L'Europa regionale Umanista
L’Europa ha una lunga storia di guerre e di divisioni e interne, di imperialismo e di sottomissione a tanti invasori, di alleanze e di nazionalismi che hanno visto spesso gli stessi attori a volte fratelli a volte nemici, ma anche momenti di ispirazione, di convergenza culturale, insomma momenti umanisti.
Il risultato è una popolazione estremamente variegata, diversità di lingue, di abitudini, di tradizioni artistiche e culturali, di valori.
Ma se parliamo oggi di una regione europea non è certo per sbandierare una identità culturale che si contrapponga ad altre culture.
Le nostre aspirazioni sono di segno opposto alla regionalizzazione che si sta dando nel mondo, come risposta alla globalizzazione, e che porta il segno dell’integrazione economica: crescere economicamente per diventare una potenza e avere maggior controllo ed egemonia politica e militare, contrapponendosi alle altre regioni.
Nella dichiarazione conclusiva del forum di Praga si diceva:
La nostra aspirazione è che i popoli d'Europa cambino il loro sguardo, vedendosi non come competitori o nemici ma come parte della stessa storia e dello stesso futuro
La nostra aspirazione è che i popoli d'Europa riconoscano in se stessi il contributo di altre culture
La nostra aspirazione è che i popoli d'Europa dedichino i loro migliori sforzi a favore degli altri popoli
La nostra aspirazione è che i popoli d'Europa abbraccino coloro che arrivano da altri luoghi, riconoscendo il loro valore e comprendendo la diversità come una necessità dell'evoluzione verso la nazione umana universale
La nostra aspirazione è che ognuno di noi possa scoprire questa nazione umana universale che già si annida nella parte più profonda di ognuno
La nostra aspirazione è che ognuno di noi possa trasformare questo sentimento in atto coerente risvegliando questa nuova realtà in ogni essere umano.
E’ evidente che l’Europa che abbiamo in testa non è quella del Trattato di Mastricht, sotto il segno della liberalizzazione e della privatizzazione dei servizi sociali, non è quella del trattato di Scenghen, sotto il segno del razzismo e della discriminazione nei confronti degli immigrati, non è quella del Trattato di Nizza, sotto il segno di un nuovo armamentismo che vede impegnate quote crescenti delle risorse finanziarie degli Stati membri, mentre continuano a tagliarsi i fondi destinati ad assicurare i minimi diritti umani.
Non sono sufficienti a questa idea di Europa i confini dell’Unione europea, anche se in continua espansione.
Dove metteremmo i confini?
Perché gli abitanti della Sicilia dovrebbero sentirsi separati da quelli del nord dell’Africa?
Forse pensiamo come Bush che basti un muro per bloccare le intenzioni che da sempre hanno spinto gli esseri umani a muoversi, a conoscere, a cambiare la loro vita?
Forse pensiamo che poiché le guerre attuali si svolgono fuori (appena fuori) dei confini europei il pericolo nucleare non ci riguardi?
La guerra nucleare è oggi, ancor più della catstrofe ecologica, il maggior pericolo che incombe sul mondo intero. Israele possiede oggi l’arma suprema e non ha aderito al patto di non proliferazione nucleare, come il Pakistan e l’India. Non lontano dalla zona tre potenze atomiche sono impegnate militarmente, Stati Uniti e Regno unito in Iraq e Afganistan e la Russia in Cecenia. In Afganistan combatte anche la più importante alleanza militare, l’Organizzazione del trattato nord atlantico (NATO), di cui fa parte la Francia, che a sua volta è una potenza atomica.
Nella zona compresa tra i confini occidentali dell’India fino al canale di Suez si concentra l’arsenale più devastante di tutti i tempi. Una semplice scintilla può provocare la deflagrazione.... che non riguarderà solo quella zona.
Le sfide sono oggi mondiali e mondiale e univoca deve essere la risposta.
Lo scontro di interessi economici rischia di trasformarsi in scontro di culture
Il Forum regionale europeo è l’occasione per fare un passo importante nel processo di integrazione nel quale le diversità culturali, che con l’inarrestabile fenomeno migratorio includono quelle provenienti da altri continenti, diano ciascuna il miglior contributo verso ciò che accomuna, tralsciando ciò che divide.
