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Il Blog di Donatella Elvira Camatta | www.partecipaMi.it
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.: Il Blog di Donatella Elvira Camatta
Domenica, 27 Maggio, 2007 - 10:18

Le strade per tutti

Premessa

Tutti noi vediamo lo stato attuale delle nostre città. Anche le previsioni più cupe del passato si sono avverate:
confusione, sporcizia, inquinamento, rumore, distruzione delle abitudini storiche abitative e sociali.
La quotidiana rapina degli spazi usuali di relazione, giunta all’apice della sua efferatezza, ha cancellato le possibilità di ritrovarsi all’aperto, a meno di non trasferirsi nei parchi, pochi e lontani dalla maggioranza dei cittadini. Questo provoca un paradosso: per godere dello spazio verde, si è costretti ad usare mezzi inquinanti per raggiungerlo.
Perciò le aree verdi sono “sottratte” ai cittadini, nel senso che non sono concretamente utilizzabili.
In particolare la zona dove abitiamo, non è un luogo delle meraviglie. I punti forti culturali e storici sono lontani l’uno dall’altro, difficili da raggiungere, poco utilizzabili se non in pessime condizioni.
La situazione, per i bambini e i disabili, è un disastro: percorsi ad ostacoli di tutti i tipi, “minati” dalle cacche dei cani, dai vetri rotti, immondizie, ma soprattutto contorsioni tra macchine in sosta. Quando i marciapiedi si allargano nasce il rischio d’investimento a causa dei conducenti delle moto che li usano come strade alternative.
I disabili che non possono essere accompagnati su veicoli sono assolutamente destinati alla prigionia.
In questo scenario, il verde non sta meglio. Oltre alle vicende recenti, che vedono il nostro Comune impegnato in una strenua guerra contro gli alberi di qualunque tipo, riduzione o cancellazione di parchi e luoghi di ritrovo e demolizione dell’identità storica della città, il verde supersite è praticamente suddiviso in due categorie:
·         Il parco, area antagonista all’urbanizzazione e sostanzialmente abbandonata a se stessa, dalla fruibilità convenzionale: panchine, vialetti, percorsi senza meta.
·         I giardini pubblici, oggetti di abusi selvaggi da parte di chiunque ne abbia l’intenzione e, a parte ormai poche eccezioni, scarsamente utilizzabili dai bambini in condizioni di sicurezza.
La maggior parte degli spazi verdi a Milano è perciò malata, perché la malattia è separazione, impedimento, carenza.
Proviamo a fare un elenco di queste malattie:
·         isolamento;
·         diffusa mancanza di attrezzature per il gioco ed il ristoro;
·         dimensioni insufficienti anche associate a difficoltà di accesso;
·         carenza di obbiettivi di utilizzo quotidiano;
·         pericolosità (assedio dei veicoli, sporcizia, criminalità), conseguenza della carenza di obbiettivi di uso quotidiano.

Domenica, 27 Maggio, 2007 - 10:15

GREENWAYS

Le caratteristiche funzionali delle greenways:
un primo approccio metodologico

Abstract
Greenways are linearly planned territorial networks projected and organised to obtain ecological, recreational, historical and cultural benefits and therefore a use of the land that is compatible with the specific environmental characteristics of the territory.
Non-systematic mobility is becoming in some areas equal or greater than systematic one. The organisation of the demand of this kind of mobility results complex, because it is different in time and it has various modalities of movement at elevated levels of service.
The territorial network, composed of greenways, could principally satisfy the request for a non-systematic movement of a recreational type. It is interesting therefore to define the transport characteristics of the greenways, since this aspect has an effect on the role of both urban and territorial planning.
In Italy greenways are just at the beginning, and this word is not commonly used, but there are several examples of trails and pedestrian-routes, especially in tourist-zones and towns, that can be considered as greenways. Actually there is a recent National law that favours the use of the dismissed railways areas for pedestrians, bicycles (etc.) i.e. for greenways.
A correct planning is essential in order to avoid incompatible functions or contrast between the ecological and environmental characteristics of the territory.
1. Introduzione
Andare a piedi è la modalità di spostamento più frequentemente usata dalle persone e spesso la qualità che questo tipo di movimento ha nella nostra vita viene sottovalutata.
La qualità dello spazio in cui il pedone si muove, infatti, incide notevolmente sulla scelta modale che le persone operano.
Il termine "greenway" potrebbe identificare nella parola "green", una rete per la mobilità dei mezzi non-motorizzati e quindi non solo una rete costituita da aree vegetate o naturali, e nella parola "way" non solo il generico spostamento da un punto ad un altro, ma il muoversi lungo itinerari specifici e/o dedicati con la possibilità di vivere il percorso in modo esperienziale.
2. Le greenways come parte integrante della piano per la mobilità lenta
La pianificazione delle greenways potrebbe costituire una parte fondamentale della pianificazione per la "mobilità lenta", cioè un piano per la mobilità dei mezzi di trasporto non-motorizzati. Appare infatti evidente che la pianificazione a scala urbana e territoriale non ha correttamente considerato le potenzialità della "mobilità lenta".
In Italia i piani urbani per la viabilità extraurbana2 e i piani urbani del traffico3 si sono limitati al governo del territorio a scala urbana e extraurbana, organizzando reti infrastrutturali per servire le aree urbane senza tenere in dovuta considerazione la pianificazione della mobilità lenta come elemento necessario e qualificante nello sviluppo del territorio e delle aree urbane.
La domanda di mobilità non sistematica in questi anni, in alcune aree sta diventando uguale o addirittura superiore a quella di mobilità sistematica. Questo fenomeno di crescita è legato a diversi fattori tra i quali l’invecchiamento della popolazione e la crescita della flessibilità nell’orario di lavoro e porta, sempre più spesso, ad una domanda di mobilità non sistematica che copre l’arco di tutta la giornata per tutti i giorni della settimana.
Rispondere adeguatamente a questo tipo di mobilità è assai complesso, questa domanda infatti oltre a non essere costante nel tempo richiede differenti modalità di spostamento ad elevati livelli di servizio.
Un utile riferimento per la progettazione delle greenways - reti per il traffico non-motorizzato - è costituito dall’Highway Capacity Manual (HCM) dove, per esempio, sono determinati parametri di progetto per il dimensionamento dei percorsi pedonali (Fig. 1.)4.
In Italia, come negli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, le condizioni climatiche favoriscono l’uso degli spazi urbani all’aperto per una buona parte dell’anno. In questi Paesi l’andare a piedi è una tipica attività sociale che favorisce l’instaurarsi di relazioni sociali tra le persone.
Conseguentemente infrastrutture attrezzate per la mobilità lenta come le greenways dovrebbero essere pianificate sia a scala urbana che a scala extraurbana.
Le greenways a scala territoriale potrebbero avere un significato trasportistico rilevante connettendo tra loro luoghi attrattori di persone nelle ore di svago e tempo libero (per esempio: parchi attrezzati per il gioco, centri sportivi, aree turistiche costiere, parchi e bellezze naturali, ecc.) concorrendo, se idoneamente attrezzate, all’alleggerimento del flusso sulle reti per il traffico motorizzato.
Infatti nelle zone dove le infrastrutture sono congestionate o dove la situazione è al limite di saturazione, l’alleggerimento anche di una percentuale minima di traffico veicolare potrebbe rappresentare il non raggiungimento della congestione della rete stradale.
Nelle aree conurbate abitualmente attraversate da strade di scorrimento caratterizzate da un elevato flusso di traffico motorizzato, le greenways potrebbero invece rappresentare un elemento qualificante consentendo una nuova possibilità di collegamento per il traffico non-motorizzato tra i vari centri urbani che appartengono all’area metropolitana.
Le greenways potrebbero inoltre favorire il miglioramento del rapporto esistente tra reti infrastrutturali per il traffico motorizzato e reti ecologiche finalizzate alla conservazione delle biodiversità concorrendo alla riduzione dell’effetto barriera causato dal traffico veicolare laddove non fosse possibile creare un apposito corridoio ecologico5.

