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Il Blog di Donatella Elvira Camatta | www.partecipaMi.it
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.: Il Blog di Donatella Elvira Camatta
Giovedì, 3 Agosto, 2006 - 15:14

Appello del Comitato

A pochi chilometri dalle nostre case c’è un’arsenale in grado di
distruggere interi stati. Una simile presenza dovrebbe inquietarci e
scandalizzarci. Dovrebbe essere argomento di discussione non solo tra
gli attivisti, ma nei bar, nelle chiese, nei posti di lavoro. E invece,
su Aviano e le sue atomiche, regna il silenzio, tra l’indifferenza
figlia dell’ignoranza e la rassegnazione di chi si sente impotente,
mentre quei pochi che si ostinano a tirar fuori il problema sono
tacciati di estremismo.

Secondo uno studio autorevole del Natural Resource Defence Council,
"U.S. Nuclear Weapons in Europe", gli shelters della Base USAF di Aviano
ospitano almeno 50 bombe nucleari di tipo B61, alcune delle quali hanno
una potenza di oltre dieci volte superiore all’atomica sganciata su
Hiroshima.

La presenza di quelle armi è chiaramente in contrasto con il Trattato di
Non Proliferazione (NPT) ed è una minaccia per tutti, vicini e lontani.

Quelle bombe non servono a difenderci, né a rendere più sicuro il
pianeta. Al contrario, contribuiscono pesantemente a vanificare lo
spirito dell’NPT, che mira alla totale eliminazione delle atomiche, e ad
aumentare così il rischio globale della proliferazione nucleare.

Come cittadini di questo paese, e al tempo stesso cittadini del mondo,
non possiamo accettare questa situazione. Non possiamo lasciare che
vinca la rassegnazione, che si faccia strame del Diritto Internazionale
e della nostra Costituzione. La pace, la libertà, la fratellanza tra i
popoli non possono crescere all’ombra della sopraffazione e della menzogna.

La questione nucleare non può essere lasciata in mano agli esperti,
quasi fosse un argomento che non ci riguarda, che non ha nessun impatto
con la nostra vita quotidiana. Al contrario, quelle armi sono un
tassello fondamentale nel progetto di dominazione planetaria da parte di
una piccola élite, intenzionata a mantenersi ben stretti i propri
privilegi, mentre i diritti fondamentali di gran parte dell’umanità sono
quotidianamente vilipesi, ed anche conquiste sociali che consideravamo
definitive sono messe in discussione.

Per questo, appoggiamo la causa intentata contro il Governo USA per la
rimozione delle atomiche dal territorio italiano.

Per questo, dal 6 al 9 agosto 2006 (nei giorni del 61° anniversario di
Hiroshima e Nagasaki), saremo ad Aviano, di fronte alla Base Usaf.
Riempiremo quei quattro giorni con dibattiti, iniziative culturali,
azioni di coinvolgimento popolare...

Ma il segno principale che vogliamo porre è quello di un’Ispezione di
Cittadini all’interno della Base, con una delegazione qualificata di
Cittadini-Ispettori composta da Parlamentari, esponenti della Società
Civile e degli Enti Locali, tecnici e scienziati, attivisti dei
movimenti per la pace e i diritti umani. Le Citizens’ Inspections sono
una forma di azione diretta nonviolenta nata alcuni anni fa e già
utilizzata in altri paesi (Belgio, Inghilterra, Stati Uniti...) per far
emergere la contraddizione di quei governi che, in nome della pace,
della sicurezza e della democrazia, fanno la guerra, alimentano il
terrore, nascondono la verità ai loro cittadini.

Chiederemo quindi di visitare la Base, ed in particolare gli shelters
che ospitano le atomiche; metteremo insieme la nostra pacifica
determinazione e comportamenti rigorosamente nonviolenti, cercando il
dialogo e non lo scontro; tenteremo di interrogare il personale militare
e civile della Base e di interagire con la popolazione locale; filmeremo
e renderemo pubblica l’intera azione.