Un percorso che a partire da questo piccolo e antico continente inneschi un processo che deflagri, questo sì, a livello mondiale, per accelerare la formazione dell’unica nazione cui aspiriamo, la nazione umana universale.
Facce da C...o. reset!
10 Novembre 2006
RESET! I deputati hanno diritto alla pensione dopo 30 mesi di legislatura. Siamo perciò tranquilli che il Parlamento terrà fino alla fine del 2008. Ci sono più di 400 parlamentari al primo mandato. E puntano tutti alla pensione dei 30 mesi. I dipendenti plurimi invece la pensione ce l’hanno già in tasca. Tra un paio d’anni Napolitano potrà sciogliere quello che gli pare, con o senza conati anti secessionisti, faccia un po’ lui. Gli italiani, quando sopravvivono, vanno in pensione dopo 35 anni. Tra noi e i nostri dipendenti c’è quindi una evidente disparità di trattamento.
Qui, caro Dipendente del consiglio Prodi, ci arriva una tassa al minuto, ma i senatori e i deputati non pagano mai dazio. Perchè dovremmo pagare noi anche per loro? O le pensioni maturano per ogni italiano dopo 30 mesi, o i parlamentari si adeguano a tutti gli altri.
So che i nostri dipendenti non accoglieranno questo appello. Anche in questo caso avvierò un’iniziativa di legge popolare. Lo farò insieme alla legge che riduce a due le legislature per ogni dipendente (con effetto retroattivo). RESET!
La pensione dei parlamentari è una vergogna minima, di quelle che si dicono sottovoce. Cercando di non farsi notare. E di portare a casa il bottino. I privilegi per loro, i sacrifici per gli italiani. Ma questi dipendenti sono in realtà comparse televisive. Vedersi gli piace. Sono sempre lì a guardarsi parlare. Il pubblico in sala, i meet up presenti, gli facciano allora questa domanda: “Non provate vergogna a maturare la pensione dopo appena 30 mesi?”. Riprendete domanda e risposta (o fuga) e inviate al blog. I video saranno tutti pubblicati in una nuova area ad hoc: “Facce da c..o”. RESET!
Cpt Milano....risposta Prefettura negativa alle richieste
BASTA CON I RAID ISRAELIANI....PRESIDIO ORE 17
BASTA CON I RAID ISRAELIANI
CONTRO LA STRISCIA DI GAZA
INTERVENTO DELL’ONU SUBITO
Presidio davanti all’Ufficio commerciale israeliano
Corso Europa 12
Venerdì 10 novembre ore 17
Il massacro di civili di Beit Hanoun (quasi tutti donne e bambini)
rischia
di innescare l’ennesima, incontrollabile spirale di violenza tra un
esercito
brutale e indifferente ai “danni collaterali” della lotta al terrorismo
e
chi, tra i palestinesi, sa rispondere solo invocando attentati suicidi
e
altri morti.
Le condanne di rito non bastano: le Nazioni Unite devono intervenire
per
fermare i raid israeliani e riprendere un ruolo attivo e non succube di
Israele come quello a cui si sono lasciate ridurre in Libano.
Chiediamo:
L’intervento dell’ONU a Gaza e in Cisgiordania
La cessazione immediata dei raid israeliani sulla striscia di Gaza
Siamo convinti che fino a quando non si arriverà alla creazione di uno
Stato
Palestinese a pieno titolo, il Medio Oriente resterà in una perenne
situazione di instabilità, violenza e conflitto.
Chiediamo quindi il ritiro di Israele da tutti i territori occupati, la
distruzione del muro e lo smantellamento del suo arsenale atomico, nel
quadro di una politica di disarmo che tutte le potenze nucleari
dovrebbero
avviare con urgenza.