3. La classificazione funzionale delle greenways
In Italia il Nuovo codice della strada all’art. n. 26 definisce e classifica le strade in base alle caratteristiche geometriche e funzionali e definisce come strada l’area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali.
Nel comma 2 dell’art. 2 si specifica che le strade sono classificate riguardo alle loro caratteristiche costruttive tecniche e funzionali nei seguenti tipi:
a - autostrade
b - strade extraurbane principali
c - strade extraurbane secondarie
d - strade urbane di scorrimento
e - strade urbane di quartiere
f - strade locali
Le strade vengono classificate secondo le tipologie sopracitate in base alle caratteristiche geometriche necessarie per consentire adeguato movimento dei veicoli a motore lungo la rete stradale.
La classificazione funzionale delle strade prevista dal Nuovo codice della strada è rivolta principalmente al traffico motorizzato e per questo è significativo procedere ad una classificazione funzionale delle greenways intese come reti per il traffico non-motorizzato nel rispetto della definizione di strada di cui all’art. 2 comma 1.
Considerando il centro abitato così come definito nell’art. 3 comma 8 del Nuovo codice della strada7 si potrebbe quindi procedere ad una prima classificazione delle greenways nei tipi di seguito elencati.
3. 1 Greenways in ambiente extraurbano
  • Greenway extraurbana principale:
questa greenway connette centri storici significativi, aree turistiche - specialmente utilizzando linee costiere o aree con suggestive caratteristiche paesaggistiche - importanti aree ricreative come grandi parchi attrezzati, parchi nazionali, bellezze naturali, ecc.. Una greenway extraurbana principale può essere molto lunga e costituire un vero e proprio itinerario turistico/ricreativo. L’accesso a questa greenway deve essere consentito a tutti i mezzi di trasporto non-motorizzati cioè a chi va a piedi, in bicicletta, a cavallo, con i pattini in linea, ecc.). L’infrastruttura deve essere adeguatamente attrezzata, chi si muove lungo essa deve trovare lungo tutto l’itinerario aree per il ristoro ed il pernotto - rifugi o agriturismi -, punti di informazione e di assistenza. La greenway quindi deve essere ampia consentendo alle differenti tipologie di utenza di muoversi liberamente senza alcun conflitto, al necessario la greenway può essere divisa in due o tre precorsi suddivisi per tipologia di utenza. Le persone portatrici di handicap dovrebbero poter percorrere tutto l’itinerario. Nei punti in cui avviene l’intersezione con il traffico motorizzato non dovrebbero essere consentiti gli attraversamenti a raso; l’attraversamento a più livelli dovrebbe essere opportunamente progettato.
  • Greenway extraurbana secondaria:
questa greenway connette tra loro centri storici di minor rilievo, zone turistiche e parchi. Il movimento lungo l’infrastruttura dovrebbe essere consentito a tutti i mezzi di trasporto non motorizzati e il flusso di traffico dovrebbe essere inferiore a quello di una greenway principale extraurbana. Le attrezzature di pernotto e di ristoro per questo tipo di rete dovrebbero essere posizionate in prossimità delle aree urbane; i punti di informazione e di assistenza saranno previsti lungo tutto il percorso. L’intersezione con il traffico veicolare è consentita con attraversamenti a raso se opportunamente attrezzati.
  • Greenway extraurbana dedicata:
si può trattare di una greenway dedicata ad uno specifico mezzo di trasporto - cioè solo per i pedoni, solo per ciclisti, solo per cavalli, solo per sciatori, ecc. - o una greenway dedicata ad una specifica attività - cioè itinerari per "trekking" o per "mountainbike", percorsi per "bird-watching" -. Le attrezzature dovranno essere differenziate a seconda del tipo di utenza prevista e non necessariamente i portatori di handicap saranno ammessi lungo l’itinerario. Le tipologie delle intersezioni con i traffico veicolare saranno strettamente connesse all’utenza a cui l’itinerario è dedicato.
Tabella 1 - Classificazione funzionale: greenways extraurbane
CLASSIFICAZIONE
COLLEGAMENTO
UTENTI
ATTREZZATURE
Principale
Significativi centri storici, zone turistiche, importanti aree ricreative, parchi nazionali
Tutti i mezzi di trasporto non-motorizzato: pedoni normodotati e portatori di handicap, pattinatori, animali, biciclette, ecc.
Adeguatamente attrezzate: punti di ristoro, di assistenza, di informazione lungo tutto il tracciato; possibilità pernotto presso rifugi o in agriturismi. Non sono ammesse intersezioni a raso con il traffico motorizzato.I materiali dovrebbero essere differenti a seconda della tipologia di utenza. L’infrastruttura deve essere opportunamente divisa in piste o corsie differenziate per utenza.
Secondaria
Piccoli centri storici, zone turistiche, aree ricreative, parchi.
Non necessariamente dovranno essere ammessi tutti i mezzi di trasporto non motorizzato, dovrebbero essere ammessi i portatori di handicap.
Sufficientemente attrezzate: le attrezzature principali dovrebbero essere localizzate in prossimità delle aree urbane.
Punti di assistenza e di informazione devono essere previsti lungo tutto il tracciato.
Sono raccomandate intersezioni a raso con il traffico motorizzato adeguatamente attrezzate.
I materiali dovrebbero essere differenziati a seconda dell’utenza, creando differenti corsie di traffico non motorizzato.
Dedicata
(trasporto dedicato/tematica)
Da un punto ad un altro lungo un itinerario specializzato.
L’accesso deve essere consentito solo a uno specifico mezzo di trasporto - cioè solo pedoni, solo ciclisti, ecc.
In alcuni casi i portatori di handicap non potranno avere accesso alla rete.
Le attrezzature saranno differenziate e specializzate a seconda della tipologia di utenza ammessa.
Le caratteristiche dell’intersezione sono strettamente connesse alla struttura della greenway.
 

3. 2 Greenways in ambiente urbano
  • Greenway urbana di scorrimento:
questa greenway collega i centri urbani di un’area metropolitana. In questo tipo di rete è ammesso tutto il traffico non-motorizzato - cioè pedoni normodotati, portatori di handicap, ciclisti, ecc. - il movimento tra i differenti utenti deve avvenire in modo libero. L’attrezzatura dovrebbe garantire il comfort degli utenti e il collegamento con i servizi alla scala urbana ed i mezzi di trasporto pubblico. Nei punti in cui avviene l’intersezione con il traffico motorizzato non dovrebbero essere consentiti gli attraversamenti a raso; l’attraversamento a più livelli dovrebbe essere opportunamente progettato.
  • Greenway urbana di inter-quartiere:
questa greenway collega tra loro differenti quartieri di una città. Lungo l’itinerario sono ammessi tutti i mezzi di trasporto non-motorizzati ad eccezione degli animali. La greenway deve garantire il collegamento tra i quartieri ed i servizi cittadini. L’attrezzatura dovrebbe assicurare un comfort sufficiente a tutti gli utenti, inclusi i portatori di handicap, i punti di informazione e di assistenza potranno essere localizzati all’interno del singolo quartiere. Sono ammesse le intersezioni a raso con il traffico veicolare se opportunamente attrezzate, l’attraversamento a più livelli è comunque preferito.
  • Greenway urbana di quartiere:
questa greenway collega le unità di vicinato ai servizi di quartiere, solo la mobilità pedonale e ciclabile è ammessa lungo la rete. Sono ammesse intersezioni con il traffico veicolare sia a raso che a più livelli.
  • Greenway urbana locale:
questa greenway collega le aree residenziali ai servizi dell’unità di vicinato. Solo la mobilità pedonale e ciclabile è ammessa lungo la rete. Sono raccomandate le intersezioni a raso.
  • Greenway urbana dedicata:
si può trattare di una greenway dedicata ad uno specifico mezzo di trasporto - cioè solo per i pedoni, solo per ciclisti, ecc. esclusi i cavalli - o una greenway dedicata ad un tema specifico - cioè un itinerario lungo l’alzaia di un fiume, un percorso storico, ecc.. L’attrezzatura dell’infrastruttura deve essere specializzata a seconda della tipologia di utenza e delle specifiche caratteristiche del percorso. Le tipologie delle intersezioni con i traffico veicolare sono strettamente connesse all’utenza a cui l’itinerario è dedicato. Talvolta i portatori di handicap potranno non essere ammessi lungo la greenway.
 

