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.: Il Blog di Angelo Valdameri
Venerdì, 14 Settembre, 2007 - 00:31

Ma a Milano la cultura dove sta andando?

Della cultura non si dice niente. Un incontro promosso alla Festa de L'Unità a fine agosto aveva questa titolazione che, a parere del sottoscritto, era abbastanza esemplificativa della situazione politica culturale della Giunta e dell'amministrazione di centrodestra. Non potevo che considerarmi concorde sul significato del titolo stesso. La cultura è occasione di crescita della città: in senso civile, sociale, politico. E' vero: ma nel passato esistevano, come dice Fontana, strutture istituzionali. Esisteva nel 1921 la Fondazione Scala, come Enete autonomo, nel 1947 viene costituito il Piccolo Teatro. Si faceva sistema: è vero, come testimoniano le grandi linee progettuali della politica culturale o, meglio, della cultura politica, dato che la cultura deve essere essa stessa programma, progetto di una nuova società, rinnovata, riformulata, rivista, riletta, costituita e ricostituita, rigenerantesi civilmente. Oggi abbiamo l'assenza di questa visione complessa che è innata nella dimensione del fare cultura. Le nuove generazioni di artisti e di uomini di cultura, di impegno intellettuale, sono abbandonate da un potere che gestisce la cultura come momenti continui di pura ostentazione dell'effimero, della superficialità finalizzata a sè stessa, a volte al guadagno, a volte a rendere plateale quello che è altamente evanescente, esetmporaneo. Abbiamo la cultura dei grandi slogan, delle grandi boutade, dei "ballon d'essay", delle promesse esternate e, poi, subito, di seguito, ridimensionate, inevase, come insegnano i terribili precedenti del sostegno al Festival Gay Lesbico o della mostra "Vade retro". Abbiamo l'esempio di come spesso la cultura diventi solamente "elargizione" di beni e di contributi fortemente cospicui a realtà amiche, clientelamrnete vicine, che assicurano forte sostegno a un'assenza esautorante di cultura politica o poliica culturale. Dov'è la progettualità? Non esiste nessun tipo di pianificazione che dia a Milano una visione complessiva, generale, più completa di dimensione internazionale di cosa si intenda per cultura oggi, garantendo l'istituzione di laboratori, di confronti tra ispirazioni ed estri differenti, di incontro tra diverse tipologie di tagli interpretativi della realtà, riletta nell'ottica dell'artista che distrugge, crea e ripropone sotto l'ottica dell'innovatore del sentimento civile. Io penso drammaticamente a un fatto: in Europa esistono esperimenti anche azzardati, ma scommesse, quindi evolutive nella loro dimensione e struttura, che consistono nell'affidare a giovani compagnie teatrali la gestione artistica di grandi teatri, oppure a giovani registri la gestione di agenzie per la promozione del cinema, oppure, infine, giovani letterati nella gestione di festival internazionali di letteratura. A Milano abbiamo perpetui alla guida di epicentri della cultura: questo determina, se non ridimensionato, non sotto la prospettiva dello scontro intergenerazionale ma, bensì, sotto l'ottica della fiducia nella capacità dei nuovi, guidate dalle esperienze dei più vecchi, l'esaurimento delle spinte riformatrici e rifondatrici del fare e concepire cultura oggi e della sua funzione nella società attuale.
