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Il Blog di Alessandro Rizzo | www.partecipaMi.it
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.: Il Blog di Alessandro Rizzo
Domenica, 7 Dicembre, 2008 - 12:16

Writers o vandali imbrattatori?

Writers o vandali imbrattatori?

I muri di gran parte della zona sud, e non solo, sono pieni di scritte di un graffitaro conosciuto alle FF.OO. che si firma “Humen”. Adesso gira a sporcare i muri firmandosi anche “Cromo”.
La firma dovrebbe essere sempre la stessa perché ha molte similitudini.
Mi chiedo come mai questo personaggio, evidenziato fin dagli anni scorsi e ben noto alle FF.OO., gira indisturbato a sporcare i muri dei condomini della città. Si sa dove si ritrova, quali bar frequenta e quindi dovrebbe facilmente essere fermato. Una sera di tanto tempo fa l’ho intercettato: era insieme ad un altro e stava imbrattando un muro di una casa in via S.Rita alla Barona. Mi sono fermato con la macchina ed ho chiesto loro cosa stessero facendo. Per tutta risposta uno dei due ha buttato la lattina per terra e se l’è data a gambe, l’altro invece mi si è rivoltato contro.  A questo punto ho chiamato il 113 ed è subitaneamente scappato, lasciando a terra uno zainetto con diverse lattine di colore. Mi chiedo perché la “speciale squadra di polizia” non sia riuscita mai a prenderli. Il costo di pulitura per la città ed i suoi abitanti è alto. L’anno scorso c’è stata la campagna “I lav Milan” che su segnalazione ha pulito gratuitamente anche i muri di alcune case popolari. Ora sono di nuovo sporchi.
Dovremo andare avanti così in balia di questi vandali?. A.Valdameri, consigliere di zona 6

martedì 17 luglio 2007 - Pubblicato dal Comitato La Cittadella

LA SFIDA DI HUMEN ALLA CITTA' DEI MURI PULITI

Dopo il pezzo pubblicato sul Corriere della Sera di oggi - titolo "Tvb" e "Ti lovvo": Colonne sfregiate dalle dediche d'amore - che ha ripreso un precedente post - corredato di foto - inviato da uno dei promotori del Comitato, pubblichiamo un altro pezzo che ci è giunto via mail, anche in questo caso accompagnandolo con le foto che ci sono state inviate.
Sono in quattro, i vandali che sfidano la città: fanno parte della banda dei Dumbo, il negoziante di abiti e scarpe che per anni ha deturpato vetrine e muri della città. Sono i vandali Humen, Fica , Hell, Hekto.Quattro vandali della bomboletta selvaggia che spacciano droga alle Colonne di san Lorenzo e che marchiano il loro territorio con la loro firma sui muri della città.E dovunque, quando possono, in Italia. Vanno spesso in trasferta, perché fanno parte di una tifoseria ultras, i Boys san.Vivono spacciando droga negli stadi. Hanno vent'anni, sono alti e magri. Girano con lo zainetto sulle spalle e portano jeans sfilacciati .Si ritrovano ogni notte, dalle due all'alba davanti al bar Coquetel in via Vetere. Ed è qui che li abbiamo incontrati, fingendo di voler acquistare droga da loro. Qui, seduti sugli scalini del gabbiotto dei vigili perennemente chiuso e assediato da vandali e spacciatori di droga, hanno deciso una azione forte: di lasciare le loro firme sui muri di corso Ticinese e anche sulla porta del gabbiotto dei vigili.Per sfidare il sindaco che li ha sfrattati dalle Colonne. Oggi il loro regno è via Vetere, Humen non è nuovo a bravate del genere: prima si droga con un coktail di coca, ecstasy, marijuana e birra, poi , agilissimo, inerpica su tralicci e inferriate. Due mesi fa ha scalato un muro di fronte alle Colonne di San Lorenzo e ha lasciato la propria firma. Nessuno ha osato cancellarla, "Io firmo, e quindi ci sono .Firmo ed esisto, chiaro?" ci dice. " i muri sono di chi li guarda, non esiste la proprietà privata. Io scrivo dove voglio.Una prova?" Ecco, Fica 1, un giovanotto di sedici anni, ha lasciato un enorme sgorbio colorato su un muro in corso Ticinese: lo ha "dipinto " alle quattro del mattino del giorno prima. " noi scegliamo quest'ora perché c'è il cambio dei turni nelle volanti della polizia.Non ci prenderanno mai,anche se molti sanno indirizzo e numero di telefono. Dumbo rilascia addirittura interviste ai giornali" si vanta Humen. Humen , dopo la rinuncia di Dumbo a continuare nel vandalismo, è rimasto con i suoi tre amici della banda a voler sfidare il sindaco e i milanesi. La sua zona è quella della Colonne ed ora di via Vetere, una zona franca,senza polizia, poco illuminata. Qui si radunano i compiacenti amici del centro sociale Bulk,un centro sociale sgomberato. I suoi aderenti si radunano abitualmente davanti al Bar Rattazzo. I vigili se ne vanno alle 19. Poi, alle ventitre, arrivano gli agenti privati che controllano il parco: se ne stanno rintanati nel gabbiotto in via Vetere, anzi, vengono sbeffeggiati da spacciatori e balordi ogni notte. E' a questo punto che Humen e la sua banda agiscono. Colpiscono con le loro scritte i muri di Corsi Ticinese, Ma questi sono giorni speciali. All'alba una squadra dell'Amsa inviata dal vicesindaco de Corato sta iniziando a liberare dal degrado i muri di corsi Ticinese. Ci dice il responsabile di questa task force, Fabio Scalfari:"secondo i nostri dati, l'80 per cento dei muri ripuliti dopo un nostro secondo intervento non vengono più coltpiti dal vandalismo. I graffitari come Humen e Dumbo capiscono che ormai questi muri vengono ripuliti regolarmente, le bombolette costano, e così vanno altrove.Stanno capendo che in corso Ticinese tira aria grama per loro" Humen però sfida l'Amsa e il Comune. Abbiamo fotografato le sue recenti "performance": Sono scritte che compaiono sui muri della sua zona. Ripassa la task force dell'Amsa e ripulisce. E' una sfida. Il portinaio del numero 81 commenta desolato: "questi vandali continuano a colpire. Come mai non si prendono?" Già, basterebbe andare come abbiamo fatto noi davanti al gabbiotto dei vigili di via Vetere, dalle due di notte. Lì c'è Humen che, per comprarsi le sue bombolette, spaccia droga. Lo zainetto è accanto, Fica, Hell e Hekto, gli altri vandali della banda, stanno arrivando per un ennesimo raid. Fino a quando?
Pubblicato dal Comitato La Cittadella