TABELLA 2 - Classificazione funzionale: greenways urbane
CLASSIFICAZIONE
COLLEGAMENTO
UTENTI
ATTREZZATURE
Di scorrimento
Centri urbani all’area metropolitana
Tutti i mezzi di trasporto non-motorizzato: pedoni normodotati e portatori di handicap, pattinatori, animali, biciclette, ecc.
Dovrebbe garantire il comfort degli utenti ed il collegamento con i servizi dell’area metropolitana.
Non sono consentite intersezioni a raso con il traffico veicolare.
I materiali dovrebbero essere differenziati in base alla tipologia di utenza prevista, anche con differenziazione in corsie.
Inter-quartiere
Quartieri ai servizi cittadini.
Non necessariamente dovranno essere ammessi tutti i mezzi di trasporto non motorizzato, dovrebbero essere ammessi i portatori di handicap. Sono esclusi i cavalli.
Servizi cittadini.
Sono tollerate intersezioni a raso con il traffico motorizzato adeguatamente attrezzate, sono comunque preferibili attraversamenti multilivello.
I materiali dovrebbero essere differenziati in base alla tipologia di utenza prevista, anche con eventuale creazione di corsie o piste.
Quartiere
Unità di vicinato ai servizi di quartiere
Non necessariamente dovranno essere ammessi tutti i mezzi di trasporto non motorizzato, dovrebbero essere ammessi i portatori di handicap. Sono esclusi i cavalli.
Servizi di quartiere.
Sono permesse intersezioni a raso con il traffico veicolare opportunamente attrezzate.
I materiali dovrebbero essere differenziati in base alla tipologia di utenza prevista, anche con eventuale creazione di piste.
Locale
Aree residenziali alle unità di vicinato
Sono ammessi solo pedoni e ciclisti, dovrebbero essere ammessi i portatori di handicap.
Servizi di vicinato.
Sono raccomandate le intersezioni a raso con il traffico veicolare opportunamente attrezzate, si raccomanda la creazione di eventuali corsie o piste.
Dedicata
(ad uno specifico mezzo di trasporto/tema)
Da un punto ad un altro lungo un itinerario specializzato.
L’accesso deve essere consentito solo a uno specifico mezzo di trasporto - cioè solo pedoni, solo ciclisti, ecc.
In alcuni casi i portatori di handicap non potranno avere accesso alla rete.
Le attrezzature saranno differenziate e specializzate a seconda della tipologia di utenza ammessa.
Le caratteristiche dell’intersezione sono strettamente connesse alla struttura della greenway.
 

4. Alcune considerazioni sulla normativa italiana
Analizzando la normativa italiana emanata nell’ultimo decennio8 appare evidente la crescente attenzione rivolta ai problemi degli utenti vulnerabili della strada.
Ad esempio nell’ottobre 19989 il parlamento italiano ha emanato una legge per favorire la mobilità ciclabile; il provvedimento avvia un "Fondo per il finanziamento degli interventi di mobilità ciclistica", da dove si potrà attingere per ottenere un contributo statale su progetti presentati da Comuni e Regioni. Tra le iniziative finanziabili10, oltre le piste ciclabili, sono previsti percorsi ciclo-pedonali e itinerari turistici attrezzati.
E’ interessante notare come tale legge renda obbligatorio progettare le piste ciclabili adiacenti alle strade di nuova costruzione classificate ai sensi delle lettere c, d, e, f del art. 2 comma 2 del Nuovo codice della strada, riconoscendo in sostanza la necessità di prevedere una rete dedicata alla mobilità ciclabile e protetta dal traffico motorizzato.
L’art. 8 comma 1 prevede inoltre l’utilizzo prioritario dell’area di sedime delle ferrovie dismesse per itinerari ciclabili a scopo turistico. Il comma 2 del medesimo articolo prevede la possibilità di utilizzo degli argini dei fiumi e dei torrenti per realizzare piste ciclabili.
La normativa a disposizione fornisce interessanti spunti di riflessione sul diritto di tutti a muoversi da un punto ad un altro su itinerari adeguatamente attrezzati sia nelle aree urbane che in quelle extraurbane, potendo scegliere qualsiasi modalità di spostamento.
Dall’insieme delle varie normative in materia, in questi ultimi anni, è evidente la mancanza di un quadro generale di riferimento al fine di pianificare correttamente la mobilità lenta.
Questa lacuna appare ancor più grave se si tiene in considerazione che la maggior parte degli utenti più vulnerabili, non utilizzando mezzi di trasporto motorizzato, sarebbero i potenziali utenti delle greenways.
Il muoversi attraverso un sistema di greenways potrebbe quindi rappresentare un sistema di trasporto sicuro e alternativo al mezzo motorizzato privato, ma complementare al mezzo di trasporto pubblico per garantire una mobilità sostenibile.

5.      Bibliografia

A.A.V.V. Barriere Architettoniche - Un progetto per l’uomo, Be-Ma editrice, Torino
Busi R. (1974). Il geoambiente quale condizione nella pianistica urbanistica: l’effetto della orografia sull’impianto dimensionale delle unità urbanistiche semplici, Estratto dalla Rivista di Ingegneria, N. 9-10, Tipografia Re grafica "3", Milano.
Busi R. (1993). Metropoli e mobilità - Il caso di Brescia, Analisi ed indirizzi, Vol. 1, Sintesi, Brescia.
Busi R. (1994). Metropoli e mobilità - Il caso di Brescia, Studi e progetti, Vol. 2, Sintesi, Brescia.
Busi, R. e V. Ventura (1994). Vivere e Camminare in città. La pianificazione urbanistica e il progetto di infrastrutture per la sicurezza in contesto urbano, Commissione Europea, Bruxelles.
Busi, R. e V. Ventura (1995). Vivere e camminare in città. Ripensare vie e piazze, Università degli Studi di Brescia, Brescia.
Busi, R. and V. Ventura (1996). Vivere e Camminare in città. Andare a scuola, Commissione Europea, Bruxelles.
Busi, R. e V. Ventura (1997). Vivere e Camminare in città. L’handicap nella mobilità, Commissione Europea, Bruxelles.
Busi, R. e M. Pezzagno (1998). Vivere e Camminare in città. Mobilità e sicurezza degli anziani, Commissione Europea, Bruxelles, in corso di stampa.
Busi, R. e M. Pezzagno (1999). Vivere e Camminare in città. Politiche per la sicurezza nella mobilità: dal livello comunitario al livello comunale, Commissione Europea, Bruxelles, in corso di stampa.
Chiaretto, F. (1998) A piedi intorno alla città: l’idea dell’anello verde, N. 2, Piemonte Parchi.
Columbo, V. (1963). La ricerca urbanistica: organica urbanistica, Giuffrè, Milano.
Fabos, GJ. and J. Ahern (1995). Greenways. The beginnig of an international movent, Elsevier, The Netherlands.
Gehl, J. (1991). Vita in città, Maggioli editore, Rimini.
Malcevschi, S., L.G. Bisogni and A. Gariboldi (1996). Reti ecologiche ed interventi di miglioramento ambientale/Ecological networks and habitat restoration, Il verde editoriale, Milano.
Maternini, G. (1994). La sicurezza del pedone in città - Il caso di Brescia, Sintesi, Brescia.
Maternini, G. and M. Tira (1994). Metropoli e mobilità - Il caso di Brescia, Lineamenti di intervento, Vol.3, Sintesi, Brescia.
Passigato, M. (1999). L’innovazione nella mobilità urbana, Notiziario Ordine degli ingegneri di Verona e Provincia, N. 1.
Edilizia e territorio (1998). N. 40, Il sole 24 ore.
Transport Research Board (1994). Highway Capacity Manual. Special Report 209, TRB, National Research Council, Washington D.C.
Walcying Project (1997). "How to enhance walking and cycling instead of shorter car trips and to make these modes safer", EU project.