Vogliamo usare i mesi che ci separano da agosto, per costruire questo
appuntamento in maniera partecipata e coinvolgente. Nell’organizzazione
e nella gestione di quei giorni c’è posto per tutte e tutti coloro che
vorranno spendersi in questa impresa. Le cose da fare sono molte, e quelle da inventare ancora di più. Se sapremo mettere insieme i nostri
sogni, le nostre speranze, le nostre esperienze, insieme riusciremo ad
avvicinare il giorno in cui non solo ad Aviano ma nel mondo intero non
ci sarà più posto per le armi nucleari.

Chi volesse partecipare all’iniziativa o collaborare in qualsiasi
maniera alla sua riuscita, è pregato di mettersi in contatto con:

- per informazioni ulteriori (senso dell'iniziativa, programma dettagliato ecc.) vedi il sito: www.vialebombe.org.
 

 

Mercoledì, 2 Agosto, 2006 - 15:20

PROGRAMMA DELLA CDL IN ZONA 7

Vi allego il Programma della Casa Delle Libertà 2006 2011 in zona 7.
Vi chiedo un vostro commento.

Spirolazzi Isidoro
Consigliere di zona 7

Martedì, 1 Agosto, 2006 - 15:29

Non scaricate le vostre colpe sull'Onu

COMUNICATO STAMPA
Nuovo appello della Tavola della pace
Non scaricate le vostre colpe sull’Onu.
Non si spara sui Caschi Blu. Il matricidio è il più ripugnante dei crimini
In Medio Oriente è flagrantemente in atto la perpetrazione di crimini contro l’umanità e di violazioni di tutti i diritti umani, a cominciare dal diritto alla vita. L’inerzia di fronte a questa tragica illegalità si traduce praticamente in colpevole connivenza.
E’ vergognoso. E’ inaccettabile. In Libano come fu nei Balcani e nel Ruanda. 
Denunciamo con forza il comportamento di quegli stati che continuano ad impedire al Consiglio di sicurezza dell’Onu di esercitare le proprie funzioni a salvaguardia dei diritti umani e della legalità internazionale, di quegli stati che scaricano sull’Onu responsabilità che sono innanzitutto loro  e  discreditano e umiliano la massima organizzazione mondiale agli occhi dell’umanità intera.
Ancora una volta facciamo appello alla coscienza personale, ancor prima che alla responsabilità istituzionale, dei leader politici perché promuovano l’immediato cessate il fuoco, diano concreta attuazione al principio della centralità delle Nazioni Unite e mettano subito l’Onu nella condizione di decidere il dispiegamento di una forza di interposizione dell’Unione Europea caratterizzata da una forte dimensione diritti umani.
E’ sempre più attuale l’appello che la Tavola della Pace lancia sin dal 1995: rafforzare e democratizzare le Nazioni Unite e, in coordinamento con esse, le legittime istituzioni multilaterali, l’Unione Europea in primo luogo.
Israele e Palestina, in quanto entità istituzionali, devono la loro esistenza alle Nazioni Unite, sono figlie della stessa madre. E proprio per la loro esistenza e pacifica convivenza Israele e Palestina, per prime, devono accettare la garanzia che soltanto le Nazioni Unite, con la loro imparziale autorità, possono offrire. 
Non si spara sui Caschi Blu. Il matricidio è il più ripugnante dei crimini.
Non abbiamo bisogno di ulteriori prove per dire che l’unilateralismo non è la risposta alle esigenze della pace e dello sviluppo umano nel pianeta.
Flavio Lotti e Grazia Bellini, coordinatori nazionali della Tavola della pace
Perugia, 1 agosto 2006
Martedì, 1 Agosto, 2006 - 15:21

Assunzione già libere per i neocumunitari

ui di seguito inviamo nota relativa al superamento di ogni moratoria in materia assunzione di lavoratori neocomunitari conseguente a recente decisione governativa

 

Centro Immigrati CGIL Milano

 

La circolare
Assunzioni già libere per i neocomunitari
I lavoratori polacchi, ungheresi o degli altri nuovi Paesi Ue possono accedere liberamente al mercato del lavoro. La moratoria sulla libera circolazione è finita

 

ROMA - Chi vuole assumere un cittadino polacco, ungherese o di uno degli altri Paesi dell'allargamento Ue non deve più presentare alcuna domanda di nulla osta allo Sportello unico per l'immigrazione: i lavoratori neocomunitari sono ormai equiparati a tutti gli effetti ai lavoratori della vecchia Europa e quindi come loro possono accedere liberamente al mercato del lavoro in Italia.

