Indirizzi e proposte per il regolamento sulle attività e iniziati
Approvata a maggioranza dal Consiglio di Zona 6 - nella seduta del 29 marzo 2008 - la proposta di delibera avente oggetto:"Indirizzi e proposte per il regolamento sulle attività e iniziative dell'area Navigli".
Nella stessa seduta sono state approvate - sempre a maggioranza - 3 mozioni :
1) Problematiche Quartiere Navigli, nella quale si chiede che venga istituito un Coordinamento tra le zona 1,5 e 6 e sia monitorata dalle FF.OO la situazione dei Navigli;
2) Alfine di stabilire i criteri, i limiti e i requisiti dell'isola pedonale estiva, venga istituito un tavolo che veda la presenza anche dei rappresentanti dei cittadini al fine di trovare punti di intesa tra le esigenze dei residenti e quelle dei commercianti;
3) Esatte sui navigli stop dal 2008; si chiede che l'Estate sui Navigli non possa essere più svolta, a partire da quest'anno, con le regole attuali ma con quelle dettate dal "Regolamento attività e iniziative sull'Area Navigli, approvato dal Consiglio di Zona 6. Che la durata dell'Estate sui Navigli sia di tre mesi e non di 5 come da proposta di Giunta Comunale.
Asili e immigrati, interrogazione all’Ue
Asili e immigrati, interrogazione all’Ue
Trentuno eurodeputati scrivono alla Commissione
da Corriere on line dell’11 gennaio 2008
Agnoletto:Tibet agli affari dell'Occidente non servono i diritti
Tibet, agli affari dell'Occidente non servono i diritti umani
Numeri pesanti, da tenere ben presenti, soprattutto alla vigilia di una recessione Usa che significherebbe una recessione generalizzata mondiale e quindi la prima vera crisi strutturale dagli anni ’70 ad oggi. Meglio quindi scommettere sulla Cina come ancora di salvataggio dell’economia mondiale, e tollerarne la sistematica violazione dei diritti fondamentali, piuttosto che rimettere in discussione le fondamenta sui cui poggia il capitalismo del XXI secolo e di cui Pechino è il nuovo campione designato.
Un capitalismo che il regime di Hu Jintao e Wen Jiabao sta applicando fedelmente in Tibet, convinti (erroneamente!) dell’idea che anni di rapida crescita economica avrebbero smorzato le istanze separatiste. Ma così non è stato e, nonostante l’economia tibetana abbia superato il tasso di crescita medio della Repubblica Popolare - grazie a generosi finanziamenti da Pechino, alla nuova linea ferroviaria Pechino-Lhasa e al milione di turisti che ogni anno si recano in Tibet - il processo di “modernizzazone” della regione ha dato l’esito opposto. Perché? In primo luogo perché i cinesi non si sono mai preoccupati di chiedere ai tibetani quale modello di crescita economica essi auspicavano. In secondo luogo perché favorendo le aree urbane a scapito di quelle rurali, lo sviluppo secondo il modello cinese non può che esacerbare la sperequazione dei redditi e mettere a repentaglio le tradizioni e gli stili di vita delle popolazioni locali.
L’urbanizzazione forzata e lo sfollamento delle campagne per fare spazio alle mega-infrastrutture e al carico di speculazioni che si portano dietro vanno di pari passo con le reiterate denunce da parte di Amnesty International e che riguardano:
il giro di vite del governo contro avvocati e attivisti per i diritti umani che sono stati soggetti a lunghi periodi di detenzione arbitraria senza accusa, nonché a vessazioni da parte della polizia o di bande locali manifestamente tollerate dalla polizia;
l’inasprimento dei controlli su giornalisti, scrittori e utenti di Internet con numerosi quotidiani e giornali popolari chiusi e centinaia di siti web internazionali bloccati d’autorità;
la pena di morte che continua a essere applicata in modo esteso per punire anche reati di tipo economico e non violento;
l’assenza di qualsiasi progresso nella riforma del sistema della “rieducazione attraverso il lavoro”, un sistema di detenzione amministrativa senza accusa né processo.