NOTE
1) Cioè domanda di mobilità non motorizzata come l’andare a piedi, in bicicletta, con i pattini in linea, ecc..
2) I Piani del Traffico della Viabilità Extraurbana sono previsti nell’art. n.36 comma 3 del Nuovo codice della strada - D.Lgs. n. 285, 30 aprile 1992 -, ma ad oggi non sono ancora stati realizzati per mancanza del regolamento ad essi relativo.
3) I Piani Urbani del Traffico veicolare sono previsti nell’art. n.36 comma 1 e 2 del Nuovo codice della strada - D.Lgs. n. 285, 30 aprile 1992 - per Comuni con popolazione residente superiore a 30.000 abitanti o per Comuni interessati da una particolare affluenza turistica o da particolari fenomeni di pendolarismo o con problematiche derivanti da un specifica situazione di congestione della circolazione stradale.
4) Per quanto riguarda la mobilità ciclabile l’Highway Capacity Manual (HCM) invece non introduce specifici livelli di servizio, ma fornisce le indicazioni sul dimensionamento dei percorsi ciclabili ad uno o due sensi di marcia in base al volume di traffico previsto.
5) Anche le recenti linee guida del Piano Generale dei Trasporti sottolineano l’abbattimento dell’effetto barriera delle reti veicolari come obiettivo ambientale di rilievo. Il quadro di riferimento ambientale al quale andranno commisurate le politiche e gli interventi infrastrutturali comprende fattori diversi, .... In prima approssimazione, il set degli obiettivi ambientali dovrà riguardare: .... i rapporti tra la rete infrastrutturale e la rete ecologica nazionale, formata dai parchi, dalle aree protette e dai corridoi ecologici che le connettono, finalizzati alla conservazione delle biodiversità, alla minimizzazione del consumo di spazio e dall’effetto barriera. "Il nuovo Piano Generale dei Trasporti - indirizzi e linee guida", Capitolo 3, Roma, 7-8 marzo 1999.
6) D.Lgs. n. 285, 30 Aprile 1992
7) "Centro abitato: insieme di edifici, delimitato lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un raggruppamento continuo ancorché intervallato da strade, piazze e giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonali sulla strada." art. n. 3 comma 8 D. Lgs n. 285, 30 aprile 1992.
8) In particolare si faccia riferimento alla normativa per l’abbattimento delle barriere architettoniche - D. M. LL.PP. 14 giugno 1989 n. 236, D.P.R. 24 luglio 1996 n. 503 -; al Nuovo codice della strada e relativo regolamento - D. Lgs 30 aprile 1992 n. 144, D.P.R. 16 dicembre 1992 n. 495 -; alle Norme sull’arredo funzionale delle strade urbane - CNR, B.U. anno XXVI 15 dicembre 1992 n. 150 -; alle Direttive per la redazione adozione ed attuazione dei piani urbani del traffico - D.L. LL.PP. art.36 n.285/1992; ecc..
9) L. n. 366, 10 ottobre 1998 - Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica.
10) Art. 6, L. n. 366, 10 ottobre 1998.

Sabato, 26 Maggio, 2007 - 19:08

Sicurezza sui luoghi di lavoro nei cantieri

All’Assessorato al Lavoro del Comune di Milano
Alla Direzione del Settore Centrale al Lavoro
Al distretto territoriale dell’Azienda Sanitaria Locale
Al Commissariato della Polizia Locale di Milano e di Zona 4
Alla Commissione Edilizia del Consiglio di Zona 4
Alla Commissione Sicurezza del Consiglio di Zona 4

 
 
 
 
Interrogazione su azioni congiunte con i soggetti preposti di monitoraggio, di prevenzione e di controllo dell’applicazione e della verifica degli appalti di edificazione, in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro nell’ambito della cantieristica
 
 
Considerato in diritto
 
il d.lg. n. 163/2006, definito Codice sugli appalti pubblici, che raccoglie in un unico provvedimento le frammentate discipline sugli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, che in precedenza erano divise in una molteplicità di normative, spesso contraddittorie e incoerenti, soggette negli ultimi anni a successive modificazioni, e che raccoglie e attua le più recenti Direttive comunitarie intervenute nel settore (Dir. 2004/17/CE e 2004/18/CE).
 
Visto di fatto
 
il preoccupante dato in costante aumento di vittime sui luoghi di lavoro, soprattutto operanti nei cantieri, oggi attestanti al numero di 61 morti per i primi quattro mesi dell'anno, mentre si sono registrati 230 nell’arco di tutto il 2006 in Lombardia su un totale nazionale di 1280.
 
Considerato che
 
la promozione di convenzioni e accordi trilaterali, alla presenza di parti sociali e degli Enti Locali amministrativi pubblici, possono realmente garantire uno strumento efficace e diretto garante di norme coerenti e funzionali a un’equa gestione degli appalti, al rispetto degli standards di tutela, alle procedure di controllo della regolarità e sicurezza del lavoro, allo svolgimento dei diritti sindacali presso le imprese aggiudicatarie.
 
Considerato in diritto
 
il Decreto legislativo di riforma sanitaria n. 502 del 1992 che segnò il passaggio dalle vecchie Usl alle Asl e il carattere rafforzativo di tale disposizione previsto dal Decreto ministeriale n. 58 del 1997, che definiscono tra i principali organismi preposti alla vigilanza in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro:
  • Azienda sanitaria locale (dipendenti dalle regioni);
  • Direzione provinciale del lavoro (dipendenti dal ministero del lavoro);
  • Carabinieri;
  • Polizia di stato;
  • Vigili urbani
 
PqM
 
si chiede
 
All’Assessorato al Lavoro del Comune se è prevista la sottoscrizione del Protocollo di intesa, disposto dalla Provincia di Milano in sinergia con diversi enti comunali dislocati sul territorio, che prevede l’istituzione di un Centro funzionale a dare attuazione a precisi programmi, tramite la collaborazione di persone a pieno tempo e di mezzi necessari per lo svolgimento delle attività, in particolare:
 
-         realizzi ispezioni e controlli nei luoghi di lavoro, sull’applicazione delle norme della sicurezza, la regolarità dei rapporti di lavoro;
-         realizzi programmi di formazione sulla sicurezza sia per i lavoratori che per le imprese; contribuisca a formare e coordinare gli R.L.S. –rappresentanti dei lavoratori sulla sicurezza; realizzi un osservatorio e aggiorni mensilmente i dati sulla sicurezza, prevenzione, ecc;realizzi un coordinamento per la lotta al lavoro nero e sommerso.
 
Se si è provveduto da parte della stessa amministrazione comunale, dell’Assessorato e della Giunta Municipale, a stilare un nuovo accordo "sulle regole relative agli appalti di opere e servizi”.
Alla Direzione Centrale Polizia Locale e Sicurezza e al Comando di Polizia Municipale di Zona 4 se si è provveduto a dare attuazione ai principi espressi nel Decreto ministeriale n. 58 del 1997, e in particolare alla rilevazione di violazioni anche in materia antinfortunistica e di igiene del lavoro, sussistendo sui medesimi l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria o alle ASL competenti.
Alla Commissione Sicurezza ed Edilizia di indire una riunione di commissione dove poter interloquire con i soggetti preposti alla funzione di garanzia di sicurezza sui luoghi di lavoro nell’ambito della cantieristica, in particolare la Polizia Locale e l’Azienda Sanitaria Locale, anche in riferimento alla verifica delle attività svolte dai medesimi e un’azione di coordinamento per una maggiore efficacia degli interventi, di controllo delle disposizioni presenti negli appalti di edificazione e di monitoraggio dell’osservanza delle norme.
 