Lo spiega oggi in una breve circolare il ministero della Solidarietà sociale, sancendo definitivamente la fine delle procedure che da maggio 2004 hanno imbrigliato le assunzioni dei nuovi cittadini europei. Queste non sono più circoscritte in speciali quote definite con un decreto flussi ad hoc, ma regolate semplicemente dalle esigenze di imprese e famiglie e dalla disponibilità dei lavoratori a rispondere a questa domanda.

La decisione di interrompere la moratoria sulla libera circolazione dei lavoratori neocomunitari è stata presa dal Consiglio dei Ministri il 21 luglio, ma solo giovedì scorso il governo l'ha comunicata ufficialmente alla Commissione Europa, che tra l'altro ha sempre "spinto" in questa direzione. Da quella data, sono cadute tutte le restrizioni:

"Si rende noto - spiega nella circolare il direttore dell'Immigrazione Giuseppe Silveri - che in data 27 luglio 2006 è stata notificata alla Commissione Europea la decisione del Governo Italiano di rinunciare ad avvalersi del regime transitorio in materia di libera circolazione dei lavoratori subordinati provenienti da otto Stati membri dell'Unione Europea di nuova adesione (Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca), dando in tal modo piena applicazione al libero ingresso di tutti i cittadini neocomunitari al mercato del lavoro italiano.

"Tale atto - conclude Silveri - determina la cessazione immediata delle procedure di richiesta di nulla osta lavoro per l'assunzione di lavoratori neocomunitari".

(31 luglio 2006)

Lunedì, 31 Luglio, 2006 - 13:17

Opporsi a tutte le guerre, occupazioni militari, terrorismo,torture,violazioni diritti umani


Come puo' un governo che ha appena rifinanziato la partecipazione 
militare
del proprio paese alla guerra afgana in alleanza e al servizio delle
truppe
di occupazione stragiste e torturatrici pensare di essere credibile
quando
chiede a un altro governo di rinunciare alla guerra, all'occupazione
militare di territori altrui, alle stragi e alle torture?
Con quale credibilita' possono protestare contro i crimini di guerra e
contro l'umanita' compiuti dal governo di un altro paese coloro che non
hanno mosso un dito per contrastare i crimini di guerra e contro
l'umanita'
compiuti dall'alleanza bellica di cui fa parte il proprio paese?
Come possono appellarsi al diritto coloro che non piu' tardi della
scorsa
settimana hanno nuovamente infranto la legge fondamentale
dell'ordinamento
giuridico in nome di cui governano il proprio paese?
E perche' ci sembra cosi' ambiguo, ipocrita e strumentale il
proclamarsi
contro la guerra, le stragi e le atrocita' in Libano, in Palestina e in
Israele di coloro che tacciono sulla guerra e le atrocita' in
Afghanistan?
*
Occorre opporsi a tutte le guerre, a tutte le occupazioni militari, a
tutte
le torture, a tutti i terrorismi, a tutte le violazioni dei diritti
umani di
tutti gli esseri umani.

Lunedì, 31 Luglio, 2006 - 13:10

"Voce Alternativa in Galilea" remymen@gmail.com

Mercoledì 26 luglio un gruppo di attivisti, militanti in varie associazioni pacifiste ebraiche ed arabe, ed in particolare nei movimenti "Voce Alternativa in Galilea" e "Coesistenza Partecipata Ebraica ed Araba", hanno emesso e pubblicato il seguente appello:

 

Noi, residenti della Galilea e delle Valli, non crediamo al governo d'Israele ed ai suoi generali.

Noi, residenti della Galilea e delle Valli, arabi ed ebrei, non crediamo al

governo d'Israele ed al suo esercito, secondo i quali la guerra è stata

intrapresa per auto-difesa e con l'obiettivo di liberare i soldati

catturati.

Non crediamo loro perché è ormai di dominio pubblico che i piani militari

erano pronti da molto tempo.

