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Il Blog di Donatella Elvira Camatta | www.partecipaMi.it
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.: Il Blog di Donatella Elvira Camatta
Mercoledì, 27 Dicembre, 2006 - 19:30

Londra: che energia, sindaco Livingstone…

Presentato il piano per l’energia nella capitale inglese . Bioarchitettura, fonti energetiche rinnovabili, piccole centrali di quartiere: la rivoluzione energetica del nuovo piano del sindaco di Londra
di Alina Lombardo
dal sito http://www.ecodallecitta.it/notizia.php?id=636

Londra, anno 2050: la capitale britannica ha ridotto le sue emissioni di anidride carbonica di oltre il 60 per cento rispetto ai livelli del 1990, come raccomandato nel 2000 dalla Royal Commission on Environmental Pollution. La città è disseminata di piccoli generatori di corrente elettrica che sfruttano fonti rinnovabili e di impianti che producono energia e calore da destinare al riscaldamento di uffici, abitazioni e piccole fabbriche. Con l’aiuto di un sistema di gestione computerizzato, la domanda e l’erogazione di energia sono distribuiti senza sprechi e l’efficienza energetica è massimizzata, con grandi vantaggi per la salvaguardia dell’ambiente e per il portafogli dei consumatori. Il trasporto automobilistico è affidato in prevalenza a veicoli a zero emissioni alimentati a idrogeno. E grazie al decentramento del sistema energetico, si sta sviluppando un’emergente economia dell’idrogeno, un’economia verde che ha dato vita a un settore altamente competitivo per Londra e per l’intero Regno Unito, contribuendo alla prosperità dell’economia britannica.

Fantascienza? No, sono alcuni degli obiettivi dichiarati del sindaco di Londra, Ken Livingstone, nella sua Bozza di strategia energetica per il prossimo decennio. «Oggi» spiega il primo cittadino nella presentazione del suo piano, «Londra usa più energia dell’Irlanda e circa la stessa quantità di Grecia o Portogallo». Con consumi così elevati, prosegue Livingstone, abbiamo una grossa responsabilità per ciò che riguarda i cambiamenti climatici e la qualità dell’aria che respiriamo: «ogni anno, nella nostra città, muoiono prematuramente circa 1600 persone per patologie legate all’inquinamento».

Per realizzare il suo programma, Livingstone ha fissato una precisa gerarchia nella gestione energetica, tre step da seguire inderogabilmente in questo ordine:

1. utilizzare criteri di massima efficienza energetica , eliminando ogni spreco, in modo da ridurre la domanda;

2. usare fonti energetiche rinnovabili e ridurre al minimo la produzione di energia da combustibili fossili;

3. produrre l’energia con massima efficienza (esempio: cogenerazione)per tutti i casi in cui non è praticabile l’uso di fonti rinnovabili.

1. Efficienza. La realizzazione dello step 1 nel settore abitativo (responsabile per il 44% dei consumi totali di energia) significa, per esempio, che le 300mila nuove abitazioni che si prevede saranno costruite nei prossimi 15 anni nella capitale siano realizzate secondo le procedure standard (Sap, standard assessment procedure) basate su precisi criteri di sostenibilità ed efficienza energetica. Il Sap è calcolato sul rapporto tra la superficie di una abitazione e la temperatura ad essa adeguata (calore in inverno e fresco in estate), basandosi sull’isolamento dell’edificio in cui è inserita. La scala del Sap va da un minimo di 1, per edifici con elevata inefficienza energetica, a un massimo di 120 per edifici con elevata efficienza. Oggi a Londra la maggior parte delle abitazioni si colloca nella fascia più bassa di questa scala e il 16% ha un Sap inferiore a 30. Obiettivo del sindaco è portare tutte le case di Londra a un Sap superiore a 30 entro il 2010.

La massimizzazione dell’efficienza energetica, naturalmente, riguarda anche il settore pubblico e commerciale (che registra consumi pari al 30% del totale). Qui il piano energetico del sindaco individua nella bioarchitettura la strada da seguire per ridurre i consumi: si parla di massimo sfruttamento della luce naturale, di pannelli solari per la produzione combinata di calore ed energia, di studiare l’esposizione degli edifici in fase di progettazione, in modo da poter sfruttare al meglio gli elementi naturali (luce, calore, ventilazione).

Quanto ai trasporti, infine, che contribuiscono per più del 20% al consumo totale di energia, il sindaco promette di impegnarsi ad incoraggiare un maggior uso di mezzi pubblici, di realizzare percorsi pedonali e ciclabili e di utilizzare combustibili alternativi a quelli fossili, a cominciare dall’idrogeno: «i maggiori produttori di automobili stanno sviluppando tecnologie che utilizzano questo combustibile a zero emissioni e le prime autovetture dovrebbero essere commercializzate dal 2005. E Londra è una delle 9 città che introdurrà già dall’anno prossimo, in via sperimentale, autobus a idrogeno».

2. Fonti rinnovabili. Secondo Livingstone, Londra può ragionevolmente prevedere di fornire entro il 2010 almeno il 14% dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili: soprattutto da energia solare (il piano prevede l’installazione di impianti fotovoltaici in almeno 10mila abitazioni e in 100 edifici commerciali e pubblici); da energia eolica, con l’installazione di aerogeneratori lungo le rive del Tamigi; dall’utilizzo di biomasse (Londra produce ogni anno oltre centomila tonnellate di legno dalle attività di manutenzione del verde e oltre 10 milioni di tonnellate di rifiuti organici) per la produzione di calore.

3. Fonti non rinnovabili. E se le fonti rinnovabili non dovessero bastare a soddisfare il fabbisogno energetico della città, il piano ammette il ricorso ai combustibili fossili, massimizzandone però l’efficienza con l’utilizzo delle più sofisticate tecnologie. Per esempio, attraverso la produzione combinata di calore ed energia (Chp): entro il 2010, si legge nel piano, il sindaco conta di raddoppiare la capacità di Chp della città.

Il piano che, come di consueto per i piani di Livingstone sarà sottoposto a consultazione pubblica fino al 22 aprile 2003, può essere scaricato nella sua versione integrale (circa 400 pagine) dal sito del Comune di Londra

Mercoledì, 27 Dicembre, 2006 - 15:21

Riconversione dell'industria bellica....