I giovani, dice Fontana, sono abbandonati a una "beata solitudo". Esiste come una forza oscura che ci protegge dal futuro, dal cambiamento, dalla rifomulazione e dalla messa in discussione in senso sperimentale dei canoni tradizionali e tipici su cui si struttura la conservazione culturale e asfittica, di cui Milano soffre: come disse un dirigente del regime dittatoriale di Salazar a proposito della forza populisitca del proprio duce, come ricorda Filippo Del Corno, musicista di dimensioni rilevanti.Ha ragione Del Corno a ricordare come la cultura conservativa di un Carrubba avesse ingessato la proposta culturale: ma pur sempre di proposta si poteva parlare. Oggi non esiste proposta, come non esiste la dimensione di una cultura come basamento fondativo di una società libera, dell'ascolto, del confronto, della solidarietà, della tolleranza, della giustizia. Dell'uomo al centro dello sviluppo: della sostenibilità del sistema, come lo è un'opera architettonica, come lo è un'opera urbanistica, come lo è un quadro, che fa pensare, che rende lo spettatore conoscitore del proprio io in relazione al resto della realtà. Non si riesce a comprendere a Milano quanto la cultura possa essere fonte di investimento, ossia di opportunità di trasformazione urbana e di arricchimento economico e sociale della città, nell'età del post fordismo, del post industrialismo, delle aree dismesse. Esistono a Milano centri di eccellenza? Strutture atte a ospitare grandi eventi continuativi e costanti, programmatici, di arte e di cultura mondiale: non esistono spazi, ha ragione e convergo con l'assessora alla cultura della Provincia di Milano, Daniela Benelli. Dove sono gli investimenti nelle risorse umane e intellettuali che compongono lo scenario culturale e artistico? Non esistono opportunità e garanzie per chi vuole diventare protagonista del mondo dell'arte, di un grande progetto di trasformazione della città e in un'ottica di valorizzazione del terrtorio, dei territori, delle loro sociologie, di comprensione della sua caratteristica civica e politica. Il bene stare è anche sinonimo di bene vivere: ossia è sinonimo di un percorso che rende la città vivibile, a musira d'uomo, socialmente e umanamente sostenibile.
Esiste un fuga dei talenti, delle risorse intellettuali che potrebbero essere motore di un progetto di cultura come servizio per la cittadinanza, una nuova cittadinanza della consapevolezza e della responsabilizzazione. Non esiste la conoscenza culturale delle risorse che vivono il territorio, ma che sono soffocate, silentite da un ammasso di eventi di grido, di estemporanee kermesse, di meteoritici avvenimenti e iniziative effimere ed estemporanee, spesso cattedrali in un deserto di proposte e di continuità di progettualità culturale: dove sono le idee? Ma, soprattutto, cosa significa, come spesso fatto da Sgarbi, parlare di "economia di scala" nella promozione artistica? L'amministrazione non deve essere espressione di un consiglio di gestione di società di organizzazione di eventi ma, bensì, deve essere stimolatrice di programmi e garante di spazi autonomi e autogestiti di laboratori culturali. L'amministrazione deve creare la rete tra eccellenze, divenendo protagonista di un percorso di investimento nella fase dello start up, nella fase iniziale di costruzione di sostegni e di scommessa verso le nuove energie, sono molte, che affiorano e che attendono di essere considerate. Ha ragione Daniela Benelli quando denuncia a Milano l'assenza di strutture adeguate, quali biblioteche, musei, spazi, show room, laboratori diffusi, atti a dare albergo permanente a momenti artistici costruttivi e arricchenti.
A Torino abbiamo gli ecomusei che rappresentano progetti di interventi di archeologia industriale rivista e rivisitata, mentre a Roma le municipalità aprono luoghi di produzione artistica innovativa e sperimentale e a Firenze artisti e cittadini si mettono insieme per approvare momenti di conoscenze artistiche collegialmente definite e partecipate. A Milano dove sono queste risorse? Vogliamo attendere e investire dove già la pioggia cade sul bagnato? Vogliamo lasciare che le eccellenze intellettuali abbandonino una città che, se non consente il sostegno alla libera espressione dei pensieri e alla loro circolazione, rischia di implodere in una terribile era della decadenza?

Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano

Giovedì, 13 Settembre, 2007 - 11:48

BACI ALLA ROMANA

BACI ALLA ROMANA

www.arcigaymilano.org

NON SI PUÒ FARE A MENO DI NOTARE, PERÒ, CHE IN QUESTA CUPA EPOCA DI TOLLERANZE ZERO LE FORZE DELL'ORDINE VENGONO SPESSO IMPIEGATE IN UNA RICERCA DI ATTI OSCENI IL PIÙ DELLE VOLTE GAY. Un fremito di malizioso raccapriccio ha percorso ieri il torbido mondo dell'informazione alla notizia (falsa) della richiesta di rinvio a giudizio per i due ragazzi gay che la notte del 27 luglio scorso furono fermati da una pattuglia dei carabinieri nei pressi del Colosseo e denunciati per atti osceni in luogo pubblico. Come molti probabilmente ricorderanno, l'episodio ebbe notevole risalto sui giornali in seguito alla denuncia di Arcigay, che, credendo alla versione fornita dai due ragazzi, accusò i carabinieri di omofobia per aver qualificato come «atto osceno» un bacio appassionato. Sulla vicenda presero posizione anche diversi esponenti del governo in carica, precisando che un bacio, sia pure tra due persone dello stesso sesso, non può essere considerato perseguibile. I carabinieri, appoggiati a priori dalla destra omofobica, sostennero tuttavia che non di un bacio si sarebbe trattato, bensì di un altro genere di rapporto orale compiuto a «slip e pantaloni scesi». Ieri poi, quando la procura di Roma ha messo a disposizione degli indagati gli atti prodotti dai carabineri, si è sparsa la voce che «quindi» il pubblico ministero incaricato delle indagini stava per chiedere il rinvio a giudizio dei ragazzi dando ragione ai rappresentanti dell'arma. Perciò: altro che bacio (con tutto quel che segue in termini di pensieri pruriginosi). L'avvocato Stoppello, che difende gli indagati, ha invece fatto sapere che i suoi assistiti non sono stati ancora neppure interrogati dal magistrato e che chiederà «l'archiviazione del procedimento anche alla luce delle prove che saranno offerte all'inquirente». Ci sarà da attendersi ora un goliardico congetturare sulla qualità di tali prove. Questo per quanto riguarda la cronaca, e senza trarre conclusioni su ragioni e torti delle due tesi contrapposte. Non si può fare a meno di notare, però, che in questa cupa epoca di tolleranze zero le forze dell'ordine vengono spesso impiegate in una ricerca di atti osceni il più delle volte gay.
Una ricerca che, soprattutto nella stagione calda, si concentra in anfratti, spiaggette isolate e parcheggi di tutta Italia. Anche le cronache locali estive di questo infuocato 2007 sono state inzeppate di gustosi fatterelli del genere da commentare gustosamente sotto l'ombrellone. E spesso vivacizzate dalle prese di posizione di sindaci sceriffi che non vedono l'ora di ergere palizzate e disseminare di telecamere le campagne, gli arenili e i cespugli di città a strenua difesa del comune senso del pudore.
Passi pure per il Colosseo, data la celebrità e visibilità del luogo (ma fermo restando che i baci gay hanno lo stesso diritto di cittadinanza di quelli etero che ognuno può osservare in quantità in ogni dove). Ma setacciare alla ricerca del peccato gay luoghi ben più appartati, preferibilmente nelle ore notturne, che modo è di dimostrare che le forze dell'ordine non sono omofobiche, nonché di impiegare il denaro dei contribuenti?

Curioso poi che tutto questo avvenga in uno dei pochissimi paesi dell'Europa occidentale in cui si continua a negare strenuamente agli omosessuali il diritto alla rispettabilità attraverso il riconoscimento delle loro unioni more uxorio. Consoliamoci comunque, perché siamo in buona compagnia. In certi paesi islamici la caccia all'atto osceno omosessuale non è meno puntigliosa ed espone a conseguenze penali ben più gravi. E anche nell'America puritana ci sono fior di agenti messi al servizio del buoncostume per pizzicare i gay in cerca di sesso veloce e anonimo in luoghi pubblici.
Come il poliziotto dagli occhi azzurri che ha stroncato la carriera politica del senatore repubblicano Larry Craig (costruita sulla difesa dei valori morali trazionali) facendosi abbordare in un bagno pubblico per far scattare le manette subito dopo. In quel caso però, come in diversi altri che recentemente hanno riguardato esponenti della destra americana, ci si può parzialmente consolare con il fatto che la caccia al gay si è per combinazione trasformata in caccia all'ipocrita.

Giovedì, 13 Settembre, 2007 - 11:46

Scarcerata Pegah, ma il caso non è chiuso

Aprrendiamo una buona notizia per tutto il mondo omosessuale, quello civile e quello sociale: ma dall'articolo ancora alcuni problemi ci sono e non di minima rilevanza. Sto parlando della scarcerazione di Pegah, l'amica Pegah, condannata perchè omosessuale nel suo paese, rifugiata in Gran Bretagna e, qualche mese fa, suscettibile di essere rimpatriata dal governo britannico.

