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Il Blog di Alessandro Rizzo | www.partecipaMi.it
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Venerdì, 16 Luglio, 2010 - 15:21

LAVORO (POCO), TRAFFICO (MOLTO) E ZERO OTTIMISMO

dal notiziario CHIAMAMILANO del 17 luglio 2010.

Cordiali saluti
Antonella FAchin

LAVORO (POCO), TRAFFICO (MOLTO) E ZERO OTTIMISMO
I risultati di un’indagine dell’Ipsos, commissionata dall’ANCI sul grado di soddisfazione dei cittadini lombardi nei confronti delle amministrazioni cittadine

Lavoro, welfare e inefficienza politica sono i tre temi che maggiormente preoccupano i cittadini lombardi.

Mercoledì 14 luglio si è svolta presso l’Urban Center in galleria Vittorio Emanuele la prima presentazione dell’Osservatorio Ipsos sulla percezione che i cittadini lombardi hanno dell’operato dei propri Comuni.

L’indagine demoscopica, commissionata dall’ANCI Lombardia, ha messo in luce come il problema maggiormente percepito, sia a livello nazionale che nella nostra regione, riguarda il lavoro, come ha dichiarato il 71% degli intervistati.
Al secondo posto la mobilità, mentre positivo è il trend sul tema sicurezza.

Secondo Attilio Fontana, Sindaco di Varese e presidente dell’ ANCI Lombardia, il monitoraggio delle opinioni dei cittadini è molto importante, oltre ad essere un utile strumento per gli amministratori e spiega che “questa ricerca, che esce in concomitanza con la manovra e l’accordo sull’autonomia fiscale dei Comuni, mostra quanto fortemente i cittadini si rispecchino nelle realtà comunali”.
Il giudizio sul lavoro dei comuni è favorevole per il 55% degli italiani (per il18% molto positivo, positivo per il 37%). Ma ci sono forti differenze tra Nord e Sud: i più soddisfatti sono nel cittadini del nord est, con il 29% di molto positivo; i più delusi si trovano nel Sud e le isole con un 27% di molto negativo.
In Lombardia i cittadini soddisfatti della propria amministrazione cittadina superano del 26% gli insoddisfatti. Ma anche qui notiamo delle differenze: la “Bassa” è la zona che apprezza maggiormente i comuni (il 24%  sono molto molto e il 48% soddisfatti).
Luca Comodo, Direttore della divisione politico-sociale dell’Ipsos ha illustrato che, in ogni caso, la Lombardia ha una media di soddisfazione più alta del dato nazionale.
Seconda emergenza per i cittadini lombardi è la mobilità: intesa nel senso più ampio del termine,  dalle infrastrutture al traffico, dai parcheggi alla manutenzione delle strade, alla qualità del trasporto pubblico.
Il 34% dei Lombardi considera prioritario questo problema e la percentuale sale al 45% se si considera la sola Provincia di Milano.
In calo invece la percezione d’insicurezza: il tema è prioritario per il 13% dei Lombardi contro il 18% del 2009. Difficile comprendere se una flessione così netta dell’allarme criminalità sia dovuta ad un aumento effettivo della sicurezza delle città o piuttosto allo scemare delle ondate mediatiche che puntualmente si gonfiano in prossimità delle elezioni.

Infine, i dati sull’ottimismo per la propria situazione personale: da gennaio a giugno di quest’anno il Nord, che partiva da un modesto ottimismo dell’8% è precipitato ad un misero 1%. Cioè solo un cittadino su cento pensa che in un prossimo futuro la propria condizione migliorerà.
Se non è crisi questa.

Fanny Papa

Venerdì, 16 Luglio, 2010 - 14:35

Referendum acqua in Lombardia: esito STREPITOSO in Lombardia!!!

Per opportuna informazione.

Cordiali saluti a tutte/i
Antonella Fachin
Consigliera di Zona 3
Lista civica "Uniti con Dario Fo per Milano"
Facebook: Antonella Fachin
--------------------------------------------
La raccolta firme per il Referendum acqua in Lombardia ha avuto un esito STREPITOSO!!!

Come potete leggere nella tabella allegata, in Lombardia sono state raccolte 230 mila firme, di queste ben 215 mila sono state certificate e quindi spedite a Roma, pari al 93% delle firme raccolte.

Questi numeri sono il risultato del lavoro capillare e instancabile dei Comitati, prima nell'organizzazione dei banchetti, poi nella certificazione dei moduli.
Un esito che fa dire dalla Lombardia (così come da tutta Italia, dove sono state raccolte in totale più di 1 milione di firme) un chiaro no alla privatizzazione dell'acqua!