Sabato, 6 Dicembre, 2008 - 12:34

HUMOR: scuola privata e scuola pubblica

scuole_cattoliche.png

Crisi, crisi, crisi.
Sarà questa la parola del 2008? In Italia continuo a vedere avanti e di parecchie posizioni il termine “sopruso”.
Il buon Tremonti aveva stabilito di dare un taglio ai fondi della scuola privata cattolica.
Apriti cielo, sono venute giù le scomuniche delle più alte toghe del Vaticano e dallo stesso Benedetto XVI, nostro vero capo di stato che, per circa dieci minuti (il tempo del dietrofront di questo governo), ha lasciato in pace gay e comatosi per bacchettare i suoi servi al potere.
Così, centoventi milioni di euro, che in un paese in cui le scuole crollano per una scorreggia avrebbero fatto un tantino comodo, tornano nelle già opulente casse di San Pietro.
Nelle nostre casse, invece, noi metteremo direttamente il prossimo studente seppellito dalla scuola, anzi, dal sistema scolastico. – Arnald
p.s.: spero che Gesù Cristo torni e prenda a calci nel culo questa folla di usurpatori che fanno le cose peggiori in suo nome.

Venerdì, 5 Dicembre, 2008 - 21:12

I Paesi dell'odio omofobico

Omosessualità illegale: punita con la pena di morte (7)

Iran

Mauritania
Sudan
Emirati Arabi Uniti
Yemen
Arabia Saudita
Nigeria

Omosessualità illegale: punita con la prigione e/o le torture (80)

Marocco
Algeria
Tunisia
Libia
Senegal
Gambia
Guinea Bissau
Guinea
Sierra Leone
Liberia
Ghana
Togo
Benin
Camerun
Sao Tome e Principe
Eritrea
Etioppia
Gibuti
Somalia
Uganda
Kenia
Tanzania
Zambia
Burundi
Malawi
Zimbabwe
Botswana
Angola
Namibia
Mozambico
Swaziland
Lesotho
Mauritius
Seychelles
Comore
Rep. Turca di Cipro del Nord
Siria
Libano
Gaza
Kuwait
Barhein
Qatar
Oman
Uzbekistan
Turkmenistan
Afghanistan
Pakistan
India
Bangladesh
Nepal
Bhutan
Myanmar
Maldives
Sri Lanka
Aceh
Malaysia
Singapore
Brunei
Cook
Tonga
Samoa
Tuvalu
Salomone
Kiribati
Nauru
Palau
Papua Nuova Guinea
Tokelau
Niue
Belize
Panama
Giamaica
Saint Kitts e Nevis
Dominica
Antigua e Barbuda
Saint Lucia
Saint Vincent e Grenadines
Barbados
Grenada
Trinidad e Tobago
Guyana

MaroccoAlgeriaTunisiaLibiaSenegalGambiaGuinea BissauGuineaSierra LeoneLiberiaGhanaTogoBeninCamerunSao Tome e PrincipeEritreaEtioppiaGibutiSomaliaUgandaKeniaTanzaniaZambiaBurundiMalawiZimbabweBotswanaAngolaNamibiaMozambicoSwazilandLesothoMauritiusSeychellesComoreRep. Turca di Cipro del NordSiriaLibanoGazaKuwaitBarheinQatarOmanUzbekistanTurkmenistanAfghanistanPakistanIndiaBangladeshNepalBhutanMyanmarMaldivesSri LankaAcehMalaysiaSingaporeBruneiCookTongaSamoaTuvaluSalomoneKiribatiNauruPalauPapua Nuova GuineaTokelauNiueBelizePanamaGiamaicaSaint Kitts e NevisDominicaAntigua e BarbudaSaint LuciaSaint Vincent e GrenadinesBarbadosGrenadaTrinidad e TobagoGuyana
Omosessualità non legale: punizione solo in determinati contesti (7)

Egitto
Niger
Rep. Dem. Congo
Burkina Faso
Iraq
Indonesia
Costa Rica
Legislazione non conosciuta (1)

Ciad

Venerdì, 5 Dicembre, 2008 - 18:47

UN FIOCCO NERO CONTRO LE MORTI SUL LAVORO: prime adesioni

Ecco l'elenco aggiornato con le prime adesioni.
Chi volesse aderire può scrivere a: iodicobasta@gmail.com
e indossare un piccolo nastro nero trattenuto da una spilletta, (simile a quello rosso per la lotta contro AIDS e a quello bianco contro le violenze alle donne ecc.)
Divulgate, divulgate, divulgate!!!
UN FIOCCO NERO CONTRO LE MORTI SUL LAVORO
 