Partito Umanista
giardini di Via Gonzales: occorre intervenire in modo puntuale e urgente
Care e cari,
vi informo che nella seduta di stasera del Consiglio di Zona 4 di Milano prsenterò la seguente interrogazione che vuole sollevare urgentemente la questione alla commissione territorio e urbanistica riguardante e concernente il degrado sociale e ambientale in cui versa il giardino di Via Gonzales e di Via Nervesa, in un'ottica di proposte complessive di interventi e di misure di intervento, nel quadro generale dell'assetto sociale e urbanistico della zona stessa. Diverse sono state le sollecitazioni che mi sono giunte da diverse parti e diverse sono le esigenze riscontrate di dare corso a una politica di riqualificazione del luogo medesimo, incentivando forme di rimozione più continuativa di rifiuti presenti, una manutenzione del verde presente da coordinarsi con il responsabile del settore Parchi e giardini, ancora competente in materia, e, infine, misure di sicurezza per i passanti e l'utenza del giardino stesso, apponendo dissuasori di velocità in Via Nervesa, oggi percorsa da automobili molto spesso a velocità piuttosto elevata. Il tutto si deve tradurre nell'indizione di una riunione di commissione che affronti anche con i referenti comunali responsabili dei servizi la questione di degrado del giardino
Buona lettura e attendo vostri commenti
Un cordiale saluto
Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano
Alla cortese attenzione del
Presidente del Consiglio di Zona 4
Paolo Zanichelli
del Presidente della Commissione Territorio e urbanistica
Giorgio Tomellini
Interrogazione: situazione dei giardini presenti in Via Nervesa angolo Via Gonzales, con relativa richiesta di monitoraggio e di proposte di intervento migliorative dei giardini e delle zone adiacenti
1. Considerate le diverse doglianze formulate da parte della cittadinanza utente del giardino ubicato in Via Nervesa angolo Via Gonzales, in particolare le denunce della situazione di degrado urbano e di mancanza di manutenzione dell’arredo urbano e ambientale;
2. Considerata la mancanza di strutture che possano garantire una periodica e continuativa manutenzione del verde; considerata l’assenza di un servizio efficiente che rimuova l’alta presenza di rifiuti di vario genere, soprattutto bottiglie e lattine.
Si richiede al presidente della commissione territorio e urbanistica
1. di provvedere a indire una riunione di Commissione che affronti nel proprio ordine del giorno come punto principale l’analisi della situazione di forte degrado presente nel giardino di Via Nervesa angolo Via Gonzales, considerando varie ipotesi di provvedimenti risolutivi e migliorativi di questa situazione insostenibile per la cittadinanza, dopo aver verificato lo stato attuale con la partecipazione dell’utenza, provvedendo a segnalare misure di intervento urgente, con forme di raccordo con dirigenti dell’AMSA, preposti per la rimozione dei rifiuti, e con esponenti del settore comunale Parchi e giardini, responsabile della manutenzione del verde e dell’arredo urbano. In particolare sarebbe da considerare un aumento della presenza di campane per la raccolta del vetro, la presenza di regolamenti esposti al pubblico per l’utilizzo del giardino in questione, una maggiore presenza della vigilanza atta a monitorare con permanenza l’area onde evitare il verificarsi di atti di vandalismo, la possibilità di collocare centraline dell’acqua che possano irrogare il terreno erboso presente e oggi non adeguatamente mantenuto;
2. la necessità per la tutela dei passanti che si arrecano, soprattutto bambine e bambini, ai giardini, di appostare dissuasori della velocità nel tratto riguardante Via Nervesa,
prendo, infine, l’occasione per segnalare nelle vicinanze del parco e dei giardini in questione lo sfondamento in alcune parti della recinzione della ferrovia, lungo il percorso di Via Longanesi, la cui presenza determina un pericolo per la sicurezza personale dei passanti: sarebbe opportuno provvedere di concerto con le Ferrovie dello Stato a risolvere la questione, intervenendo e apponendo le parti mancanti della recinzione medesima.
Alessandro Rizzo - Capogruppo Lista Uniti con Diario Fo per Milano
PER UN MONDO SENZA GUERRA
Oggi stesso! Per il domani di una nuova umanità!
L’Europa, la civile Europa, la cristiana Europa è stata lo scenario di due guerre mondiale, di infinite guerre di confine, di occupazione di territori lontani, di deportazioni, sfruttamento e barbarie storiche come il nazismo e il fascismo.
