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Lunedì, 24 Aprile, 2006 - 21:43

Morire da soli a Milano

  Oggi le agenzie, battevano  una notizia di "nera" d’ordinaria tristezza.
  Dopo 15 giorni i Vigili del Fuoco, avvisati dai vicini, hanno rivenuto la salma di un anziano di 80 anni che è vissuto da solo.
  Le cronache sono piene di questi eventi, frutto della marginalità con cui gli anziani sono lasciati soli, nella nostra città.
  Un anziano, che magari per problemi caratteriali, piano piano vede allontanarsi la prima fascia di solidarietà: la famiglia, poi inizia ad isolarsi dai vicini, poi gli staccano la luce e poi il gas e poi...

...e poi il lento oblio fino all’ultimo.
  In una città dove le fasce di cittadini d'età media, sempre più si allontano da Milano per andare a vivere in comuni sempre più lontani, restano sempre più anziani.
  Alcuni rinunciano a vivere, per tanti diversi motivi nelle loro case e accettano il ricovero, altri invece no, forse non sono nemmeno più sufficientemente capaci di chiedere aiuto, di fatto però restano soli.
  Eppure in questo caso, i servizi sociali sarebbero potuti intervenire...
...Sarebbero potuti intervenire se forse l'AEM gli avesse segnalato che a quest’anziano staccavano il gas.
...Sarebbero potuti intervenire se forse l'ENEL gli avesse segnalato che a quest’anziano staccavano la luce.
  Serebbero, ma così evidentemente non è andata, e un altro anziano, nell’indifferenza generale è andato.
  Allora bisogna ripartire della rete sociale, una rete composta di più attori, che trovi un capo maglia che coordini realmente gli interventi, interventi che possono partire dal più semplice monitoraggio, fino ad un’assistenza domiciliare organizzata e strutturata.
  Per realizzare questa maglia servono politiche sociali attente, che coinvolgano anche la popolazione residente attraverso azioni di sensibilizzazione del vicinato, la partecipazione del volontariato, ma anche le infrastrutture di servizio e ovviamente un’azione sul campo dei servizi sociali, i quali necessariamente devono essere rinforzati.
  Forse l’anziano sarebbe in ogni modo arrivato al termine del suo percorso di vita, ma il suo trapasso non sarebbe stato riconosciuto dall’esalazione della morte dopo 15 giorni, ma dal non aver risposto, magari anche in malo modo, come a volte fanno alcuni anziani che s’isolano.
  Perché a Milano noi vogliamo che si viva da soli bene, anche la propria vecchiaia.

Sabato, 22 Aprile, 2006 - 01:06

Milano, una città che ti espelle.