Il 6 dicembre dello scorso anno le fiamme della fonderia Thyssen a Torino, bruciarono la vita di sei lavoratori, giovani lavoratori che persero il loro futuro, per sempre.
Una così grande tragedia, la sofferenza dei famigliari, dei compagni di lavoro, di tutti, fu un grido che non si poteva non ascoltare, ci disse che quando di lavoro si muore la società intera porta una ferita profonda, ci disse ciò che già sapevamo: ogni giorno vi sono morti, ogni giorno gli incidenti sono migliaia, di lavoro ci si ammala e l'amianto ha ucciso e uccide ancora.
Sono lavoratori italiani, rumeni, curdi, slavi, indiani e di tante altre parti del mondo. Il popolo degli invisibili, del lavoro nero, le vittime ignote pagano il prezzo più alto. Nulla rende la vita più precaria della morte.
Dicemmo allora: mai più morti sul lavoro, non si può restare indifferenti, rifiutiamo l'assuefazione. Lanciammo una campagna per il diritto alla dignità e alla vita sul lavoro. Ci mobilitammo. Ricordate la catena umana in Piazza del Duomo? Il nostro sentire comune?
Oggi diciamo che non abbiamo dimenticato e perciò proponiamo di far ancora sentire la nostra voce rivolta al mondo del lavoro, la voce di quanti ancora nutrono sentimenti di solidarietà, di appartenenza, capaci di indignarsi.
Proponiamo che nella settimana che va dal 6 dicembre (anniversario della tragedia della Thyssen), al 12 dicembre (giornata di mobilitazione dei lavoratori e lavoratrici per lo sciopero generale, che auspichiamo sia anche di popolo), vengano assunte iniziative, anche simboliche, alle quali tutte e tutti possono partecipare e autorganizzare. Iniziative che segnino la nostra ribellione e la volontà di impedire che la strage continui, che ogni giorno si ripetano i drammi, che dicano a noi stessi e a tutti: ciascuno faccia la sua parte. Mai più morti sul lavoro!
In particolare proponiamo che dal 6 al 12 dicembre (giorno dello sciopero generale):
-          ognuno porti un fiocco nero intorno al braccio, sulla giacca o sulla borsa, come segno di lutto e di indignazione contro le morti sul lavoro;
-          nelle sedi istituzionali vengano assunti impegni per il futuro e atti simbolici per sottolineare quanto sconvolgente sia il susseguirsi di morti e incidenti, e consiglieri e assessori portino un fiocco nero durante una seduta.
Questa settimana di impegno su questo terreno, organico a tutti gli obiettivi dello sciopero generale, sarà utile per valorizzare quanto già è stato fatto, in questo anno, per contrastare lo stillicidio di vite e in difesa della salute, a tutti i livelli: numerose infatti sono state le iniziative di sensibilizzazione nella società, nelle scuole e nelle istituzioni a tutti i livelli, dalle zone del decentramento al livello nazionale, con l'approvazione del Testo unico per la sicurezza sul lavoro, che va difeso dagli attacchi di Governo e Confindustria, e la legge fa finanziata e applicata.
E in particolare sarà utile per non fermarci, molto resta da fare: va costruita una diffusa coscienza nella società, la base per poter dire un giorno: " il dramma delle morti sul lavoro appartiene al passato".
Questa nostra "piccola" proposta ha il senso di sollecitare la visibilità di un sentire comune, di valorizzare la politica dei contenuti e dei valori di giustizia sociale che così gravemente sono aggrediti e scossi. È un'idea, se sarà da molti condivisa e praticata diventerà un fatto. 
 
Hanno aderito:
Giovanna Capelli, Marco Dal Toso, Claudio Messori, Natale Minchillo, Roberto Leoni, Tommaso Terrana, Vittorio Liserre, Claudio Grassi, Simone Oggionni, Giancarlo Villa, Riccardo Papini, Mauro Lodi, Alessandro Rizzo, Luciana, Polliotti, Maurizio Colleoni, Stefano Corradino, Alfredo Di Sirio, Gabriella Grasso, Marco Fassino, Rosario Pantaleo, Maria Grazia Cassani, Gabriella Benedetti, Rosario Ragusa, Sandra Cangemi, Annamaria Pizzetti Pezzaldi, Marie Loveci, Mariagrazia Maffina, Giulia Spada, Massimo De Giuli, Davide Renoffio, Nino Caputo ed i ragazzi della 1^A   IPSIA "Porro" di Pinerolo (To), Massimo Del Din, Claudia Gastaldi, Antonella Fachin, Ester Piva, i Lavoratori del Consiglio regionale della Lombardia, la sinistra zona tre, Articolo 21

Giovedì, 4 Dicembre, 2008 - 21:25

HUMOR: scuola e lavoro

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Mercoledì, 3 Dicembre, 2008 - 14:02

Papale condanna ...