Dopo secoli di violenza è difficile immaginare la pace e un mondo di fraterna amicizia nella diversità.
All’inizio del terzo millennio dobbiamo ammettere che senza un cambiamento di direzione negli sguardi, nelle teste, nei cuori e nelle azioni dei popoli e di chi li governa il futuro sarà pieno di scontri, minacce e conflitti.
Oggi il pericolo nucleare pone l’umanità sull’orlo dell’abisso.
Un mondo senza guerre è fino ad oggi un mondo sconosciuto sul Pianeta Terra.
Tuttavia, perché non lavorare in questa direzione, cercando di cambiare la direzione della storia, costruendo un vero futuro di pace e nonviolenza?
Questa dichiarazione di pace è la nostra sfida a tutti gli esseri umani.
Questa dichiarazione di nonviolenza è la nostra responsabilità come umanisti.
Assumiamo questa responsabilità liberamente e la portiamo avanti con tutti coloro che rifiutano ogni forma di violenza e puntano sulla convivenza, lo sviluppo condiviso, la democrazia reale, la tecnologia al servizio della scienza e la scienza al servizio dell'essere umano.
Eliminare le guerre significa uscire definitivamente dalla preistoria umana e fare un passo da gigante nel cammino evolutivo della nostra specie
Un "mondo senza guerre" è una proposta che guarda al futuro ed aspira a diventare concreta in ogni angolo del pianeta, affinché il dialogo sostituisca la violenza.
In questa aspirazione ci accompagna la forza della voce di migliaia di generazioni che hanno subito le conseguenze della violenza, il cui rimbombo continua a farsi sentire oggi.
È arrivato il momento di far sentire la voce dei senza-voce, dei milioni di esseri umani che chiedono con forza che finiscano le guerre!
Invitiamo sia singoli individui che rappresentanti e membri di organizzazioni, collettivi, gruppi, partiti politici, imprese ad aderire a questa dichiarazione e a lavorare ognuno nel suo campo, a partecipare a coordinamenti, fronti e forum, al fine di generare un grande movimento che ponga fine alle guerre e ad ogni tipo di violenza.
La guerra non porterà mai alla pace.
La pace esisterà solo con una vera giustizia sociale.
FORUM UMANISTA EUROPEO LISBONA 2006
Sentite cosa è successo nel Cons. Zona 7 del 6/11
Sentite cosa è successo in Consiglio di Zona 7...............
Resoconto assemblea Consiglio di Zona 6 sul progetto Soderini
Ieri sera 6 novembre, si è tenuto il Consiglio di Zona 6 straordinario sul “progetto Polo Provinciale dell’Innovazione di via Soderini. Erano presenti gli Ass.ri della Provincia Vimercati e Rotondi, il rappresentante dell’Unione del Commercio, il comitato Vivaio Soderini e oltre un centinaio di cittadini. L’ass.re Vimercati nel suo intervento ha ribadito la validità del progetto e le finalità educative e di formazione lavoro insite. Non ha fatto cenno al progetto della CCIA. L’ass.re Rotondi ha fornito alcuni dati sulla frequenza e la tipologia dei corsi. Ha preso la parola poi il rappresentante del Comitato Vivaio Soderini - Leonardo Castiglioni - che ha illustrato la contrarietà dei residenti e le perplessità che ne derivano per il nuovo insediamento che verrà a collocarsi in un’area problematica vista la presenza di strutture socio-assistenziali ed educative. Ha sottolineato gli aspetti critici del progetto, dalla sottrazione di un’area verde, alle nuove strutture che avranno un utilizzo che appesantiranno le problematiche dell’ambiente, della viabilità e causeranno il trasferimento del mercato di via Strozzi. Ha evidenziato come il nuovo palazzo della CCIA è parte integrante del progetto della Provincia e ne ha chiesto lo spostamento su un’altra area. Ha precisato che il numero dei partecipanti ai corsi e da intendersi su tutto l'arco dell'anno: infatti, non è possibile che le strutture oggi esistenti