Sappiamo che più di un mese prima dell'attacco di Hezbollah contro la

pattuglia dell'esercito, si effettuavano esercitazioni di prova per un

attacco al Libano.

Così pure, il rapimento dei ministri e dei parlamentari dell'Autorità

Palestinese era stato pianificato diverse settimane prima della cattura del

soldato Gilad Shalit da parte di Hamas.

Non crediamo al governo d'Israele ed ai suoi generali, perché c'è un abisso

tra gli obiettivi militari dichiarati e le operazioni messe in atto

dall'esercito.

Qual è il rapporto tra gli obiettivi dichiarati e la distruzione di Beirut?

Qual è il rapporto tra gli obiettivi dichiarati ed il demolire una fabbrica

di alimenti per neonati?

Qual è il rapporto tra gli obiettivi dichiarati e la distruzione della città

di Nabatiyeh?

Qual è il rapporto tra gli obiettivi dichiarati ed il bombardare la centrale

elettrica di Gaza?

Qual è il rapporto tra gli obiettivi dichiarato ed il distruggere le

infrastrutture civili in Libano e a Gaza?

Qual è il rapporto tra gli obiettivi dichiarati ed il trasformare in

profughi più di mezzo milione di civili libanesi?

Non possiamo credere loro, perché non si può sostenere di difendere una

popolazione civile per mezzo di un attacco, crudele e deliberato, ad un'altra

popolazione civile.

Ci rifiutiamo di permettere al governo d'Israele ed ai suoi generali di

agire in nome nostro, che abitiamo in Galilea e nelle Valli, per distruggere

un intero stato confinante: il Libano.

Questa politica crudele ed assassina non sarà in nostro nome!

Non si difende così la popolazione della Galilea e delle Valli!

Abbiamo già appreso, dalle precedenti guerre in Libano, che la strategia

aggressiva, che conduce a crimini di guerra e contro l'umanità, alla totale

distruzione di uno stato, porta anche ad annientare qualsiasi prospettiva di

pace e di quiete.

La tragica situazione attuale non è altro che il prodotto di una simile

politica, quella portata avanti in Libano nel 1982 da Ariel Sharon.

Ogni azione militare intrapresa dall'esercito israeliano finisce con il

danneggiare le popolazioni civili da entrambi le parti, pur facendo pagare

innanzitutto, e principalmente, un intollerabile prezzo ai civili del lato

libanese.

Non crediamo al governo d'Israele ed ai suoi generali, perché siamo convinti

che questa guerra serva principalmente agli interessi della politica degli

Stati Uniti in Medio Oriente.

Il governo libanese ha chiesto un cessate di fuoco.

Hezbollah ha concordato con la richiesta.

La Comunità Europea ha chiesto il cessate di fuoco.

Solamente il governo d'Israele ha rifiutato di prenderlo in considerazione.

L'amministrazione Bush continua ad incoraggiare il governo d'Israele a non

interrompere le operazioni belliche.
 

Noi, residenti della Galilea e delle Valli, assieme a tutti i popoli della

regione, siamo vittime dei piani per ridisegnare il Medio Oriente, del

progetto di instaurare in Medio Oriente un nuovo ordine, che non serve agli

interessi di chi vi abita.

L'esercito americano non ha portato la pace in Iraq.

L'esercito israeliano non porterà la pace in Libano.

L'esercito americano non instaurerà la democrazia in Iraq.

L'esercito israeliano non porterà la democrazia in Libano.

Le politiche americane hanno portato all'Iraq caos e distruzione.

Il fatto che l'esercito israeliano implementi politiche simili in Libano porterà soltanto altro caos, altre distruzioni.

Non accettiamo che in nostro nome provochino disastri ad un'altra

popolazione civile.

Anche se il governo d'Israele ed i suoi generali potessero convincerci che

la loro politica è la via più breve per rimuovere dal confine nord la

minaccia posta da Hezbollah, non la accetteremmo per motivi etici.

 

Rifiutiamo di accettare una strategia che giustifica l'offesa deliberata ad

una qualunque  popolazione - indipendentemente dal fatto che prenda di mira

i civili a Gaza, in Libano o in Galilea!

