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.: Il Blog di Donatella Elvira Camatta
Lunedì, 18 Settembre, 2006 - 17:48

Ladri di bambini a Baghdad

 Una nuova inchiesta di RAINEWS24
A partire da domani 15 settembre, sul canale All-news della RAI, RAINEWS24 (via satellite e in digitale terrestre) e in replica anche su RAITRE, un'altra testimonianza di quelle "nascoste" nella difficile e ingarbugliata storia dell'Iraq.
14 settembre 2006
"A due ragazzi iracheni, di soli 10 e 11 anni, sono stati prelevati i reni. Sono casi accertati perché i genitori di questi bambini sono venuti nel nostro centro. Vi sono anche dei casi dei bambini che sono stati salvati perché gli stessi rapitori erano in contatto con un medico privato e hanno curato le ferite dei bambini dopo le operazioni di prelievo degli organi. Ad un bambino sono stati prelevati gli occhi e per far andare in porto un'operazione del genere necessariamente vi è coinvolto uno specialista."
Alhan Tarik - I.I.W.O. Indipendent Iraqi Woman Organization

"Ladri di bambini a Baghdad" di Flaviano Masella, la prima della nuova serie di inchieste curate da Maurizio Torrealta per il canale all news della RAI, porta alla luce un'altra crisi umanitaria invisibile: un commercio di bambini che colpisce soprattutto Baghdad, un città già tanto tormentata da lasciare nell'ombra questa piaga. Sono almeno 5 ogni settimana i bambini che spariscono ma questo numero potrebbe essere molto più alto perché le ONG locali irachene non hanno statistiche sull'intero Paese.

Secondo ricercatori locali i bambini iracheni vengono venduti anche in Europa in particolare in Olanda e in Gran Bretagna attraverso i paesi limitrofi e ci sono organizzazioni internazionali che operano in collaborazione con basisti locali. E' facile procurarsi dei documenti falsi in Iraq in questo momento per far uscire i bambini dal paese. Molte famiglie che non possono avere bambini guardano con interesse all'Iraq e all'Afghanistan perché è un mercato poco costoso. Anche l'Unicef conferma questo vero e proprio commercio di bambini che sarebbe diretto anche verso l'Europa.

L'inchiesta "Ladri di bambini a Baghdad", di Flaviano Masella a cura di Maurizio Torrealta, andrà in onda venerdì 15 settembre alle ore 6.12 su Rainews24 e in chiaro su RAITRE.

E in replica: venerdi ore: 13.12, 21.25; sabato ore: 2.12, 7.12, 8.42, 11.12, 17.12, 23.42; domenica ore: 4.12, 8.12, 13.42, 17.42; lunedi ore: 1.12, 5.42, 11.42, 23.12; martedì ore: 2.42, 9.42, 15.42; mercoledi ore: 4.42, 12.12, 20.58; giovedi ore: 1.42, 10.42, 14.12

Inoltre l'inchiesta è visibile anche in lingua inglese e in arabo sul sito www.rainews24.rai.it <http://www.rainews24.rai.it>

Venerdì, 15 Settembre, 2006 - 15:28

La rete Caschi Bianchi

COMUNICATO STAMPA - 14/09/2006

La Rete Caschi Bianchi (coordinamento degli enti: Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Caritas Italiana, Volontari nel Mondo FOCSIV e GAVCI) impegnata da anni con gli obiettori di coscienza ieri e con i giovani in Servizio Civile Volontario oggi in missioni all’estero di promozione della pace, dei diritti umani, dello sviluppo e della cooperazione fra i popoli esprime soddisfazione per la proposta della Vice Ministra alla Cooperazione Patrizia Sentinelli al Tavolo per la ricostruzione del Libano in ordine alla costituzione di una forza civile di pace che favorisca il processo di ricostruzione e la soluzione nonviolenta del conflitto. Da anni la Rete, con l’impegno sul campo di obiettori di coscienza e di volontari, sollecita le istituzioni italiane a raccogliere la risoluzione 49/138/B ed i ripetuti appelli dell’ONU a partire dal 1994 in poi per la costituzione di contingenti nazionali di Caschi Bianchi.