   

AGENZIA REGIONALE PER LA RICONVERSIONE DELL'INDUSTRIA BELLICA: SEMPRE
IN ATTESA
La maggior parte delle armi e dei sistemi d'arma italiani, dalle
pistole agli elicotteri ai cacciabombardieri, viene dalla Lombardia e,
nonostante il divieto della legge 185/90, viene venduta anche a paesi
che non rispettano i diritti umani fondamentali e in cui infuria la
guerra.
Nel 2005 l'Italia avrebbe autorizzato contratti per le armi verso il
Medio Oriente per circa 200 milioni di euro; tra il 2001 e il 2004
abbiamo venduto armi a Siria, Libano e Israele, tra cui anche armi
leggere, che oggi metteranno a repentaglio la vita dei soldati italiani
Noi non siamo d'accordo che il nostro territorio abbia questo triste
primato.

Come realtà impegnate nella campagna a sostegno della proposta di
legge di iniziativa popolare per il rilancio dell'Agenzia Regionale per
la riconversione dell'industria bellica osserviamo con interesse la
ripresa del dialogo, in Regione, intorno a questi temi.

Ricoridiamo che l'obiettivo della proposta di legge e' quello di
rendere possibile la progettazione di produzioni alternative a questo
lucroso mercato di morte, tenendo in particolare considerazione, in un
contesto che vede aumentare i fatturati delle aziende e
contemporaneamente la diminuzione dell'occupazione, la salvaguardia dei
lavoratori delle industrie impegnate in produzioni belliche.

Ricordiamo quindi che la proposta di legge per la riconversione attende
ancora di essere discussa e approvata, come chiedono i 15.000 cittadini
della Lombardia che hanno firmato per la presentazione della legge.

Ricordiamo inoltre che l'attuale Agenzia Regionale per la riconversione
dell'industria bellica attende ancora di essere convocata e
rifinanziata. Crediamo che in vista della votazione del bilancio
regionale sia questa una priorità da tenere presente.

Da parte nostra continueremo a non far mancare il nostro impegno, di
informazione e di stimolo, per la realizzazione di quello che riteniamo
un utile strumento per incamminarci sulla strada di un mondo migliore.

Comitato promotore:
Rete Regionale Disarmo, Pax Christi Nord Italia, Pax Christi Brescia,
Pax Christi Milano, Caritas Ambrosiana, Missionari Comboniani Venegono,
PeaceLink, Guerre & Pace, Vita, Coordinamento Pace Cinisello Balsamo,
Fiom-Cgil Lombardia ,Fim-Cisl Lombardia, Cgil Lombardia, Cisl
Lombardia, Cgil Camera del Lavoro di Brescia, SinCobas, Arci Lombardia,
Acli Lombardia, Acli prov. Varese, Legambiente Lombardia, Legambiente
prov. Varese, Coordinamento Pace Busto Arsizio, Circolo Primo Levi
Busto Arsizio, Rete Lilliput Varese, Varese Social Forum, Associazione
Nizzy Samarate, Circolo Acli Achille grandi Gallarate, Coordinamento
Pace e Solidarietà di Gallarate, Coordinamento Pace e Solidarietà di
Samarate, Circolo Legambiente  di Cassano Magnago

Mercoledì, 27 Dicembre, 2006 - 15:17

Aldo Moro

Aldo_Moro.jpg

Ricevo e pubblico una lettera di Maria Fidia Moro.

"Gentile Signor Grillo,
mi permetto di scriverle, anche senza conoscerla personalmente, per chiedere il suo aiuto. Sono Maria Fida, la figlia maggiore di Aldo Moro. Questo è il 29° anno dalla tragica morte di mio padre ed il potere non si è ancora stancato della cortina fumogena creata ad arte al fine di adombrare la verità storica del caso Moro oscillando tra due poli: la congiura del silenzio (un silenzio assordante) da una parte e la memoria negata dall’altra. Ma il peggio del peggio è quando si mettono in scena film e spettacoli teatrali quasi sempre basati su fonti parziali o discutibili. Una vera apoteosi dell’ingiustizia! Leggo con raccapriccio che, in aprile, dovrebbe uscire su Canale 5 una fiction in due puntate su Aldo Moro. Orripilante, ma non basta. Stando alle indiscrezioni la sceneggiatura -come nel film di Bellocchio– si baserebbe su testi della Braghetti e di altri Brigatisti e su conversazioni avute con Francesco Cossiga. Intollerabile ed assurdo
Questa non è libertà di pensiero e di espressione, ma un deliberato atto di violenza gratuita. Se è giuridicamente possibile farlo non significa che sia etico. Perché –mi chiedo io- persone che hanno cooperato, a vario titolo, al rapimento ed all’uccisione di mio padre dovrebbero avere competenza adeguata a tracciarne un profilo da affidare sic et simpliciter al giudizio dell’opinione pubblica che non sempre è in grado di valutarne la attendibilità storica? E perché al contrario devono essere sempre tenute alla larga tutte le persone che gli hanno vissuto accanto e che lo amavano? La risposta è semplice, perché se si dovesse descrivere il vero Moro l’assurdità della sua morte ingiusta risalterebbe nitida invece nella mistificazione delle ipotesi a tema essa svanisce senza quasi lasciare traccia. Proprio come nel caso Welby in nome di diritti sacrosanti si opera contro l’amore. Per papà non valeva il diritto alla vita, per Welby il diritto a lasciare dignitosamente il suo corpo mortale. Entrambi sono stati accusati di strumentalizzazione. Ma quale? Forse quella di dire e rivendicare la verità, tutta la verità e niente altro che la verità?! Papà, in nome di principi sanciti dalla Costituzione in favore dell’uomo, è stato sacrificato alla ragion di Stato (tranne che poi quando era troppo tardi tale riconoscimento è stato conclamato e reiterato mille volte).
Per il povero Welby si pretendeva che accettasse di finire soffocato sia pure in presenza della macchina dopo una interminabile agonia. Visto che la natura umana permette di conoscere veramente solo quello che si è sperimentato è evidente che sia nel caso Moro che nel caso Welby nessuno avesse davvero titolo per dettare giudizi. E sarebbe tanto bello se ci sforzassimo di diventare più amorevoli e misurassimo le cose con la ragione del cuore.
Mio padre se ne è andato ed è in salvo, proprio come Piergiorgio Welby, ma io esprimo ugualmente cordoglio e dolore lancinante per una fiction che trasformerà una tragedia greca in coriandoli di plastica. Non è giusto, non è giusto, non è giusto. Se non lo si vuole ricordare degnamente si faccia silenzio, un silenzio assoluto e compassionevole. Mi spiace ma io non riconosco ad Anna Laura Braghetti nessun titolo di merito (e lo dico io quella del perdono). Essere stata la carceriera di Moro non è una categoria di pensiero, né tantomeno un titolo accademico. Se era impietosita perché non lo ha lasciato andare o almeno non si è personalmente rifiutata di fargli da guardiana? In quanto all’emerito ex Presidente Senatore Francesco Cossiga, come già ho avuto occasione di scrivergli in privato, le lacrime non lavano il sangue innocente. Se come afferma spesso davvero provava affetto per Aldo Moro non lo ricordi attraverso una inutile fiction. Mi piacerebbe che cadesse un fulmine dal cielo e distruggesse tutte le copie della stessa o ancora meglio che gli italiani si opponessero, con forza e sdegno, a questa ulteriore ignominia. In migliaia mi hanno detto “ Avremmo voluto fare qualcosa per salvarlo “. Adesso possono difenderne la memoria e lasciarlo al ricordo di coloro che lo hanno amato e lo amano con tenerezza e struggimento. E possono altresì dare a noi, che abbiamo avuto la vita devastata dalla sua morte, un po’ di pace.
Deve essere vietato togliere ad un uomo buono ed innocente oltre la vita anche la dignità. Che sulla valle delle lacrime scenda il silenzio. Con gratitudine per quanto vorrà e potrà fare".
Maria Fida Moro