LaStampa.it
Il Vaticano sbaglia

Cara LaStampa.it,
ma perché il Vaticano ha oggi deciso di mettersi nel novero dei paesi che ammettono il reato di omosessualità? Quale ispirazione divina, ha consigliato al rappresentante osservatore all’Onu della chiesa cattolica di scagliarsi contro la richiesta presentata dal governo francese, e sottoscritta anche dal governo italiano, di depenalizzare l’omosessualità?
Cara LaStampa.it, ma perché il Vaticano ha oggi deciso di mettersi nel novero dei paesi che ammettono il reato di omosessualità? Quale ispirazione divina, ha consigliato al rappresentante osservatore all’Onu della chiesa cattolica di scagliarsi contro la richiesta presentata dal governo francese, e sottoscritta anche dal governo italiano, di depenalizzare l’omosessualità?
Circa novanta paesi nel mondo prevedono il reato di omosessualità, una cinquantina di questi lo puniscono con il carcere, le sevizie, la tortura, i lavori forzati, di questi una decina prevedono la pena capitale. Non c’è ragione ideale, religiosa, culturale che possa giustificare una simile presa di posizione vaticana! Ci attendiamo una retro marcia, una presa di distanza diffusa dentro la chiesa, una reazione da parte del mondo intellettuale, civile e politico italiano. Quello che è accaduto non ha giustificazione, non è ammissibile nella comunità internazionale libera dalle dittature, dalle teocrazie, di regimi sanguinari che impiccano, lapidano, schiacciano vivi, migliaia di gay, di lesbiche, di donne. Invochiamo delle scuse, ci appelliamo a tutti i cittadini italiani affinché a facciano sentire la propria voce!
***
Liberazione
Ecco, il vero volto del pontificato di Ratzinger si rivela finalmente fino in fondo
Ecco, il vero volto del pontificato di Ratzinger si rivela finalmente fino in fondo. L'opposizione, annunciata in pompa magna, contro la richiesta presentata all'Onu dal governo francese (e firmata anche dal nostro governo) di depenalizzare l'omosessualità nel mondo, è il chiaro segno della vera natura antropologica di una gerarchia ormai talmente spaventata da diventare cattiva, nemica degli uomini e delle donne, dei loro diritti fondamentali. L'osservatore vaticano presso l'Onu tenta di giustificare la presa di posizione in difesa degli stati che non riconoscono le unioni gay e lesbiche, perché una volta passata la richiesta sarebbero messi alla gogna. Si tratta di una enorme, inaudita bugia. La richiesta parla esplicitamente della necessità che nei 91 paesi dove l'omosessualità è ritenuta un reato sia cancellata questa infamia. Di questi una cinquantina prevedono il carcere, la tortura, i lavori forzati; in una decina l'esecuzione capitale. E di omosessualità si muore abbondantemente in Iran, dove proseguono nel silenzio generale del mondo, le esecuzioni contro ragazzi omosessuali, di solito impiccati sulla pubblica piazza. E come non avere davanti agli occhi, al tempo del regime talebano in Afghanistan, i corpi dei rei omosessuali legati ad un muro e schiacciati da camion che in corsa li investivano? E cosa dire delle lapidazioni, con piccoli sassi per renderle più crudeli, subite da giovani lesbiche? Ecco a cosa si oppone il Vaticano: alla possibilità che questi nostri fratelli e sorelle abbiano salva la vita. Che nessuno possa più toccare una persona omosessuale e seviziarla, torturarla, rinchiuderla per anni in orrende prigioni.
Ecco, il vero volto del pontificato di Ratzinger si rivela finalmente fino in fondo. L'opposizione, annunciata in pompa magna, contro la richiesta presentata all'Onu dal governo francese (e firmata anche dal nostro governo) di depenalizzare l'omosessualità nel mondo, è . L'osservatore vaticano presso l'Onu tenta di giustificare la presa di posizione in difesa degli stati che non riconoscono le unioni gay e lesbiche, perché una volta passata la richiesta sarebbero messi alla gogna. Si tratta di una enorme, inaudita bugia. La richiesta parla esplicitamente della necessità che nei 91 paesi dove l'omosessualità è ritenuta un reato sia cancellata questa infamia. Di questi una cinquantina prevedono il carcere, la tortura, i lavori forzati; in una decina l'esecuzione capitale. E di omosessualità si muore abbondantemente in Iran, dove proseguono nel silenzio generale del mondo, le esecuzioni contro ragazzi omosessuali, di solito impiccati sulla pubblica piazza. E come non avere davanti agli occhi, al tempo del regime talebano in Afghanistan, i corpi dei rei omosessuali legati ad un muro e schiacciati da camion che in corsa li investivano? E cosa dire delle lapidazioni, con piccoli sassi per renderle più crudeli, subite da giovani lesbiche? Ecco a cosa si oppone il Vaticano: alla possibilità che questi nostri fratelli e sorelle abbiano salva la vita. Che nessuno possa più toccare una persona omosessuale e seviziarla, torturarla, rinchiuderla per anni in orrende prigioni.
Questa chiesa ha con la dichiarazione di ieri fatto il definitivo salto indietro che tanti prevedevano. D'ora in poi non saranno più possibili furbeschi giri di parole. Chi avrà, anche all'interno, il coraggio di condannare apertamente questo atto contro l'umanità allora non sarà complice. Chissà cosa ne pensano in questo senso la Comunità di Sant'Egidio, le tante associazioni cattoliche pacifiste, impegnate nel volontariato internazionale. E il silenzio è sempre corresponsabilità, così come è avvenuto ieri, quando la gran parte dei mass media si è "dimenticato" che ricorreva la Giornata Mondiale di lotta contro l'Aids, rimozione probabilmente dettata dai tempi, dalle opportunità politiche, per tacere quello che il nostro paese non fa da decenni. Stare zitti è colpevole e nessuno si potrà sottrarre. Il Vaticano ha superato il limite, nessuna scappatoia è possibile: i politici di sinistra, centro sinistra, destra e centro destra, devono dire con chiarezza cosa ne pensano, senza arrampicarsi come al loro solito sugli specchi!
A niente vale l'obiezione che il Vaticano ha uno status di semplice osservatore e, quindi, non vota. Sappiamo bene quale profondo e continuativo lavoro di lobbying svolge in quel palazzo, in alleanza proprio con quei paesi dittatoriali, teocratici che negano la libertà alle donne e alle persone lgbt. Attendiamo con grande curiosità le parole che si sapranno pronunciare in queste ore da parte del mondo politico, ma anche da quello culturale, della comunicazione. Da oggi lo spartiacque è finalmente stato delimitato e non è necessario essere anticlericali per provare un moto di sdegno contro un'azione che di cristiano, di messaggio evangelico, non ha proprio nulla. Questa è la stessa gerarchia che piange (giustamente) quando i preti vengono uccisi, quando i cattolici vengono perseguitati, ma non fa altrettanto contro tutte le altre ingiustizie del mondo. E' la stessa gerarchia che ha stretto la mano a Pinochet, che ha taciuto sull'omicidio del vescovo Romero, che si è collusa con la mafia, con la P2, con le deviazioni criminali dello Stato italiano. E' la stessa gerarchia, che, strumentalizzando un profondo senso religioso, che è ben altra cosa rispetto ai giochi di potere del palazzo, utilizza i soldi per l'8 per mille per organizzare milizie reazionarie di contrasto alle libertà individuali, contro l'autodeterminazione delle donne, contro ogni possibile vita degna per le persone gay e lesbiche.
E noi viviamo nella stessa Italia, che da quasi ventanni non ha una classe politica adeguata a difendere la laicità dello Stato, che ha permesso lo spadroneggiare in tutti gli ambiti di una casta di uomini, eunuchi per il regno dei cieli, che senza averne titolo e mandato, continuano ad opprimere ogni volontà di vera riforma sociale e civile. Speriamo, che almeno in questa occasione, non siamo lasciati soli a difendere non solo noi stesse e noi stessi, ma a difendere il principio di libertà, salvaguardia delle vite, vera e quotidiana democrazia!
***

il manifesto

Papale condanna

Ma perché il Vaticano ha deciso di mettersi nel novero dei paesi che concepiscono il reato di omosessualità? Quale ispirazione divina, ha consigliato al rappresentante osservatore all’Onu della chiesa cattolica di scagliarsi contro la richiesta presentata dal governo francese, e sottoscritta anche dal governo italiano, di depenalizzare l’omosessualità?

