Tomas Hirsch La fine della preistoria
LA FINE DELLA PREISTORIA
Un cammino verso la libertà
PREFAZIONE DI EVO MORALES,
PRESIDENTE DELLA BOLIVIA
In questo libro, Tomás Hirsch esamina un pianeta la cui situazione non consente più di pensare in termini isolazionisti o campanilisti. È una situazione caotica, pericolosa e profondamente iniqua che sta conducendo l’umanità verso guerre, crisi energetiche e impoverimento generalizzato. L’autore definisce la situazione mondiale come la crisi terminale legata alla fine dell’attuale civiltà materialista, mette in guardia sulla minaccia costituita dal suo crollo ed elabora proposte per evitare un collasso che potrebbe assumere caratteristiche traumatiche, soprattutto per i gruppi sociali più svantaggiati.
La sfida dei popoli è prendere atto della direzione presa dalla globalizzazione e dal modello neoliberista, riprendersi il potere che troppo a lungo è stato delegato a “capi” e “leader” che non rappresentavano la base, operando un cambiamento a partire dal basso, dalle comunità locali.
Sin dall’inizio del saggio, Hirsch indaga sulle radici della violenza che permea tutto il sistema sociale. “La violenza fisica, razziale, religiosa, psicologica, sessuale e soprattutto economica, derivata dall’ingiustizia sociale e dalla disuguaglianza di diritti e opportunità, è arrivata fino al presente come un sinistro lascito. È possibile sradicare una volta per tutte la maledizione della violenza dalle società umane?”. Sì, è possibile, nonostante finora i movimenti politici e le minoranze arroccate al potere si siano mossi per sfruttare tale violenza anziché debellarla. Con un occhio di riguardo alla situazione latinoamericana, Hirsch denuncia situazioni di dittatura politica ma soprattutto economica, all’interno delle quali i popoli vengono ridotti in uno stato di schiavitù. Da qui – dal basso, dal micro, dall’individuo - deve nascere e svilupparsi il cambiamento, la rinascita che porrà al centro l’uomo, i suoi diritti e le sue esigenze primarie e getterà le basi di un nuovo rapporto tra capitale e lavoro, rivalutando l’importanza e la dignità produttiva dei lavoratori.
L’inversione di rotta non potrà venire dalle destre, ma nemmeno dalle sinistre totalitarie. Quando “Mao lanciò la rivoluzione culturale, disse: ‘Che mille fiori fioriscano’. Lo slogan suonava bene, però poi si affrettarono a precisare che tutti i fiori dovevano essere uguali”. Questo appiattimento annulla l’umanità, che non è fatta di assoluti, ma di sfumature e diversità. Il riscatto dei popoli non è utopico poiché la rivolta alla subordinazione è profondamente insita nell’essere umano. L’uomo anela alla libertà e a imprigionarlo ora non sono soltanto i limiti naturali, verso i quali da sempre si ribella, ma anche i giganteschi ingranaggi bellici e di potere.
Sta apparendo all’orizzonte un’ondata nuova, destinata a riscrivere la storia; appaiono le prime avvisaglie di un cambiamento epocale nel segno della nonviolenza che unirà elementi sociali e spirituali e segnerà la fine della preistoria violenta.
Tomás Hirsch (Santiago del Cile, 1956) è stato tra i fondatori del Partito Umanista, il primo partito legalizzato in Cile come strumento di lotta nonviolenta contro la dittatura di Pinochet.
Tutta la sua azione politica e sociale si ispira al pensiero di Mario Rodriguez Cobos, detto Silo, che Tomas Hirsch riconosce come sua guida spirituale da quando ha conosciuto il suo messaggio, all’inizio degli anni Settanta.
Tra il 1990 e il 1992 ha rappresentato il primo governo post-dittatura come ambasciatore cileno in Nuova Zelanda. È stato candidato alla Presidenza della Repubblica nelle elezioni del 1999 come rappresentante del Partito Umanista e nel 2005 a nome di Juntos Podemos Mas, la più amplia alleanza della sinistra cilena dai tempi di Allende,
Da allora Tomas Hirsch è diventato un personaggio noto e riconosciuto in tutta l’America Latina, ha partecipato a forum e incontri con presidenti come Lula, Ortega, Chavez e Morales. Con quest’ultimo ha stabilito una relazione di vicinanza e appoggio reciproco, rafforzata dalla presenza di Evo Morales al Secondo Forum Latinoamericano, svoltosi a La Paz nel novembre del 2007 e dalla stesura della prefazione di questo libro. Tomas Hirsch è inoltre l’unico politico cileno a sostenere la rivendicazione di uno sbocco al mare avanzata dalla Bolivia nei confronti del Cile.