Al fine di contribuire alla definizione del profilo e del ruolo di una simile presenza, la Rete è disponibile a mettere al servizio delle popolazione Libanese e della ricostruzione della pace l’esperienza maturata in oltre 30 paesi in quasi dieci anni di progetti di servizio civile all’estero ( ricordiamo i progetti realizzati e in corso nei Balcani, in Cile, in Bolivia, in Ecuador, in Guatemala, Hounduras, in Chiapas, in Kenya, in Turchia, in Palestina, in Congo e Ruanda).

I progetti degli enti membri del coordinamento mirano ad essere percorsi di prevenzione sociale dei conflitti per la costruzione/ricostruzione di processi di riconciliazione e di pace con strumenti e metodi nonviolenti attraverso progetti di cooperazione internazionale e interventi di carattere socio umanitario. A partire da questa esperienza, alla Rete preme sottolineare alcuni principi essenziali a cui a suo avviso una simile presenza civile dovrebbe ispirarsi.

  • Essere consapevoli che la riconciliazione è un processo di medio/lungo termine che necessita del coinvolgimento e dell’accompagnamento dal basso della società civile.

  • Promuovere una strategia di facilitazione della riconciliazione che si concretizza trasversalmente attraverso tutti gli interventi di assistenza umanitaria, ricostruzione, riabilitazione e sviluppo.

  • Valorizzare e facilitare tutte quelle componenti della società civile locali impegnate nella promozione dei diritti umani e del dialogo.

  • Partire dalla promozione delle fasce più deboli della popolazione in modo neutrale, imparziale e non discriminante rispetto alle varie componenti etniche e religiose della società civile.

  • Essere una presenza distinta e autonoma dalle forze armate libanesi e internazionali.

  • Essere presenza di monitoraggio, tutela, promozione dei diritti umani.

La Rete inoltre ritiene che la costituzione del contingente poc’anzi citato coinvolga anche le istituzioni responsabili per il Servizio Civile Nazionale al fine di studiare le modalità e le possibilità concrete di sperimentazione anche di progetti di servizio civile.

L’intervento di giovani in servizio civile volontario, seppur in un contesto difficile e complesso come quello del Libano, può essere elemento significativo di riconciliazione dal basso, cooperazione, aiuto e sostegno alla società civile locale impegnata nella ricostruzione del dialogo. Per i giovani questa esperienza risulterà preziosa per la loro crescita e formazione, di cittadini attivi e solidali con le realtà di disagio e povertà presenti sia in Italia che all’estero.

Don Vittorio Nozza, CARITAS ITALIANA

Sergio Marelli, Volontari nel mondo- FOCSIV

Don Oreste Benzi, ASSOCIAZIONE COMUNITA’ PAPA GIOVANNI XXIII

Padre Angelo Cavagna, GAVCI

Per informazioni: 347 8448791

 
Venerdì, 15 Settembre, 2006 - 14:00

Permesso di soggiorno....

Mourad Akhay

Mourad.jpg

Mourad Akhay si butta nell’Arno lo scorso dicembre per salvare un ragazzo italiano con disturbi mentali. Mourad è marocchino e lavora in nero come ambulante al Mercato Multietnico di Firenze. Il sindaco di Firenze, stupito dal coraggio di Mourad nello sfidare terribili malattie infettive tuffandosi nella cloaca che attraversa Firenze, gli chiede di esprimere un desiderio. Quello che desidera più di ogni altra cosa. Un po’ come nelle favole. Mourad esprime il suo desiderio: un permesso di soggiorno che gli consenta di lavorare in Italia. Domenici promette. In marzo Mourad, non ricevendo notizie dal sindaco, gli scrive una lettera in occasione del “Decreto Flussi 2006” per gli stranieri chiedendo l’inoltro di una domanda al governo per la sua permanenza in Italia per motivi di lavoro. Nessuna risposta.
Nove mesi dopo Mourad è sempre in Italia, è sempre vicino all’Arno in caso di bisogno, è sempre ambulante, è sempre in nero. Domenici è sempre sindaco. Una storia a lieto fine. Domenici per evitare altre imbarazzanti manifestazioni di riconoscimento nei confronti di Mourad, o di altri marocchini dediti al salvataggio, ha allestito, vicino al Ponte Vecchio, un allevamento di cani Terranova da usare in caso di necessità. Salvano le persone, ma poi non chiedono nulla, tranne qualche osso. Al posto del permesso di soggiorno gli basta una medaglietta.