possano ospitare contemporaneamente migliaia di allievi. Ha contestato l’evidente colata di cemento che il quartiere non può sopportare. Vista la chiusura della Provincia ad apportare le modifiche al progetto, richieste da più parti, il comitato si riserva di valutare iniziative per contrastare quanto sta avvenendo. Il consigliere della Lista Fo, Angelo Valdameri, ha evidenziato la mancata informazione, la partecipazione e il coinvolgimento della gente da parte delle Istituzioni – soprattutto da parte di un’amministrazione di sinistra come La Provincia e la ferma opposizione ad un progetto molto invasivo. Si è lamentato poi perché l’ass.re Vimercati ha lasciato l’aula senza ascoltare gli interventi dei consiglieri. E’ intervenuto il consigliere del PRC – Roberto Acerboni - che ha sottolineato la distanza tra il Consiglio e le esigenze della cittadinanza, aggiungendo che occorre aprire un tavolo di confronto per esaminare le possibilità d'utilizzo di alcune strutture. La capogruppo dell’Ulivo- Vignola - ha ribadito che loro sostengono il progetto, occasione di riqualificazione del quartiere. Per F.I. il capogruppo Bombonati ha confermato di condividere il progetto, salvo rivedere quello della CCIA quando arriverà in zona. Sulla stessa linea l’UDC con Bognani, mentre la Lega con Goldoni ha evidenziato le contraddizioni dell’opposizione che quando era minoranza in Consiglio Provinciale aveva votato contro, salvo poi appoggiare il progetto nella Giunta Penati. AN si è dichiarata contraria al progetto chiedendone la sospensione per arrivare a trovare soluzioni condivise. E’ stata, da ultimo, votata una mozione presentata dall’Ulivo che chiede l’apertura di un tavolo di confronto e l’acquisizione di documenti. Hanno votato a favore L’Ulivo, Verdi, Socialisti, UDC, F.I. e IDV; contro Lista Fo, AN e Lega perché non è stata inserita la richiesta di sospensiva del progetto, astenuti Lista Ferrante e PRC.
Resoconto a cura di A.Valdameri
Gli Schiavi Moderni
Vignetta di Emanuele Fucecchi
Ho l’impressione che i politici vivano in un mondo a parte, lontano dai cittadini. E che si cibino di intenzioni di voto, di tendenze elettorali, di poltrone e poltroncine. Ma anche una sedia a dondolo gli può bastare. L’unica realtà che conoscono è la loro e il cittadino è sempre suddito. Nessuno ha chiesto truppe in Libano, indulto, aumento della clandestinità e bavaglio alle intercettazioni. Se Prodi si fosse presentato con un programma del genere, l’originale avrebbe preso il 90% dei voti.
La legge Biagi è uno scandalo, perchè il Governo non ci ha messo mano nei primi 100 giorni? I ragazzi italiani valgono meno dei delinquenti? Che spettacolo: importiamo schiavi e li creiamo contemporaneamente a casa nostra.
Pubblico un’analisi degli effetti della legge Biagi di Roberto Leombruni di LABOR e di Mauro Gallegati della Facoltà di Economia di Ancona.
“Caro Grillo,
quello che è successo all’Atesia, cui l’Ispettorato del lavoro ha imposto di assumere a tempo indeterminato 3200 collaboratori “a progetto” (le virgolette sono s’obbligo, perché il “progetto” era quello di rispondere ai telefoni di un call center), dimostra quanto sia urgente tornare su un contratto di lavoro – il contratto di collaborazione coordinata e continuativa – che è talmente precario che quando hai finito di dire come di chiama è già finito. A meno che non intervenga un giudice, appunto. Bene, dato che Prodi ha affermato più volte che la lotta al precariato è una priorità del suo governo, sarebbe una buona idea aiutare i giudici e riformare radicalmente un contratto che negli ultimi dieci anni ha tenuto milioni di giovani ai margini del mercato del lavoro – posizione dalla quale è stato più agevole un loro pacato sfruttamento.