Martedì, 26 Dicembre, 2006 - 10:54

NO agli inceneritori....Ho Paura!!!

Alex Zanotelli
13 novembre 2006
Ho sempre più paura che il problema dei rifiuti in Campania continui ad essere affrontato sull'onda emotiva dell'emergenza. E' sbagliato credere che gli inceneritori possano rappresentare la panacea di tutti i mali. Gli inceneritori sono tra i massimi produttori di nanoparticolato, sostanza che penetra direttamente nelle vie aeree inferiori e negli alveoli polmonari, passa rapidamente nel sangue, penetra all'interno delle cellule e del nucleo, danneggiando il cervello e lo stesso DNA.
 Ho paura, ho una grande paura, ho sempre più paura che il problema dei rifiuti in Campania continui ad essere affrontato sull'onda emotiva dell'emergenza, la cui risoluzione, o presunta tale, risulta sempre più influenzata da aspetti di natura economico-finanziaria.
Risolvere l'emergenza sì, ma senza pregiudicare il nostro futuro e il diritto delle generazioni future, senza far credere che gli inceneritori possano rappresentare la panacea di tutti i mali.
Apriamo dunque, ma subito, con le istituzioni un grande dibattito, non si tollerino più scelte che possano pregiudicare definitivamente il territorio campano, costituendo, dal punto di vista sanitario-ambientale, un punto di non ritorno.
Voglio essere più esplicito e provo a spiegarmi meglio. Se si ritiene che il problema della spazzatura in strada e delle balle disseminate sul territorio campano possa risolversi con la realizzazione degli inceneritori, magari mutuando il modello emiliano o quello di Brescia, aree che registrano il più alto tasso di malati di cancro in Europa, a pari merito soltanto con la Ruhr, allora bisogna reagire, mobilitarsi, così come fu fatto due anni fa per fronteggiare le speculazioni sull'acqua. Ma proprio memore di questa esperienza, vorrei provare ad interloquire con chi in questo momento è titolare del potere di decidere. Bisogna dire, e ad alta voce, quello che stanno dicendo da mesi in convegni, seminari, congressi in tutta Europa i più famosi chimici e medici di provata autonomia ed indipendenza dal potere politico ed economico. Evitiamo un'altra catastrofe ambientale e sanitaria come quella dell'amianto, quando già dagli anni sessanta si sapeva che conteneva sostanze cancerogene. Diciamo chiaramente che l'unica possibilità per risolvere il problema rifiuti in Campania è la differenziata, ma una vera differenziata, associata a processi biologici "a freddo" di smaltimento quali la biossidazione; una raccolta differenziata, intesa quale fonte di risparmio energetico, va anche intesa quale risorsa per l'occupazione giovanile.
Bisogna che tutta la cittadinanza sappia, ed è un suo sacrosanto diritto, che tutti gli impianti di smaltimento a caldo quali gli inceneritori e i gassificatori sono estremamente dannosi per l'ambiente e per la salute delle popolazioni esposte direttamente ma anche indirettamente tramite la catena alimentare. Da almeno un decennio, infatti, è noto che nei territori in cui sono presenti gli inceneritori il tasso di diossine e metalli pesanti nei latticini e nei grassi animali ed in molti tessuti umani, con particolare riferimento a neonati e feti, è molto più alto che in popolazioni non esposte. Ma ancora più grave è quanto la letteratura scientifica più recente ha dimostrato, ovvero che gli inceneritori sono tra i massimi produttori di nanoparticolato, sostanza che penetra direttamente nelle vie aeree inferiori e negli alveoli polmonari, passa rapidamente nel sangue, penetra all'interno delle cellule e del nucleo, danneggiando il cervello e lo stesso DNA.
Dobbiamo dunque evitare una vera catastrofe ambientale ed è per questo che io imploro le istituzioni responsabili ad organizzare un incontro aperto, durante il quale tutta la cittadinanza sia messa in condizione di sapere quali sono le conseguenze dello smaltimento dei rifiuti attraverso gli inceneritori. Possiamo ancora evitare una possibile imminente catastrofe sanitaria ed ambientale, ma il tempo è ormai agli sgoccioli, credo in uno scatto di orgoglio e di responsabilità da parte del nostro Governatore.

