quello americano...
Sì, negli Usa si tratta di condividere i valori americani, e quindi i cittadini sono definiti come italo-americani, messico-americani. Noi qui diciamo invece che questa è una città in cui ognuno mantiene la propria identità ma partecipa alla città. Nel mondo ci sono oggi diverse importanti culture e nessuna di queste potrà prevalere sul lungo periodo. Devono imparare a coesistere. Se guardiamo al tasso di crescita della Cina, è chiaro che fra dieci o vent'anni supererà gli Usa, il che sarà uno shock devastante per la psiche americana. E' per questo che sono a favore degli stati uniti d'Europa: sarebbe bello esserci.
In questo senso sei esplicitamente contrario all'egemonia Usa...
Sono contro qualunque egemonia. In questo momento abbiamo la possibilità che il mondo decida che cosa gli piace delle varie culture, che la gente scelga quali pezzi delle culture degli altri ignorare e quali invece adottare, far propri.
Nonostante tutto Londra è ancora il luogo di produzione di un neoliberismo che ha sostenuto il Washington consensus e ha prodotto ogni sorta di disastri e ingiustizie in giro per il mondo. Tu sei abbastanza esplicitamente contrario al neoliberismo e lo hai detto, eppure questo è il cuore del London Plan. Non voglio che tu riconcili queste cose, vorrei che mi dicessi come usi le due cose insieme...
All'interno di quello che tu chiami neoliberismo c'è il brutto e il bello. Voglio dire, c'è la negazione dei cambiamenti climatici, ma ci sono anche Bp e ora Shell che dicono che qualcosa va fatto. Questo per dire che le contraddizioni sono molte. Non è un complesso militare-industriale, non sono Bush, Cheney e Halliburton che dominano tutto questo.
Dunque ci sono contraddizioni o brecce nel sistema con le quali puoi lavorare...
Sì. Ma dovresti davvero parlare con i manager delle grandi imprese per chiedere perché lavorano con me. Io ho il cruccio di dover avere a che fare con istituzioni come le grandi banche che sono responsabili di problemi come l'enorme debito. Ma le banche devono avere a che fare con me.
Ok, ma questo significa che continui a sostenere la City e il suo corollario di industrie di servizi, che le chiami o meno neoliberiste...
Beh, sostengo ancora che bisogna avere una Tobin tax e che io dovrei avere il potere di redistribuire ricchezza togliendola ai super ricchi di Londra.
Ecco cosa volevo sapere. Perché l'altro problema è che Londra sta diventando anche la capitale dell'ineguaglianza e questo ha un'enorme ricaduta sulle politiche per la casa...
Sì. Ma questo non dipende dalle grandi imprese, questo dipende dal governo Labour. E' abbastanza chiaro che a Londra i guadagni lordi di quella piccola élite sono così fuori dai limiti che si potrebbero ricavare un bel po' di tasse.
E allora perché non battersi per questo?
Non vedo alternative. Non c'è possibilità che questo governo, o Gordon Brown, mi diano il potere di redistribuire la ricchezza a Londra. Così sono legato a un sistema fiscale molto meno progressista di quello che avevo al Glc, che era fantastico.
Allora al governo stai dicendo che bisognerebbe tassare i ricchi?
Certo. Ma non spreco il fiato a cercare di convincere Gordon Brown. Però se non avessi una strategia così centrata sulla finanza non potresti redistribuire qualcosa?
E su cosa dovrebbe essere centrata? Dovrei ricostruire l'industria? Questo non è il mondo che crei, questo è il mondo in cui sei.
Ma aumenta l'ineguaglianza.
Sì. Ma dato che la finanza oggi è la fonte maggiore e più importante di posti di lavoro a Londra, allora non possiamo dire che l'abbandoniamo, perché naturalmente questo ci porterebbe ad una catastrofica recessione. Quindi è un problema. Si fa il possibile per ricostruire l'industria nel settore creativo. Ma alla fine siamo ingabbiati in quella struttura.
Questo è il punto...
Lo so, ma a New York è uguale. La cosa interessante è stata anche che New York e Londra sono cresciute diventando virtualmente il riflesso una dell'altra in termini di struttura del lavoro. Entrambe sono città in cui la popolazione sta crescendo, entrambe sono città varie, entrambe sono città che in termini culturali non hanno quasi nulla in comune con il resto del paese. Ed entrambe sono al centro dell'amministrazione dell'economia globalizzata.