Circa novanta paesi nel mondo prevedono il reato di omosessualità, una cinquantina di questi lo puniscono con il carcere, le sevizie, la tortura, i lavori forzati, di questi una decina prevedono la pena capitale. Non c’è ragione ideale, religiosa, culturale che possa giustificare una simile presa di posizione vaticana!
I volti terrorizzati dei ragazzi iraniani che continuano ad essere impiccati a causa della loro omosessualità, non muovono a sentimenti di pietà i gerarchi cattolici? Le donne lapidate, i giovani legati contro un muro e poi uccisi per schiacciamento dalle auto, sono variabili indifferenti rispetto alla necessità di proclamare una condanna definitiva non solo contro l’omosessualità, ma sulle persone gay e lesbiche?
Siamo davvero raggelati da un papato che ci attendavamo arcigno, antiquato, fedele alla peggiore Tradizione pre Conciliare, ma si è andati oltre, si è percorsa una strada senza ritorno. Lo Stato teocratico vaticano si è messo, pubblicamente allo stesso livello dell’Iran, degli altri regimi islamici, delle peggiori dittature di tutti i colori, passate e purtroppo presenti.
Da sempre l’osservatore vaticano all’Onu intriga, preme, blandisce decine di diplomazie del mondo affinché i diritti umani siano negati, quando non confacenti ai gusti della religione cattolica. Sull’ormai tristemente famoso Lexicon, edito alcuni anni fa, summa dottrinale del pensiero della Curia sulle libertà e i diritti, proprio alcune organizzazioni internazionali, le agenzie dell’Onu, venivano ferocemente attaccate perché lassiste sull’aborto, sulla contraccezione e così via. Da sempre in alleanza appunto con i peggiori regimi, a volte stringendo pubblicamente la mano a dittatori sanguinari, il papa e i suoi emissari, hanno promosso campagne internazionali di inaudita violenza. Nulla a che vedere con il messaggio cristiano e con il Vangelo. Solo pura pratica di potere, conservazione di una eretica storia di dominio sulle terre, invece che di guida spirituale delle anime. La storia drammaticamente si ripete e se possibile riesce a stupire a rilanciare una visione cattolica proprietaria del mondo, di oppressione delle libertà, di giustificazione dell’assassinio di massa, quando questo è coerente con l’impostazione tradizionale della chiesa.
Non c’è sentimento di vergogna che sia sufficiente e, ora attendiamo cosa sapranno dire vescovi, preti, popolo di Dio, da molti anni silenti. Vediamo cosa sapranno inventarsi i nostri politici, soprattutto quelli del variegato centro sinistra.
Quello che è accaduto non ha giustificazione, non è ammissibile nella comunità internazionale democratica. Ma questo è il paese del tutto è possibile, quindi, attendiamo, sperando che vi sia finalmente una reazione degna di questo nome, dentro e fuori la chiesa, nella società civile, per amore della vita, di quella esistenza, etero, gay, lesbica, trans, che non può essere violata da nessuno. Oggi i secoli oscuri del delitto legalizzato in nome di un povero Cristo, sono riemersi come in un incubo senza fine.
Aurelio Mancuso, presidente nazionale Arcigay
http://www.arcigay.it/vero-volto-del-vaticano

Lunedì, 1 Dicembre, 2008 - 20:18

ACQUA PUBBLICA, RIPRENDIAMOCI IL FUTURO!

ACQUA PUBBLICA, RIPRENDIAMOCI IL FUTURO!

(dal documento conclusivo del Secondo Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua - Aprilia, 22-23 novembre)
Il mondo è oggi attraversato dalla più importante crisi economica e finanziaria che la storia ricordi, mentre si è approfondita la crisi alimentare globale e si è definitivamente appalesata la crisi ecologica e resi evidenti i primi effetti permanenti dei cambiamenti climatici planetari. Un modello di ordine mondiale, fondato sul pensiero unico del mercato, sull’accaparramento predatorio delle risorse naturali, sulla mercificazione dei beni comuni e la loro consegna ai grandi capitali finanziari, sullo svuotamento della democrazia e della partecipazione popolare sta dimostrando il proprio completo fallimento.
Il “crack” globale dell’economia finanziaria rappresenta l’esito di trenta anni di politiche liberiste, basate sull’assioma “privato è bello”, sulla deregolamentazione del lavoro, sulla privatizzazione dei servizi pubblici, sulla espropriazione dei diritti sociali. Oggi sono i grandi poteri bancari e finanziari ad invocare l’intervento pubblico e il sostegno statale. Oggi sono i più sfrontati liberisti a dichiarare il fallimento del mercato.
Lo scopo è chiaro: ottenere un nuovo travaso di risorse dalle collettività ai poteri forti per rilanciare i flussi finanziari mondiali e riprendere l’espropriazione di risorse. Così si chiedono sostegni pubblici alle banche, mentre si approvano normative - come l’art. 23 bis della Legge n. 133/2008 - che perseguono la definitiva messa sul mercato dei servizi pubblici locali, a partire dall’acqua e dal servizio idrico integrato. Così si approvano normative per il drastico taglio dei fondi alle scuole di ogni ordine e grado, si inasprisce la precarietà e ci si appresta ad eliminare il contratto collettivo nazionale per il mondo del lavoro.
“Noi la vostra crisi non la paghiamo” dichiara uno straordinario movimento per la scuola pubblica, una ”Onda anomala” di studenti, universitari, maestre, genitori, insegnanti, precari, che ha aperto una nuova fase della mobilitazione sociale, con al centro la lotta contro la privatizzazione del sapere e la riappropriazione di uno spazio pubblico, come luogo dei beni comuni, dei diritti sociali e della democrazia. “Noi la vostra crisi non la paghiamo” risponde un mondo del lavoro che rifiuta la socializzazione degli oneri della crisi finanziaria e chiede un nuovo intervento pubblico a sostegno delle fasce deboli della popolazione e per la definizione di un nuovo modello di produzione basato sugli interessi collettivi e la sostenibilità ambientale e sociale.
“Noi la vostra crisi non la paghiamo” rilanciano i movimenti per i beni comuni e le loro lotte territorialmente diffuse, ponendo al centro della propria iniziativa la riappropriazione sociale dell’acqua e dei beni comuni, la loro cura e conservazione per le generazioni future, la loro gestione partecipata dai cittadini, dai lavoratori e dalle comunità locali, come motore di una ricostruzione dei legami sociali, di una riaffermazione dei diritti collettivi, della riproduzione di un’appartenenza sociale aperta e condivisa. In una parola, di una nuova democrazia e di un altro mondo possibile.
In questo contesto, il movimento per l’acqua è chiamato ad un ancora più forte rilancio della propria iniziativa, per mettere in campo una mobilitazione ampia, diffusa e determinata contro la privatizzazione dei servizi pubblici locali, per il ritiro dell’art. 23-bis della Legge n. 133/200, per l’approvazione della legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua e per la difesa e la riappropriazione sociale dei beni comuni.
Lo sciopero generale del 12 dicembre, in questo quadro, diventa un punto di unificazione sociale fondamentale e può costituire un momento a partire dal quale porre il tema di un diverso modello produttivo e sociale, alternativo a quello avanzato dal pensiero unico neoliberista. Per questo saremo presenti, con la nostra specificità, a tale appuntamento.