L'Iranian Queer Organization ringrazia Arcigay. La vicenda sembra volgere ad una conclusione positiva

www.arcigay.it

Ieri sera Pegah Emambakhsh, la donna lesbica iraniana quarantenne, è stata scarcerata e le è stata concessa la libertà su cauzione. La giustizia britannica aveva deciso, in un primo tempo, l'espulsione e l'invio in Iran dove era certa la sua lapidazione,

L'Iranian Queer Organization, che sta seguendo il caso in Gran Bretagna, ha inviato un messaggio ad Arcigay ringraziando la nostra associazione per il lavoro svolto e per invitarci a non dimenticare Pegah. Purtroppo però vi sono ancora alcuni passaggi giudiziari da superare, infatti la Corte d'Appello competente si occuperà del suo caso nei prossimi giorni e deciderà in via definitiva se accordarle l'asilo umanitario.

La vicenda, che ha visto la mobilitazione in tutta Europa, in particolare in Italia, del movimento lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transgender), di quello delle donne e delle associazioni dei diritti umani, sembra avviata ad una positiva soluzione, anche se non sono da escludere colpi di scena dell'ultima ora.

Rinnoviamo i ringraziamenti per l'interessamento concreto assicurato dai Ministri Barbara Pollastrini, Alfonso Pecoraro Scanio, Paolo Ferrero, e della vice ministro agli Esteri Patrizia Sentinelli. Chiediamo inoltre al Governo italiano di non abbassare la guardia e di seguire ancora con attenzione il caso di Pegah fino alla sua, speriamo rapida e positiva, risoluzione.

Aurelio Mancuso
presidente nazionale Arcigay

Martedì, 11 Settembre, 2007 - 14:40

No dal Molin ...sabato 15 settembre 2007

azioni dirette contro costruzione
nuovabase Usa

COMUNICATO STAMPA

NO DAL MOLIN: SABATO AL VIA LAVORI PER LA COSTRUZIONE DEL
PARCO PUBBLICO DELL’ALTROCOMUNE ALL’INTERNO
DELL’AEROPORTO DAL MOLIN

Nonostante il parere favorevole del Governo Prodi alla
costruzione della nuova installazione militare a Vicenza, la
vicenda Dal Molin non è affatto chiusa. E’ in corso in
questi giorni, infatti, la settimana di mobilitazione del
Presidio Permanente, con l’apertura del Festival e del
campeggio, dove giungono ospiti da tutta Italia.
Il 13, 14 e 15 settembre si svolgeranno le azioni dirette
volte a dimostrare la determinazione del movimento vicentino
e a rimettere in discussione la realizzazione
dell’installazione militare.

La più importante, quella di Sabato 15, avrà come
obiettivo proprio l’aeroporto Dal Molin dove arriverà il
corteo che partirà dall’area in cui si svolge il
Festival. «Vogliamo iniziare i lavori di costruzione del
nuovo parco pubblico al Dal Molin – dichiarano da Presidio
Permanente contro la costruzione della nuova base Usa.
L’obiettivo degli organizzatori è entrare
nell’aeroporto in cui è prevista la realizzazione del
progetto statunitense e piantare decine di pini. La
manifestazione servirà anche ad ispezionare il terreno su
cui dovrebbe sorgere la nuova base per verificare se siano
già iniziati lavori di bonifica e sminamento.

Giovedì 13, invece, i vicentini contrari alla nuova base
contesteranno ancora una volta il Sindaco Hullweck,
colpevole di aver svenduto la città e di aver recentemente
definito “barbari” coloro che si oppongono alla
realizzazione del progetto. L’Altrocomune dichiarerà la
Giunta pericolante ed il Sindaco non rappresentativo della
volontà della comunità locale.

Venerdì 14 sarà la volta della caserma Ederle, sede
logistica e gestionale della 173° Brigata Aerotrasportata
statunitense; i vicentini intendono dimostrare di essere in
grado, in qualunque momento, di limitare l’operatività
della base di guerra.