Martedì, 26 Dicembre, 2006 - 10:47

notizie del 2001


Uranio, dall'Italia le carte per l'inchiesta dell'Aja
Esposto 'girato' a Carla Del Ponte dal pm militare Intelisano

 - Se verrà dimostrato che i proiettili all'uranio impoverito sono responsabili delle leucemie che hanno colpito alcuni soldati, il Tribunale internazionale dell'Aja potrebbe aprire un'inchiesta per «crimine di guerra». L'ha detto il procuratore generale del Tribunale penale internazionale, Carla Del Ponte: «Abbiamo competenza per quanto riguarda l'uranio impoverito se ci sono i presupposti per sospettare che possa aver causato queste leucemie». La Del Ponte ha aggiunto: «Aspettiamo i risultati delle numerose inchieste».
E le carte che potrebbero dare una svolta all'inchiesta provengono dall'Italia. Nei mesi scorsi, la procura militare di Roma ha vagliato la denuncia di un comitato di giuristi in cui si ipotizzano, per l'uso dei proiettili all'uranio impoverito nei Balcani, crimini di guerra. Un esposto che il pm Antonino Intelisano avrebbe girato per competenza alla procura presso il tribunale dell'Aja.
Di sicuro, tra gli accusatori c'è Joachim Lau, avvocato tedesco residente in Toscana, rappresentante in Italia della Ialana, l'Associazione internazionale degli avvocati contro le armi nucleari. Sul tavolo di Intelisano l'avvocato, fin da tempi non sospetti, ha rovesciato una copiosa documentazione sui presunti danni collaterali provocati dai proiettili all'uranio impoverito durante la guerra in Kossovo.
Negli atti si parla di «violazione di norme nazionali e internazionali» e viene chiesto di «procedere per crimini di guerra». Il rappresentante della Ialana, sottolineati gli effetti tossici e radioattivi dell'uranio polverizzato, allega una documentazione per dimostrare che «questi danni sull'organismo sono a conoscenza dei militari della Nato da decenni».
L'uranio diffuso nel tempo provoca inoltre danni all'ambiente. E, secondo l'esponente della Ialana, «circa l'80% dei raid sono partiti dal territorio italiano. Esiste, quindi sostiene una diretta e indiretta corresponsabilità penale di varie persone ignote in posizione decisionale all'interno dell'amministrazione militare nazionale e degli altri Stati della Nato su tutti i livelli».
Non solo. «Quando i soldati inalano o ingeriscono polvere di uranio, incorrono in un potenziale incremento del rischio di cancro»: così si legge in un documento della Direzione Sanità dell'Esercito Usa del 16 agosto '93 e reso noto, separatamente, dalla Ialana e dall'Anavaf. Secondo Falco Accame, presidente Anavaf, «esiste dunque una doppia verità per gli Usa, per chi è interno all'apparato e chi è fuori dell'apparato».
Intanto il presidente jugoslavo Vojislav Kostunica da parte sua, ha detto in un'intervista che «i bombardamenti della Nato sulla Jugoslavia, nei quali sono stati utilizzati proiettili all''uranio impoverito, erano criminali». Per Kostunica, la tesi secondo cui l'uranio impoverito non è nocivo «è una sciocchezza e dimostra una decadenza morale avanzata».

ASSOCIAZIONE ITALIANA DEI GIURISTI
CONTRO LE ARMI NUCLEARI
MEMBRO: INTERNATIONAL ASSOCIATION OF LAWYERS AGAINST NUCLEAR ARMS
LETTERA APERTA