Domenici,
lei dovrebbe incentivare i salvataggi in Arno. Inizi quindi a mantenere la parola data. Poi, con un’apposita ordinanza comunale, ufficializzi le ricompense per gli extracomunitari dediti al salvataggio. Un salvataggio, un permesso di soggiorno. Due, la cittadinanza. Tre, un lavoro da bagnino.
Pensi a che responsabilità si sta assumendo se nessun clandestino, per protesta nei suoi confronti, si buttasse più in Arno per motivi umanitari. A Mourad per ora la carta d’identità onoraria la dà il blog, a nome di molti italiani”.
Beppe Grillo

Giovedì, 14 Settembre, 2006 - 13:56

Pertecipazione al Forum di Milano

 

 

Scopo del Forum di Milano e di quello europeo di Lisbona è favorire 
l'interscambio di esperienze, la discussione, l'incontro delle
diversità e
la definizione di eventuali proposte e attività comuni tra quanti
lavorano
per la pace, la nonviolenza, i diritti umani e il superamento di ogni
forma
di discriminazione.

Tutto questo sarà possibile se si valorizzeranno le diversità e allo
stesso
tempo si metterà in risalto ciò che abbiamo in comune, unendo le forze
e
ispirandoci a vicenda: un tentativo in più perché l'incontro delle
diversità
si converta in progetto e in pressione su coloro che oggi decidono il
destino di tutti.

Il 16 e 17 settembre si svolgerà presso l'Istituto Tecnico Ettore Conti
-
Piazza Zavattari, 3 il primo forum Umanista di Milano.

Scopo del forum è favorire l'interscambio di esperienze, la
discussione,
l'incontro delle diversità e la definizione di eventuali proposte e
attività
comuni tra quanti lavorano per la pace, la nonviolenza, i diritti umani
e il
superamento di ogni forma di discriminazione.

Tutto questo sarà possibile se si valorizzeranno le diversità e allo
stesso
tempo si metterà in risalto ciò che abbiamo in comune, unendo le forze
e
ispirandoci a vicenda: un tentativo in più perché l'incontro delle
diversità
si converta in progetto e in pressione su coloro che oggi decidono il
destino di tutti.


Il programma del Forum prevede le seguenti aree tematiche:

* Economie solidali
* Educazione
* Immigrazione
* Dialogo tra le culture
* Reciprocità e auto-organizzazione nella cooperazione
internazionale
* Pace e nonviolenza
* Precariato
* Informazione
* Spiritualità
* Questioni GLBT
* Ambiente
* Sanità
* Area artistica
* Laboratorio di educazione alla nonviolenza nelle scuole
* Laboratorio di fotografia sociale
* Menti Mediaticamente Modificate
* Fronte studentesco e attività universitarie

E inoltre:

* Laboratorio di educazione alla nonviolenza nelle scuole
* Laboratorio di fotografia sociale
* Rappresentazioni teatrali
* Seminari, conferenze, dibattiti su temi di attualità, mostre,
proiezione di film e video, eventi artistici e tutti i contributi che
singoli e organizzazioni vorranno dare.

