.: Eventi

« Aprile 2024
Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          

.: Categorie

.: Ultimi 5 commenti

.: Il Blog di Donatella Elvira Camatta
Sabato, 29 Luglio, 2006 - 11:13

Cambiamo rotta, cominciamo dal Libano

La solidarietà alle popolazioni colpite dalla guerra deve passare per il sostegno alle organizzazioni locali.

 Fabio Alberti *

Fin dai primissimi giorni dall’inizio dei bombardamenti alcune associazioni della società civile libanese e palestinese, di diverso orientamento, si sono riunite in coordinamento operativo ed hanno avviato immediati interventi di assistenza verso le migliaia di sfollati che, in particolare dal sud del paese, affluivano a Beirut nel tentativo di sfuggire alla guerra e hanno lanciato un appello alla comunità internazionale affinché si mobilitasse per fermare i bombardamenti e li sostenesse economicamente. Il primo intervento di assistenza si è svolto nel parco di Sanayeh ove spontaneamente si erano accampate alcune famiglie. Oggi queste associazioni assistono 15.000 persone in 32 scuole elementari di Beirut.
Nei campi profughi palestinesi i centri sociali e di assistenza della associazione Beit Aftal As Somud, come di molte altre, sono stati aperti alla assistenza ai profughi fin dal primo giorno della guerra divenendo rapidamente riferimento non solo per la popolazione palestinese.

Si tratta, solo di alcuni degli episodi di solidarietà sociale dal basso che in questi lunghissimi 15 giorni di guerra si sono verificati. Ovunque in Libano, dal sud al nord, dalla pianura, alle montagne sperdute la società civile si è mobilitata per fermare la guerra e assistere le vittime.
Si tratta delle stesse organizzazioni che nei 15 anni dopo la guerra civile e nei sei anni dalla fine dell’occupazione israeliana hanno lavorato, giorno per giorno per ricostruire il paese, non solo economicamente, ma soprattutto moralmente e socialmente; che hanno animato la “primavera dei cedri” e contributo al ritiro della presenza militare siriana; che hanno dato un contributo alla speranza di costruzione di una società aperta, democratica e, nello stesso tempo indipendente.

Il team di emergenza della agenzia delle Nazioni Unite è giunto in Libano il 25 di luglio e i primi aiuti sono stati distribuiti l’altro ieri. Oltre 10 giorni dopo i primi interventi della società civile locale.
In questi giorni i centralini e gli uffici delle Agenzie Umanitarie internazionali sono presi di assalto dalle ONG specializzate in emergenza, febbrili contatti e trattative cono in corso su fondi, finanziamenti, partnerships, coordinamento. Il circo umanitario sta per ripartire un’altra volta.

Occorre una riflessione ed un cambiamento di rotta. Occorre che il sostegno alle organizzazioni locali divenga la modalità principale di solidarietà con le popolazioni colpite dalla guerra.
Le organizzazioni locali sono più rapide, efficienti ed efficaci nel raggiungere i destinatari degli aiuti. Esse possono contare su una conoscenza del territorio, degli usi e costumi locali, delle reali necessità incomparabilmente superiore a quella che possono mettere in campo anche i più esperti cooperanti internazionali. Possono contare in misura importante su una risorsa solitamente non accessibile alle Agenzie Umanitarie internazionali: il volontariato e la collaborazione delle comunità locali. Senza questo determinante apporto ogni aiuto può trasformarsi in passivizzazione e dipendenza, fenomeni a cui si assiste frequentemente negli scenari post crisi.

Ma al di là della efficacia degli interventi, il sostegno all’operato delle organizzazioni nongovernative e delle associazioni locali, come attori e protagonisti dell’autoaiuto di una società in guerra ha altri e fondamentali significati politici
In libano lo sviluppo della società civile dopo la guerra civile è stato impetuoso. Esistono oggi, su una popolazione di 4 milioni di abitanti centinaia di organizzazioni attive in tutti i campi e con diverso orientamento.
In paesi come il Libano in cui la politica è spesso appannaggio di gruppi di potere e di interesse quasi clanici, e si basa spesso sulla costruzione e tutela di sistemi di clientele, la società civile è divenuta il luogo della politica dei contenuti e dei valori. Motore di un cambiamento possibile verso una società insieme indipendente e democratica, basata sui diritti delle persone e sulla convivenza.
Certo non tutto oro è quel che luccica. Nemmeno nella società civile. Ma si è moto rigorosi nel fare le pulci alla disorganizzazione che gli interventi di aiuto dal basso spesso comportano, mentre si sorvola sugli enormi costi di struttura che l’intervento dall’esterno, pur organizzato ed organico, comporta. Si è molto attenti a rilevare episodi di discriminazione o di corruttela che anche nel mondo della società civile si verificano, mentre non ci si esime dall’alimentare la corruzione sistemica ed il nepotismo che si riscontra nella attività delle autorità pubbliche.
Nelle modalità in cui si sviluppano gli aiuti in un paese colpito dalla guerra vi è già in nuce la ricostruzione del paese. In questo periodo si possono cementare nuove solidarietà trasversali o rafforzare i gruppi di potere e i legami clanici, si può sviluppare una cultura dei diritti o il sistema di corruttele, si può alimentare la passività o rafforzare la soggettività.
Sia pure con le luci e le ombre che anche nella società civile ci sono l’autosolidarietà sociale che essa mette in moto è una risorsa fondamentale per lo sviluppo sociale del futuro.
La proposta che facciamo quindi è secca: il Governo stanzi fondi importanti destinati direttamente a sostenere le attività di sostegno alla popolazione realizzate dalla società civile libanese indicando questa come principale modalità di intervento nella emergenza della guerra e poi nella ricostruzione. Sarebbe un investimento sul futuro del paese, una indicazione che l’Italia volta pagina.
Un ponte per… ha già fatto questa scelta: tutti i fondi che raccoglieremo saranno versati, sottraendo solo i costi di raccolta, direttamente ad organizzazioni locali perché li utilizzino secondo le proprie priorità e progetti di intervento.

*Presidente Un ponte per…