 
Alessandro Rizzo
Presidente del Gruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano
 
 
 
 

Sabato, 26 Maggio, 2007 - 14:46

Interrogazione su piste ciclabili su marciapiedi

All’Assessorato Trasporti e Viabilità Croci
Alla Commissione Trasporti e Viabilità del Consiglio di Zona 4
Al Consiglio di Zona 4 e alle sue componenti

 
 
 
Interrogazione sulla sussistenza nel Progetto del Comune della promozione della viabilità ciclistica tramite gli elementi per la progettazione di piste ciclabili previsti dall’Art. 4 del Decreto ministeriale 30 novembre 1999, n. 557
 
Visto in diritto
 
L’articolo 39 del codice della Strada e l’articolo 122, 9c del Regolamento del CdS in materia di definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili
 
Considerate altresì le finalità
 
disposte dal Decreto ministeriale 30 novembre 1999, n. 557 in cui si prevedono i criteri da considerare a livello generale in materia di pianificazione e di progettazione, nella definizione di un itinerario ciclabile:
a) favorire e promuovere un elevato grado di mobilità ciclistica e pedonale,
b) puntare all'attrattività, alla continuità ed alla riconoscibilità dell'itinerario ciclabile, privilegiando i percorsi più brevi, diretti e sicuri secondo i risultati di indagini sull'origine e la destinazione dell'utenza ciclistica;
d) verificare l'oggettiva fattibilità ed il reale utilizzo degli itinerari ciclabili da parte dell'utenza, secondo le diverse fasce d'età e le diverse esigenze
 
Constatati
 
gli ulteriori elementi per la progettazione disposti dall’articolo 4 dello stesso decreto ministeriale  comprendenti le seguenti tipologie riportate in ordine decrescente rispetto alla sicurezza che le stesse offrono per l'utenza ciclistica:
a) piste ciclabili in sede propria;
b) piste ciclabili su corsia riservata;
c) percorsi promiscui pedonali e ciclabili;
d) percorsi promiscui ciclabili e veicolari
 
Visto l’impegno
 
assunto con il Progetto del Comune che dispone di nuove misure e modalità di mobilità eco sostenibile e “verde” tramite l’utilizzo della bicicletta, confermato lo scorso 15 marzo dall’assessore ai trasporti Edoardo Croci, che prevede stanziamenti ammontanti a 18 milioni di euro, l’aumento entro il 2009 degli attuali 70 Km di pista ciclabile a 120 Km, nonché l’introduzione del bike-sharing
 
Confermate e chiarite
 
le caratteristiche tecniche delle piste ciclabili, in G.U. n. 225, 26 settembre 2000, nelle fattispecie di pista ciclabile contigua al marciapiede con connessa separazione, e percorso pedonale ciclabile senza riga di separazione
 
 
 
 
PQM
si chiede
 
  • all’Assessorato Trasporti e viabilità di rendere noto alla Commissione Trasporti e Viabilità del Consiglio di Zona il Progetto suddetto, affinché possa essere discusso in modo congiunto con il Consiglio di Zona, e se è prevista in essa la predisposizione degli elementi di progettazione ex articolo 4 del Decreto Ministeriale 30 novembre 1999, n. 557, sopra esposti, negli ambiti dove sussistono come uniche possibilità di ampliamento della viabilità ciclistica.
  • alla Polizia Locale di Milano di certificare le modalità applicative e i criteri di applicazione delle misure disciplinari amministrative sanzionatorie predisposte dalla nota interna della Polizia locale di Milano datata il 21 maggio 2007 nei riguardi di ciclisti percorrenti marciapiedi, provvedimento, questo, non comprensibile nella difficile situazione viabilistica attuale, data la mancanza e l’assenza di canali che promuovano una mobilità ciclistica sicura e percorribile
 
 
Alessandro Rizzo
Presidente del Gruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano
 
 

Sabato, 26 Maggio, 2007 - 13:04

DA TERRA FUTURA SPUNTI E IDEE PER ALTRA POLITICA

DA TERRA FUTURA SPUNTI E IDEE PER UN ALTRA POLITICA

Grande richiesta di partecipazione alle iniziative promosse dal Forum
Ambientalista a della rete del Nuovo Municipio, in occasione della
mostra convegno delle buone pratiche di sostenibilità

Di Salvatore Amura Coordinatore Nazionale Rete del Nuovo Municipio
Ciro Pesacane Presidente Nazionale Forum Ambientalista

Sempre maggiore è il debito tra la capacità della politica di
rispondere ed interpretare le esigenze e alle necessità nel
migliorare la qualità della vita dei cittadini e la capacità di
integrare con le proposte di autogoverno che si esprime e si è
espressa in questi anni attraverso la dinamicità dei movimenti per la
pace, per l’acqua, contro la precarizzazione della vita, per la
democrazia partecipativa e per l’espressione piena dei diritti di
cittadinanza.

Processi sempre più rapidi ed efficaci di spostamento ad un livello
comunitario delle dinamiche politiche istituzionali, delle grandi
operazioni finanziarie, nella stessa direzione dei processi di
globalizzazione, hanno fatto sì che si creassero nuove situazioni di
conflitto, in un processo top down, distaccandosi ancora di più dalle
realtà locali, dalle questioni che già erano scarsamente prese in
considerazione all’interno degli stati nazionali, questo ha aumentato
questo debito.

In questi anni sono state migliaia le realtà territoriali dove si
sono create reti, movimenti, rivendicazioni di diritti legati ai beni
comuni fondamentali, alla tutela del lavoro e dei lavoratori, ad una
diversa gestione della cosa pubblica, trasparente, efficiente,
partecipata, alla tutela delle istanze ambientali, le vertenze
territoriali, sono state il vero motore dei processi di democrazia
partecipativa dal basso in questo paese.

E in questo senso si sono realizzati processi contrari, bottom up,
che hanno espresso grandissime potenzialità, dovute fondamentalmente
alla necessità dei soggetti di un nuovo modo di fare politica, più
attento alle esigenze legate al territorio, non in senso localistico
chiuso, bensì cercando di spostare l’attenzione sul consumo
spregiudicato delle risorse locali, la svendita dei territori, i
processi di privatizzazione dei servizi e dei beni comuni, che ha
generato una mobilitazione di individui, di movimenti per la difesa
dell’acqua, bene inalienabile di tutti, lavorando in un percorso di
sperimentazione e relazione continua nella costruzione di uno statuto
dei luoghi.
Ed è stato un lavoro serio, costruttivo, che ha raggiunto obiettivi
importanti, come la modifica di numerosi provvedimenti che avrebbero
altrimenti minato alcuni dei diritti fondamentali del cittadino, come
la prospettata moratoria sull’acqua, il successo ottenuto nella
sostanziale modifica al DDl 772/Lanzillotta sulla liberalizzazione
dei servizi pubblici locali, l’inversione di tendenza espressa nella
finanziaria 2006, sulla possibilità da parte degli oneri di
urbanizzazione di finanziare le spese correnti degli enti locali, o
come nell’approvazione della nuova legge sull’immigrazione, il
superamento dei CPT e il sostegno alla prospettiva dell’espressione
piena dei diritti di cittadinanza diventino finalmente una realtà.

Questi sono stati i temi affrontati a Terrafutura, dove le reti e i
movimenti, sorti in questi anni in contrapposizione alla
degenerazione neoliberista, si sono confrontate sul lavoro sin qui
svolto, sugli obiettivi da raggiungere e sulle modalità di attuazione
della “resistenza locale”, che ha operato in rete, condividendo
preoccupazioni, esperienze locali, proposte di mobilitazione
unitaria, compatta.

Qui i rappresentanti delle istanze territoriali hanno discusso di
come poter generare un nuovo modo di fare politica, che non sia più
esclusivamente l’inseguimento sordo e sfrenato dell’aumento del PIL,
ma che guardi agli indicatori reali della crescita di un Paese,
identificabili nella qualità dei servizi locali, quelli più prossimi
al cittadino, nella garanzia di tutele ai lavoratori, nella necessità
di superare ancor’oggi situazioni di povertà assoluta, cosìm possiamo
colmare questo debito.

In questo quadro di coscienza e mobilitazione si rendono necessarie,
parallelamente ai movimenti dal basso, realtà che si facciano carico
a livello europeo, oltrechè nazionale, delle istanze provenienti
dalle realtà locali, realtà politiche forti, organizzate, connotate
dall’attenzione verso le questioni dei diritti, della difesa dei
lavoratori, della tutela dei beni comuni, delle “piccole” storie
legate al territorio locale: questi soggetti sono rappresentati dai
risultati dei nuovi processi di unitarietà delle forze di sinistra
italiane ed europee, che hanno trovato in questi grandi temi lo
slancio ideale per ricompattare tutte quelle realtà che ancora oggi
credono nella necessità di una sinistra forte, che stia dalla parte
di coloro che non hanno la possibilità di incidere sulle policies,
soprattutto quando queste toccano in modo così arrogante i diritti
fondamentali dei cittadini e vincolano in modo così netto ed
escludente le scelte e le modalità di sviluppo locale.