Siete tutti invitati a Pertecipare attivamente o per curiosità

Iscrizione  e  inf. su  sito

www.forumumanista.org




 RingraziandoVi  tutti  un  grande  abbraccio  e forza

Donatella  Camatta 

Martedì, 12 Settembre, 2006 - 12:54

Gli orchi e i ciechi

statua_cimitero.jpg

Nelle città, intorno a noi, esiste un mondo separato. Un mondo di orchi, di ciechi, di vittime. Gli orchi sono squallidi delinquenti che sfruttano i bambini. I ciechi siamo noi. Noi quando ci voltiamo dall’altra parte. Le vittime sono bambini di cinque/otto/dieci anni che chiedono l’elemosina ai semafori. O nelle metropolitane suonando un violino e vergognandosi di chiedere la carità abbassando gli occhi. Bambini picchiati se non raccolgono qualche centinaio di euro al giorno. Bambini costretti al furto. Importati in Italia per prostituirsi pubblicamente in strada.
Una volta, alla vista di un bambino solo, in difficoltà, lo si prendeva per mano. Gli si chiedeva il nome. Lo si accompagnava dai vigili, alla polizia, in chiesa. Gli si offriva una caramella, un gelato, una carezza.
Tra i ciechi e i delinquenti c’è una differenza sottile, sempre più sottile. Impalpabile.
A Milano, davanti a un cimitero, quello di Musocco, i bambini dell’Est sono merce a buon mercato. Dai 20 ai 100 euro per prestazione. E’ certo merito della globalizzazione. Una volta costavano di più e si correvano maggiori rischi. Adesso è tutto più facile, più comodo. Non c’è bisogno di andare all’estero per godere dei piaceri della carne. Tra qualche anno li ordineremo da casa.
Oggi voglio fare pubblicità a un numero: il 114, per l’emergenza infanzia. Se siete testimoni di un abuso su un bambino, non voltatevi più da un’altra parte, ma telefonate al 114. Fatelo per voi, oltre che per i bambini. Vi sentirete meglio, dopo.

Beppe  Grillo 

Domenica, 10 Settembre, 2006 - 11:49

Notizie di Amir da chi sta seguendo da vicinolaSua situazione


Ciao a tutti, splendidi amici, fratelli e compagni di meravigliose avventure, sono rientrato questa notte ad Arezzo, dopo 4 giorni di intensa attività pratica ed emotiva da Milano per seguire Amir in questa assurda storia che lo vede privato della sua libertà dei suoi diritti di ESSERE UMANO.
Nonostante tutte le difficoltà ieri dopo averci sentito durante la manifestazione mi ha detto (Per telefono) “… ora credo proprio di potercela fare…”. Questo lo spirito di Amir al quale mi unisco insieme a tutti voi. Per lui, per me e per tutti noi questo è un momento intenso e importante per la nostra azione come Centro delle Culture, come Umanisti, come … ESSERI UMANI. Amir sta già parlando con i suoi compagni di reclusione all’interno del CPT, per dargli speranza e spiegare che la nostra azione non si fermerà solo al suo caso. I prossimi giorni saranno decisivi per l’iter legale e burocratico, è comunque ben assistito dall’avvocato Maria del Canto e naturalmente da tutti noi. Vi terremo aggiornati chiedendovi l’aiuto che servirà. Intanto vi comunico due cose:

  Oggi scriverò a tutti una versione ufficiale della sua storia e dei motivi per i quali si è trovato nella situazione odierna. Invito tutti ad attenersi a questi fatti e a non divulgare altre notizie che possono compromettere il suo iter legale. Il tutto sarà corredato da ampia
documentazione e prove che stiamo finendo di raccogliere.
Vi bacio tutti

Carlo

Domenica, 10 Settembre, 2006 - 11:33

Iraq.ventisette esecuzioni per terrorismo


6 settembre 2006: 27 “terroristi” sono stati giustiziati nella capitale irachena Baghdad, dopo essere stati condannati in diverse province del paese per omicidi e stupri. Lo rende noto il Governo iracheno, senza fornire ulteriori dettagli.
Sul finire dello scorso giugno, il primo ministro iracheno Nouri-al-Maliki aveva detto essere 260 le condanne capitali emesse dai tribunali iracheni negli ultimi due anni, 22 delle quali eseguite.
Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, avvenuta il 9 aprile 2003, la pena di morte in Iraq era stata sospesa dall’Autorità Provvisoria della Coalizione.
E' stata reintrodotta dopo il trasferimento di poteri alle autorità irachene, avvenuto il 28 giugno 2004.
L’8 agosto 2004, a poco più di un mese dal suo insediamento, l’allora Governo iracheno ad interim guidato da Iyad Allawi ha varato una legge che ripristina la pena di morte per omicidio, sequestro di persona, stupro e traffico di stupefacenti.
Il 4 ottobre 2005, il Parlamento iracheno ha approvato una nuova legge anti-terrorismo che prevede la pena di morte per “chiunque commetta ... atti terroristici”, così come per “chiunque istighi, prepari, finanzi e metta in condizione terroristi di commettere questo tipo di crimini”.