Esattamente.
Beh, datemi poteri dittatoriali e saremo in grado di fare qualcosa su questo. Se si facesse qualcosa a Londra, la finanza si sposterebbe semplicemente a Parigi o Shanghai. Bisogna costruire strutture globali di progressisti, laburisti e verdi per affrontare il problema. Se improvvisamente il governo Labour mi desse la libertà di gestire l'intera faccenda e io rimettersi mano al sistema fiscale, la finanza si trasferirebbe in un altro posto. Ma, fortunatamente per noi, avrebbero dei problemi a spostarsi in altre parti d'Europa. Ma non è solo una questione di che cosa fa la sinistra. Adesso abbiamo Bill Gates che dice "ho guadagnato 35 milioni di sterline e non posso spenderli, dovrò realizzare qualcosa di progressista con questi soldi". E Warren Buffet ha praticamente detto la stessa cosa. C'è Clinton che corre di qua e di là per convincere le ditte a donare medicinali e strumentazioni mediche economiche al terzo mondo.
Fanno qualcosa di diverso da te, però. Fanno cose per cercare di evitare che i problemi appaiano così gravi, mentre quello che tu ti proponi di fare è cercare di cambiare il funzionamento delle cose. Non solo esercizi ginnici.
No, ma neanche quello che stanno facendo Gates, Buffet e Clinton a proposito dei cambiamenti climatici. La Fondazione Clinton sta davvero spingendo su questa questione. Clinton sta negoziando con grandi compagnie la possibilità di passare alla produzione di semafori a risparmio energetico. L'idea è assicurare che Chicago, New York, Londra e Los Angeles li comprino e magari pure Parigi e Berlino, e perciò il prezzo si abbasserà così da avere un effetto a lungo termini. Questo genere di cose è molto interessante. Durante la guerra fredda, sia che ci si schierasse con l'Urss che con gli Stati uniti, quasi ogni questione politica interna rifletteva gli stessi schieramenti. Ma adesso non è così semplice.
Tu hai fatto certamente parecchio in termini di relazioni globali, hai già detto che hai molte iniziative in piedi con Cuba, la Cina, la Russia, il Venezuela. Puoi dirci qualcosa in più?
In tutto questo la questione centrale è quella cinese. La cosa interessante della Cina è che, nonostante abbia adottato la sua forma di capitalismo, in realtà non è un semplice capitalismo. La nostra opinione iniziale che avremmo avuto un legame da città a città con Shanghai ben presto è stata cancellata quando ci siamo resi conto che tutte le più grandi decisioni globali ottengono ancora il via libera dalla macchina del partito a Pechino. E in ogni nostra trattativa con la leadership del Partito comunista cinese abbiamo visto che sono sinceramente orgogliosi di aver sollevato 200 o 400 milioni di persone dalla povertà.
Qual è il ruolo di Londra allora?
Il ruolo di Londra è quello di fare il possibile per incoraggiare legami tra quello che sta emergendo in Cina e in India, le forze progressiste dell'occidente, le forze progressiste del sud America e via dicendo.
Ok, dimmi ora un po' di Chavez. Che succede?
Chavez è consapevole del fatto che non possiamo redistribuire ricchezza. Così ci vende il petrolio per i nostri autobus a 20 milioni di dollari in meno l'anno e noi usiamo i soldi che risparmiamo per ridurre della metà le tariffe sugli autobus in modo che tutti ne possano usufruire.
Da una parte ti allei con Chavez, dall'altra vai a Davos.
Ci vado per parlare di cosa possiamo fare sui cambiamenti climatici.
Che ne pensi del movimento no global? Hai sostenuto il social forum.
Si, ma bisogna isolare i violenti. Non penso che siano tutti provocatori, ma dal collasso del comunismo è nata una generazione di giovani arrabbiati che sono cresciuti senza l'esperienza all'interno di organizzazioni comuniste o trotzkiste o nel sindacato. E poiché non sono stati addestrati nel marxismo e non hanno imparato da gente che gli ha spiegato che questa è una lotta lunga una vita, si sono arrabbiati e sono usciti a spaccare vetrine. Mi dispiace, ma questa gente è un lusso che non possiamo permetterci. Non lascio che un venticinquenne arrabbiato che fra vent'anni sarà un bancario senza scrupoli e si sarà dimenticato tutto mi faccia venire rimorsi. Ho investito la mia intera vita adulta nel cercare di portare avanti la causa socialista.