Forze di sinistra che discutano di quali siano i contenuti politici
prioritari, le piattaforme dell’azione concreta, legate ai problemi
reali vissuti dalle persone, per disegnare insieme un forte e
condiviso percorso di costruzione di una nuova comunità attraverso,
un nuovo modo di stare insieme, nel dare voce a chi non ha voce, nel
proporre come centrale un efficace sostegno alle politiche di genere
e un serio ricambio di generazioni e culture politiche.

La Rete del Nuovo Municipio e il Forum Ambientalista hanno provato a
parlare vicino al cuore e alla testa del nostro popolo, interagendo
con le tante realtà che hanno attraversato questa tre giorni, come i
Comitati e il Contratto Mondiale per l’acqua, le Reti di Economia
Solidale, la Rete dei Comuni Virtuosi, Castelli di Pace, Legambiente,
Città del Bio, CambieResti, Rete dei Comuni Solidali, Rete Lilliput,
Forum Mondiale dell’Energia, Attac, Carta – Cantieri Sociali, le
Camere del Lavoro di Brescia, di Bologna, di Vicenza, ma anche con la
CGIL FIOM e Funzione Pubblica in particolar modo, tutti
posizionandosi sempre più lontano dal CDA, i nuovi centri di potere
dove si costruiscono gli scenari di decisione per la politica di
domani per l’attività imprenditoriale e bancaria, commistione
mefitica che inquina i processi di partecipazione democratica.

Usciamo da questi CDA, da queste forme di società chiuse e
autoreferenziali, qui si giocano i poteri e le decisioni come in una
roulette del casinò, dove per fiches si puntano le vite di tanti
uomini e tante donne di questo paese, che alla fine perdono sempre.

Apriamo tanti nuovi gruppi di acquisto solidale, facciamo la raccolta
differenziata, investiamo come unica e vera grande priorità per le
opere pubbliche nella ristrutturazione delle rete idrica nazionale,
promuoviamo i bilanci partecipativi nei comuni e processi di sviluppo
locale autosostenibile, alimentamo iniziative per la pace e la
cooperazione decentrata, da qui possiamo ripartire.

Sabato, 26 Maggio, 2007 - 12:56

Solidarietà a Lirio Abbate

L'altro giorno, il 21 maggio, il cronista dell'ANSA, Lirio Abbate, è statgo vittima di intimidazioni da parte della cosca mafiosa. Da sempre Lirio è attivo nel campo dell'informazione e della comunicazione su fatti di violenza e di illegalità diffusa che riguardano il mondo multitentacolare di questa mostruosa piovra, dello stato nello stato. Da sempre denuncia con forza e determinazione la prevarizazione, i crimini e la propotenza affaristica della macrocriminalità siciliana. Da ultimo il suo terzo libro sul fenomeno secolare che occorre al più presto combattere e debellare con forza, coerenza, costanza: “I COMPLICI - Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al Parlamento”, elaborato insieme a Peter Gomez.
E' un atto intimidatorio e di minaccia, quasi a esemplificare come la potenza della controinformazione possa essere la via più diretta che metta in discussione il radicamento che ancora ha la mafia e la presa sulle coscienze di coloro, spesso giovani, si sentono abbandonate dallo stato, dalla legalità, privi di diritti civili e sociali. La disperazione crea consenso a questa macchina infernale del crimine e della violenza: occorre erodere questo consenso, soprattutto nelle nuove generazioni, per mettere la parola fine a questo tragico film di lunga durata. La solidarietà a Lirio è più che assoluta, dovuta, ed è espressa dal sottoscritto nella convinzione che occorra quanto mai sostenere la magistratura, da sempre impegnata, spesso voce solitaria nel panorama dell'indifferenza, a investigare con spirito indipendente e con autorevolezza nelle questioni mafiose, che attanagliano la vita pacifica e civile della Sicilia, e che sia urgente da re sostegno e forte promozione a coloro che, come Lirio, testimoniano che la voce della denuncia e dell'indignazione esiste ancora e che, se moltiplicata, potrebbe come tante gocce creare un mare magnum che travolga questo clima di timore a combattere a viso aperto un'ingiustizia bestiale e barbarica, quale è la mafia.

Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano

Sabato, 26 Maggio, 2007 - 09:45

Scudo missilistico....

L’installazione di un sistema di difesa missilistica in Europa orientale è praticamente una dichiarazione di guerra. Provate a immaginare come reagirebbero gli Stati Uniti se la Russia, la Cina, l’Iran o qualunque potenza straniera osasse anche solo pensare di collocare un sistema di difesa missilistica sui confini degli Stati Uniti o nelle loro vicinanze, o addirittura portasse avanti questo piano. In tali inimmaginabili circostanze, una violenta reazione americana sarebbe non solo quasi certa, ma anche comprensibile, per ragioni semplici e chiare.
E’ universalmente noto che la difesa missilistica è un’arma di primo colpo. Autorevoli analisti militari americani la descrivono così: “Non solo uno scudo, ma un’abilitazione all’azione.” Essa “faciliterà un’applicazione più efficace della potenza militare degli Stati Uniti all’estero.” “Isolando il paese dalle rappresaglie, la difesa missilistica garantirà la capacità e la disponibilità degli Stati Uniti a “modellare” l’ambiente in altre parti del mondo.” “La difesa missilistica non serve a proteggere l’America. E’ uno strumento per il dominio globale.” “La difesa missilistica serve a conservare la capacità americana di esercitare il potere all’estero. Non riguarda la difesa; è un’arma di offesa ed è per questo che ne abbiamo bisogno.” Tutte queste citazioni vengono da autorevoli fonti liberali appartenenti alla tendenza dominante, che vorrebbero sviluppare il sistema e collocarlo agli estremi limiti del dominio globale degli Stati Uniti.
La logica è semplice e facile da capire: un sistema di difesa missilistica funzionante informa i potenziali obiettivi che “vi attaccheremo se ci va e voi non sarete in grado di rispondere, quindi non potrete impedircelo.” Stanno vendendo il sistema agli europei come una difesa contro i missili iraniani. Se anche l’Iran avesse armi nucleari e missili a lunga gittata, le probabilità che le usi per attaccare l’Europa sono inferiori a quelle che l’Europa venga colpita da un asteroide. Se dunque si trattasse davvero di difesa, la Repubblica Ceca dovrebbe installare un sistema per difendersi dagli asteroidi. Se l’Iran desse anche il minimo segno di voler fare una simile mossa, il paese verrebbe vaporizzato. Il sistema è davvero puntato contro l’Iran, ma come arma di primo colpo. Fa parte delle crescenti minacce americane di attaccare l’Iran, minacce che costituiscono di per sé una grave violazione della Carta delle Nazioni Unite, sebbene questo tema non emerga.
Quando Gorbaciov permise alla Germania unita di far parte di un’alleanza militare ostile, accettò una grave minaccia alla sicurezza della Russia, per ragioni troppo note per rivederle ora. In cambio il governo degli Stati Uniti si impegnò a non allargare la Nato a est. Questo impegno è stato violato qualche anno più tardi, suscitando pochi commenti in Occidente, ma aumentando il pericolo di uno scontro militare. La cosiddetta difesa missilistica aumenta il rischio che scoppi una guerra. La “difesa” consiste nell’aumentare le minacce di aggressione in Medio Oriente, con conseguenze incalcolabili, e il pericolo di una guerra nucleare definitiva.
Oltre mezzo secolo fa, Bertrand Russell e Alfred Einstein lanciarono un appello ai popoli del mondo perché affrontassero il fatto che ci troviamo di fronte a una scelta “netta, terribile ed inevitabile. Dobbiamo porre fine alla razza umana, o l’umanità è disposta a rinunciare alla guerra?” Accettare il cosiddetto “sistema di difesa missilistica” colloca la scelta a favore della fine della razza umana in un futuro non troppo distante.
dichiarazione mandata da Noam Chomsky a Jan Tamas , portavoce del Movimento contro le basi in Repubblica Ceca.