Sabato, 9 Settembre, 2006 - 08:19

chiesa e gay, un'altra occasione perduta

 
Due ragazzi gay vengono aggrediti e picchiati selvaggiamente da un gruppo di teppisti. La scorsa settimana, una ragazza lesbica è stata violentata “per punizione” a Torre del Lago da altri teppisti. Da diversi mesi un buon numero di omosessuali, dell’uno e dell’altro sesso, subiscono agguati e violenze.Queste violenze hanno un unico denominatore: sono rivolte verso omosessuali notori o dichiarati, e si verificano quasi sempre in luoghi d’aggregazione gay o comunque tolleranti con questi ultimi.
È il caso dei ragazzi bolognesi. Pare che la loro colpa fosse quella di passeggiare abbracciati. Non avevano, cioè, occultato la loro omosessualità. E ciò ha scatenato l’ira degli assalitori.
Non sappiamo ancora se si trattasse di italiani o – come qualcuno dice – di stranieri, forse slavi. Per chi proviene da Paesi in cui “diritti umani” è un’espressione senza senso e le donne sono disprezzate simili atti non sono crimini. Sembrano normali, in qualche caso persino lodevoli. Due maschi osano scambiarsi tenerezze in pubblico? Una donna cammina sola per strada, magari con un vestito un po’ attillato? Agli occhi di costoro sono già colpevoli; sono dei sacrileghi, che con la loro semplice esistenza sovvertono un intero mondo imperniato su valori ferrei di gerarchia, morale, possesso e dominio. Si sono posti fuori della comunità, della famiglia, del clan. Meritano, come minimo, una punizione esemplare.
Per questo in Olanda è stato avviato un progetto di accoglienza degli stranieri che preveda, fra l’altro, un’educazione al rispetto verso quelle minoranze o gruppi di persone che, nei luoghi d’origine, sono condannati addirittura per legge. Ma a questo punto sorge spontanea una domanda: gli autori di questi atti sono sempre e solo stranieri?
Non erano stranieri gli stupratori della ragazza lesbica, come non lo sono gli innumerevoli che quasi quotidianamente seviziano tante, troppe donne eterosessuali. Non erano stranieri gli assassini di Paolo Seganti.
Non sono stranieri molti nostri politici di primo piano, addirittura al governo fino a pochi mesi fa. Eppure non passava giorno, o quasi, che non indirizzassero agli omosessuali apprezzamenti pesanti, quando non veri e propri insulti e maledizioni; pensiamo ai “culattoni” di Tremaglia”, ai “froci” di Calderoli, ai “peccatori” di Buttiglione per finire con l’ineguagliabile “meglio fascista che frocio” di Alessandra Mussolini.
La Lega Nord ha incentrato la sua campagna elettorale sullo slogan [I]“No ai matrimoni omosessuali”[/I]. Dalle pagine della “Padania” si leggeva che con la sinistra al governo la società naturale e occidentale sarebbe scomparsa a causa dell’approvazione dei matrimoni gay; profezia che [I]“ognun può vedere come si sia avverata”[/I].
Sempre in quel periodo Comunione e Liberazione diffondeva volantini sullo stesso tenore, esortando “per questo” a votare Berlusconi. Ancora al Meeting di Rimini hanno fischiato sonoramente la senatrice Binetti, che pure ce l’aveva messa tutta per ingiuriare i gay (definendoli sterili, senza diritti all’amore ecc.) e hanno osannato l’ex-presidente del Consiglio quando si profondeva in lodi sperticate del cristianesimo e della famiglia. Ma il caso dei ciellini non deve stupire. Chi obiettasse che Berlusconi per tanti, troppi versi è tutto tranne che cristiano  dovrebbe tener presente che, per Cl, basta non essere di sinistra e non amare gli omosessuali. Rispettate queste due irrinunciabili condizioni sono disposti a dare il loro placet a chiunque, da sempre.