Lunedì, 1 Dicembre, 2008 - 09:08

UN FIOCCO NERO CONTRO LE MORTI SUL LAVORO

UN FIOCCO NERO CONTRO LE MORTI SUL LAVORO

 
Il 6 dicembre dello scorso anno le fiamme della fonderia Thyssen a Torino, bruciarono la vita di sei lavoratori, giovani lavoratori che persero il loro futuro, per sempre.
 
Una così grande tragedia, la sofferenza dei famigliari, dei compagni di lavoro, di tutti, fu  un grido che non si poteva non ascoltare ,ci disse che quando di lavoro si muore la società intera porta una ferita profonda, ci disse ciò che già sapevamo: ogni giorno vi sono morti, ogni giorno gli incidenti sono migliaia, di lavoro ci si ammala e l’amianto ha ucciso e uccide ancora.
 
Sono lavoratori italiani, rumeni, curdi, slavi, indiani e di tante altre parti del mondo. Il popolo degli invisibili, del lavoro nero, le vittime ignote pagano il prezzo più alto. Nulla rende la vita più precaria della morte.
 
Dicemmo allora: mai più morti sul lavoro, non si può restare indifferenti, rifiutiamo l’assuefazione. Lanciammo una campagna per il diritto alla dignità e alla vita sul lavoro. Ci mobilitammo. Ricordate la catena umana in Piazza del Duomo? Il nostro sentire comune?
 
Oggi diciamo che non abbiamo dimenticato e perciò proponiamo di far ancora sentire la nostra voce rivolta al mondo del lavoro, la voce di quanti ancora nutrono sentimenti di solidarietà, di appartenenza, capaci di indignarsi.
 
Proponiamo che nella settimana che va dal 6 dicembre (anniversario della tragedia della Tyssen), al l2 dicembre (giornata di mobilitazione dei lavoratori e lavoratrici per lo sciopero generale, che auspichiamo sia anche di popolo), vengano assunte iniziative, anche simboliche, alle quali tutte e tutti possono partecipare e autorganizzare. Iniziative che segnino la nostra ribellione e la volontà di impedire che la strage continui, che ogni giorno si ripetano i drammi, che dicano a noi stessi e a tutti: ciascuno faccia la sua parte. Mai più morti sul lavoro!
 
In particolare proponiamo che dal 6 al 12 dicembre (giorno dello sciopero generale):
-          ognuno porti un fiocco nero intorno al braccio, sulla giacca o sulla borsa, come segno di lutto e di indignazione contro le morti sul lavoro;
-          nelle sedi istituzionali vengano  assunti impegni per il futuro e atti simbolici per sottolineare quanto sconvolgente sia il susseguirsi di morti e incidenti, e consiglieri e assessori portino un fiocco nero durante una seduta.
 
Questa settimana di impegno su questo terreno, organico a tutti gli obiettivi dello sciopero generale, sarà utile per valorizzare quanto già è stato fatto, in questo anno, per contrastare lo stillicidio di vite e in difesa della salute, a tutti i livelli: numerose infatti sono state le iniziative di sensibilizzazione nella società, nelle scuole e nelle istituzioni a tutti i livelli, dalle zone del decentramento al livello nazionale, con l’approvazione del Testo unico per la sicurezza sul lavoro, che va difeso dagli attacchi di Governo e Confindustria, e la legge va finanziata e applicata .
 
E in particolare sarà utile per non fermarci, molto resta da fare: va costruita una diffusa coscienza nella società, la base per poter dire un giorno: “ il dramma delle morti sul lavoro appartiene al passato”.
 
Questa nostra “piccola” proposta ha il senso di sollecitare la visibilità di un sentire comune, di valorizzare la politica dei contenuti e dei valori di giustizia sociale che così gravemente sono aggrediti e scossi. È un’idea, se sarà da molti condivisa e praticata diventerà un fatto.
 
Franca Rame,Dario Fo,
F.Calamida,A.Pizzinato,N.Benuzzi,P.Cagna,C.Cremonesi,M.DeLucaCardillo,F.Francescaglia, G.Galardi,P.Granchelli,A.Lareno,P.Majorino,R.Mapelli,E.Martinelli,M.G.Meriggi,A.Monga,
E.Molinari,M.Molteni,C.Monguzzi,A. Patta,B.Rizzo,T.Vai.
 
Per adesioni:

Sabato, 29 Novembre, 2008 - 12:30

SE NON ORA QUANDO? Aggiornamento adesioni

SE NON ORA QUANDO?

 
 
 
 
Appello della Lista Uniti con Dario Fo per Milano
 
per una Commissione d'inchiesta sul fenomeno della corruzione e della mafia nel territorio milanese
 
 
 
A Milano la mafia esiste. I fatti dimostrano che nella "capitale finanziaria" la corruzione persiste in modo invasivo. Vincenzo Macrì, componente della Direzione Nazionale Antimafia, assicura che "Milano è la vera capitale della "ndrangheta". Si parla anche di mafia, camorra, sacra corona unita. A testimoniarlo sono fatti giuridicamente sottoposti a procedimenti penali ancora in corso. Politica ed economia intessono relazioni pericolose con esponenti delle cosche.
 
Diversi sono stati gli omicidi di stampo mafioso commessi negli ultimi mesi, ricordiamo per ultimo Cataldo Aloisio, 34 anni, freddato nel Nord Ovest di Milano da un colpo di pistola alla nuca.
 
Come spiega Gianni Barbacetto, un potere non più occulto si è insediato nella città e come una idra multitentacolare tende a pervaderne il tessuto sociale, economico e politico.
 
L'emergenza in città viene indirizzata verso i Rom, oppure verso i furti e le rapine che sono in netto calo negli ultimi anni: il resto non sussiste. Non si comprende che spesso la microcriminalità esiste perché esiste la macrocriminalità delle organizzazioni mafiose.
 
La mafia a Milano, come scrive nel suo libro Giampiero Rossi, permane ormai da tempo in diversi settori: dai piccoli spacciatori sulla strada ai consulenti finanziari, ai commercialisti, ai direttori di banca negli uffici "ovattati" del centro cittadino, capitale del "business".
 
La macrocriminalità ricicla il denaro che gli viene fornito da una certa finanza bancaria e di borsa che, pur non essendo organica alla "cosca", rimane complice di un sistema di corruzione e di inquinamento della libera concorrenza.
 