Sabato, 26 Maggio, 2007 - 09:42

Dissenso Totale



          
          

Il Congresso del Stati Uniti ha stanziato 100 miliardi di dollari per continuare a finanziare le operazioni militari in Iraq e Afghanistan. La legge approvata non obbliga neanche il Pentagono a programmare il ritiro delle truppe.
Ovviamente questo è il risultato di pressioni inimmaginabili esercitate, per voce del presidente Bush, da interessi economici e militari.
A questo si aggiunge la prevista installazione di un sistema missilistico in Europa orientale che avrebbe, sempre secondo ciò che dichiara l’amministrazione americana, lo scopo di proteggere la stessa Europa e gli Stati Uniti da un molto improbabile attacco che verrebbe dall’Asia.
A questo clima di terrore concorre poi la notizia, proveniente da non meglio precisate fonti americane e giapponesi, che la Corea del Nord, proprio stamattina, ha compiuto una serie di esperimenti lanciando diversi missili a corto raggio nel Mar del Giappone. Anche qui, però, ci sarebbe lo zampino degli USA, in quanto l’intesa firmata a Pechino a febbraio, che prevede la chiusura del reattore nucleare di Yongbyon, avrebbe subìto un rallentamento nella sua attuazione per una questione di fondi congelati dagli Stati Uniti presso una banca di Macao.
 
Tutto ciò non rappresenta certo un bel biglietto da visita per Bush, alla vigilia della sua visita in Italia prevista per il 9 giugno.
Non c’è dubbio che la voglia di dissenso nei suoi confronti sarà ulteriormente alimentata.
 
Ad oggi i soldati americani morti dall'inizio della campagna in Iraq, a marzo del 2003, sono ufficialmente 3.442. Numero sicuramente inferiore a quello reale, come sicuramente è inferiore a quello degli irakeni uccisi. In totale decine di migliaia di morti. Perché? Perché "I vostri figli sono in pericolo", ha detto Bush ad un paio di giornalisti che si sono permessi di sollevare qualche dubbio sul legame tra Osama Bin Laden – ancora inspiegabilmente libero di circolare - e l’Iraq.
 
Non sappiamo cosa abbiano pensato quei due giornalisti, ma sappiamo bene cosa pensiamo noi.
 
I nostri figli, i nostri fratelli, i nostri padri e le nostre madri sono in pericolo perché sulla faccia della Terra sono liberi di circolare e di governare personaggi come George W. Bush e come tutti i governanti di quei paesi che, tacitamente o esplicitamente, continuano ad appoggiare questa politica basata sul terrore e sulla paura.
Gli umanisti di tutto il mondo esprimono il loro più totale dissenso nei confronti di questi criminali travestiti da presidenti, che ci raccontano bugie ogni giorno, che ci rapinano ogni mese per finanziare i loro wargames, che ci strappano i nostri figli per non farli più tornare, che ci distruggono la nostra casa Terra per riempire i propri portafogli.
 
Dissenso. Dissenso totale. Affinché si alzi forte la voce del futuro che vogliamo. Un futuro costruito sulla base della non-violenza e del rispetto reciproco. Un futuro in cui non avremo più bisogno di manifestare contro la guerra, ma solo la nostra gioia di vivere in un mondo finalmente riconciliato.
 
Roma, 25 maggio 2007
 
 
Carlo Olivieri
Segreteria Programma e Documentazione
                                                                                                                                                   del Partito Umanista  

Sabato, 26 Maggio, 2007 - 09:35

Diritto alla maternità cosciente!