Al Parlamento europeo la difesa di questi diritti non é iniziata e non finirà con le olimpiadi. Ricordo ad esempio come recentemente proprio a Strasburgo abbiamo respinto la proposta delle destre e dei conservatori di cancellare l'embargo sulla vendita delle armi alla Cina. Allora, come oggi, dietro quella richiesta vi era l'obiettivo non dichiarato di molti governi europei di non compromettere i propri affari con Pechino. Lo stesso motivo che due settimane fa ha spinto il Dipartimento di Stato americano a depennare la Cina dalla "black list" dei paesi colpevoli delle maggiori violazioni dei diritti umani nel mondo.
Boicottare le olimpiadi avrebbe senso solo se l'occidente fosse realmente disposto a mettere al primo posto nelle relazioni internazionali, e in particolare negli accordi commerciali, il rispetto dei diritti umani e relegare in secondo piano i profitti senza limite delle imprese transnazionali. Il caso Tibet e il caso Cina più in generale offrono in tal senso un'occasione imperdibile per riflettere sulle cause dell'imminente fallimento della globalizzazione liberista e prima la faremo questa analisi (come nazioni ricche), prima inizieremo la risalita e l’uscita dal tunnel in cui il capitalismo selvaggio degli ultimi vent’anni ci ha costretto. Citando un famoso film di Matthew Kassovitz, l’Odio (film culto sulle banlieus parigine), mentre i nostri governanti osservando un uomo che precipita dall’ultimo piano di un grattacielo si ripetono il mantra: «fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene», noi come movimento dovremo ricordargli sempre che: «l’importante non è la caduta ma l’atterraggio».
Vittorio Agnoletto, europarlamentare gruppo Gue - Sinistra unitaria europea
Armi: Convegno a Roma il 28 marzo
Appello al voto di Gennaro Migliore
La buona politica che noi rappresentiamo è, in estrema sintesi , quella che fa ciò che dice, quella che si presenta con la propria faccia pulita e quella che vuole rinnovare generazionalmente e culturalmente il panorama politico.
La guerra di Bush - Michael Moore
Quattromila morti E allora?
Dov'è Darth Vader in tutto questo? Una reporter della ABC News questa settimana ha detto a Dick Cheney, rispetto all'Iraq, che «due terzi degli americani dicono che non vale la pena di combattere». Cheney l'ha stoppata con una sola parola: «Allora?». Allora? Come in «Allora che?». O come in «Fanculo, non può fregarmene di meno». Vorrei che ogni americano vedesse Cheney che gli mostra il virtuale dito medio: cliccate http://thinkprogress.org/2008
I democratici, negli scorsi 15 mesi, hanno avuto il potere di staccare la spina alla guerra - e hanno rifiutato di farlo. Cosa dobbiamo fare? Continuare ad affogare nella nostra disperazione? O diventare creativi, davvero creativi. So che molti di voi leggendo queste righe avranno l'impudenza o l'ingenuità di rivolgersi al vostro deputato locale. Lo farete, per me?
Cheney ha passato il mercoledì, quinto anniversario delle guerra, non a piangere i morti che ha ucciso, ma a pescare sullo yacht del sultano dell'Oman. Allora? Chiedete al vostro repubblicano preferito che ne pensa.
I Padri fondatori non avrebbero mai pronunciato quelle presuntuose parole, «Dio bendica l'America». Per loro sarebbe suonato come un ordine anziché un'invocazione, e non si ordina a Dio, anche se sei l'America. In effetti essi erano preoccupati che Dio potesse punire l'America. Durante la Rivoluzione George Washington temeva che Dio avrebbe reagito male con i suoi soldati per il modo in cui si stavano comportando. John Adams si chiedeva se Dio potesse punire l'America e farle perdere la guerra, giusto per provare il suo argomento che l'America non era degna di vincere. Essi credevano che sarebbe stato arrogante ritenere che Dio avrebbe benedetto soltanto l'America. Quanta strada abbiamo fatto da allora.
Ho visto sulla Pbs che che Frontline di questa settimana conteneva un documentario intitolato «La guerra di Bush». Io la chiamo così da molto tempo. Non è «la guerra dell'Iraq». L'Iraq non ha fatto nulla. L'Iraq non c'entra con l'11 settembre. Non aveva armi di distruzione di massa. Invece aveva cinema e bar e donne che vestivano come volevano, una consistente popolazione cristiana e una delle poche capitali arabe con una sinagoga aperta. Ma tutto questo, adesso, non c'è più. Proiettate un film e vi spareranno un colpo in testa. Più di cento donne sono state sommariamente giustiziate perché non si coprivano la testa con un fazzoletto. Sono felice, come americano benedetto, di avere contribuito a tutto questo. Io pago le tasse e questo significa che ho contribuito a pagare per questa libertà che noi abbiamo portato a Baghdad. Allora? Dio mi benedirà?