La mafia è un problema culturale, asserisce Giovanni Impastato, fratello di Peppino. E anche nel Nord la cultura dominante è quella dell'illegalità.
 
 
Occorre creare una Commissione di controllo sugli appalti dell'EXPO, una commissione speciale d'inchiesta sugli interessi mafiosi attivi nel territorio cittadino: la proposta giace in Consiglio Comunale, nonostante l'apprezzamento trasversale che ha ottenuto.
 
La società civile, l'associazionismo per la legalità, Don Gino Rigoldi, Libera, intellettuali e uomini di cultura hanno più volte avanzato la proposta, anche precedentemente all'assegnazione dell'EXPO a Milano. Ma l'amministrazione è sempre apparsa sorda di fronte a una richiesta corale di fare fronte all'emergenza dell' illegalità mafiosa, corrosiva della convivenza civile e sociale della nostra città.
 
Occorre subito attivare ogni forma utile a riportare a Milano la cultura della legalità, che è cultura di democrazia, giustizia sociale ed eguaglianza.
 
 
Ti chiediamo di aderire a questo appello che alcune cittadine e cittadini indirizzano all'Amministrazione Comunale affinché si chieda subito e si approvi una Commissione d'Inchiesta sul fenomeno della corruzione e della mafia a Milano, coerentemente con quanto sostenuto da più relatori nell'incontro in memoria di Peppino Impastato, tenutosi proprio a Palazzo Marino il 16 settembre 08.
 
 
 
Invia la tua adesione all'indirizzo listafoappello@gmail.com scrivendo:
 
 
aderisco all'appello " Se non ora quando? Appello per una Commissione d'inchiesta sul fenomeno della corruzione e della mafia nel territorio milanese da inviare all'Amministrazione Comunale di Milano".
 
 
Adesioni finora pervenute
 
 
 
Basilio Rizzo, Giovanni Colombo, Vladimiro Merlin, Patrizia Quartieri, Francesca Zajczyk, Emilio Molinari, Vittorio Agnoletto, Alessandro Rizzo,Gianni Barbacetto, Antonello Patta, Gianni Occhi, Irma Dioli, Nando dalla Chiesa, Luciano Muhlbauer, Lorenzo Frigerio, Ilaria Ramoni, Paolo Cagna Ninchi, Giuseppe Natale, Amalia Navoni, Maurizio Pagani, Antonella Fachin, Franco Brughiera, Raffaele Taddeo, Sergio Segio, Tommaso Zampagni, Thomas Schmid, Marco Bersani, Paolo Azioni, Vanni Mirandola, Nello Vescovi, Liborio Francesco Cozzoli, Luisa Spinoso, Renata Sparacio, Francesco Pedrazzi, Giulio Cengia, Guido Gavazzi, Maria Carla Baroni, Alessandra Cangemi, Anna Alziati, Angelo Valdameri, Vincenzo Viola, Rossana Campisi, Fabrizio Casavola, Francesca Mileto Fausto Marchesi, Aligi Maschera, Christian Elevati, Loredana Fantini, Roberto Brambilla, Rolando Mastrodonato, Valerio Imbatti, Aldo Rossetti, Luigi Candreva, Alessandro Guido, Eleonora De Bernardi, Cristina Agosti, Piero Basso, Enrica Torretta, Roberto Cagnoli, Ida Alessandroni, Giampaolo Ferrandini, Ersilia Monti, Stefano Panigada, Giacomo Sicurello, Mirella De Gregorio, Luigi Campolo, Empirio Vito, Emanuele Gabardi, Vincenzo Vasciaveo, Edda Boletti, Saverio Benedetti, Silvano Pasquini, Fabio Ricardi, Camillo Gama Malcher, Cristina Benato, Edgardo Bernasconi, Claudio Armellini, Silvia Biassoni, Pietro Zanisi, Emanuele Concadoro, Mariateresa Lardera, Grazia Casagrande, Simona Platè, Gabriella Benedetti, Enzo Bensi, Massimo Gentili, Stefania Cappelletti, Mercedes Mas, Davide Frigerio, Giovanni Amico, Giogo Nobili, Rosanna Gatti, Andrea Sanclemente, Gabriella Grasso, Paolo Meyer, Giuliana Michelini, Silvio Agnello, Luca Ariano, Marco Alberti, Claudia Giella, Ibrahîm 'Abd an-Nûr Gabriele Iungo, Gregorio Mantella, Sergio Marinoni, Anna Pedrazzi, Simone Panozzo, Michele Sacerdoti, Luigi Ranzani, Tommaso Botta, Mona Mohamed, Tommaso Dilauro, Maurilio Pogliani, Franco La Spina, Paolo Baruffa, Eliana Scaravaggi, Maurilio Grassi, Pennu, Roberto Prina, Donatela Cabrini, Giulio Cavazioni, Claudia Guastaldi Musso, Biagio Strocchia, Aldo Sachero, Donfrengo, Miriam Garavaglia, Marco Fassino, Luciano Luca Pasetti, Ferdinando Lenoci, Fabio di Falco, Lidia Meriggi, Ennio Riva, Carmen Cavazzoli, Renato Mele, Nadia Barbetti, Teresa Isenburg, Paolo Migliavacca, Monica Rossi, Giancarlo Roncato, Marina Lagori, Mario Bonica, Camilla Notarbartolo, Luisa A. Meldolesi, Bianca Dacomo Annoni, Renato Vallini, Tiziana Marsico, Daniele Gaggianesi, Ester Prestini, Salvatore Fraticelli, Alessandra Durante, Anna Maria Osnaghi, Rino Messina, Mattea Avello, Daniele Leoni, Angela Persici, Ruggero Bogani, Laura Bogani, Armando Costantino, Bruno Giulio, Antonio Lupo, Amanda e Silvio, Vincenzo Modarelli, Cristina Simonini, Alessandra Manzoni, Giuliana De Carli, Renato Merlini, Maria Luisa Sciarra, Federico Marchini, Luciana P. Pellegreffi, Alda Capoferri, Stefania Fuso Nerini, Riccardo Poggi, Maria Rosa Strocchi, Luisa Motta, Giovanna Groppi, Renato Lana, Massimo De Giuli, Guido Bolzani, Tony Rusconi, Romano Miglioli, Guia Faglia, Liborio Francesco Cozzoli, Silvia Olivotti, Ermanno de Gregorio, Annamaria Trebo, Lino de Gregorio, Tina Fusar Poli, Marina Querciagrossa, Giuliana Zoppis, Melissa Corbidge, Emanuela Nava, Davide Radaelli, Paolo Zani, Siliana Silvia Inguaggiato, Ernesto Pedrini, Marisa Gaggini, Giorgio Boccalari, Carla Gnecchi Ruscone, Luca Trada, Francesco Paolella, Edvige Cambiaghi, Carlo Rossi, Adele Rossi, Daniela Rossi, Roberto Zuccolin, Paola Iubatti, Marina Gorla, Pasquale Palena, Paolo Limonta, Elena Tagliaferri, Stefano Levi Della Torre, Marco Tatò, Edoardo Bottini, Davide Pelanda, Simona Bessone, Antonio Frascone, Renata Rambaldi, Tatiana Cazzaniga, Cristina Franceschi, Nicoletta Lucatelli, Francesca Carmi, Federico Mininni, Jacopo Casadei, Sandro Artioli, Carla Dentella, Alessandro Zanardi, Giovanna Ronco, Giovanni Acquati, Franco Calamida, Giuseppina Renzetti, Alfredo Minichini, Patrizia Tovazzi, Roberto Capucciati, Piercarlo Collini, Stefano Costa, Davide Sini, Paola Trotta, Antonio de Cristofaro, Andrea Fedeli, Alberto Risi, Annamaria Palo, Luigia Pasi, Brunella Panici, Vincenzo di Giacomo, Bianca Avigo, Marco Gimmelli, Flora Tannini, Stefania Veronese, Milena Mazzoni, Ernesto Rossi, Ezio Fornasier, Alessandro Guido, Serena Scionti, Parisina Dettoni, Cesarina Martin, Mariolina De Luca Cardillo, Teresa Ricco, Erica Rodari, Domenico Bertelli, ASSOCIAZIONE PROGETTO GAIA (Milano), Marco Poma, Silvio Saffaro, Massimo Incontri, Mauro Leoni, Valeria Cornelio, Adriano Sgrò, Donatella Lunardon, Alberto Mazzenzana, Giovanna Procacci, Alessandro Angelotti, Daniela Bastianoni, Grazia Lurati, Giuseppe Caldera, Antonio Iosa, Silva Dondi, Guido Consonni, Giulio Meraviglia, Bruno Banone, Sara Montrasio, Luisa Ferrario, Giovanni Abbiati, Norberto Trabucchi, Lucia Bertolini, Graziella Osellame, Raffaella Noseda, Chiara Noseda, Francesco Pirelli, Patrizia Miozzi, Maurizio Bertasi, Donatella Costelli, Céline Dissard, Gianni Cabinato, Maria Rosaria Canzano, Angela Di Terlizzi, Luciano Vailati, Augusta Bottazzi, Daniela Galuzzi, Viki Corsieri, Luca Prini, Raimondo Acampora, Benedetta Boschetti, Marco Mambrini, Paola Giussani, Clara Mantica, Amelia Gaetti, Carlo Alberto Lascaro, Augusto Bianchi, Massimo De Giuli, Laura Quagliuolo, Gabriella Valassina, Raffaella Invernizzi, Renato Donato, Massimo Chiodaroli, Ester Piva, Antonio Piazzi, Anna Francioso, Anna Favalli, Dario Proto, Raffaella Manzo, Graziella Diana, Roberto Villa, Davide Renoffio, Rosella Massaglia, Antonietta Clema, Angela Foggetta, Laura Quagliuolo, Maria Teresa Memo, Valentina Linda, Michele Giovannetti, Ileana Faidutti, Carla Ferraioli, Gianni Meazza, Milena Gonfalonieri, Bianca Bottero, Maria Celi, Emilia Costa, Angela Fioroni, Fabio Ricardi