Laura Nava
Ufficio stampa - Nuovi Mondi
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Per la legalità,sicurezza e incolumità sui luoghi di lavoro
“Per la tutela della legalità, della sicurezza e dell’incolumità
della persona nei rapporti di lavoro e sui luoghi di lavori”
Presentata in Consiglio di Zona 6 - oggi 29 marzo 2008 dall'opposizione di centrosinistra - la mozione sulla legalità. sicurezza e incolumità della persona nei rapporti e sui luoghi di lavoro. Verrà votatta in un prossimo Consiglio di Zona.
Regolamento sulle attività e iniziative dell'area Navigli
Approvata a maggioranza dal Consiglio di Zona 6 - nella seduta del 29 marzo 2008 - la proposta per il regolamento delle attività e iniziative dell'area Navigli.
Indirizzi e proposte per il regolamento sulle attività e iniziati
Approvata a maggioranza dal Consiglio di Zona 6 - nella seduta del 29 marzo 2008 - la proposta di delibera avente oggetto:"Indirizzi e proposte per il regolamento sulle attività e iniziative dell'area Navigli".
Nella stessa seduta sono state approvate - sempre a maggioranza - 3 mozioni :
1) Problematiche Quartiere Navigli, nella quale si chiede che venga istituito un Coordinamento tra le zona 1,5 e 6 e sia monitorata dalle FF.OO la situazione dei Navigli;
2) Alfine di stabilire i criteri, i limiti e i requisiti dell'isola pedonale estiva, venga istituito un tavolo che veda la presenza anche dei rappresentanti dei cittadini al fine di trovare punti di intesa tra le esigenze dei residenti e quelle dei commercianti;
3) Esatte sui navigli stop dal 2008; si chiede che l'Estate sui Navigli non possa essere più svolta, a partire da quest'anno, con le regole attuali ma con quelle dettate dal "Regolamento attività e iniziative sull'Area Navigli, approvato dal Consiglio di Zona 6. Che la durata dell'Estate sui Navigli sia di tre mesi e non di 5 come da proposta di Giunta Comunale.
Asili e immigrati, interrogazione all’Ue
Asili e immigrati, interrogazione all’Ue
Trentuno eurodeputati scrivono alla Commissione
da Corriere on line dell’11 gennaio 2008
Agnoletto:Tibet agli affari dell'Occidente non servono i diritti
Tibet, agli affari dell'Occidente non servono i diritti umani
Numeri pesanti, da tenere ben presenti, soprattutto alla vigilia di una recessione Usa che significherebbe una recessione generalizzata mondiale e quindi la prima vera crisi strutturale dagli anni ’70 ad oggi. Meglio quindi scommettere sulla Cina come ancora di salvataggio dell’economia mondiale, e tollerarne la sistematica violazione dei diritti fondamentali, piuttosto che rimettere in discussione le fondamenta sui cui poggia il capitalismo del XXI secolo e di cui Pechino è il nuovo campione designato.
Un capitalismo che il regime di Hu Jintao e Wen Jiabao sta applicando fedelmente in Tibet, convinti (erroneamente!) dell’idea che anni di rapida crescita economica avrebbero smorzato le istanze separatiste. Ma così non è stato e, nonostante l’economia tibetana abbia superato il tasso di crescita medio della Repubblica Popolare - grazie a generosi finanziamenti da Pechino, alla nuova linea ferroviaria Pechino-Lhasa e al milione di turisti che ogni anno si recano in Tibet - il processo di “modernizzazone” della regione ha dato l’esito opposto. Perché? In primo luogo perché i cinesi non si sono mai preoccupati di chiedere ai tibetani quale modello di crescita economica essi auspicavano. In secondo luogo perché favorendo le aree urbane a scapito di quelle rurali, lo sviluppo secondo il modello cinese non può che esacerbare la sperequazione dei redditi e mettere a repentaglio le tradizioni e gli stili di vita delle popolazioni locali.