Crediamo che ci sia un'alternativa a questa politica aggressiva, che si basa

sul continuo violare le Convenzioni di Ginevra.

Chiediamo al governo d'Israele di dichiarare un immediato cessate il fuoco.

Ogni minuto di combattimento crea solo nuove vittime.

Riteniamo che un cessate il fuoco da parte di Israele possa portare ad un

cessate il fuoco su tutti gli altri fronti.

Chiediamo che il cessate il fuoco sia usato per l'immediata liberazione,

senza condizioni, di tutti i prigionieri politici, e per negoziare il

rilascio di tutti i prigionieri di guerra: palestinesi, libanesi ed

israeliani.

Il problema dei prigionieri politici e dei prigionieri di guerra è ora la

questione cruciale.

Solamente l'immediato rilascio, senza condizioni, di tutti i prigionieri

politici, e l'avvio di un negoziato per lo scambio dei prigionieri di

guerra, possono allontanare lo spettro di una guerra generalizzata, portando

la pace e la calma a cui agognano tutti i popoli della regione.

Noi, arabi ed ebrei che abitiamo in Galilea e nelle Valli e ci opponiamo a

questa guerra:

Rafik Bakri                (B'eina)

 

Uri Davis                  (Skhnin)                                

 

Bilha Golan                (Beit She'arim)                    

 

Rémy Mendelwzeig           (Manof - Misgav)   

 

Nakad Nakad                (Shfaramer)                         

 

Vi invitiamo ad aderire a questo appello inviando il vostro nome

all'indirizzo e-mail

remymen@gmail.com

Si possono ottenere ulteriori informazioni firmando la petizione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Lunedì, 31 Luglio, 2006 - 11:35

Metroweb resti in mano pubblica

Metroweb non va venduta – per fortuna questo è l’orientamento che sta prevalendo tra le forze politiche milanesi (Sindaco compreso).
Infatti, ai fini di una corretta liberalizzazione del mercato, le reti devono rimanere in mano pubblica per garantire l’accesso in condizioni di parità per tutti gli operatori.
Auspico che il dibattito sulle sorti di Metroweb possa diventare l’occasione per un giudizio complessivo sull’operazione di cablaggio della città. Tale operazione, tuttavia, invece che essere orientata al massimo vantaggio per la collettività, si è rivelata una "gallina dalle uova d’oro" soltanto per i privati che vi hanno preso parte (Scaglia, Micheli, Parisi – quest’ultimo in particolare, allora City Manager del Comune, ha poi assunto l’incarico di amministratore delegato Fastweb!).
Nella vicenda ha svolto un ruolo di primo piano il presidente dell’AEM Zuccoli, il quale ha sempre avallato tutte le scelte della Giunta Albertini in materia di cablaggio, orientate più a favore di Edison/Fastweb che a favore di AEM.
Lo stesso Giuliano Zuccoli che per dieci anni ha sostenuto la linea della giunta Albertini favorevole all’alleanza AEM/Edison (nominando l’ex-Sindaco a presidente di Edipower!) e che invece oggi parla inopinatamente di possibili intese tra AEM, ASM Brescia e un’altra municipalizzata del Nord.
Ciò non può che farmi piacere, poiché queste iniziative sono state da sempre auspicate dal Centrosinistra milanese e che è ora pronto a sostenerle, nella viva speranza che le parole di Zuccoli non siano solo "fuochi d’artificio di mezza estate".

Giovanni Colombo
consigliere comunale dell’Ulivo

Domenica, 30 Luglio, 2006 - 11:30

Un'altra occasione mancata

CONFERENZA DI ROMA:

 

Dopo il sì al rifinanziamento della missione in Afghanistan, l’esito della conferenza di Roma sul Libano rappresenta una nuova prova di viltà e ipocrisia e l’ennesima occasione perduta per varare una politica internazionale in grado di rompere con le logiche di guerra finora seguite.

L’Italia non è stata l’unica a chinare la testa davanti ai diktat degli Stati Uniti, sempre pronti a difendere il loro fedele alleato Israele. A rimangiarsi l’impegno per un cessate il fuoco immediato sono stati infatti anche l’ONU e praticamente tutti i paesi partecipanti alla conferenza. La Gran Bretagna di Blair come al solito si è accodata al potente padrone statunitense, salvo poi chiedere insieme a Bush una tregua tardiva.