Saluti,
Roberto Fumagalli (referente per la Lombardia campagna Referendum acqua)

Giovedì, 15 Luglio, 2010 - 13:00

i milanesi e le comunali 2011

Il sondaggio sugli Orientamenti dei cittadini milanesi in vista delle elezioni comunali del 2011, proposto dalla Rete Civica di Milano e realizzato da SWG, apre il confronto sulle Comunali 2011 sulla piattaforma sociale partecipaMi.it

Non poteva essere scelto un momento più opportuno visto il positivo e dispiegato risveglio di tanti milanesi orfani di una politica. Sia il Manifesto per Milano, con gli incontri che ha generato, sia l'intervento di Giuseppe Guzzetti alla presentazione del rapporto annuale dell'Abrosianeum, sia la candidatura di Giuliano Pisapia proposta con un confronto pubblico, hanno messo in luce un'ansia di partecipazione e una potenziale riserva di dignità civica ambrosiana che fanno ben sperare affinché il confronto sul governo dell'amministrazione comunale metta al centro l'interesse generale della città e dei suoi cittadini e non simulazioni e simbolicità retoriche a copertura di interessi particolari ancorché consociativi.

Il sondaggio di partecipaMi.it conferma questi segnali e ha il merito di definire alcune questioni che i milanesi ritengono cruciali e sulle quali si aspettano un confronto serio. In modo molto chiaro sgomberano il campo dalle preoccupazioni di presentare un candidato che sia diverso perché proveniente da un mondo ritenuto estraneo alla politica: pragmaticamente non ne fanno una questione di genere, di generazione o di fede religiosa, i milanesi vogliono competenza, onestà e capacità di ascolto e coinvolgimento dei cittadini, un candidato che conosca e viva Milano.

E' la città come comunità ad essere al centro delle esigenze dei cittadini, infatti tra le competenze che richiedono ad un sindaco ci sono nell'ordine il sociale, il manageriale pubblico, l'ambiente e la cultura; quelle imprenditoriali, tecnico/scientifiche e manageriali private seguono a molta distanza. Così l'attenzione all'efficienza della amministrazione, il controllo della spesa pubblica ed i servizi sociali sono i servizi cui il sindaco dovrebbe prestare maggior attenzione. Università e ricerca, sostegno a persone e famiglie in difficoltà, sicurezza, politiche per gli anziani e innovazione sono le politiche economico-sociali che i milanesi vogliono vedere.

Per le politiche ambientali, si aspettano interventi sull'inquinamento dell'aria, sulle aree dismesse e degradate, sui rifiuti e sul traffico. Queste sono questioni che riguardano il territorio, le sue funzioni e la sua qualità, ma la maggioranza dei milanesi non sa nulla del PGT, il Piano di Governo del Territorio che tanto ha impegnato le diverse anime della maggioranza e l'opposizione. La città non è stata coinvolta ed informata.

Poco più della maggioranza degli intervistati, il 54%, ritiene che il candidato sindaco andrebbe scelto attraverso le primarie. Dalle risposte degli intervistati appare molto chiara la domanda di una città capace, come nelle proprie tradizioni, di offrire a tutti una possibilità di futuro e con chiarezza e senso dei tempi i milanesi chiedono una città capace di produrre valore, impresa e lavoro a partire dall'Università e dalla Ricerca, cioè dall'economia della conoscenza retroterra della Milano della moda, del design, delle fiere e della comunicazione.

Ad un tempo, in modo molto determinato, chiedono alla politica di accompagnare la città e le sue generazioni a cogliere le sfide dell'innovazione come un'opportunità per tutti. I milanesi non vogliono essere residenti, spettatori di un teatro nel quale finanza, impresa, politici e mafie si contendono il futuro della città. Gli orientamenti esprimono cittadini che vogliono abitare la propria città in condizioni di qualità sociale ed ambientale, che vogliono farlo assieme come comunità e chiedono al sindaco, alla politica, di essere coinvolti ed ascoltati cioè forme di partecipazione informata.

Per questo si aspettano un'amministrazione comunale organizzata al fine di rispondere insieme a queste esigenze. Gli orientamenti espressi rivelano una riserva di intelligenza e di disponibilità dei milanesi ad essere di nuovo un'opinione pubblica avvertita e partecipe che non può essere ridotta ad un ruolo di spettatori che, attraverso stampa e televisione, vedono affacciarsi i diversi candidati. Non dimentichiamoci che nelle ultime tornate elettorali, provinciali e regionali, pur a fronte di candidati che competevano con grandi investimenti in comunicazione e presenza mediatica, i milanesi hanno dato vita ad una nuova "maggioranza silenziosa": quella degli astensionisti.

Nella città capitale dell'associazionismo e del volontariato, quindi di un investimento di tempo e di energie gratuito da parte di moltissimi, questo astensionismo non rivela ancora, fortunatamente, un disimpegno dall'interesse alla cosa pubblica e ad un urbanesimo di qualità. Solo un anno fa, il Prefetto aveva minimizzato la questione del crimine organizzato e il consiglio comunale non aveva costituito una commissione apposita in vista dell'EXPO, mentre oggi i milanesi assistono sgomenti ad una presenza organizzata ed ad una relazione con i politici e a un controllo sociale del territorio metropolitano che pensavano ci fossero solo nella Locride.