L’urbanizzazione forzata e lo sfollamento delle campagne per fare spazio alle mega-infrastrutture e al carico di speculazioni che si portano dietro vanno di pari passo con le reiterate denunce da parte di Amnesty International e che riguardano:
il giro di vite del governo contro avvocati e attivisti per i diritti umani che sono stati soggetti a lunghi periodi di detenzione arbitraria senza accusa, nonché a vessazioni da parte della polizia o di bande locali manifestamente tollerate dalla polizia;
l’inasprimento dei controlli su giornalisti, scrittori e utenti di Internet con numerosi quotidiani e giornali popolari chiusi e centinaia di siti web internazionali bloccati d’autorità;
la pena di morte che continua a essere applicata in modo esteso per punire anche reati di tipo economico e non violento;
l’assenza di qualsiasi progresso nella riforma del sistema della “rieducazione attraverso il lavoro”, un sistema di detenzione amministrativa senza accusa né processo.
Al Parlamento europeo la difesa di questi diritti non é iniziata e non finirà con le olimpiadi. Ricordo ad esempio come recentemente proprio a Strasburgo abbiamo respinto la proposta delle destre e dei conservatori di cancellare l'embargo sulla vendita delle armi alla Cina. Allora, come oggi, dietro quella richiesta vi era l'obiettivo non dichiarato di molti governi europei di non compromettere i propri affari con Pechino. Lo stesso motivo che due settimane fa ha spinto il Dipartimento di Stato americano a depennare la Cina dalla "black list" dei paesi colpevoli delle maggiori violazioni dei diritti umani nel mondo.
Boicottare le olimpiadi avrebbe senso solo se l'occidente fosse realmente disposto a mettere al primo posto nelle relazioni internazionali, e in particolare negli accordi commerciali, il rispetto dei diritti umani e relegare in secondo piano i profitti senza limite delle imprese transnazionali. Il caso Tibet e il caso Cina più in generale offrono in tal senso un'occasione imperdibile per riflettere sulle cause dell'imminente fallimento della globalizzazione liberista e prima la faremo questa analisi (come nazioni ricche), prima inizieremo la risalita e l’uscita dal tunnel in cui il capitalismo selvaggio degli ultimi vent’anni ci ha costretto. Citando un famoso film di Matthew Kassovitz, l’Odio (film culto sulle banlieus parigine), mentre i nostri governanti osservando un uomo che precipita dall’ultimo piano di un grattacielo si ripetono il mantra: «fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene», noi come movimento dovremo ricordargli sempre che: «l’importante non è la caduta ma l’atterraggio».
Vittorio Agnoletto, europarlamentare gruppo Gue - Sinistra unitaria europea
Armi: Convegno a Roma il 28 marzo
Appello al voto di Gennaro Migliore
La buona politica che noi rappresentiamo è, in estrema sintesi , quella che fa ciò che dice, quella che si presenta con la propria faccia pulita e quella che vuole rinnovare generazionalmente e culturalmente il panorama politico.
La guerra di Bush - Michael Moore
Quattromila morti E allora?
Dov'è Darth Vader in tutto questo? Una reporter della ABC News questa settimana ha detto a Dick Cheney, rispetto all'Iraq, che «due terzi degli americani dicono che non vale la pena di combattere». Cheney l'ha stoppata con una sola parola: «Allora?». Allora? Come in «Allora che?». O come in «Fanculo, non può fregarmene di meno». Vorrei che ogni americano vedesse Cheney che gli mostra il virtuale dito medio: cliccate http://thinkprogress.org/2008
I democratici, negli scorsi 15 mesi, hanno avuto il potere di staccare la spina alla guerra - e hanno rifiutato di farlo. Cosa dobbiamo fare? Continuare ad affogare nella nostra disperazione? O diventare creativi, davvero creativi. So che molti di voi leggendo queste righe avranno l'impudenza o l'ingenuità di rivolgersi al vostro deputato locale. Lo farete, per me?
Cheney ha passato il mercoledì, quinto anniversario delle guerra, non a piangere i morti che ha ucciso, ma a pescare sullo yacht del sultano dell'Oman. Allora? Chiedete al vostro repubblicano preferito che ne pensa.