L’ONU e la comunità internazionale non hanno neanche avuto il coraggio di condannare con fermezza il massacro dei 4 caschi blu uccisi a Khiam da un missile israeliano, limitandosi a una dichiarazione timida e fiacca.

Israele ha ringraziato per il via libera e proseguito gli spaventosi bombardamenti sul Libano e su Gaza, impiegando contro i civili armi chimiche proibite, devastanti cluster bombs e ordigni sconosciuti, che provocano ferite spaventose.

La richiesta di un cessate il fuoco immediato è più urgente che mai, ma ad essa vanno aggiunti il blocco della cooperazione militare tra Italia e Israele e un’indagine internazionale sull’uso delle armi israeliane, come chiesto da Alex Zanotelli.

La forza internazionale da mandare in Medio Oriente, infine, deve essere una missione ONU e comprendere, oltre al Libano, anche Gaza e la Cisgiordania, escludendo nel modo più assoluto l’invio di truppe della Nato.

 

Partito Umanista

30.7.2006

 

Sabato, 29 Luglio, 2006 - 11:15

Precariato, Il parlamento si è espresso........

SNALS-CONFSAL:  PRECARIATO, IL PARLAMENTO SI E’ ESPRESSO. L’INIZIATIVA,
ORA, PASSA AL GOVERNO

Roma, 27 luglio 2006. Lo Snals-Confsal prende atto con soddisfazione
che la questione del precariato del personale della scuola è stata
affrontata dal Parlamento con correttezza nell’analisi del fenomeno e con
concretezza nelle soluzioni prospettate.

“E’ stata smentita dal Parlamento – ha dichiarato il segretario
generale vicario dello Snals-Confsal, Marco Paolo Nigi, - la falsa convinzione
secondo cui il precariato scolastico comporta minore spesa pubblica ed
è stato affermato, finalmente, che la stabilità del posto di lavoro
determina una ricaduta positiva in termini di qualità del servizio
didattico e scolastico generale”.

“La proposta – conclude Nigi  – di un piano straordinario di assunzioni
a tempo indeterminato sui posti vacanti e disponibili e secondo le
esigenze delle scuole autonome deve trovare, ora, una risposta immediata da
parte del Governo

Sabato, 29 Luglio, 2006 - 11:13

Cambiamo rotta, cominciamo dal Libano

La solidarietà alle popolazioni colpite dalla guerra deve passare per il sostegno alle organizzazioni locali.

 Fabio Alberti *

Fin dai primissimi giorni dall’inizio dei bombardamenti alcune associazioni della società civile libanese e palestinese, di diverso orientamento, si sono riunite in coordinamento operativo ed hanno avviato immediati interventi di assistenza verso le migliaia di sfollati che, in particolare dal sud del paese, affluivano a Beirut nel tentativo di sfuggire alla guerra e hanno lanciato un appello alla comunità internazionale affinché si mobilitasse per fermare i bombardamenti e li sostenesse economicamente. Il primo intervento di assistenza si è svolto nel parco di Sanayeh ove spontaneamente si erano accampate alcune famiglie. Oggi queste associazioni assistono 15.000 persone in 32 scuole elementari di Beirut.
Nei campi profughi palestinesi i centri sociali e di assistenza della associazione Beit Aftal As Somud, come di molte altre, sono stati aperti alla assistenza ai profughi fin dal primo giorno della guerra divenendo rapidamente riferimento non solo per la popolazione palestinese.

Si tratta, solo di alcuni degli episodi di solidarietà sociale dal basso che in questi lunghissimi 15 giorni di guerra si sono verificati. Ovunque in Libano, dal sud al nord, dalla pianura, alle montagne sperdute la società civile si è mobilitata per fermare la guerra e assistere le vittime.
Si tratta delle stesse organizzazioni che nei 15 anni dopo la guerra civile e nei sei anni dalla fine dell’occupazione israeliana hanno lavorato, giorno per giorno per ricostruire il paese, non solo economicamente, ma soprattutto moralmente e socialmente; che hanno animato la “primavera dei cedri” e contributo al ritiro della presenza militare siriana; che hanno dato un contributo alla speranza di costruzione di una società aperta, democratica e, nello stesso tempo indipendente.