portavoce:
Prof. G. Nebbia
Roma
Dr. J. Lau
Firenze
contatto:
c/o
stud. legale Lau
I- 50122 Firenze
Via delle Farine 2
Tel.055-2398546
Fax.0575-592243
e-mail:lau@elledi.it
http://www.ddh.nl/org/ialana
consulenti:
Avv. Romeo Ferruci
Avv. F. Trippanera
Dott.G Nifosi
Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Pordenone
Spett. Dott Roberto Labozzetta !
Il sottoscritto Dr. Joachim Lau in funzione di membro del consiglio della IALANA (International Association of Lawyers Against Nuclear Arms) - e con studio a Firenze Via delle Farine 2 mette alla Sua spettabile attenzione le seguenti considerazioni, per rivedere la sua decisione di archiviare le indagini sulla leicità della presenza di armi nucleari nel sottosuolo italiano, di questa primavera.
  • attualmente nella base militare di AVIANO (PORDENONE) si trovano almeno 18 armi nucleari come si è appreso dalle notizie dei giornali pubblicate recentemente; il Ministro della difesa italiano, in una recente interpellanza parlamentare ha dichiarato di aver conoscenza della sussistenza del fatto e che non si puo' per motivi di segretezza militare , rendere pubblici ulteriori dettagli.
  • questi fatti potrebbero essere penalmente rilevanti sotto il profilo degli Art. 697 – 678 – 679 – 244 - 241 – 110 – 112 c.p.
  1. La Repubblica italiana è vincolata al trattato di non proliferazione del 1 luglio 1968 nel quale si impegna a non fungere da recipiente di armamenti nucleari (Articoli 1 e 2 dell'N.P.T.). Il deposito della NATO appartiene al territorio nazionale e ricade pianamente nella giurisdizione italiana anche in base alle convenzioni internazionali (Vedi Statuto delle truppe NATO). Sotto il profilo dei c.d. Accordi Nucleari di Condivisione (Nuclear Sharing Arrangements) e degli accordi bilaterli tra l'Italia e gli Stati Uniti detti Dual Keys o "doppia chiave" ed in applicazione dell'Art. 1140 c.c. , la Repubblica Italiana e specificamente il suo attuale governo nonché’ i responsabili dell’esecutivo, detengono in contrasto con le convenzioni internazionali nonché con gli obblighi costituzionali, armi nucleari.
  1. Sembra altresì infranto l’Art. 678 e 679 c.p. perchè le autorità militari italiane e della NATO avevano depositato, trasportato e introdotto nello Stato materiale esplodente senza avere una relativa autorizzazione da parte dell’autorità competente ( EURATOM, AIEA). Alla base degli impegni nazionali ed internazionali, nessun governo italiano è autorizzato a tenere materiale nucleare non registrato presso le Comunità Europee o presso l’autorità di controllo di Vienna.
  2. Indipendentemente dalle notizie non confermate, che la NATO intende ritirare le armi nucleari dal territorio nazionale e dal fatto che in passato, durante la guerra fredda il concetto della sicurezza nazionale è stato valutato soltanto nell'ambito della deterrenza nucleare, occorre tornare ad una normalità pacifica tra gli Stati, nella quale nessuno puo' avere il diritto di minacciare l’altro. La presenza di armi nucleari sul territorio italiano contro un presunto nemico che ancora si identifica nella Russia, rappresenta una minaccia contraria all’articolo 2.4 della Carta ONU, come è stato inoltre affermato dalla Corte Internazionale di Giustizia nel sua "Advisory Opinion" o Opinione Consultiva dell' 8 luglio 1996. E’ altrettanto noto che il sistema di programmazione automatico per il lancio dei missili nucleari della Federazione Russa , mira a distruggere i depositi nucleari e missilistici della NATO. Esiste pertanto una certezza che anche il deposito ad Aviano in caso di un’attacco presunto o reale sia un bersaglio da colpire. Considerando la velocità dei vettori delle bombe nucleari ed il loro sistema di lancio automatico ne consegue che il territorio italiano è permanentemente sottoposto ad un pericolo e ad una minaccia nucleare come atto di ritorsione. Visto che il reato di cui all’art. 244 c.p (atti ostili verso uno stato estero che espongono lo stato italiano al pericolo di una guerra) non richiede un dolo specifico (Corte Cass. 17.0tt.1958 I.sez.) non si può escludere il sospetto che gli attuali e precedenti ministri della difesa ed altri responsabili abbiano infranto questa norma penale mettendo a disposizione di un' altro Stato le base italiane per il deposito di armi nucleari. Bisognerà inoltre, esaminare se il tacito o esplicito consenso di una pluralità di persone, ufficialmente ignote, le quali hanno accettato il deposito di armi nucleari in Italia, abbiano sottoposto una parte del territorio dello Stato sotto la sovranità di uno Stato straniero (Art.241) e/o menomato l’indipendenza della Repubblica italiana, ed in ogni caso violato gli Articoli 1 e 2 del Trattato di Non Proliferazione.
La IALANA sarebbe lieta di conoscere la sua opinione ed eventuale decisione nel merito della procedura sopra menzionata.
Con i più cortesi saluti
Dr. Joachim Lau

Martedì, 26 Dicembre, 2006 - 10:34

Muoiio assassinato questa notte


Il caso giudiziario di Gary Graham è semplice. Nessuna giuria bene informata avrebbe mai potuto dichiararlo colpevole del delitto di cui fu accusato nel 1981.

Potete convincervene leggendo questo libro.

Eppure l’accusa ottenne con facilità una sentenza di morte contro di lui.  E la sua storia si concluse in Texas in un momento politico molto delicato: la scalata del Governatore George W. Bush alla Casa Bianca.

Il Comitato Paul Rougeau vuol far conoscere a tutti la vicenda umana e giudiziaria di Gary Graham e lanciare una sfida ad ogni persona onesta che sostenga in buona fede la pena di morte.
DIFFONDETE IL PIÙ POSSIBILE QUESTO LIBRO PER DAR VITA AD UN AMPIO DIBATTITO SULL’INGIUSTIZIA DELLA PENA DI MORTE!
Questo libro, costruito riportando e legando tra loro documenti autentici, tratta in maniera aperta ed obiettiva sia gli aspetti positivi che quelli negativi della vita e del carattere del protagonista.
La narrazione comincia dai primi anni sessanta, quando agli enormi problemi di una coppia di giovanissimi afro-americani si aggiunse la nascita di Gary, un figlio non voluto che maturò in fretta. Dal 14 al 20 maggio 1981, quando era ancora minorenne, Gary Graham commise una serie di rapine a Houston nel Texas e finì in prigione. Ne uscì soltanto 19 anni dopo, imbottito di farmaci letali.
Nella desolazione del carcere il giovane criminale di colore intravide il miraggio di un riscatto. Non diventò un santo, né un penitente, ma lottò con tutte le sue forze per conquistare un posto ben visibile nella società che lo aveva rifiutato fin dalla nascita.