Dio benedica tutti voi in questa settimana di Pasqua in cui entriamo nel sesto anno della Guerra di Bush. Dio aiuti l'America. Per favore. © michael moore
Appello al Voto Utile per la Sinistra Arcobaleno
Alessandro Rizzo
Noi sosteniamo le liste de “La Sinistra, l’Arcobaleno” , e il candidato-premier Fausto Bertinotti, per quattro buone ragioni.
Emma Bonino ai giovani: nessuno vi può garantire
Ho ascoltato su Repubblica online, precisamente nella pagina Repubblica TV, le risposte che la candidata Emma Bonino, del Partito Democratico, ha dato ad alcune domande fatte dalle lettrici e dai lettori.
Una domanda mi ha fortemente interessato, forse per il suo contenuto che ritengo essere molto importante, forse per l'aspetto politico delle risposte che sono state date che, a parere del sottoscritto, sono fortemente disarmanti e prive di prospettiva: sto parlando della questione sul voto dei giovani, dove si dichiarava che molte intenzioni di voto e di scelta ricadono sulle forze politiche del centrodestra. Ci si chiedeva, e me lo domando in primis anche io, da che cosa è dovuta questa opzione, dato che, come si sa, il centrodestra in 5 anni di governo Berlusconi ha garantito solo maggiore precarietà non solo lavorativa, elemento già di indicazione di un livello di inciviltà notevole, ma anche esistenziale, essendoci la totale negazione della possibilità di autodeterminarsi come soggetto attivo, progettando il proprio futuro. Emma Bonino ha risposto con coerenza, devo dire, ma con frasi e concetti che definirei fortemente nichilisti e invitanti i giovani a considerare come dato di fatto, quasi in un'enunciazione apologetica del sistema di mercato globalizzato e uniformante, l'attuale situazione che obbligherebbe ad accettare senza se e senza ma una condizione di lavoro temporale, a tempo determinato, magari a semplice progetto della serie "ti uso e ti getto", magari a basso costo sociale, magari senza garanzie assicurative e previdenziali, magari senza diritti, questo è chiaro dato che si tratta di occupazioni atipiche diventate drammaticamente tipiche, dove anche la maternità diventa un elemento di discriminazione notevole e tragico.
Emma Bonino a questa domanda risponde semplicemente che ora per il Partito Democratico c'è maggiore libertà di prevedere politiche per i giovani senza nessun tipo di restrizione e di ridimensionamento della portata delle stesse, dato che esiste una distanza verso la sinistra comunista e verso un opportunismo di centro. Credo che già qui si debba rispondere data la portata dire accusatoria di certe aggettivazioni. La distanza verso la sinistra che, in senso uniformante e omologante, definisce essere solamente comunista, con termine che rieccheggia la caccia alle streghe indetta da Berlusconi da tempo ormai, in modo strumentale e fazioso, potrebbe garantire al PD scelte più coraggiose in tema di flessibilità dei rapporti di lavoro: la ricetta della Bonino potrebbe, così, trovare compimento, dopo 2 anni di contenimento delle spinte ultraliberiste e fortemente sviluppiste da lei sempre professate. Le sue proposte? Non possono che essere convergenti con l'assioma che delinea la risposta che Emma garantisce e desprime nei confronti di migliaia di giovani che chiedono un futuro socialmente più sostenibile e il diritto di diventare soggetti attivi e partecipi della programmazione della propria vita, in libertà e autonomia: "nessuno ti può garantire" dichiara in modo disarmante. Ossia voi che antrate giovani nel mondo dell'attuale mercato del lavoro lasciate, come un Dante condotto da Virgilio, ma senza Virgilio, ogni speranza fuori da questo inferno esistenziale e sociale, dove la logica del darwinismo economico e sociologico del motto "homo homini lupus, ergo bellum omnium contra omnes" impera in modo indefesso, inderogabile, continuativo, senza soluzione di continuità alcuna. Ma Emma si pronuncia come fosse una mamma che sa bene cosa vogliono i propri figli, in quanto li conosce come le proprie tasche, dicendo che da parte dei giovani esiste non "la richiesta di protezione ma di opportunità, ossia aprire porte e finestre". Si deduce che se tu entri nel mercato del lavoro, a prescindere dalla tua formazione professionale, che diventa sempre più obsoleta e inadatta con le logiche produttivistiche attuali dell'iperliberismo che rende la lavoratrici e e il lavoratore una mente d'opera al servizio assoggettante e assoggettato del profitto aziendale, devi accettare, se ancora hai velleità di coperture future previdenziali e di una pensione assicurata, di una minima copertura sociale qualora tu fossi soggetto a infortunio sul luogo di lavoro, cosa che capita ultimamente con una certa frequenza, la logica che impone il sistema attuale del mercato del lavoro voluto e decretato dall'economia della finanziarizzazione della ricchezza. Perchè? Semplicemente non esiste, dice Emma "nessuna alternativa alla globalizzazione" e quindi invita con tono scherzoso i giovani a "mordere il mondo e la vita", avendo più coraggio e rischiando di più.