Bene, la disponibilità a reagire rivelata dagli orientamenti espressi chiede alle persone di buona volontà di costruire processi partecipati di confronto sulle questioni concrete che riguardano Milano e il suo futuro. Io credo che le piattaforme sociali digitali possano essere uno strumento coerente e funzionale a questo processo e costituiscano una dimensione propedeutica ed intrecciata con le occasioni di incontro e di confronto. Questa città si salverà dal baratro del malaffare solo se parteciperà tutta, non se farà da spettatrice anche al confronto più avvincente. In questo senso i 5 referendum per Milano (traffico, verde, Navigli, Expo senza speculazioni immobiliari, sviluppo delle energie rinnovabili) e le osservazioni al PGT costituiscono dei momenti di confronto e di partecipazione dei milanesi alla cosa pubblica. Momenti trasversali e aperti che, in sintonia con gli orientamenti espressi dai milanesi, richiedono una via ambrosiana alle comunali 2011 al di là degli schieramenti asfittici che hanno generato tante astensioni.

Fiorello Cortiana

Giovedì, 15 Luglio, 2010 - 12:10

Gli arresti di Milano e l'indifferenza della Moratti

Sul sito di Nuova società (il settimanale che esce tutti i giorni) diretto da Diego Novelli è possibile leggere l'intervista di Davide Pelanda a Basilio Rizzo dal titolo "Gli arresti di Milano e l'indifferenza della Moratti".
Per comodità riporto sia il link che l'articolo.
http://www.nuovasocieta.it/interviste/6762-gli-arresti-di-milano-e-lindifferenza-della-moratti.html

Cordiali saluti a tutte/i
Antonella Fachin
-----------------------------------------
NuovaSocietà

Diretto da Diego Novelli
Thursday, Jul 15th
 
Gli arresti di Milano e l'indifferenza della Moratti
Mercoledì 14 Luglio 2010 14:55
di Davide Pelanda
 