Martedì, 26 Dicembre, 2006 - 10:24

Lettera aperta a Pinochet

Lettera veramente aperta a Pinochet
ripubblichiamo la lettera scritta all'epoca della detenzione del dittatore
Olivier Turquet
13 dicembre 2006
Ripubblichiamo la lettere che lo scrittore cileno Ariel Dorfman scrisse quando il dittatore Pinochet fu recluso a Londra.
Ci pare rsti molto viva ed attuale ora che, con la morte del dittatore, un triste revisionismo storico si sta mettendo in marcia.
Lettera veramente aperta al generale Pinochet
"Mi creda, generale: è quanto di meglio le potesse succedere".
Mi rendo conto che non è piacevole ritrovarsi detenuto senza alcun preavviso, non poter uscire a passeggiare per le strade di Chelsea quando se ne ha voglia, non sapere quale futuro ci attenda. Può chiederlo, senza dover cercare troppo lontano, ai tanti cileni che lei stesso ha privato della libertà in circostanze estremamente meno confortevoli di quelle offerte da una clinica londinese a cinque stelle.
Ma se ha paura, se si sente solo, se crede di essere stato pugnalato alle spalle, generale, pensi che il destino le ha offerto, nel momento in cui la sua vita volge ormai al tramonto, una provvidenziale opportunità di salvarsi l'anima. Dal golpe del '73 lei ha vissuto e vive in un inganno, in una minuziosa e sdegnosa autogiustificazione di quella condotta che lei iniziò a fondare esattamente sulla morte, intollerabile e accusatrice, di Salvador Allende, l'uomo cui lei deve la sua nomina a capo delle Forze Armate, e che lei tradì: e a quel primo tradimento ne seguirono altri. Si trattò, in realtà, di una valanga inarrestabile, poiché il primo grande crimine ha sempre bisogno di altri crimini dietro i quali nascondersi; i dittatori aspirano al potere assoluto per trovare rifugio dai demoni che loro stessi hanno scatenato. Al fine di mettere a tacere i fantasmi esigono che intorno a sé venga innalzato un muro di specchi adulatori e di ossequiosi consiglieri che ripetano in continuazione: "sì, sei tu il più bello, sì, sei tu il più buono, sì, sei tu a sapere tutto". E lei finì per crederlo, generale.
Si è difeso da quel che aveva fatto, e da quel che continuava a fare, con la muraglia impenetrabile della sua invulnerabilità: nessuno le avrebbe mai presentato il conto, perché ci sarebbe stata una legge per lei e un'altra per il resto dei suoi concittadini. E quando, nel 1988, il popolo cileno votò in massa contro di lei arrivando infine a costringerla, nel 1990, a lasciare la presidenza, lei fu così abile da intrappolare con incredibile astuzia il paese intero in una transizione grazie alla quale lei non avrebbe mai dovuto rispondere né di ciò che aveva detto né di ciò che aveva fatto. Una transizione in cui lei era l'unico veramente libero di dire e di fare quel che voleva, il bello e il cattivo tempo, come lei stesso andava ripetendo con arroganza sorniona, mentre i suoi compatrioti dovevano continuamente tenere a freno la lingua e pesare ogni parola.
A noi non fu concesso, durante quella transizione pattuita e necessaria, lasciarci trasportare dalle emozioni, mentre lei poteva prendere a calci la scacchiera perché non le piaceva la nostra ultima mossa: uno scacco al quale non avevamo diritto. Di fatto, generale, lei ha pensato di poter continuare a godere dell'inviolabilità di un dittatore in pieno processo democratico, e ha confuso il suo paese con il mondo.Ha pensato di poter fare un viaggio in Inghilterra, nazione da lei stesso definita come l'esempio più alto e luminoso della
civiltà, di poter passeggiare lungo il Tamigi come fosse il Mapocho, ed era convinto che gli inglesi avrebbero dovuto rispettare e onorare i patti e le regole e le consuetudini cilene come se fossero state le loro.
E' doppiamente dolce pensare che lei si è messo in trappola da solo, generale, che è stata la stessa superbia con la quale aveva governato ad accecarla e perderla, nell'illusione che avrebbe potuto continuare in eterno ad imporre agli altri la sua volontà. L'impenetrabilità del suo isolamento le garantiva di non dover mai guardare, né da vicino né da lontano, il dolore che lei stesso aveva inflitto ai suoi simili.
Ecco perché questa detenzione le sarà tanto salutare. E di certo lo sarà anche per il paese: perché ci costringerà a guardarci in faccia, mettendo alla prova la nostra democrazia, la sua forza, la sua possibile precarietà; e finalmente ci porterà a confrontarci con il bisogno di risolvere al più presto questa complessa, ambigua ed eterna transizione che lei ha sempre limitato con la sua costante ombra e presenza.
Voglio che sappia, generale, che non credo nella pena di morte. Credo, questo sì, nella redenzione umana: persino nella sua, generale. Per questa ragione quello che per venticinque anni ho desiderato che le succedesse - quello che ancora non riesco a credere le stia veramente per succedere - è che un giorno o l'altro, prima della sua morte, lei debba fissare i suoi occhi azzurri negli occhi scuri e chiari delle donne i cui figli, mariti, genitori e fratelli lei trasformò in desaparecidos; ho desiderato che quelle donne, una dopo l'altra,
avessero la possibilità di raccontarle che cosa accadde quando le loro vite furono calpestate e distrutte da un ordine che lei impartì o da un'operazione di quella polizia segreta cui lei non mise mai nessun freno. Mi sono sempre chiesto che cosa ne sarebbe stato di lei nel momento in cui fosse stato costretto, giorno dopo giorno, ad ascoltare le infinite storie delle sue vittime e a doverne ammettere l'esistenza.
Lei che crede in Dio, generale, si renda conto di quale benedizione le abbia mandato il suo saggio, misericordioso e severo Signore negli ultimi giorni della sua vita: la possibilità che lei si penta. La possibilità di spezzare dall'interno il circolo tremendo dei suoi crimini e dirci dove sono i nostri morti. Ne sa qualcosa, Don Augusto?
Io, personalmente, mi accontenterei di questo. Sarebbe un castigo sufficiente, e pensi che gran contributo sarebbe per questo paese da lei tanto amato: potrebbe aiutarci a far sì che la nostra patria comune compia un ulteriore passo avanti sulla difficile strada della riconciliazione, riconciliazione che è possibile, sì, ma solamente se si accetta la terribile verità di quello che abbiamo passato, se lei parteciperà alla ricerca dolorosa di quella verità senza mentire, né a se stesso né a noi.
Ricordi quello che la storia, la religione e anche la letteratura c'insegnano: la cosa migliore che possa succedere a un criminale è di essere catturato, perché nella reclusione solitaria, senza più le difese abituali con le quali nascondere il proprio passato, può forse minimamente aprirsi nel prigioniero la finestra di una possibile redenzione.
Non credo che lei leggerà queste parole, né tantomeno che vi darà ascolto. Non credo che rinuncerà volontariamente ad un'immunità che non le appartiene né tantomeno ad un'impunità che ha sempre creduto di avere. Non credo che il suo corpo, nel momento in cui si trova prigioniero, possa iniziare a percorrere quel cammino spirituale che la porterebbe ad agire come un uomo veramente libero; che possa rinunciare alla paura e penetrare il mistero della sua vita; che possa
vedersi come la vede la stragrande maggioranza dell'umanità e capire perché vogliamo esorcizzarla. Lei e i tanti altri tiranni di questo secolo che sta finendo.
Non è mai tardi, generale.
ARIEL DORFMAN
Domenica, 24 Dicembre, 2006 - 12:41