Il team di emergenza della agenzia delle Nazioni Unite è giunto in Libano il 25 di luglio e i primi aiuti sono stati distribuiti l’altro ieri. Oltre 10 giorni dopo i primi interventi della società civile locale.
In questi giorni i centralini e gli uffici delle Agenzie Umanitarie internazionali sono presi di assalto dalle ONG specializzate in emergenza, febbrili contatti e trattative cono in corso su fondi, finanziamenti, partnerships, coordinamento. Il circo umanitario sta per ripartire un’altra volta.

Occorre una riflessione ed un cambiamento di rotta. Occorre che il sostegno alle organizzazioni locali divenga la modalità principale di solidarietà con le popolazioni colpite dalla guerra.
Le organizzazioni locali sono più rapide, efficienti ed efficaci nel raggiungere i destinatari degli aiuti. Esse possono contare su una conoscenza del territorio, degli usi e costumi locali, delle reali necessità incomparabilmente superiore a quella che possono mettere in campo anche i più esperti cooperanti internazionali. Possono contare in misura importante su una risorsa solitamente non accessibile alle Agenzie Umanitarie internazionali: il volontariato e la collaborazione delle comunità locali. Senza questo determinante apporto ogni aiuto può trasformarsi in passivizzazione e dipendenza, fenomeni a cui si assiste frequentemente negli scenari post crisi.

Ma al di là della efficacia degli interventi, il sostegno all’operato delle organizzazioni nongovernative e delle associazioni locali, come attori e protagonisti dell’autoaiuto di una società in guerra ha altri e fondamentali significati politici
In libano lo sviluppo della società civile dopo la guerra civile è stato impetuoso. Esistono oggi, su una popolazione di 4 milioni di abitanti centinaia di organizzazioni attive in tutti i campi e con diverso orientamento.
In paesi come il Libano in cui la politica è spesso appannaggio di gruppi di potere e di interesse quasi clanici, e si basa spesso sulla costruzione e tutela di sistemi di clientele, la società civile è divenuta il luogo della politica dei contenuti e dei valori. Motore di un cambiamento possibile verso una società insieme indipendente e democratica, basata sui diritti delle persone e sulla convivenza.
Certo non tutto oro è quel che luccica. Nemmeno nella società civile. Ma si è moto rigorosi nel fare le pulci alla disorganizzazione che gli interventi di aiuto dal basso spesso comportano, mentre si sorvola sugli enormi costi di struttura che l’intervento dall’esterno, pur organizzato ed organico, comporta. Si è molto attenti a rilevare episodi di discriminazione o di corruttela che anche nel mondo della società civile si verificano, mentre non ci si esime dall’alimentare la corruzione sistemica ed il nepotismo che si riscontra nella attività delle autorità pubbliche.
Nelle modalità in cui si sviluppano gli aiuti in un paese colpito dalla guerra vi è già in nuce la ricostruzione del paese. In questo periodo si possono cementare nuove solidarietà trasversali o rafforzare i gruppi di potere e i legami clanici, si può sviluppare una cultura dei diritti o il sistema di corruttele, si può alimentare la passività o rafforzare la soggettività.
Sia pure con le luci e le ombre che anche nella società civile ci sono l’autosolidarietà sociale che essa mette in moto è una risorsa fondamentale per lo sviluppo sociale del futuro.
La proposta che facciamo quindi è secca: il Governo stanzi fondi importanti destinati direttamente a sostenere le attività di sostegno alla popolazione realizzate dalla società civile libanese indicando questa come principale modalità di intervento nella emergenza della guerra e poi nella ricostruzione. Sarebbe un investimento sul futuro del paese, una indicazione che l’Italia volta pagina.
Un ponte per… ha già fatto questa scelta: tutti i fondi che raccoglieremo saranno versati, sottraendo solo i costi di raccolta, direttamente ad organizzazioni locali perché li utilizzino secondo le proprie priorità e progetti di intervento.

*Presidente Un ponte per…

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