Presidio Permanente, Vicenza, 11 settembre 2007

************ ********* ********* ********* ********* ********* ********* **
Presidio Permanente No Dal Molin
Via Ponte Marchese - Vicenza
c.p. 303 36100 Vicenza

www.nodalmolin. it

IL FUTURO è NELLE NOSTRE MANI
Difendiamo la terra per un domani senza basi di guerra
************ ********* ********* ********* ********* ********* ********* **

Martedì, 11 Settembre, 2007 - 07:28

Per non dimenticare...

Article du 10 septembre 2007 
Martedì, 11 Settembre, 2007 - 07:24

11 settembre.....

 senza Pinochet? Ma con Bachelet...

A 34 anni dal colpo di stato, doveva essere il primo 11 settembre senza Augusto Pinochet, il dittatore deceduto nel suo letto lo scorso dicembre. Invece è già il primo 11 settembre con repressione preventiva dopo molti anni.

Ieri almeno 147 cittadini sono stati arrestati e centinaia sono stati fatti oggetto di lancio di lacrimogeni e getti d'acqua da parte dei Carabinieri.

La manifestazione repressa, era stata convocata da Associazioni per i diritti umani, Familiari di detenuti desaparecidos (AFDD) e avevano aderito il Partito Comunista, il Partito Umanista, la Sinistra Cristiana e spezzoni della coalizione di governo. Tra gli arrestati vi sarebbero alcune decine di familiari di desaparecidos. La repressione si è scatenata quando la testa della manifestazione ha tentato di entrare nella Via Morandé (l'accesso principale della Moneda al tempo di Allende, ma considerata un luogo proibito da Bachelet) per lasciare un omaggio al Presidente.

La manifestazione, che poi si è conclusa al Cimitero Generale di Santiago, seguiva di dieci giorni il grande sciopero contro il neoliberismo conclusosi con la brutale repressione ordinata dalla Presidente Michelle Bachelet (Partito Socialista) che aveva causato oltre 700 arresti.

Oggi, 11 settembre, in teoria non ci sono manifestazioni autorizzate per ricordare Salvador Allende e le altre vittime dell'11 settembre, ma almeno una dozzina dovrebbero essere "tollerate" dal governo. Di nuovo la via Morandé sarà il luogo caldo. I GAP, la scorta del Presidente legittimo che lo difese fino all'ultimo istante, tenteranno di depositare una corona di fiori nel punto dal quale uscirono le salme di Don Salvador e i GAP stessi trucidati l'11 dai golpisti.

Lunedì, 10 Settembre, 2007 - 16:37

UOMO CAVIA: esperimenti nei lager su omosessuali

UOMO CAVIA

 

Esperimenti su omosessuali nel Lager di Oranienburg

 

Rome Gay News”, N. 465, 25 febbraio 2006
Dopo la distruzione del movimento omosessuale tedesco operata dal nazismo, e la catastrofe della seconda guerra mondiale, negli anni Cinquanta ripresero alcuni timidi tentativi di ricostruzione. Una delle prime pubblicazioni ad apparire fu “Der Weg” (“La Strada”), che nel sottotitolo si presentava come giornale per “l’amicizia e la tolleranza”. Nel 1953 vide la luce “Humanitas”, organo ufficiale della "Società per i Diritti Umani" ("Gesellschaft für Menschenrechte"). Fu su questo mensile che, nel corso dell’anno successivo, apparve una serie di articoli considerati il “primo, autentico rapporto sulla detenzione degli omosessuali nei campi di concentramento“ (Rector, “The Nazi Extermination of Homosexuals”, Stein and Day, New York, 1981). Quello che segue è l’articolo iniziale di questa serie; quello che fece conoscere a chi non sapeva, o non voleva sapere, la triste sorte degli omosessuali nei campi di concentramento. Non era mai apparso prima in italiano: grazie a Enrico Oliari per la traduzione. (Massimo Consoli)
Da “Humanitas”, 2.Jahr Nr. 7 – Hamburg / Juli 1954
UOMO CAVIA