Come si vede, il pretesto del “barbaro” straniero (o meglio, extracomunitario) non regge più.Si deve riconoscere che neppure in Italia il rispetto verso le minoranze e i soggetti deboli è poi così sviluppato.
Avevamo accennato a un progetto educativo. Progetto – si badi bene – che non può interessare solo gli adulti provenienti da Paesi lontani, ma deve iniziare dall’infanzia, dai banchi di scuola. È quanto accade in Nord Europa. E da noi?
Da noi non c’è nulla di simile. Ancor oggi, dai programmi scolastici la storia delle donne è del tutto ignorata. I musulmani – spesso ancora chiamati maomettani e, non di rado, confusi con gli arabi – non vengono più menzionati da Lepanto in poi. Si riaffacciano timidamente, quando i tempi didattici lo permettono (vale a dire, quasi mai), in qualche paragrafo letto in fretta e furia nel mese di maggio, al quinto anno delle superiori. Il risultato è ovviamente nullo.
Sugli altri soggetti sociali, specialmente omosessuali, non varrebbe nemmeno la pena soffermarsi. Parlarne è un’iniziativa del tutto individuale, dell’insegnante o degli studenti che ogni tanto, stufi di essere lasciati nell’ignoranza, chiedono di incontrare quel tal rappresentante dell’Arcigay per chiarirsi un po’ le idee. Se il professore non è troppo timorato è probabile che accetti.
Con gli esempi appena citati come aspettarsi un atteggiamento più maturo e tollerante da parte di cittadini italiani? Ma non è finita. L’episodio di Bologna è stato commentato, su “Repubblica”, dal vescovo ausiliario della città, mons. Vecchi. E il presule, dopo aver puntualizzato che “i problemi non si risolvono con le violenze e le aggressioni”, ha chiarito il suo pensiero con le seguenti parole: “La nostra società… da un lato spinge alla trasgressione, dall´altro non offre gli strumenti per raggiungere la padronanza e il dominio di sé. Per affrontare questi ambiti occorre un supplemento di riflessione”. Ma al giornalista che voleva sapere se per lui l’omosessualità è una trasgressione, ha risposto in modo sibillino:
“L´omosessualità è un argomento complesso che sarebbe sbagliato discutere qui. Dico che la violenza e la trasgressione sono cugine”.
Di là da certi toni gesuitici e ambigui, la posizione di mons. Vecchi è dunque chiarissima: egli sta dalla parte degli aggressori. E quand’anche (ma non è così) li ponesse sullo stesso piano degli aggrediti, il suo sarebbe uno spaventoso errore di valutazione. Tra due ragazzi che si scambiano tenerezze in pubblico e un gruppuscolo di balordi sempre pronti a menar le mani la differenza dovrebbe balzare all’occhio, ma i ragazzi in questione erano due maschi, pertanto, secondo mons. Vecchi, non stavano manifestando reciproco affetto, ma volevano solo scandalizzare e trasgredire. Nella sua ottica, perfettamente in linea con
la Chiesa gerarchica, due omosessuali sono incapaci di amarsi, fanno solo sesso e in ogni caso dovrebbero tener nascosta - tale il vero senso di “padronanza e dominio di sé” - questa loro “ignominia”. Non facendolo, provocano fatalmente reazioni a catena. Violenza genera violenza. Ma la violenza prima è partita da quell’abbraccio. I veri fedifraghi sono loro, i due ragazzi omosessuali.