Quanti sono veramente i collaboratori? Sì, sono milioni. Era da dieci anni che aspettavamo stime affidabili. Basti dire che l’Istat – forse pensando fossero pochi – ha atteso il 2004 prima di introdurre una domanda ad hoc nelle sue indagini, e dalle prime stime sembrava non fossero poi molti (se 400.000 vi sembran pochi). Pochi giorni fa però l’Inps ha finalmente pubblicato il suo osservatorio basato su dati reali, e ora sappiamo la verità: i collaboratori, solo nel 2004, erano quasi il triplo, erano più di un milione. Non stiamo parlando dei soli collaboratori, tenendo quindi fuori i professionisti, che di solito vengono considerati tra i salvati (ma su questo vedi più sotto, alla voce “apri la partita IVA o ti licenzio”). E anche considerando solo le persone per le quali la collaborazione è l’unica forma di lavoro, e hanno un contratto con un solo committente – categoria di solito identificata come la più debole – sempre al 2004 se ne contavano 840.000.
Perché sono da cambiare.
Per tanti motivi, che vengono fuori da tante storie che si leggono anche in questo blog. Ma il vero problema è che son nate male. Prima del ’96 l’unico modo regolare per prendere un lavoratore per un periodo breve era quella di assumerlo con un tempo determinato, pagando contributi sociali di circa il 33%, e – come in tutto il mondo civile, da un secolo a questa parte – pagandogli ferie, tredicesima e liquidazione. Esisteva però una prassi molto vicina al lavoro nero, che era quella di proporre un contratto di prestazione d’opera occasionale “e poi magari vediamo”, evitando così di pagare contributi e tutto il resto. Nel ’96 però nasce la famigerata formula della “collaborazione coordinata e continuativa”, che se ha regalato un 10% di contributi a quei lavoratori quasi in nero, di fatto ha finito per legalizzare la prassi di mascherare dei rapporti di lavoro dipendente sotto una etichetta ancora più innocente della prestazione occasionale. In assenza di controlli efficaci non c’è voluto molto perché si cominciassero a utilizzare le collaborazioni anche nei call center (l’equivalente moderno della catena di montaggio) e per lavori di durata di anni. Chi ne ha voluto approfittare si è garantito una forma di lavoro a costi stracciati – rispetto al lavoro dipendente il risparmio era di circa il 40%, meglio di un tre per due al supermercato – e una generazione di lavoratori si è trovata a lavorare per anni senza quasi mettere da parte nulla per la propria pensione, e con un livello di tutele da Inghilterra dei tempi della rivoluzione industriale. Basti pensare che solo nel 2000 è arrivata la copertura per gli infortuni e le malattie professionali. Del diritto di sciopero ovviamente ancora niente.
Perché la riforma Biagi ha peggiorato le cose.
Per la verità una riforma c’è appena stata, con la legge Biagi, ma a parte cambiare il nome in un “cocoprò” dal suono appena meno avicolo è stata una riforma per molti versi peggiorativa. Le intenzioni erano di limitare l’utilizzo improprio delle collaborazioni, e per far questo la legge richiede una forma scritta al contratto (prima non era necessaria, anche all’invenzione della scrittura ci abbiamo messo un po’ ad arrivarci), e che si identifichi uno specifico progetto. Se non si può identificare un progetto l’impresa può essere obbligata ad assumere il lavoratore con un contratto di lavoro dipendente. È questa la clausola che è stata applicata per Atesia (come è stato osservato, è poco credibile che più di tremila lavoratori di un call center abbiano ciascuno il proprio progettino specifico da svolgere).
Peccato che la stessa legge stabilisca (art. 69) che il controllo del giudice “non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano al committente”. E che con la circolare 1/2004 Maroni, come ulteriore liberalità, abbia precisato che una cocoprò può essere rinnovata quante volte vi pare.
Come dire, basta far la fatica di scrivere una volta all’anno un progetto ah hoc e si può tenere un dipendente a vita come collaboratore.
Nei fatti, la Biagi ha provocato una reazione quasi schizofrenica da parte delle imprese. In molti casi, le vecchie cococò sono state semplicemente trasformate in cocoprò. Altri, temendo la clausola citata sopra, hanno reagito con l’arma del ricatto. Lo dimostra una ricerca dell’IRES, condotta su un campione di persone che hanno aperto una partita IVA tra il 2003 e il 2004, dalla quale è venuto fuori come nel 50% dei casi questi l’hanno aperta perché gli è stato chiesto dal datore di lavoro, pena il non rinnovo del contratto. Peccato che il 40% di loro abbiano un unico committente (l’80% contando i rapporti quasi esclusivi), e continuino a essere a tutti gli effetti in quella categoria dei “collaboratori puri” che si diceva”.