Mentre arrestavano le 300 persone appartenenti alle cosche della 'ndrangheta a Milano, il caso ha voluto che si tenesse una seduta fiume dell'assise comunale. Proprio mentre uscivano queste prime notizie sui giornali, abbiamo sentito dalla viva voce di Basilio Rizzo, consigliere di minoranza del gruppo "Uniti Con Dario Fo", come è stata vissuta in quelle mura la vicenda.
Rizzo, voi che eravate in una seduta del Consiglio comunale mentre venivano catturati parecchi esponenti della criminalità organizzata calabrese a Milano ed in Lombardia, che reazione c'è stata da parte della maggioranza e del sindaco?
«Debbo dire che c'è stata una sorprendente disattenzione, almeno formale, nei confronti di questo avvenimento. Nei colloqui privati, invece, si percepiva una certa preoccupazione, soprattutto nei molti rappresentanti del Popolo delle Libertà: l'autorevolezza dei magistrati protagonisti delle indagini non lasciano molti margini di dubbio sulla situazione»
E il sindaco Moratti cosa ha detto?
«Il sindaco non è assolutamente intervenuto sulla questione, non è venuto nemmeno a votare la fase definitiva del Piano di Governo del territorio. Si è solamente seduta per qualche attimo al suo posto nel primo pomeriggio, poi è andata via e non l'abbiamo più rivista»
Ma era tesa, sembrava agitata?
«Imperturbabile. Disattenta, se vogliamo dire»
Il fatto però che il prefetto qualche tempo fa avesse detto che a Milano e in Lombardia il problema mafia non esisteva, adesso come la mettiamo?
«Penso che si debba ricredere molto. Il fatto che l'inchiesta la si sta costruendo da almeno un paio d'anni, vuol dire che c'è stata una sottovalutazione da parte di chi doveva controllare su queste infiltrazioni. Già due anni fa il nostro Gruppo organizzò un dibattito in ricordo di Peppino Impastato, nel quale denunciammo le connivenze, i pericoli e le condizioni materiali attraverso le quali si poteva sviluppare il fenomeno mafioso, in particolare della 'ndrangheta. Quello scoppiato oggi è per noi è una conferma dei dubbi e sospetti che avevamo. E' chiaro gli strumenti di indagine della magistratura sono superiori ai nostri: ma chiunque sia attento a queste tematiche sapeva dell'esistenza del fenomeno»
Ma allora ha ancora senso secondo lei fare questo EXPO 2015 a Milano? A cosa serve? Qualcuno dice addirittura di spostarlo e di lasciar perdere.
«L'EXPO non è una grande risorsa per il Comune di Milano. E la 'ndrangheta nella sua brutalità ha capito perfettamente ciò che è: vale a dire una torta sostanziosa di denari pubblici da distribuire in appalti. Ha colto l'essenza!
L'EXPO era stata all'origine presentata come una imbellettata di una grande proposta politica di rappresentanza e sviluppo della città su di un tema importante. In realtà essa è stata ridotta alla sua realtà profonda: e cioè c'erano, ci sono e ci saranno tanti denari pubblici concentrati nella nostra città!
Attorno a questo banchetto che si voleva imbastire, c'erano molti che volevano sedersi, i politici in prima persona! Tant'è che la vicenda della società EXPO è stata una corsa alla conquista di poltrone di controllo e dei finanziamenti in arrivo.
L'efficace traduzione dell'inchiesta della magistratura è il tentativo, da parte della criminalità organizzata, di mettere le mani sulle possibili ricadute economiche dell'EXPO. Un fatto drammatico!
La mia obiezione all'EXPO rimanda al modo di costruire questo evento: si è dimostrato di non essere impermeabile a queste penetrazioni in quanto rionducibile ad una grande spesa di denaro pubblico e non a una impresa di valore ideale, culturale e sociale come avrebbe dovuto in origine essere».
Ricordiamo che la scelta di Milano per fare l'EXPO 2015 deriva dal Governo Prodi e dal centrosinistra.
«Prodi non poteva far nulla che sostenerla. Credo che Prodi abbia fatto una scelta obbligata e leale. Non poteva dire di no perché altrimenti si diceva che era per invidia politica. A suo tempo dissi – e credo che i fatti riconfermino le mie parole – che il fatto di pensare che le poche risorse a disposizione dello Stato e i sacrifici di tutto il Paese venissero concentrati nella zona più ricca del Paese stesso non era una cosa facile da spiegare alla popolazione. A maggior ragione non lo è oggi.
Credo che qualche riflessione bisogna farla anche su che cos'è questo Comitato dell'EXPO: è un gruppo di notabili che vivono di questo, che hanno in mano l'assegnazione dell'evento, funziona come il Comitato Olimpico, cioè vive se l'evento si fa, altrimenti non esiste più, lo si scioglie».
Ma personaggi come, ad esempio, Lucio Stanca che se n'è andato dalla poltrona di comando dell'EXPO 2015 di Milano, che cosa hanno combinato in questo periodo di permanenza?
«Hanno speso molti soldi di ordinaria amministrazione e basta. Credo che quello che è stato lasciato, e che ci farà fare brutta figura per il mondo, siano le grandi promesse che abbiamo sparso per il mondo e che non siamo in grado più di onorare. Tutti questi nodi verranno prima o poi al pettine. Facciamo iniziative palesemente clientelari! A Milano, ad esempio, abbiamo costruito la "Casa della Colombia" che non so a che cosa serva. Sì, certo, in questo momento abbiamo molti studenti – ed è una esperienza positiva – venuti per fare vari stage a spese del Comune. Ed io immagino che siano i figli delle caste di quei Paesi che ci chiedono questo in cambio dell'EXPO. Addirittura ci si vergogna di dire "abbiamo dato il voto a Milano in cambio di... " ».
Che cosa ritorna, in questa situazione odierna, della "Milano da bere" di epoca craxiana, della tangentopoli di quella stagione?
«Beh, il ritorno dei faccendieri che si sono nascosti ma che hanno continuato ad esistere! E poi una sorta di atteggiamento di impudenza e la pretesa di essere intoccabili. Così si è andati avanti nella convinzione che basta magari accusare la magistratura, denigrarla e fargli perdere per così dire prestigio per risolvere i problemi e buttarla in politica. Il tutto supportato dalla classica frase "questo è un attacco della magistratura politicizzata".
In realtà, invece, è il rifiuto di qualsiasi strumento di controllo, si vuole una politica sciolta da qualsiasi vincolo di legge, vale a dire la pretesa di poter fare tutto ciò che si vuole. E' questo il tratto caratteristico! Io dico che è avvenuta una mutazione che chiamo per così dire genetica: oramai non si pagano più le tangenti in denaro ma si pagano in consulenze, in incarichi e lavori. L'evoluzione darwiniana ha portato al fatto che tu assumi i tuoi fiduciari a spese della collettività, gli dai le consulenze e così recuperi il denaro pubblico portandolo poi alla tua corte»
Chi è che, secondo lei, ha fronteggiato e vuole fronteggiare ancora in maniera critica, oltre alla magistratura, questa situazione di malaffare e di corruzione della politica milanese? Forse il cardinal Dionigi Tettamanzi e tutta la Chiesa ambrosiana che più volte è intervenuto criticando la politica di accoglienza e di sviluppo della città di Milano? Oppure c'è rimasta solo la speranza e fiducia nella magistratura?
«Tettamanzi ha questo straordinario valore di richiamare ai valori della solidarietà, di pensare agli ultimi e non ai primi. Il suo Magistero ha sempre posto l'accento sul fatto che la politica debba rispondere a criteri di correttezza.
Credo però che la chiave di volta sia l'indignazione come fu nel 1992, una ribellione della società: vedo però che la sua crescita viene scientificamente contrastata con operazioni contro la magistratura per seminare discredito nei confronti di chi potrebbe essere l'elemento di catalizzazione dell'indignazione dei cittadini.
Se il potere è malato, "in cascata" anche una parte della società è infetta. Allora si cerca di far leva su di un fronte dei nemici dei controlli, dei nemici della magistratura, perché se intercettano me intercettano anche te... Non è che si possa sperare di fermare i magistrati, ma si fanno barriere frangiflutti per cercare di reggere lo scontro»
Per quanto riguarda la vostra presenza in consiglio comunale a Milano, come minoranza avete vinto qualche battaglia, oppure vi sentite sconfitti e siete fiduciosi solo nella magistratura?
«Io ragiono così: la politica deve sempre sperare di arrivare prima della magistratura. C'è una separazione profonda perché ci sono degli atti che la magistratura non può perseguire ma che sono, come dire, meritevoli di discredito sociale. Se io, ad esempio, assumo dei miei amici negli incarichi pubblici, forse i magistrati non riescono a dimostrare che è un reato, però sono meritevole di sanzione ideale. In tal senso noi abbiamo sempre agito. E dei risultati li abbiamo ottenuti come il fatto che la Corte dei Conti abbia condannato il sindaco per certe cose.
Per esempio Formigoni, presidente della Regione Lombardia, che controlla l'Ente Fiera di Milano, ha pensato di comprare i terreni con i soldi pubblici della Regione, nell'ordine di qualche centinaio di milioni di euro. In questa maniera finanzia e porta soldi della collettività nel suo "feudo" privato. In questo siamo riusciti a far schierare la Regione e la Provincia in mano al Popolo delle Libertà che non vogliono comperare quelle aree, ma farsele solo imprestare per l'EXPO»