Gli apologhi dell’omofobia cattolica non si stancano di reiterare, con la sorda monotonia di un disco rotto, che la Chiesa coi suoi anatemi combatte l’omosessualità, non i singoli omosessuali. Come se esistesse l’omosessualità indipendentemente dalle persone. C’è altro, però. Di solito, per avvalorare le loro tesi menzognere, essi sono soliti citare il passo n° 10 della lettera sulla Cura pastorale delle persone omosessuali compilata nel 1986 dall’allora card. Ratzinger. E sentiamo cosa dice: “Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni”. Tutto bene, naturalmente; verrebbe allora da chiedersi perché la Chiesa, sempre molto solerte quando si tratta di stigmatizzare le “parate gay”, non sia mai (ripetiamo: mai) intervenuta a loro difesa nei casi sopra accennati. La risposta la fornisce lo stesso Ratzinger, nella seconda parte dello stesso passo 10 che, chissà come, tutti si scordano di citare. Lo faremo allora noi. Prosegue Ratzinger: “Tuttavia, la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata. Quando tale affermazione viene accolta e di conseguenza l’attività omosessuale è accettata come buona, oppure quando viene introdotta una legislazione civile per proteggere un comportamento al quale nessuno può rivendicare un qualsiasi diritto, né la Chiesa né la società nel suo complesso dovrebbero poi sorprendersi se anche altre opinioni e pratiche distorte guadagnano terreno e se i comportamenti irrazionali e violenti aumentano”. Nella stessa lettera, al passo 3, Ratzinger affermava che non solo i comportamenti, ma anche la condizione omosessuale era intrinsecamente malvagia (il testo completo in http://www.ratzinger.it/documenti/curadegliomosessuali.htm ).
Nel 1992 toccò sempre a Ratzinger redigere una seconda lettera, dopo la decisione di alcuni Stati europei di estendere agli omosessuali alcuni diritti civili. Mentre la legislazione europea si adoperava per estendere ai gay alcuni diritti civili, Ratzinger ordinava al contrario di restringerli. I diritti che ai gay si potevano, anzi si dovevano legittimamente negare, secondo lui, erano due: la casa e il lavoro. Con queste motivazioni: “…tutte le persone hanno il diritto al lavoro, all’abitazione, ecc. Nondimeno questi diritti non sono assoluti. Essi possono essere legittimamente limitati a motivo di un comportamento esterno obiettivamente disordinato. Ciò è talvolta non solo lecito ma obbligatorio, e inoltre si imporrà non solo nel caso di comportamento colpevole ma anche nel caso di azioni di persone fisicamente o mentalmente malate. Così è accettato che lo stato possa restringere l’esercizio di diritti, per esempio, nel caso di persone contagiose o mentalmente malate, allo scopo di proteggere il bene comune” (n° 12; cf. anche http://www.ratzinger.it/documenti/leggi_omosessuali.htm). Il contenuto del messaggio è incommentabile, ma ci stupisce il linguaggio da caserma, crudele e volgare, così insolito da parte di un fine intellettuale come Ratzinger. Evidentemente suo furore anti-omosessuale deve avergli fatto dimenticare non solo la prudenza, ma anche la grammatica.
Gli strali vaticani sono talmente numerosi che non riusciremmo a elencarli. Del resto, quelli su riportati bastano e avanzano. E dimostrano come, malgrado le frasi di circostanza e in barba alle scoperte più recenti della scienza, la Chiesa gerarchica continui a considerare gli omosessuali dei viziosi che offuscano la verità dell’uomo e attirano, col loro comportamento scandaloso e impudente, abusi e soperchierie d’ogni tipo. Proprio come i “malati contagiosi” di cui parlava Ratzinger col suo fiorito e caritatevole eloquio.
Mons. Vecchi ha fatto il suo dovere. Ratzinger, che nel frattempo è diventato Papa, elogerà questa sua coerenza ai dettami di Santa Madre Chiesa. Anche i criminali promossi a giustizieri ringraziano di cuore. Fra quattrocento anni un altro Papa implorerà vane e tarde scuse ai gay, ormai usciti definitivamente da quel gregge i cui pastori non mancavano di bastonarli. Quanto a noi, poveri mortali, non possiamo permetterci di aspettare nemmeno quattro anni. La teppaglia non è una compagnia di cui andar fieri.
 