 

di Classen von Neudegg
traduzione dal tedesco di Enrico Oliari
Dal mio diario del 1939 – 1945  Campo di concentramento di Oranienburg
Il lettore di “Humanitas” mi deve scusare se ogni tanto ricordo i fatti e gli avvenimenti del III Reich, e se con insistenza chiedo di non ripetere e di non approvare i metodi di quel tempo. Solo preservando la conoscenza si può proteggere il futuro dal continuare gli errori e dalle conseguenze del passato.
Allora, in Germania, l’uomo non era più un corpo con uno spirito e il prodotto dell’amore del Creatore, ma veniva giudicato solo come prodotto di un valore o di un non valore razziale, e veniva classificato come segue:
a)      Superuomo, cristallizzato dall’elite del partito: il Fuehrer.
b)      Uomo, suddiviso in seguaci di questa corrente e quelli che potrebbero diventare seguaci.
c)      Sottouomo, la feccia dell’umanità: pederasti ed ebrei.
Con questi ultimi gruppi elencati venivano riempiti i bidoni dell’immondizia della nazione, cioè i campi di concentramento, e usati per essere spremuti e ricavarvi ancora qualcosa.
Per questo scopo c’erano alcune possibilità...
Posso ricordare una di queste? Intanto luogo e tempo del fatto:  il campo di concentramento di Oranienburg-Sachsenhausen, estate 1944.
Una mattina c’era nuovamente tanta agitazione fra i pazienti della mia baracca dell’ospedale dovuta alla paura e alla incertezza per le regole imposte dall’amministrazione delle SS. L’impiegato della divisione politica aveva richiesto e ritirato certe cartelle cliniche da parte dell’istituzione di controllo. Cosa avrebbe potuto significare? Pericolo di trasferimento? Squadrone delle iniezioni letali? Le curve della febbre si alzavano rapidamente. Gli ammalati erano pieni paura e paralizzati dallo spavento. Dopo alcuni giorni venne rivelato il brutale segreto delle carte richieste: erano stati richiesti esperimenti col fosforo su persone vive, cioè dovevano essere ricercati e provati dei metodi per guarire le ferite da fosforo. Agli “oggetti” dovevano essere inferte ustioni da fosforo e poi medicati secondo il protocollo. Per tali esperimenti erano da utilizzare:
-         ebrei
-         omosessuali
Gli esperimenti dovevano essere fatti in modo spontaneo, eseguiti con cura e sorvegliati continuamente. Il medico del lager responsabile doveva consegnare personalmente i rapporti del reparto di sperimentazione all’Ufficio della Sicurezza di Berlino.
Questi esperimenti vennero eseguiti con tutte le cautele per quanto riguardava l’igiene e la precisione, ma devo tacere sugli effetti collaterali, che si sono verificati con indicibile dolore, paura, sangue e lacrime, perché ciò è impossibile da esprimersi con le parole.
Ma posso e devo gridare: non dobbiamo mai più uccidere!