Martedì, 13 Luglio, 2010 - 18:10

Il lupo coi calzoncini corti conquista Rai Tre

DOC 3 IN ONDA IL MERCOLEDÌ ALLE 23.30 un programma di Lorenzo Hendel

 

 

 

 

NEWS: Il documentario prodotto dal suo pubblico conquista Rai Tre!

I gay sono costituzionalmente sterili.
Questo è ciò che vorrebbero farci credere in Italia.

E’ tempo di ascoltare la voce delle famiglie omogenitoriali italiane. E’ tempo di ascoltare la voce dei loro figli. Quei figli che non dovrebbero esistere.

“Il lupo in calzoncini corti” parla di loro. Anzi di più. Sono loro stessi a raccontarsi in questo film documentario che ha vissuto per due anni spalla a spalla con due di queste famiglie e i loro bambini.

Un film lungo e complesso proprio per la necessità di scavare in profondità e raccontare cosa vuol dire essere figli di omosessuali. Un documentario in cui è la vita stessa che racconta, con i suoi tempi e la sua quotidianità, con le piccole soddisfazioni e le grandi lotte.

Perché queste voci e questi volti raggiungano più italiani possibili bisogna bypassare l’industria televisiva e cinematografica. Bisogna forzare le regole per arrivare dove la produzione televisiva pone i suoi limiti.

Ed è per questo che un anno fa (estate 2009) abbiamo chiesto al pubblico di partecipare alla produzione dal basso. Tutti noi, spettatori, abbiamo supportato il progetto e deciso in questo modo quali contenuti privilegiare.

Un gesto partecipativo per portare alla luce storie di ordinaria discriminazione, storie di un’Italia invisibile.


Per un anno abbiamo cercato un pubblico che smettesse per un attimo di essere l’anello finale di una catena di montaggio ed acquisisse un ruolo attivo, esercitando il suo potere decisionale.
Un pubblico che contribuisse direttamente alla produzione del documentario con il pre-acquisto del Dvd prima della fine della sua realizzazione.

Abbiamo chiesto 14 euro per permettere al film di raggiungere le sale cinematografiche e i palinsesti televisivi entro la fine del 2010.
14 euro per contribuire consapevolmente e direttamente alla produzione di un lungometraggio che avrebbe mostrato agli italiani ciò che i nostri politici continuano ad ignorare.

E HA FUNZIONATO!!! Grazie al sostegno di chi ha creduto nel progetto il film ha superato le barriere che gli erano imposte e ha raggiunto il palinsesto di Rai Tre! Non perdetevelo mercoledì 28 luglio alle 23.30!

http://www.illupoincalzoncinicorti.com/

 

Lunedì, 12 Luglio, 2010 - 12:28

Iran: minorenne al momento del reato rischia l'esecuzione

È stata fissata per il 7 luglio a Shiraz, nel sud dell'Iran, l'esecuzione di Mohammad Reza Haddadi, condannato a morte per un crimine probabilmente commesso quando era minorenne.

Il 4 luglio 2010, la famiglia di Mohammad Reza Haddadi è stata informata da funzionari della magistratura che potevano visitare loro figlio per l'ultima volta, prima della sua esecuzione prevista per il 7 luglio, nel carcere Adelabad a Shiraz, nel sud dell'Iran. Fino al 5 luglio, l'avvocato del ragazzo non era stato ufficialmente informato della probabile esecuzione, anzi sapeva che nessuna avrebbe avuto luogo il 7 luglio. Malgrado ciò, l'avvocato crede il suo cliente possa essere messo a morte presto. Già in passato le sentenze capitali nei confronti di imputati minorenni sono state eseguite senza avvertire gli avvocati, sebbene la legge iraniana preveda un obbligo di notifica 48 ore prima dell'esecuzione. 
 