I Padri fondatori non avrebbero mai pronunciato quelle presuntuose parole, «Dio bendica l'America». Per loro sarebbe suonato come un ordine anziché un'invocazione, e non si ordina a Dio, anche se sei l'America. In effetti essi erano preoccupati che Dio potesse punire l'America. Durante la Rivoluzione George Washington temeva che Dio avrebbe reagito male con i suoi soldati per il modo in cui si stavano comportando. John Adams si chiedeva se Dio potesse punire l'America e farle perdere la guerra, giusto per provare il suo argomento che l'America non era degna di vincere. Essi credevano che sarebbe stato arrogante ritenere che Dio avrebbe benedetto soltanto l'America. Quanta strada abbiamo fatto da allora.
Ho visto sulla Pbs che che Frontline di questa settimana conteneva un documentario intitolato «La guerra di Bush». Io la chiamo così da molto tempo. Non è «la guerra dell'Iraq». L'Iraq non ha fatto nulla. L'Iraq non c'entra con l'11 settembre. Non aveva armi di distruzione di massa. Invece aveva cinema e bar e donne che vestivano come volevano, una consistente popolazione cristiana e una delle poche capitali arabe con una sinagoga aperta. Ma tutto questo, adesso, non c'è più. Proiettate un film e vi spareranno un colpo in testa. Più di cento donne sono state sommariamente giustiziate perché non si coprivano la testa con un fazzoletto. Sono felice, come americano benedetto, di avere contribuito a tutto questo. Io pago le tasse e questo significa che ho contribuito a pagare per questa libertà che noi abbiamo portato a Baghdad. Allora? Dio mi benedirà?
Dio benedica tutti voi in questa settimana di Pasqua in cui entriamo nel sesto anno della Guerra di Bush. Dio aiuti l'America. Per favore. © michael moore
Manifestazione a Taranto "Ambiente"
Oggi è nato un nuovo potere a Taranto: l'opinione pubblica ambientale.
Finalmente migliaia di persone per le strade: una incredibile voglia di
cambiamento ha contagiato bambini, ragazzi e adulti. A manifestare
contro l'inquinamento,
assieme all'Associazione BAMBINI CONTRO
L'INQUINAMENTO, c'era la gente comune, quella che si chiede se stiamo
veramente mangiando formaggio o mozzarella alla diossina.
Da domani le Amministrazioni pubbliche e gli "inquinatori" non potranno
ignorare e men che meno deludere questo nuovo potere che sta nascendo
dalla società civile. Il neo assessore comunale all'ambiente, il dottor
Sebastiano Romeo, ha dichiarato che convocherà le Associazioni
ambientaliste il giorno 9 aprile. Sarà quella l'occasione per mettere
nero su bianco i passi concreti che l'Amministrazione civica farà per
rispondere alle aspettative della cittadinanza. PeaceLink riproporrà i
"dieci comandamenti" presentati in occasione del Convegno di
TarantoViva sulla "diossina nel sangue di tarantini". Tra essi,
la massima priorità va data a
* "Ridurre la quantità totale annuale di diossine emessa dalla
ciminiera E312 di Ilva",
* "Effettuare nell'Ilva il monitoraggio in continuo dei POPs
(Inquinanti Organici Persistenti), in particolare diossine e
PCB",
* "Ridurre al minimo le emissioni diffuse di fumi e polveri
contenenti inquinanti in tutta l'area a grande rischio
ambientale",
* "Estendere il monitoraggio degli alimenti, del sangue e del
latte materno",
* "Porre limiti al pascolo nelle aree inquinate".
Confortati dalla straordinaria giornata di mobilitazione, ribadiamo che
per abbattere il mostruoso inquinamento che ci sovrasta serve un
progetto completo, con persone autorevoli e competenze di alto livello.
La strada imboccata dall'Arpa Puglia ci dà fiducia. Ma, attenzione, da
ora in poi la fiducia non va più riposta nelle promesse di "buona
volontà" delle aziende. Associazioni e movimenti stanno facendo la loro
parte, da apripista, ora tocca alle Istituzioni garantire che a Taranto
non si mangi più "pane e diossina". Occorre punire i "politici alla
diossina". Invitiamo i cittadini a non votare più quei partiti che sono
scesi a compromessi con gli inquinantori. Norme permissive e sciagurate
omissioni in campo ambientale hanno portato Taranto sull'orlo del
baratro sanitario. Adesso basta: non votiamoli più.
Per PeaceLink
Biagio De Marzo
Alessandro Marescotti
http://www.peacelink.it
http://www.tarantosociale.org
E' nato un nuovo potere a Taranto: l'opinione pubblica ambientale