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Mercoledì, 7 Luglio, 2010 - 11:30

Come la violenza subita si tramuto’ in orgoglio: ecco come nacque il Gay Pride WWW

Come la violenza subita si tramuto’ in orgoglio: ecco come nacque il Gay Pride

 

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Da dove nasce il pride, l’orgoglio che ogni anno viene manifestato nelle piazze delle città, non solo quelle più grandi e cosmopolite, del mondo? Soprattutto uno si domanda come mai venga sempre organizzato a cavallo tra giugno e luglio, solo alcuni anticipano di qualche settimana, mentre altri ritardano rispetto al 27 giugno, la data centrale, quella importante, da ricordare. Ricordare che cosa? Non esiste l’identità di un movimento che vuole rivendicare diritti di eguaglianza e di libertà, quella singolare non plurale, quella assoluta non quella relativa o individuale, se non si fa accenno alla memoria storica che ha interessato una comunità, una categoria.

Era il 27 giugno 1969 , un venerdì sera, uno dei tanti venerdì sera a Manatthan e il locale conosciuto da giovani e meno giovani, frequentatori della “night life” newyorkese, Stonewall Inn in una zona appartata, molto nascosta del Greenwich Village, frequentato da travestiti, omosessuali, ma anche giovani della grande mela che amano serate alternative e sperimentali.Quella sera un pretesto, il controllo delle vendite di alcoolici in uno spazio non adibito a tale commercio, determinò l’incursione, l’ennesima in quell’epoca, nello storico locale. Ma quella notte la polizia, 6 agenti, 4 uomini e due donne, si trovò asserragliata all’interno del locale: nessuno, neanche i più giovani di solito usi, scapparono nella sicurezza che a essere presi prima e fermati erano di sicuro i “più effeminati”. Tutti in segno di solidarietà e con forte indignazione si fermarono nel locale e chiusero le porte del bar, facendo volare all’interno sedie, bottiglie, tavoli e resistendo, così, alla presenza delle forze dell’ordine. Ricordiamo che era il 1969 e non esisteva ancora un movimento omosessuale organizzato, così come le bevande alcoliche, testimoniando, così, a che punto fosse il liello di persecuzione e repressione verso la comunità gay, non potevano essere vendute nei locali agli omosessuali. Era una sera speciale quella di venerdì 27 giugno 1969: si ricordava la scomparsa appena avvenuta di Judy Garland, icona di femminilità quasi celebrata nella cultura gay. Fuori dal locale, dove le manganellate degli agenti erano fermate dalla resistenza attiva dei clienti, un manipolo di cittadine e cittadini si assieparono davanti alle porte di ingresso e con barricate, falò e fuochi crearono un picchetto di opposizione alla nuova incursione della polizia.

Dopo quella sera mobilitazioni avvennero in tutti gli Stati Uniti , in quei stessi stati dove oggi ci sono diritti e garanzie per le persone omosessuali, riconoscendone la dignità civica. Da quella sera l’orgoglio gay si fece sentire tanto che nacque dalle diverse associazioni omofile un movimento radicale e compatto che ebbe l’obiettivo di manifestare la propria identità, la propria natura, e pretese di essere considerata una comunità da lasciare libera di vivere, di esprimersi, da considerarsi come esistente, non obbligata a nascondersi e celarsi dietro a nomignoli o soprannomi utili a soffocare l’identità singola dei partecipanti e quella di una collettività. Il seme era gettato e sarebbe germogliato negli anni grazie all’ostinazione di uomini e donne che affermavano la loro autodeterminazione con la voce rompendo un silenzio secolare fatto di ipocrisia e insana repressione.

Oggi i pride si diffondono in tutto il globo , anche nelle zone dove l’omosessualità viene ancora vista come malattia da curare, come condizione naturale da perseguitare. A New York è ormai appuntamento fisso con il sindaco la manifestazione dell’orgoglio gay nel ricordo di quei ragazzi di “Cristopher Street”, mentre in altri stati europei a scendere in paizza non sono soltanto omosessuali, gay e lesbiche, trans, bisessuali, ma anche un’intera cittadinanza convinta che rivendicare oggi i diritti della comunità lgbt sia uno strumento per affermare la democrazia, estendendola, radicandola. In Italia, parlamentari e amministratori inclini all’ascolto delle direttive clericali la strada da compiersi verso l’affermazione dei diritti degli omosessuali è ancora lunga, seppure si assaggino, grazie anche alle grandi mobilitazioni di orgoglio e di indignazione della comunità lgbt, passi in avanti importanti in singole realtà locali.

Qualche giorno più tardi del 27 giugno 1969 i giornali ridicolizzavano e ironizzavano sugli avvenimenti: alcuni parlavano di “mascara che colava” e “api regine che pungevano” durante gli scontri con la polizia. Nonostante la campagna diffamatoria dei media un’opinione pubblica sempre più massiccia si diffuse e portò avanti istanze e rivendicazioni che oggi, dopo 41 anni, sono diritti reali, seppure pregiuridici in quanto umani. Abbiamo negli occhi ancora, qualche anno più tardi, la repressione sanguinaria delle forze dell’ordine in alcuni paesi dell’Est, Mosca in primis, oppure in alcuni stati arabi, di manifestanti nella giornata del Pride. A Mosca, però, quest’anno un’audace strategia del movimento lgbt ha seminato la polizia nel momento in cui ha dato appuntamento in più parti della città, creando, così, una caccia al manifestante senza ritorno. Era il quinto anno in cui il sindaco moscovita ha negato l’autorizzazione al pride, ma la comunità solidalmente ha saputo dare una risposta chiara ed efficace a creare disorientamento a un potere prevaricante, eterosessista e autoritario. L’esempio di Stonewall prosegue negli animi e nella memoria storica di un movimento ormai internazionale.

Alessandro Rizzo, attivista del movimento glbt, e’ collaboratore di culturagay.it e consigliere circoscrizionale a Milano.