Mohammad Reza Haddadi è stato condannato a morte nel 2004 per un omicidio presumibilmente commesso quando aveva 15 anni. Oggi ne ha quasi 22. La sentenza capitale è stata confermata dalla Corte suprema nel luglio 2005. L'esecuzione era stata fissata una prima volta nell'ottobre 2008, ma successivamente sospesa per ordine del capo della magistratura. È stata poi di nuovo stabilita per il 27 maggio 2009 e il 16 luglio 2009. 
 
Non si hanno notizie di Qasemi Naser, anche lui condannato a morte per un reato commesso quando era minorenne. Reza Hejazi, anch'egli condannato per un reato commesso quando era minorenne, è stato impiccato nel carcere di Isfahan, il 19 agosto 2008.

Leader della Repubblica islamica
Ayatollah Sayed 'Ali Khamenei, The Office of the Supreme Leader
Islamic Republic Street - End of Shahid Keshvar Doust Street
Tehran, Islamic Republic of Iran
Email: info_leader@leader.ir;
via website: - http://www.leader.ir/langs/en/index.php?p=letter (English);http://www.leader.ir/langs/fa/index.php?p=letter ( Persian) 

Eccellenza,
 
sono un sostenitore di Amnesty International, l'Organizzazione internazionale che dal 1961 agisce in difesa dei diritti umani, ovunque nel mondo vengano violati.
 
Le chiedo di fermare immediatamente l'esecuzione di Mohammad Reza Haddadi e commutare la sua condanna a morte.
 
Le ricordo che l'Iran è stato parte della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici e della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, che vietano l'uso della pena di morte nei confronti di persone condannate per reati commessi quando erano minorenni.
 
La ringrazio per la sua attenzione.

 

per firmare l'appello, azione già fatta per quanto mi concerne, basta accedere al seguente link:

http://www.amnesty.it/pena_di_morte_Iran_imputato_minorenne
 

 

Venerdì, 9 Luglio, 2010 - 10:54

una politica per le rinnovabili

In queste settimane gli italiani stanno affrontando giornate e nottate con temperature elevate e i consumi energetici per rinfrescarli raggiungono picchi a volte preoccupanti per il sistema della distribuzione di energia. Ha fatto quindi notizia ciò che pochi giorni fa è accaduto ai cugini d’oltralpe, Lì in alcuni dipartimenti si teme il black out energetico perché la produzione di energia supera la domanda con la sovratensione conseguente. Lo squilibrio è dovuto al fatto che gli allacciamenti alle installazioni fotovoltaiche sono cinque volte superiori al consumo di punta del dipartimento, come ha reso noto ERDF, la società francese di distribuzione.

A fronte di un quadro economico e finanziario globale caratterizzato da incertezza e speculazioni a differenza del restante comparto energetico l’energia da fonti rinnovabili mostra un maggiore equilibrio sui mercati.  I dati relativi all’Italia per Irex Annual Report evidenziano per il biennio 2008-2009, investimenti in impianti per 6,5 miliardi di euro, pari a 4.127 MW.  Gli scenari di sviluppo delle fonti d’energia rinnovabile al 2020 mostrano un beneficio netto per l’Italia compreso tra 24 e 27 miliardi di euro e un indotto occupazionale tra 72mila e 86mila nuovi posti di lavoro. Nell’analisi costi-benefici il minor impiego di combustibili porterà  a una diminuzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera e a una minor dipendenza dalla fluttuazione monetaria quindi dal costo dei combustibili sul mercato internazionale.  Il Ministero dello Sviluppo Economico ha presentato alle associazioni di categoria il Piano di azione nazionale (Pan) per le energie rinnovabili, finalizzato a conseguire l’obiettivo di produzione di energia da fonti rinnovabili indicato dalla direttiva 2009/28/CE , il17% di produzione da fonti di energia rinnovabile  sul consumo totale di energia e il 10% sul consumo totale di carburanti.