Dichiarazione Umanista

DICHIARAZIONE

 
Nella storia dell'umanità la guerra è stata sempre presente. Questo dramma è ogni giorno più devastante perché i progressi tecnologici permettono ai violenti di produrre sempre più ordigni distruttivi. La minaccia nucleare pone oggi l'umanità sull'orlo dell'abisso.
Le guerre e la corsa agli armamenti incidono negativamente sull'economia dei paesi, assorbendo fondi che dovrebbero essere destinati all'educazione, alla sanità, alla cultura e a migliorare la qualità della vita. L'influenza esercitata dall'industria bellica sui governi e sulla società fa sì che i paesi produttori di armi facciano pressione per mantenere i conflitti e così utilizzare e sperimentare le loro armi, mascherando l'avidità con teorie sull'inevitabilità, la necessità e perfino i vantaggi dei conflitti armati per l'economia.
Agli inizi del terzo millennio, i conflitti nei differenti campi (economici, etnici o religiosi) invece di diminuire tendono ad aumentare. Lo stesso succede col terrorismo. La violenza aumenta anche nella società civile, arrivando ad estremi inimmaginabili fino ad alcuni anni fa. Se non c'è un cambiamento di direzione, il futuro porterà sempre più confronti violenti in vari campi e in tutte le latitudini.
E' più che provato che si potrebbe risolvere la fame nel mondo col 10 % di ciò che viene speso in armamenti. Possiamo immaginare cosa succederebbe se si destinasse il 30 o il 50 % delle spese belliche per migliorare la vita della gente, invece che a scopi distruttivi?
Dopo secoli di violenza, è difficile immaginare la pace. Tuttavia, perché non lavorare in questa direzione, cercando di cambiare la direzione della storia, costruendo un vero futuro di pace e nonviolenza?
Consideriamo che questa è la nostra responsabilità come esseri umani. Vista la direzione che stanno prendendo gli avvenimenti, definirsi contro la guerra ha senso, è etico, coerente ed urgente.
 
Assumiamo questa responsabilità liberamente e la portiamo avanti con tutti coloro che rifiutano ogni forma di violenza e puntano sulla convivenza, lo sviluppo condiviso, la democrazia reale, la tecnologia al servizio della scienza e la scienza al servizio dell'essere umano e della pace. Dobbiamo denunciare le minoranze violente, isolarle e fare pressione affinché cambino direzione alle loro politiche guerrafondaie, indirizzandole invece verso lo sviluppo umano.
Un mondo senza guerre è fino ad oggi un mondo sconosciuto sul Pianeta Terra. Eliminare le guerre significa uscire definitivamente dalla preistoria umana e fare un passo da gigante nel cammino evolutivo della nostra specie.
Un "mondo senza guerre" è una proposta che guarda al futuro ed aspira a diventare concreta in ogni angolo del pianeta, affinché il dialogo sostituisca la violenza.
In questa aspirazione ci accompagna la forza della voce di migliaia di generazioni che hanno subito le conseguenze della violenza, il cui rimbombo continua a farsi sentire oggi in tutti i posti dove le guerre hanno lasciato la loro sinistra scia di morti, scomparsi, invalidi, rifugiati e dispersi
È arrivato il momento di far sentire la voce dei senza-voce, dei milioni di esseri umani che chiedono con forza che finiscano le guerre. Possiamo ottenerlo unendo tutte le forze del pacifismo e della nonviolenza attiva.
Invitiamo sia singoli individui che rappresentanti e membri di organizzazioni, collettivi, gruppi, partiti politici, imprese ad aderire a questa dichiarazione e a lavorare ognuno nel suo campo, a partecipare a coordinamenti, fronti e forum, al fine di generare un grande movimento che ponga fine alle guerre e ad ogni tipo di violenza.
 

Lavoriamo oggi per garantire un futuro migliore e salvaguardare le generazioni future. Perché crediamo nella pace ed in un mondo più umano!

 

Per un mondo senza guerre!

Domenica, 24 Dicembre, 2006 - 12:27

Umanisti per Campagna Mondiale Mondo senza guerra


Adesione alla campagna mondiale Mondo senza guerre, promossa dal Movimento Umanista,  una manifestazione di protesta contro il Riarmo Atomico.
 
Babbo nucleare, armato di missili giocattolo e un comunicato richiedente il disarmo, coinvolgerà simbolicamente tutte le ambasciate dei paesi detentori di testate nucleari,  in particolare l'ambasciata statunitense, davanti si terrà un sit-in.
 
L'iniziativa si inserisce in un complesso di eventi organizzati in più parti del mondo per accrescere la consapevolezza sulla reale entità della nuova corsa agli armamenti e per rompere il silenzio e la parzialità dell'informazione a riguardo:
 
• Oggi sono in corso nel mondo più di 30 conflitti. Ogni anno muoiono a causa delle armi 500.000 persone, 1.300 al giorno, una al minuto.
 
• Secondo i dati ufficiali, la Russia ha ammesso di possedere 20.000 bombe nucleari, gli Stati Uniti 10.500, la Gran Bretagna 185, la Francia 450 e la Cina 400. Secondo alcuni osservatori Israele ne possiede almeno 200.
 
•  Nonostante le riduzioni effettuate negli anni Novanta, rimangono in tutto il pianeta più di 30.000 testate nucleari, sufficienti a distruggerlo per intero 25 volte.
 
• La Nato si muove al di fuori degli accordi del Trattato di Non Proliferazione Nucleare, violandoli apertamente. Gli Stati Uniti hanno dislocato 480 bombe nelle varie basi Nato in Europa: 150 in Germania, a Büchel, e Ramstein; 20 in Belgio, a Kleine Brogel; 20 in Olanda, a Volkel; 110 in Gran Bretagna, a Lakenheath; 90 in Italia, ad Aviano e Ghedi Torre; 90 in Turchia, a Incirlik.
 
Le iniziative che si sviluppano nell'ambito di questa campagna accolgono lo spirito pacifista e non-violento che si sta spontaneamente diffondendo nel mondo, proponendo una risposta diversa a questa drammatica situazione. Si tratta di una nuova sensibilità che unisce persone diverse per cultura, religione, generazione, nella convinzione dell'assurdità di una crescente e distruttiva spirale di violenza. È una risposta che si oppone e non riconosce le attuali logiche del potere e della sopraffazione, contrapponendo ad esse un'alternativa basata sul rafforzamento dei vincoli tra i popoli, l'appoggio reciproco, la solidarietà, la sensibilizzazione dell'opinione pubblica, la mobilitazione e la pressione su coloro che pretendono di decidere il destino di tutti.
 