Maternità (e paternità) responsabili, contraccezione, aborto: temi vitali e perciò al centro di dibattiti anche roventi, se teniamo conto che la donna sperimenta queste realtà sulla propria pelle. I primi quattro articoli della legge 22 maggio 1978 n° 194, che stabilisce le norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria della gravidanza, sottolineano che è compito dello Stato garantire il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, tutelando la vita umana dal suo inizio.
I servizi socio-sanitari devono aiutare la donna a rimuovere le cause che la spingerebbero all’aborto; quest’ultimo, tuttavia, resta possibile nei primi 90 giorni di gravidanza, per seri problemi concernenti la salute fisica o psichica della madre, le sue condizioni sociali, economiche o familiari, nonché le circostanze in cui è avvenuto il concepimento e la previsione di malformazioni per il concepito (articoli 4 e 5), mentre l’interruzione della gravidanza dopo il novantesimo giorno (articolo 6) è consentita soltanto se esistono gravi rischi per la salute fisica o psichica della donna. Comunque, ferma restando la sua libera decisione, essa ha diritto all’assistenza medica, anche per evitare pratiche abortive illegali.
Come si vede, i problemi sollevati sono enormi e delicatissimi. Ma qual è il comportamento delle extracomunitarie? Esistono realmente strutture che le accompagnino nel loro impervio cammino, rispettando le diverse sensibilità e culture? O ci sono valori e regole universali? In definitiva, si lavora per realizzare una società più a misura “di donna” (e di bambino)? Per rispondere a questi quesiti, ci prova un’inchiesta presso due importanti associazioni di volontariato, il Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli (a Milano, via della Commenda 12, tel. 02/5461477 – 02/55181923) e il Naga (sempre a Milano, via Zamenhof 7 (tel: 0258102599 - Fax: 028392927). Ecco, qui di seguito, i risultati dell’indagine.
La vita non ha “razza” 
Il Cav (Centro di Aiuto alla Vita) Mangiagalli è attivo da ventiquattro anni. Associazione umanitaria, scientifica e culturale, si propone di realizzare il primo articolo della 194, laddove cioè si riconosce il valore sociale della maternità, contribuendo a far superare i motivi che indurrebbero la donna ad abortire. Per questo motivo gli operatori organizzano anche incontri di studio.
“Nessuna cultura o religione ammette l’aborto come soluzione – avverte Paola Marozzi Bonzi, consulente familiare dell’Associazione – Quel che è certo è che per la donna resta una tragedia. La gravidanza, di fatto, scatena un insieme di emozioni difficilmente gestibile: da subito l’embrione è in grado di stimolare modificazioni corporee nella donna e fa risalire sensazioni del suo vissuto profondo. Tutto ciò destruttura momentaneamente la psicologia della madre, così da provocarle paura e angoscia: e avviene anche nei casi in cui il bambino è voluto e desiderato. Quindi non è lecita alcuna leggerezza”.
- Quali servizi offrite?
“I nostri servizi, gratuiti, riguardano in primo luogo l’accoglienza. Offriamo a qualunque donna una qualificata opera di counseling mediante i dettami della scuola rogersiana, per mettere a fuoco personalità e difficoltà interiori. Ad ogni modo, non ci sostituiamo mai alla donna: in ultima analisi, tocca sempre a lei decidere. Se decide per la maternità, l’assistiamo in tutte le tappe. Generalmente, i bisogni prevalenti sono quelli dell’alloggio e del lavoro, perciò il Cav gestisce ora due comunità (“Santa Elena” e “Donna e Madre”), e alcuni appartamenti unifamiliari, le prime destinate all’ospitalità temporanea di donne incinte e/o con figli piccoli, i secondi per alloggiare nuclei familiari, senza tetto, in attesa di un bimbo. A questo proposito il 3 luglio ’96 abbiamo inaugurato il Residence dei Fiori, di cui hanno fruito in prevalenza le extracomunitarie e i loro mariti”.
- Di cosa si tratta?
“Il residence è composto da 12 miniappartamenti ospitanti altrettante famiglie con mamme in attesa. Le coppie provenivano da Costa d’Avorio, Sri Lanka, Somalia, Perù, Tagikistan, Repubblica ceca, Ecuador, Etiopia, Bolivia. Abbiamo anche appartamenti con coppie egiziane e marocchine”.
- Ha parlato di problemi lavorativi…
“Noi non diamo mai soldi, ma offriamo alle utenti la possibilità di imparare un lavoro che permetta loro di non separarsi mai dal bambino, evitando anche a quest’ultimo l’asilo nido.
La Cooperativa Aquilone, in via De Amicis 48, nasce appunto con questo scopo. Sovvenzioniamo ‘borse di studio’ per le mamme in gravidanza, affinché possano svolgere lavori di artigianato (maglia, ricamo, cucito, pittura su stoffa e carta) che la cooperativa commercializza. Capita anche che le utenti vi giungano dopo aver perduto un impiego”.
- Come mai?
“Perché quasi tutte le extracomunitarie trovano un’occupazione come colf ma, una volta incinte, vengono licenziate, rimanendo quindi completamente sole e indifese”.
- Il Cav è d’ispirazione religiosa?
“No. I centri sono stati fondati nel ’75 su iniziativa di un cristiano, un marxista e un ebreo. Vi può collaborare chiunque ne condivida le finalità”.
- Perché siete poco conosciuti?
“Non possiamo permetterci una grande pubblicità e, purtroppo, in Italia è ancora scarsa la sensibilizzazione sul volontariato. Quanto realizziamo è reso possibile grazie alle quote annuali, dai contributi dei soci, da offerte e donazioni di privati, da iniziative quali la Giornata per la Vita, serate culturali benefiche ecc. Le donne ci avvicinano grazie a una fitta rete di amicizie. Da sempre, inoltre, collaboriamo con altre realtà, ad esempio col Naga che ci manda spesso molte persone”.
Per le donne, con le donne 
In via Zamenhof 7 (tel: 0258102599 - Fax: 028392927) ha sede il Naga, l’associazione laica e apartitica che si occupa dell’assistenza socio-sanitaria a stranieri e nomadi. Costituitosi nel 1987, il Naga – come recita il suo statuto – utilizza questo servizio “per dare voce e dignità politica ai bisogni di chi ancora risulta trasparente per lo Stato e le istituzioni”.
“È impossibile stimare il numero di extracomunitarie che vengono qui – affermano una ginecologa e una volontaria – Gli anni scorsi, il 60 per cento dell’utenza era effettivamente costituita da donne, ma ora il divario con gli uomini si è notevolmente ristretto. Innanzi tutto perché il nostro ambulatorio fornisce informazioni e aiuti su qualsiasi tipo di malattia; esiste anche uno sportello legale. Un altro elemento che spiega il calo della presenza femminile è l’esistenza di un decreto del ministero della Sanità, datato 3 gennaio 1996 e successivamente reiterato, in virtù del quale alle straniere temporaneamente presenti in Italia sono garantite, nei presìdi pubblici, le cure ambulatoriali e ospedaliere essenziali, ancorché continuative, per malattie e infortuni. Sono poi estesi i programmi di medicina preventiva ed è garantita la tutela sociale della maternità responsabile e della gravidanza, con le stesse norme valide per le italiane. Quindi altri enti assicurano adesso le prime cure, o dovrebbero farlo”.
Un terzo motivo è costituito dal cambiamento delle migrazioni. “Fino a qualche anno fa avevamo molte filippine, cingalesi, nigeriane, mentre ora aumentano le slave, soprattutto albanesi, e le peruviane, mentre calano le magrebine e le africane”.
- Cosa trova al Naga un’extracomunitaria?
“Per prima cosa un servizio d’accoglienza, dove ascoltiamo i problemi di ognuna riuscendo a ottenere una comunicazione diretta. Abbiamo a disposizione tre ginecologi, tra cui un obiettore che si occupa di quei casi (infezioni, ecc.) per cui non è prevista l’assistenza gratuita. Del resto le donne preferiscono rivolgersi ad altre donne. Il nostro vero problema è la contraccezione” .
- Perché?
“In genere le donne conoscono l’interruzione di gravidanza, ma poche sanno cos’è un anticoncezionale. Così forniamo loro spiegazioni con volantini semplici ma chiari, redatto in diverse lingue (dal filippino, all’arabo, al turco).
- Quale il metodo scientifico che consigliate maggiormente, ammesso che ne esista uno?
“Non si dimentichi che la scelta è della donna. Ma si presentano situazioni diverse. Molte, ad esempio, rifiutano il profilattico non solo per motivi culturali, ma perché il compagno non vuol saperne”.
- Una gravidanza è comunque un evento cruciale per una donna, specie in determinate condizioni.
“Certo, il problema è mantenere un contatto con le utenti. Si presentano al momento dell’urgenza, poi non tornano più. Invece vorremmo costituire un gruppo d’accoglienza stabile. D’altro canto, quelle incinte vengono già seguite dai nostri ginecologi, dai consultori familiari a noi associati o dai Centri di Aiuto alla Vita. Poi cerchiamo di rendere meno traumatico il ricordo all’aborto”.
- In che modo?
“Qui pratichiamo il test di gravidanza. Ogni donna che si trovi nelle prime settimane ha diritto a un’assistenza psicologica. Dopodiché, se opta per l’interruzione, prende appuntamento coi nostri consultori. Da parte nostra forniamo i prospetti degli ospedali che operano gratuitamente, poiché altri, per le donne non iscritte alle Asl (e le extracomunitarie non lo sono), pretendono un pagamento fino a un milione e trecentomila lire”.
- Ancora un paio di domande: le donne che si rivolgono al Naga vengono sole o accompagnate?
“Si presentano anche coi mariti, ma spesso sono sole o affiancate da un’amica o da una parente per un conforto o per via della lingua e, a volte, della giovane età (15-16 anni)”.
- In molti Paesi asiatici e africani (ma non solo), numerose donne vengono sottoposte a infibulazione o escissione. Lo dichiarano o esistono reticenze in proposito?
“Benché il Comitato interafricano per la Salute abbia condannato tali pratiche, esse rimangono molto diffuse e le donne non ne parlano. La verita viene a galla quando queste ultime accusano infezioni urinarie o lesioni alla vita sessuale e riproduttiva. Il problema riguarda le nuove generazioni: molti genitori, a meno che non trovino medici consenzienti, tornano nel Paese d’origine per infibulare la ragazza”.
Venerdì, 25 Maggio, 2007 - 19:40

A Volte Ritornano

A VOLTE RITORNANO

“Noi vogliamo un’Italia diversa, un Paese in grado di incoraggiare chi vuole crescere […]. La parola evocativa di questo sogno è merito, nel senso di premiare chi merita […]. Invece prevale l’occupazione della società da parte dei partiti e la statalizzazione avanza senza controllo attraverso canali subdoli e non dichiarati con un neointerventismo pubblico che nasconde la convinzione che il peggiore gestore pubblico sia preferibile al migliore imprenditore privato”.
“Serve capacità di leadership, perché mai come oggi la qualità di una classe dirigente si misura sulla sua capacità di governare il cambiamento” e “capacità di leadership vuol dire soprattutto riconoscere che la cultura del rischio è un valore”.
Luca Cordero di Montezemolo, 24 maggio 2007
La vecchia classe politica italiana è stata travolta dai fatti e superata dai tempi. L’autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal peso del debito pubblico e dal sistema di finanziamento illegale dei partiti, lascia il Paese impreparato e incerto nel momento difficile del rinnovamento e del passaggio a una nuova Repubblica. Mai come in questo momento l’Italia, che giustamente diffida di profeti e salvatori, ha bisogno di persone con la testa sulle spalle e di esperienza consolidata, creative ed innovative, capaci di darle una mano, di far funzionare lo Stato. […]
La storia d’Italia è ad una svolta. Da imprenditore, da cittadino e ora da cittadino che scende in campo, senza nessuna timidezza ma con la determinazione e la serenità che la vita mi ha insegnato, vi dico che è possibile farla finita con una politica di chiacchiere incomprensibili, di stupide baruffe e di politica senza mestiere. Vi dico che è possibile realizzare insieme un grande sogno: quello di un’Italia più giusta, più generosa verso chi ha bisogno più prospera e serena più moderna ed efficiente protagonista in Europa e nel mondo. Vi dico che possiamo, vi dico che dobbiamo costruire insieme per noi e per i nostri figli, un nuovo miracolo italiano.
Silvio Berlusconi, 29 gennaio 1994

                                                                        Daniela Tuscano, 25 maggio 2007

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