Io credo che in queste parole, ripeto in un'ottica di coerenza intellettuale della Bonino, colei che nel 2000 ha presentato dei quesiti referendari dove si chiedeva di abrogare l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, dove si chiedeva di abrogare la ritenuta sul proprio stipendio per il rinnovo d'ufficio dell'adesione ai sindacati, ci sia un inquietante disegno che non può sposarsi con delle proposte che fino a ieri venivano lanciate dai palchi dal candidato alla presidenza del consiglio per il PD, Walter Veltroni. dove si dichiarava con tanto slancio propagandistico che ci saranno salari minimi per i precari. Nelle parole di Veltroni, però, non esistevano enunciati quali: progressivamente superiamo l'atipicità dei contratti a tempo determinato, obbligando le aziende anche con incentivi fiscali ad assumere dopo la seconda volta di rinnovo del contratto atipico; richiedendo l'obbligo formativo, la continuità professionale nella progressione, senza creare dispersione formativa; prevedendo a forme di tutela sociale universali; concependo forme di contrattazione non aziendale, non decentrata, ma collettiva, nazionale.
"Non si può tutelare il posto fisso": si ostina a ripetere Emma. Ma mi domando: è opportuno dire ai nostri giovani che devono adeguarsi a una logica che vuole privarli totalmente di garanzie minime, quelle che sono state conquistate nei tempi e che neppure il Governo Fillon, su mano della presidenza Sarkozy, si è permesso di eliminarle? Credo che il PD stia aumentando la propria conflittualità interna dovuta alle contraddizioni palesi che sono nutrite al loro interno, dove un radicalismo iperliberista avanza non lasciando spazio a chi ancora oggi si ostina a pensare che il PD abbia spazio per chi propone un modello altro di società. Senza programmi chiari si è più vulnerabili verso i poteri forti egemoni: ed è questa la natura assoluta di un partito nato su basi che mettono insieme diverse anime confliggenti e che da tempo ha accettato di mettere tra i propri candidati di spicco figure del capitalismo neppure illuminato, magari democratico, come giustamente sostenuto e sottolineato anche da Gallino.
Noto sem,pre maggiormente una certa deriva preoccupante.
Alessandro Rizzo
Il riconoscimento alleato di via Rasella
L'attentato di via Rasella del 23 marzo 1944 continua a stimolare posizioni revisionistiche che lo vorrebbero ridurre a «terrorismo». Ma durante la guerra erano gli stessi comandi inglesi a considerarlo un legittimo atto di resistenza
Il tema legato alla resistenza, del resto, divenne un oggetto di divisione e revisione già pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale. Se in un primo tempo, per esempio, i sovietici erano stati propensi a valutare l'esperienza partigiana italiana nel suo complesso e in modo equilibrato, distinguendone le varie anime e tendenze, già nel 1948 la lettura di quegli anni si era ideologizzata e un libro come La storia della resistenza di Luigi Longo poté essere pubblicato a Mosca solo dopo un'attenta revisione finalizzata a esaltare la guerra di popolo guidata dai comunisti e porre in ombra l'apporto delle forze politiche di diverso orientamento, che dovevano passare per elementi guidati dagli alleati al fine di boicottare l'incidenza di quello che fu chiamato già nel 1945 il vento del Nord. In tale prospettiva, fatti come il proclama Alexander del novembre 1944, sul quale si tornerà tra breve, sono stati giudicati alla stregua di un tradimento e come la prova della malafede alleata.