 Si prevede il raggiungimento nel 2020 di una quota complessiva di fonti alternative sul consumo finale di energia elettrica del 28,97%, equivalente a una capacità installata di 45.885 MW e a una produzione lorda di 105.950 GWh.  Sono obiettivi ambizioni e coerenti con gli indirizzi europei. Entro il 2020, in base al Pan dovremo produrre da fonti rinnovabili più di 105 miliardi di kWh/anno in energia elettrica, occorre tenere presente che nel 2005 ne abbiamo prodotti per 56 miliardi. Si prevede di triplicare la produzione di energia termica (caldo/freddo) e moltiplicare sette volte la produzione di biocarburanti. Si prevede di contenere i nostri consumi di energia primaria ai livelli attuali, pari a 131 milioni di TEP(tonnellate Equivalenti di Petrolio). Per questo il settore che si sta sviluppando richiede di rimuovere gli attuali ostacoli di tipo burocratico/autorizzativo e relativi allo sviluppo della rete elettrica, che impediscono la certezza e la stabilità delle prospettive di investimento nel settore. Per raggiungere questi obiettivi e, conseguentemente, per sviluppare un settore ad alto contenuto tecnologico con un significativo indotto occupazionale è necessaria una politica coordinata conseguente sia sul piano normativo che per l’organizzazione amministrativa. Ad esempio, la stima relativa all’installato del solare fotovoltaico per il 2020, quantificata nel documento in 8mila megawatt, equivale ad un tasso di crescita del 5% annuo quando il tasso di crescita del mercato mondiale è compreso tra il 30 e il 40% all’anno. L’Università di Padova ha rilevato che con un tasso di crescita del 16% circa all’anno nel 2020 in Italia si raggiungerebbe un parco installato di almeno 15mila megawatt. Per le biomasse occorre una definizione chiara di priorità e di incentivi, che diano certezze agli operatori e agli agricoltori sugli investimenti da qui al 2020. Premiando così la multifunzionalità della produzione agricola e l’efficienza energetica delle filiere di una fonte energetica legata all’uso del suolo e al lavoro agricolo, quindi alla produzione di cibo, alla fertilità e agli stock di carbonio nel terreno, nonché alla qualità delle acque di falda.  Questo ambizioso Piano Nazionale e l’economia innovativa e di qualità che può sviluppare rischia di essere compromesso da interventi legislativi incoerenti e contraddittori, come l’articolo 45 della Legge  Finanziaria sul ritiro dei certificati verdi da parte del Gestore dei Servizi Energetici. Fino ad ora il GSE ha avuto l’obbligo del ritiro dei certificati verdi prodotti in eccesso rispetto alla quantità che i produttori di energia convenzionale sono tenuti ad acquistare. Una misura introdotta nel 2008 per assorbire l’eccedenza di offerta di energia rinnovabile rispetto agli obblighi d’acquisto cui erano tenuti i produttori di energia da fonti non rinnovabili, da qui il nome “certificati verdi”. Se il ritiro dei certificati verdi in eccesso venisse eliminato si avrebbero come conseguenze sia il crollo del prezzo dei certificati verdi che, con un mancato ritorno dagli investimenti effettuati, l’interruzione degli investimenti in un settore in sviluppo, squilibrando così totalmente il principale strumento di mercato a sostegno delle rinnovabili elettriche e portando al raddoppio il canone idroelettrico

Per altro una misura di soppressione non aumenterebbe di nulla le entrate dello Stato, dato che i finanziamenti relativi vengono prelevati dalla bolletta e non dalla fiscalità generale. L’unica conseguenza per le entrate dello Stato sarebbe negativa a causa della non riscossione dell’IVA legata ad investimenti che non si farebbero più. Infine, togliendo incentivi alle fonti energetiche rinnovabili l’Italia si porrebbe in contrasto con gli indirizzi europei esponendosi a un nuovo contenzioso e a prevedibili sanzioni. Se continuano le politiche di incentivazione fiscale, si prevede entro il 2020 una piena competitività dell’energia da fonti rinnovabili anche senza aiuti. Le detrazioni hanno una funzione decisiva, infatti anche per le detrazioni relative agli interventi per il risparmio energetico ci sono stati risultati fin qui importanti, che suggeriscono di protrarre il 55% di sgravio anche per i prossimi anni,dato che gli interventi di riqualificazioni energetica per i condomini sono interventi economicamente pesanti che interessano più anni di interventi. L’ENEA in un quadro di sintesi preliminare ha rilevato che nel triennio 2007/09 sono stati realizzati oltre 590.000 interventi di riqualificazione, dalla coibentazione al solare termico, di cui 120.000 in Lombardia, 85.000 nel Veneto, 67.000 in Piemonte e 64.000 in Emilia-Romagna. Con un risparmio energetico di 3.404 GWh. 

Per questo occorre un Piano di Azione Nazionale coordinato e coerente sia per l’aspetto normativo e fiscale, sia per le azioni delle amministrazioni locali e delle Regioni nonché dell’Europa.  

Venerdì, 9 Luglio, 2010 - 10:52

nobavaglio.it

tutta la stampa che vuole essere libera chiede che le sia consentito, anch'io :-)

Giovedì, 8 Luglio, 2010 - 23:36

Interrogazioni presentate in CDZ 4 - 8 luglio 2010


Mercoledì, 7 Luglio, 2010 - 11:30

Come la violenza subita si tramuto’ in orgoglio: ecco come nacque il Gay Pride WWW

Come la violenza subita si tramuto’ in orgoglio: ecco come nacque il Gay Pride

 

 WWW.MOLECOLEONLINE.IT

Da dove nasce il pride, l’orgoglio che ogni anno viene manifestato nelle piazze delle città, non solo quelle più grandi e cosmopolite, del mondo? Soprattutto uno si domanda come mai venga sempre organizzato a cavallo tra giugno e luglio, solo alcuni anticipano di qualche settimana, mentre altri ritardano rispetto al 27 giugno, la data centrale, quella importante, da ricordare. Ricordare che cosa? Non esiste l’identità di un movimento che vuole rivendicare diritti di eguaglianza e di libertà, quella singolare non plurale, quella assoluta non quella relativa o individuale, se non si fa accenno alla memoria storica che ha interessato una comunità, una categoria.