Quando ero un ragazzino le periferie di Milano erano quei quartieri, a volte graziosi ma più delle volte tristi che si sviluppavano al di fuori della circonvallazione dei filobus, quella della 90/91 per intenderci. L’ultimo pezzo della Martesana in Melchiore Gioia era ancora scoperto e quando si andava a Senago o Bresso a trovare i parenti si diceva che si andava in campagna. Oggi la periferia di Milano, se si osserva la metropoli con una veduta aerea è un’estensione d’urbanizzazione continua che ingloba molti comuni, non solo della prima fascia, ma anche della seconda e pure della terza fascia.
Una cosa comunque era certa, la periferia era abitata in grande prevalenza (escluderei San Siro e Città Studi e alcuni rioni particolari) da chi non poteva abitare, dentro le mure o appunto entro la cerchia della 90/91. Il non potere ovviamente si riferiva alle disponibilità economiche.
Oggi, molti se vogliono coniugare, stipendio e una qualità della vita accettabile, si sono trasferiti a vivere in zone più lontane ancora, come le provincie di Varese, Pavia, Lecco.
Non parlo di chi in quelle zone è nato e cresciuto, ma poi il lavoro o gli studi l’hanno portato a lavorare a Milano, ma di quella massa di milanesi, che ad un certo punto della loro vita, non sono stati più in grado di permettersi il lusso di vivere in Città, poichè il vivere in città, lì avrebbe costretti a compromessi economici tali da impoverirli.
L’idea comune che questa emigrazione forzata da Milano dei suoi figli, si il cattivo frutto del costo della casa. Ciò è vero, ma in parte.
Se vivete in città e avete un figlio piccolo in età d’asilo nido, scoprirete che anche quello è oggi un motivo di espulsione da Milano.
Già perché oggi, se siete un cittadino con una fascia di reddito medio, sarete costretto a fare due scelte se volete inserire il bambino al Nido, (…scelta che sii è obbligati a fare non per andare a giocare a tennis, ma andare al lavoro): o vi rivolgete all’offerta privata pagando, oppure se credete nella scuola pubblica e che la città debba offrire dei servizi alla popolazione per fruire di ciò siete anche disposti a pagare il massimo della retta, dovete cimentarvi in una sorta di lotteria pubblica per tentare l’inserimento del vostro “cucciolo” nel Nido Comunale, seguendo il seguente iter:
1) Chiamate un numero telefonico del Comune (due anni fa rispondevano da Bari, solo perché in India non conoscono ancora l’italiano e non possono attivare il servizio) o usate Internet, il quale vi indica il nido comunale più vicino a casa vostra e altri due nidi in opzioni a chilometri da casa vostra.
2) Presentate la domanda, e contestualmente scoprite che per il giusto criterio di graduatoria a punteggio basato sul rapporto domande e posti disponibili, avrete una possibilità di inserire il bimbo al nido nella giusta età, solo se:
a) Siete veramente poveri;
b) Siete veramente degli “evasori fiscali totali”.
Se non rientrate nelle due categorie opposte, ma formalmente uguali, entrate nel girone delle graduatorie, …con un po’ di fortuna attorno alla fine dell’anno scolastico forse vi arriverà una chiamata per sapere se non avete ancora sistemato il bambino in un nido a pagamento privato, …se non avete scelto di abbandonare l’infante nella pubblica via o se non avete optato per creare lavoro voi stessi, in altre parole riversando uno stipendio medio di uno dei due componenti della famiglia, per pagare una donna che esegua il vostro compito di sostituto genitore, mentre voi per pagare la “Tata” e i pannolini al marmocchio, vi cercate un secondo lavoro o v’inventate motivi di lavoro straordinario per tirare la fine del mese, dopo aver scoperto ovviamente che anche la vostra stessa Tata è vittima di questo infernale girone. C’è un ultima ipotesi, uno dei due genitori sceglie di smettere di lavorare, così il reddito si abbasserà a tal punto che poi sarete voi a cercare un posto come “Tata”.
Se invece siete un momento più in la della graduatoria, forse vostro figlio, al compimento del suo ingresso alla Scuola Materna, potrà essere ammesso al Nido Comunale, ma a quel punto sarete già alle prese con un nuovo girone.
Ecco allora che se avete una reddito medio, dovete far conto con il sistema d’assistenza alla prima infanzia, il mutuo e altri “chiari di luna”, con grande probabilità accetterete l’idea di fare i pendolari e opterete per trasferirvi in un ridente comune fuori Milano, dove c’è tanto verde, poche anime, una casa ad un prezzo accettabile, l’asilo nido bello e accogliente, permettendovi di avere raggiunto il giusto compromesso per una buona qualità della vita, magari (consentitemi un citazione di Paolo Rossi) il luogo scelto si chiamerà pure “Milano 15”, così per mitigare la coatta scelta di emigrare da Milano e ovviamente si troverà solo a 10 minuti di macchina dal centro di ….Pescara.
Ora se nasco e cresco a Milano, mi chiedo perché sia costretto a pensare di continuare a vivere in questo modo, …ho un’opportunità che non voglio perdere.

Scelgo di vivere Milano.

Scelgo di vivere in Milano

Scelgo Ferrante.

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