La passeggiata dell'assessora Colli
Vengo ad apprendere che l'assessora Ombretta Colli incotnrerà lunedì 13 novembre, alle ore 18 la cittadinanza della Zona 4 residente in piazzale Corvetto, piazzale Gabrio Rosa e via Monte Velino per discutere dei problemi legati alla sicurezza e al degrado della zona.
La notizia è, come sempre, stata riferita senza nessun tipo di programmazione e, neppure, senza un giusto preavviso propedeutico a garantire da parte del Consiglio, stanza che dovrebbe essere rappresentanza politica della società circoscrizionale, l'emissione di pareri e di istanze, di proposte finalizzate a dare rilevanza a un percorso comune e partecipato di intervento sociale e politico negli ambiti delineati. Non c'è stata questa possibilità. Ne prendo atto, e la inserisco in un comportamento espresso dalla Giunta di oltrepassare le competenze consiliari, dando risposte, spesso di immagine e di superificie, non adeguate e autoreferenziali, ottriate, possiamo dire così, prendendo un termine giuridico medioevale che ricorda molto le costituzioni concesse per gentilezza dal monarca assoluto, e imposte, calate dall'alto. Tutti noi sappiamo quanto i contratti di quartiere siano stati insufficienti nei loro effetti e, soprattutto, sappiamo bene, ho avuto modo di esplicarlo nel presente blog, da me diretto, come gli interventi siano stati indirizzati in modo non adeguato, non concependo un percorso di partecipazione da parte della cittadinanza, dei numerosi comitati di quartiere costituitisi per la tutela dei diritti dell'inquilinato. Abbiamo situazioni di forte degrado sociale, di abbandono, di forte emarginazione, di mancanza di assicurazione sociale e civile, tale da determinare una seria difficoltà per la coesione e la convivenza civile. I portierati non esistono, spesso ci sono famiglie che prima effettuavano questo servizio nei diversi edifici e che, dopo la scadenza del proprio impiego, sono rimaste dentro le abitazioni che fungono da portineria. Abbiamo situazioni ingovernabili nel campo del servizio di smaltimento dei rifiuti, dove ancora esistono le canaline della spazzatura in diversi fabbricati di epoca remota, e che apportano differenti problemi nell'ambito della tutela dell'igiene e della sanità. Abbiamo diverse strutture fatiscenti che non vengono considerate, mentre altre vengono ristrutturate pur non necessitando di alcun intervento. La zona, il Consiglio di Zona, perlomeno, deve essere ascoltato, con un iter tale da trovare coinvolte le realtà che vivono la zona nel proprio tessuto sociale e culturale. Tutto questo non è stato fatto: il bilancio complessivo sul tema della riqualificazione sociale e civile dei quartieri in questione è negativo, fortemente negativo. Questo conferma quanto detto: ossia una visita di propaganda a parere del sottoscritto, di immagine, che vuole proporre un'assessora attenta alle questioni sociali, ma , in definitiva, non considerante una procedura democratica che dia a questi quartieri un volto nuovo, un cambiamento reale, possibile, fattibile, necessario, rivolto a dare concretizzazione a un rilancio completo e compleso risolutore delle difficoltà e delle problematiche che affliggono e angariano i quartieri. Il modello Lione si propagandava ai tempi delle amministrative come riferimento di intervento per il rilancio di questi quartieri abbandonati e allo stadio avanzato di degrado: ancora non si vedono segnali positivi e, infine, non sono conepibili come sufficienti e soddisfacenti queste misure di pura facciata. La propaganda è terminata da tempo. Occorre lavorare e proporre il cambiamento, dare risposte alle innumerevoli istanze. L'immobilismo persevera in una condizione di forte mancanza della possibilità per le realtà decentrate di intervenire e di incidere poltiicamente nelle scelte.