L'uso politico di via Rasella
La storiografia più recente ha registrato anche una tendenza opposta. Importanti studi, come quello di Franco Giustolisi dal titolo L'armadio della vergogna, riguardante gli incartamenti sulle stragi tedesche in Italia dimenticati in luoghi reconditi delle procure, non solo hanno fatto nuova luce sulle repressioni, ma hanno cercato di ricollocare nel loro contesto storico le azioni dei partigiani e dei Gruppi di azione (Gap) che agivano nelle città occupate. Tra gli atti di guerra che allora vennero condotti contro l'esercito tedesco, il più conosciuto e che ha catalizzato le maggiori polemiche è stata l'azione di via Rasella, un attacco portato dai Gap all'esercito occupante che il 23 marzo del 1944 provocò la morte di 33 uomini della undicesima compagnia del reggimento Bozen, comandato dal maggiore Helmut Dobbrick, e di sei italiani, tra cui un bambino.
Il giorno dopo, il 24 marzo, 335 italiani, tra cui 154 persone a disposizione dell'Aussenkommando, sotto inchiesta di polizia, 23 in attesa di giudizio del Tribunale militare tedesco, 16 persone già condannate dallo stesso tribunale a pene varianti da 1 a 15 anni, 75 appartenenti alla comunità ebraica romana, 40 persone a disposizione della Questura romana fermate per motivi politici, 10 fermate per motivi di pubblica sicurezza, 10 italiani arrestati il 23 nei pressi di via Rasella, una persona già assolta dal Tribunale militare tedesco e, infine, tre non identificate, furono condotti nelle cave di pozzolana lungo la via Ardeatina. Qui furono massacrati dai tedeschi comandati da Herbert Kappler. Per questo crimine, lo stesso Kappler e altri ufficiali tedeschi, tra cui Erich Priebke, sono stati processati poi e condannati dalla giustizia italiana.
Nel corso dei decenni seguiti alla fine della guerra le polemiche su via Rasella non si sono spente. Da un lato, dopo la riabilitazione «dei ragazzi di Salò», operata in Italia a molti livelli istituzionali, si è cercato di dare una nuova dignità a chi aveva aderito alla Repubblica mussoliniana. Dall'altro, dopo l'11 settembre 2001 e l'inizio della cosiddetta «guerra al terrorismo», alcuni eventi sono stati riletti sotto una luce nuova e atti di guerra come quelli di via Rasella sono stati interpretato come atti di terrorismo. Infine, qualcuno ha anche ipotizzato che via Rasella, in realtà, fu organizzata per provocare la reazione tedesca e condurre alla liquidazione del gruppo «Bandiera Rossa», scomodo per il Pci e in parte arrestato dai tedeschi.
Riportare in questo giorno di ricordo le cose nella loro proporzione storica non è un'impresa che può avvenire con un breve saggio. Né, del resto, è facile ricomporre quella che da molti è stata chiamata «la memoria divisa», che nel nostro paese sembra volersi non ricomporre mai o, nel caso, secondo una del tutto arbitraria par condicio, che in storia, invece, non dovrebbe avere quartiere. Prima della caduta del muro di Berlino i danni anche di una certa storiografia sono stati elevati e ci vorranno decenni per porre riparo a tutto ciò che una presunta lettura marxista - ma più semplicemente ideologica - ha provocato.
Il proclama di Alexander
Due documenti molto chiari su ciò che allora era l'attitudine alleata nei confronti dei partigiani italiani, possono comunque aiutarci nel tentativo. Sono entrambi firmati dal comandante in capo delle forze alleate in Italia, il generale Alexander; uno è molto noto, il suo già citato proclama, l'altro un po' meno, ed è un Warnings, un avvertimento. Nel novembre del 1944 Alexander chiese ai partigiani di tenere le posizioni invernali per poi riprendere la parte finale della lotta in primavera. Il proclama diceva questo:
«Patrioti! La campagna estiva, iniziata l'11 maggio e condotta senza interruzione fin dopo lo sfondamento della linea Gotica, è finita: inizia ora la campagna invernale. In relazione all'avanzata alleata, nel periodo trascorso, era richiesta una concomitante azione dei patrioti: ora le piogge e il fango non possono non rallentare l'avanzata alleata, e i patrioti devono cessare la loro attività precedente per prepararsi alla nuova fase di lotta e fronteggiare un nuovo nemico, l'inverno. Questo sarà molto duro per i patrioti, a causa della difficoltà di rifornimenti di viveri e di indumenti: le notti in cui si potrà volare saranno poche nel prossimo periodo, e ciò limiterà pure la possibilità di lanci; gli alleati però faranno il possibile per effettuare i rifornimenti».