Nell'ambito di questa campagna sono già state realizzate varie iniziative, tra cui la formazione di simboli della pace realizzati con le fiaccole a Budapest, Praga, Santiago del Cile, Helsinki, Parigi e, recentemente, a Roma, Torino e Milano (www.simbolodellapace.net); la trasmissione gratuita da parte di oltre 300 canali televisivi in tutto il mondo, dell'appello lanciato da Silo – fondatore del Movimento Umanista, di porre come priorità del momento attuale il ritiro delle truppe d'invasione, la restituzione dei territori occupati, lo smantellamento degli arsenali (www.silo.ws); contemporaneamente alla nostra manifestazione a Roma, anche in Ungheria si terranno sit-in davanti tutte le ambasciate dei paesi che posseggono armi atomiche e saranno consegnati missili giocattolo.
 
Grazie all'aiuto di numerosi cittadini ed associazioni il 18 novembre, realizzando il simbolo della pace a piazza dell'Immacolata (www.lasvoltaumanista.com), siamo riusciti a dare un segnale molto chiaro e una testimonianza: le persone comuni possono, unendosi, fare qualcosa di visibile per esprimersi su questioni sulle quali normalmente non sono neanche interpellate!

Per questo vorremmo adesso coinvolgere tutti coloro che si rendono conto dell'estrema gravità della situazione attuale e tutte quelle associazioni che da anni lottano per la pace e il disarmo, invitando tutti a partecipare all'evento che si snoderà per le diverse ambasciate.
 
Chiaramente si tratterà di un evento assolutamente pacifico e non-violento, che non vuole essere offensivo o provocatorio nei confronti delle persone che lavorano all'interno delle suddette ambasciate.
 
 
 
 
 

Domenica, 24 Dicembre, 2006 - 12:12

Aggiornamento e Auguri di Buon Natale Comitato " Via le Bombe"


Per aggiornarvi sulle attività del Comitato 'Via le Bombe', e me
ne scuso.

Il motivo del mio silenzio è che in effetti non ho molte novità da
condividere con voi. Dopo le tante iniziative che ci hanno coinvolto
fino ai primi di dicembre (in particolare la riuscita conferenza con
Paolo Barnard e la riuscitissima manifestazione di Vicenza), ci siamo
effettivamente presi una pausa, in attesa di rimetterci al lavoro in
gennaio.

In questo periodo, abbiamo fatto un'unica riunione del Comitato, in cui
abbiamo abbozzato un percorso, per i primi mesi del prossimo anno, che
ci permetta di porre nuovamente al centro dell'attenzione il tema del
disarmo nucleare. L'idea era di fare (a fine gennaio / inizio febbraio)
un'assemblea allargata del Comitato, lavorando per estenderla il più
possibile ad aree e persone potenzialmente interessate al tema, ma che
finora non siamo riusciti a coinvolgere, per decidere in quella sede
una
serie di iniziative pubbliche che ci conducano all'appuntamento del 23
marzo (data fissata per l'udienza).

Il problema principale è che ancora non sappiamo se l'udienza ci sarà o
meno, perché rischia di ripetersi quanto è successo a luglio, con il
rinvio a nuova data per mancanza della notifica alla controparte.
Secondo il codice di procedura civile, infatti, la controparte
dev'essere notificata con un determinato periodo di preavviso (nel caso
di residenti all'estero, 120 giorni), e se questo non avviene,
l'udienza
salta.

Il compito di effettuare la notifica spetta al Ministero degli Esteri,
tramite l'Ambasciata a Washington, ma non siamo ancora riusciti a
sapere
se questa è stata fatta oppure no. Al telefono, dalla Farnesina hanno
detto ai nostri avvocati di stare tranquilli, che è tutto a posto, ma
la
ricevuta di ritorno della notifica noi ancora non l'abbiamo avuta,
nonostante il termine per effettuare validamente la notifica sia ormai
scaduto da un mese.

Visto come stanno le cose, i nostri avvocati si sono impegnati ad
andare
di persona al Ministero, per capire se le carte si sono fermate
all'andata o sulla via del ritorno. Certo che, se anche questa volta la
notifica non fosse stata effettuata, la tentazione di pensare che sia
in
atto un boicottaggio intenzionale sarebbe molto forte, e probabilmente
dovremmo anche noi ripensare alle modalità della nostra azione
legale...

Mi permetto di chiudere con un augurio laico e non rituale di un Buon
Natale e felice Anno Nuovo. Che sia, al di là delle abbuffate e delle
vacanze, anche l'occasione per riscoprire il motivo di tanta festa:
"Non
temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:
oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore", venuto a liberarci
da ogni oppressione. Che l'augurio degli angeli a Betlemme ("pace in
terra a tutti gli uomini") non resti una pia invocazione condita di
melense armonie, ma l'impegno quotidiano di un sempre più gran numero
di
"costruttori di 'shalom'", di una pace che non è solo assenza di
guerra,
ma pienezza di vita e di felicità, e in cui la sicurezza non sia
garantita (?) dalle atomiche e dalle armi in generale, ma dalla
condivisione delle ricchezze del pianeta.

Imagine there's no heaven / It's easy if you try
No hell below us / Above us only sky
Imagine all the people / Living for today...

Imagine there's no countries / It isn't hard to do
Nothing to kill or die for / And no religion too
Imagine all the people / Living life in peace...

You may say I'm a dreamer / But I'm not the only one
I hope someday you'll join us / And the world will be as one

Imagine no possessions / I wonder if you can
No need for greed or hunger / A brotherhood of man
Imagine all the people / Sharing all the world...

You may say I'm a dreamer / But I'm not the only one
I hope someday you'll join us / And the world will live as one

************************
Tiziano Tissino" <t.tissino@itaca.coopsoc.it> 

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