Era il 27 giugno 1969 , un venerdì sera, uno dei tanti venerdì sera a Manatthan e il locale conosciuto da giovani e meno giovani, frequentatori della “night life” newyorkese, Stonewall Inn in una zona appartata, molto nascosta del Greenwich Village, frequentato da travestiti, omosessuali, ma anche giovani della grande mela che amano serate alternative e sperimentali.Quella sera un pretesto, il controllo delle vendite di alcoolici in uno spazio non adibito a tale commercio, determinò l’incursione, l’ennesima in quell’epoca, nello storico locale. Ma quella notte la polizia, 6 agenti, 4 uomini e due donne, si trovò asserragliata all’interno del locale: nessuno, neanche i più giovani di solito usi, scapparono nella sicurezza che a essere presi prima e fermati erano di sicuro i “più effeminati”. Tutti in segno di solidarietà e con forte indignazione si fermarono nel locale e chiusero le porte del bar, facendo volare all’interno sedie, bottiglie, tavoli e resistendo, così, alla presenza delle forze dell’ordine. Ricordiamo che era il 1969 e non esisteva ancora un movimento omosessuale organizzato, così come le bevande alcoliche, testimoniando, così, a che punto fosse il liello di persecuzione e repressione verso la comunità gay, non potevano essere vendute nei locali agli omosessuali. Era una sera speciale quella di venerdì 27 giugno 1969: si ricordava la scomparsa appena avvenuta di Judy Garland, icona di femminilità quasi celebrata nella cultura gay. Fuori dal locale, dove le manganellate degli agenti erano fermate dalla resistenza attiva dei clienti, un manipolo di cittadine e cittadini si assieparono davanti alle porte di ingresso e con barricate, falò e fuochi crearono un picchetto di opposizione alla nuova incursione della polizia.

Dopo quella sera mobilitazioni avvennero in tutti gli Stati Uniti , in quei stessi stati dove oggi ci sono diritti e garanzie per le persone omosessuali, riconoscendone la dignità civica. Da quella sera l’orgoglio gay si fece sentire tanto che nacque dalle diverse associazioni omofile un movimento radicale e compatto che ebbe l’obiettivo di manifestare la propria identità, la propria natura, e pretese di essere considerata una comunità da lasciare libera di vivere, di esprimersi, da considerarsi come esistente, non obbligata a nascondersi e celarsi dietro a nomignoli o soprannomi utili a soffocare l’identità singola dei partecipanti e quella di una collettività. Il seme era gettato e sarebbe germogliato negli anni grazie all’ostinazione di uomini e donne che affermavano la loro autodeterminazione con la voce rompendo un silenzio secolare fatto di ipocrisia e insana repressione.

Oggi i pride si diffondono in tutto il globo , anche nelle zone dove l’omosessualità viene ancora vista come malattia da curare, come condizione naturale da perseguitare. A New York è ormai appuntamento fisso con il sindaco la manifestazione dell’orgoglio gay nel ricordo di quei ragazzi di “Cristopher Street”, mentre in altri stati europei a scendere in paizza non sono soltanto omosessuali, gay e lesbiche, trans, bisessuali, ma anche un’intera cittadinanza convinta che rivendicare oggi i diritti della comunità lgbt sia uno strumento per affermare la democrazia, estendendola, radicandola. In Italia, parlamentari e amministratori inclini all’ascolto delle direttive clericali la strada da compiersi verso l’affermazione dei diritti degli omosessuali è ancora lunga, seppure si assaggino, grazie anche alle grandi mobilitazioni di orgoglio e di indignazione della comunità lgbt, passi in avanti importanti in singole realtà locali.

Qualche giorno più tardi del 27 giugno 1969 i giornali ridicolizzavano e ironizzavano sugli avvenimenti: alcuni parlavano di “mascara che colava” e “api regine che pungevano” durante gli scontri con la polizia. Nonostante la campagna diffamatoria dei media un’opinione pubblica sempre più massiccia si diffuse e portò avanti istanze e rivendicazioni che oggi, dopo 41 anni, sono diritti reali, seppure pregiuridici in quanto umani. Abbiamo negli occhi ancora, qualche anno più tardi, la repressione sanguinaria delle forze dell’ordine in alcuni paesi dell’Est, Mosca in primis, oppure in alcuni stati arabi, di manifestanti nella giornata del Pride. A Mosca, però, quest’anno un’audace strategia del movimento lgbt ha seminato la polizia nel momento in cui ha dato appuntamento in più parti della città, creando, così, una caccia al manifestante senza ritorno. Era il quinto anno in cui il sindaco moscovita ha negato l’autorizzazione al pride, ma la comunità solidalmente ha saputo dare una risposta chiara ed efficace a creare disorientamento a un potere prevaricante, eterosessista e autoritario. L’esempio di Stonewall prosegue negli animi e nella memoria storica di un movimento ormai internazionale.

Alessandro Rizzo, attivista del movimento glbt, e’ collaboratore di culturagay.it e consigliere circoscrizionale a Milano.

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