Si aggiungeva che si dovevano conservare le munizioni, attendere nuove istruzioni, «approfittare però ugualmente delle occasioni favorevoli per attaccare i tedeschi e i fascisti», continuare «nella raccolta delle notizie di carattere militare concernenti il nemico; studiarne le intenzioni, gli spostamenti, e comunicare tutto a chi di dovere». Inoltre, «le predette disposizioni possono venire annullate da ordini di azioni particolari», mentre «nuovi fattori potrebbero intervenire a mutare il corso della campagna invernale (spontanea ritirata tedesca per influenza di altri fronti)». Dunque «i patrioti siano preparati e pronti per la prossima avanzata». Infine, Alexander pregava «i capi delle formazioni di portare ai propri uomini le sue congratulazioni e l'espressione della sua profonda stima per la collaborazione offerta alle truppe da lui comandate durante la scorsa campagna estiva».
Tutto ciò, in quelle condizioni, era non solo ineccepibile, ma un riconoscimento di alta considerazione per il lavoro che stavano compiendo gli italiani oltre le linee dell'occupante. Avrebbe forse Alexander dovuto chiedere ai partigiani di organizzare la sollevazione generale, che in quel momento sarebbe sicuramente stata repressa dai tedeschi? Alexander, in realtà, stimava fortemente i partigiani italiani e fu leale nei loro confronti. Un mese prima del proclama egli aveva diffuso con tutti i mezzi a disposizione (etere, manifestini) il Warning, l'avvertimento rivolto agli ufficiali e agli uomini tedeschi affinché non usassero il pretesto delle azioni dei patrioti per commettere crimini contro la popolazione civile.
Nel Warning si constatava che i massacri di civili italiani stavano diventando ogni giorno più frequenti; il fatto, però, che in un certo luogo dei patrioti italiani avessero portato a termine un'azione militare contro gli occupanti, non giustificava da parte di questi ultimi alcuna azione di rappresaglia contro la popolazione o persone in attesa di processo, che doveva essere considerata un crimine di guerra. Gli ufficiali e gli uomini tedeschi che si erano o si sarebbero macchiati di tali azioni, sarebbero stati considerati dei criminali e processati nei paesi in cui tali crimini erano stati perpetrati. Si chiedeva alla popolazione italiana e ai partigiani di prendere nota dei nomi dei reparti tedeschi responsabili, dei luoghi e delle modalità con cui le rappresaglie erano condotte, e si elencavano alcuni degli eccidi di cui al momento si era a conoscenza. Tra questi, al primo posto Alexander citava proprio quello delle Fosse Ardeatine, seguito da quello di Stia, di Civitella Val di Chiana e Roncastaldo.
Atti di guerra
La posizione del generale inglese è molto importante per comprendere l'attitudine degli alleati nei riguardi dei nostri partigiani. Essi erano i patrioti che al di là delle linee svolgevano un'importante azione finalizzata alla cacciata degli occupanti. Nessuna azione poteva giustificare una reazione tedesca contro la popolazione. Al contrario, gli atti dei partigiani, compresa via Rasella, furono sempre considerati come legittimi atti di guerra contro l'occupante, appoggiati dagli alleati con ogni mezzo propagandistico a disposizione. Contrariamente a quanto si può supporre, in alcuni casi non c'è bisogno di andare a cercare molto lontano una legittimità che, in quegli anni, era cosa non solo scontata, ma assolutamente condivisa da tutto il fronte antifascista.
Regolamento sulle attività e iniziative dell'area Navigli
Approvata a maggioranza dal Consiglio di Zona 6 - nella seduta del 29 marzo 2008 - la proposta per il regolamento delle attività e iniziative dell'area Navigli.