Venerdì, 7 Settembre, 2007 - 13:28

La memoria di Dax permarrà, nonostante un atto incivile

Il murales dedicato a DAX viene cancellato come un normale tag, ossia scritte che spesso appaiono su alcuni muri di abitazioni, spesso insostenibili dal punto di vista estetico, spesso di insignificanza artistica, ma pur sempre un messaggio. Il disegno che i compagni e gli amici di Dax dedicarono al giovane ucciso durante un'aggressione di matrice fascista avvenuta fuori da un locale a Milano nel marzo 2003, oltre ad avere tutti i connotati di realizzazione artistica, ben curata, ben formulata, con la capacità espressiva e di denuncia di un avvenimento che ha insanguinato una città, Medaglia d'Oro della Resistenza, oggi teatro di episodi di recrudescenza violenta di genere politico, era un tributo fraterno e affettuoso a una persona cara, che ha dedicato gran parte del proprio tempo in azioni sociali e democratiche, di rivendicazione dei diritti e di promozione dell'emancipazione del genere umano. Non posso che essere concorde con l'assessore alla cultura, Vittorio Sgarbi, più volte dal sottoscritto criticato, ma, in questa occasione, condiviso: era un atto "di pietas" quello del murales dedicato a Dax dai propri amici che è stato cancellato con imperizia e grave irresponsabilità grossolana per volontà e decisione dell'assessorato al demanio del Comune. Io penso, come ha scritto Sgarbi, che questo atto non è consonante con un'impostazione cattolica di una Giunta, che spesso si forgia come paladina dei valori cristiani, ma a corrente alternata: in quest'occasione la "pietas" per un defunto è stata vilipesa senza colpo ferire.
Penso, però, che questo atto di inciviltà dell'amministrazione non possa essere tollerabile. Io, personalmente, sono dell'idea che nessun'opera debba essere cancellata e violata, perchè essa è testimonianza di un tempo, di un'era, di un'epoca, di una persona, in questo caso, vittima di un'aggressione che non dovrà ripetersi in futuro, pena la messa in pericolo, come già sta avvenendo da più mesi a questa parte, della convivenza democratica e civile.
Da qui si genera, poi, un lungo dibattito sul valore e l'importanza dei graffiti: in piena epoca di "criminalizzazione" dei writers, di generalizzazioni, di equiparazioni penali, di repressione della libertà di espressione artistica, di censure di film e libri che trattano delle storie di questi ragazzi che vivono la città in una dimensione alternativa a livello culturale, non posso che rigettare un comportamento di tale portata che considero oltrechè volgare, cinico e ignobile.
Spero che il Comune destini uno spazio, un altro spazio pubblico affinchè si possa realizzare un nuovo graffito che esprima, come opera artistica dei nostri tempi, non solo il ricordo della persona, ma dei valori e dei principi per cui lui ha combattuto e per cui si ha creduto, ossia quelli di libertà e di giustizia sociale.
Credo che le parole della mamma di Dax, Rosa Piro, siano esemplari:"Mi sento trafitta da un doppio dolore, quello di mamma e di antifascista". Io stesso non posso che provare questo sentimento di indignazione e credo che questo ato offenda la memoria e l'offesa della memoria è sinonimo di offesa alla civiltà di un Paese, alla sua storia, alla sua collettività come corpo sociale comune, unito, compato e, soprattutto, libero, emancipato, non soggetto a nessun tipo di intervento esterno strumentalizzante e strumentalizzabile per fini faziosi e indegni.
E' vero quel che dice Sgarbi:"questo è un atto di crudeltà contro un morto". Sgarbi ha già promosso un'iniziativa internazionale dedicata alla storia dei Writers e alla valorizzazione degli spazi pubblici in un'ottica artistica e culturale che arricchisca questa città affossata da un grigiore insostenibile e triste, malinconico e spersonalizzante: penso che rendere gli spazi pubblici luoghi di libera espressione artistica e della creatività, della circolazione delle esperienze culturali e pittoriche, sia un modo rivoluzionario del pensare la città come nostra e come luoghi di aggregazione e di manifesto pronunciamento dei propri saperi e del proprio pensiero, della logica e dell'analisi del reale nelle sue contraddizioni, utili, queste ultime, per una conoscenza della nostra stessa città e del suo sviluppo.

Dax rimarrà nella nostra memoria collettiva contrastando tentativi che tendano a cancellare con un crudele e incivile colpo di spugna, nel senso non solo letterale ma anche fisico del termine, in questa occasione, il suo ricordo e il ricordo di un episodio che non è stata, come sostenuto in modo svilente e indegno da parte del consigliere di AN Fidanza, che definisco essere "rex" dei revisionisti, "rissa da bar" ma, bensì, attacco violento e persecutorio artatamente concepito e scientificamente attuato da gruppi organizzati di estrema destra. Il nuovo graffito dovrà, come detto dalla madre di Dax, a cui esprimo tutta la mia solidarietà, essere "di monito perché quello che è accaduto non si ripeta".

Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano

Venerdì, 7 Settembre, 2007 - 10:33

Nuovo cantiere edilizio in via Della Ferrera

Allego l'interrogazione presentata ieri sera - 6 settembre - in Consiglio di Zona 6 riguardante la richiesta di informazioni sull'apertura di un nuovo cantiere di edilizia privata in via Della Ferrera.

Venerdì, 7 Settembre, 2007 - 10:32

Dissuasori di velocità in via Bardolino

Allego l'interrogazione presentata ieri sera - 6 settembre - in Consiglio di Zona 6 riguardante la richiesta dei dissuasori di velocità sulla via Bardolino.

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