Giovedì, 27 Novembre, 2008 - 18:12

serve una "cicloruzione"

Riporto un interessante scritto di Bellini, un autore di un blog nato per promuovere l'amore per la bicicletta, la sua utilità, la sua funzionalità, la sua rivoluzionaria portata ... in città.

E consiglio a tutt@ di leggere Trattato di Ciclosofia di Didier Tronchet, un parigino fautore del pensiero sulla mobilità alternativa ...

Alessandro

 

testo del messaggio:

 

In città c’è bisogno di una rivoluzione del traffico e lei in qualche misura la sta attuando. Ma la rivoluzione deve riguardare prima di tutto la nostra cultura e le nostre abitudini. L’auto non è mossa solo dal motore ma anche, e soprattutto, dalla predisposizione psicologica al suo uso da parte delle persone.

Serve una “cicloruzione”.

In gioco c’è un nuovo stile di vita da adottare, gran parte del futuro delle nostro territorio e la possibilità di rimetterlo in marcia.

Inutile nasconderlo, la bici ha un antagonista naturale: l'automobile. Non è ideologia, ma autodifesa: mi si perdoni il “personalismo”, ma percorrendo ogni giorno almeno 20 km in bicicletta nutro qualche apprensione.

Un piano serio a favore della mobilità ciclabile deve prevedere lo smottamento culturale della civiltà centrata sull'automobile. Niente paura. Non è terrorismo o neoluddismo, ma banale invito a fare scelte consapevoli, sostenibili e necessarie per l'ambiente e la salute di tutti, anche dei figli di quei fanatici del motore a scoppio.

Come dice Didier Tronchet, nel suo delizioso Piccolo trattato di ciclosofia, “La nuova rivoluzione (cicloruzione) può venire semplicemente da questa alternativa mattutina: prendo l’automobile o la bicicletta?” Un vento importante sta soffiando. Un mix di ragioni economiche, ecologiche e di generale accresciuta attenzione ai temi ambientali si muove sulle due ruote. Di più. E’ in atto una trasformazione psicosociale tra tanti cittadini alle prese con una privata guerra civile tra un “io” che desidera uno stile di vita sano e sostenibile e la realtà che mortifica o rende impossibile tali propositi. Se non si leggono queste dinamiche si rischia l’afasia e ciò non è cosa buona per la politica e per i media che possono invece svolgere un ruolo importante. Non solo intercettando opportunisticamente quel vento. La politica che guarda alla luna, quel vento deve anche suscitarlo. E i media pure.

A entrambi chiediamo di crederci e di impegnarsi con noi, che nel frattempo a Bologna pedaleremo sognando Portland.

Bibi Bellini
www.ilikebike.org

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