Venerdì, 8 Settembre, 2006 - 13:30

Ogg ivisita al cpt...

 

CPT VIA CORELLI: PAKISTANO

RISCHIA ESPULSIONE E VITA

Oggi visita al Cpt di Rifondazione Comunista

 

 

Oggi alle 17.00 si terrà presso il CPT milanese di Via Corelli un presidio per impedire l’espulsione di Amir Karrar, cittadino pakistano trattenuto nel centro. Il gruppo consiliare regionale di Rifondazione Comunista, nell’aderire al presidio, annuncia che alle 16.00 il consigliere regionale Luciano Muhlbauer , accompagnato dal consigliere provinciale Piero Maestri , farà visita al Cpt, incontrandovi altresì il signor Karrar.

 

“I Centri di Permanenza Temporanea - afferma Luciano Muhlbauer - sono degli autentici buchi neri dove finiscono rinchiusi uomini e donne stranieri non in regola con il permesso di soggiorno, senza che fuori la cittadinanza sappia normalmente alcunché di loro. Cosa per cui un ampio arco di forze associative milanesi aveva chiesto, già nel mese di luglio, un atto di trasparenza, cioè la pubblicazione di tutti i dati relativi al Cpt di Via Corelli, senza per ora ricevere risposta.

 

Tuttavia, grazie all’impegno del Centro delle Culture di Arezzo, questa volta si è saputo di Amir Karrar, cittadino pakistano di 23 anni. Lunedì 4 settembre il signor Karrar è stato fermato dalla polizia ad Arezzo, dove viveva da due anni, e, essendo privo di permesso di soggiorno, è stato fatto oggetto di provvedimento di espulsione e poi tradotto nel Cpt di Via Corelli. Nella giornata di ieri, il giudice di pace di Milano ha convalidato il trattenimento, non prendendo in considerazione gli elementi esposti dall’avvocato difensore.

 

Infatti - prosegue Muhlbauer - il signor Karrar, qualora venisse espulso verso il Pakistan, correrebbe seri rischi per la sua vita. Appartenente alla minoranza religiosa sciita e attivista studentesco, nel suo Paese era stato minacciato e poi aggredito fisicamente da parte di gruppi militanti sunniti. Considerata la violenza che in questi anni colpisce gli sciiti pakistani, egli abbandonò il paese e si recò in Svizzera, dove soggiornava regolarmente. Ma anche in Svizzera le minacce lo raggiunsero e così decise di scappare di nuovo, questa volta senza lasciare tracce e attraversando dunque clandestinamente il confine con l’Italia.

 

I legali che assistono il signor Karrar hanno già richiesto che gli venga riconosciuto lo status di rifugiato. Tuttavia, anche se il nostro ordinamento costituzionale parla chiaro, l’effetto combinato dell’assenza di una legge organica sul diritto d’asilo e dei guasti della Bossi-Fini fanno sì che il signor Karrar rischi ora il rimpatrio e dunque una sorta di condanna a morte.

 

Invitiamo pertanto le organizzazioni sociali, le forze politiche e le istituzioni - conclude Muhlbauer - a non ignorare il destino di Amir Karrar e ad attivarsi immediatamente perché venga posta fine alla sua detenzione, venga bloccata l’espulsione e, soprattutto, perché possa rimanere legalmente nel nostro paese”.

 

 

Milano, 8 settembre 2006

Giovedì, 7 Settembre, 2006 - 14:06

URGENTE....SOLO 48 ORE PER FERMARE LA SUA "CONDANNA A MORTE"

Abbiamo 48 ore per fermare la sua “condanna a morte”.

Questo è un appello per la liberazione di Amir, promosso dal Centro delle Culture.
Lunedì 4 settembre Amir K. cittadino pakistano residente da oltre 2 anni ad Arezzo, é stato fermato per accertamenti e dopo una giornata di interrogatori, è stato portato nel Centro di Permanenza Temporanea di via Corelli a Milano con un decreto di espulsione.
Amir è un ragazzo di 23 anni che da quando è in Italia è impegnato attivamente come volontario in iniziative non violente, contro la discriminazione e per l’apertura al dialogo tra le culture e le religioni (corsi di lingua per immigrati, campagna nazionale per il dialogo tra le religioni, raccolta firme per adibire aree di sepoltura ad ogni credo, promotore di un mensile multietnico, etc.).
Non essendo rientrato in nessuna sanatoria né decreto flussi, la sua attuale situazione è di clandestino.
Amir ha dovuto lasciare il proprio paese per motivi religiosi: appartiene ad una minoranza sciita e per questo è stato perseguitato e minacciato di morte (esiste un’accurata documentazione della sua situazione); solo nell’ultimo periodo, nella sua città, sono state uccise 41 persone per lo stesso motivo, quindi rimpatriarlo adesso significa condannarlo a morte.
Ci appelliamo all’art.10 della costituzione e chiediamo allo Stato italiano di dargli asilo politico per motivi religiosi.
Già oggi molti cittadini italiani amici di Amir stanno raccogliendo e sottoscrivendo migliaia di richieste per il suo asilo politico, per questo è attivo un sito su cui sottoscrivere ed aderire all’iniziativa:
www.c234.net/petizioni/amir

Venerdì 8 settembre alle ore 17,00 si terrà una manifestazione davanti al CPT di via Corelli a Milano, per dare forza a questo appello.


Invitiamo tutti i singoli cittadini, le comunità culturali e religiose, le associazioni, i partiti a partecipare e a non appoggiare la sua CONDANNA A MORTE!

Per informazioni: Niccolò Paoli Niccolò Paoli
www.c234.net/petizioni/amir


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