Perchè sostengo Barack Obama
Usa ancora parole e definizioni che rieccheggiano il grande discorso di Martin Luther King, la grande frase "I have a dream, I still have a dream". Forse si può parlare di retorica, ma in Barack la retorica, che è arte oratoriale, non si discosta dalla realtà dei fatti compiuti. Obama ha sempre palesato una condanna, una denuncia della guerra in Iraq.
L'audacia della speranza, rimane da sempre il concetto fondamentale di ogni espressione di Barack, oltre al motivo continuo, come in una musica rap, del "Yes we can", a fine di ogni discorso. Io penso a questa espressione come a un nuovo conio della sempre storica frase "ottimismo della ragione". Barack parla ai suo* concittadin* con definizioni del tipo: non dovete crede in me, in quanto persona, ma in voi tutt* che state proseguendo nelle vostre scelte verso un cambiamento possibile, per voi, per le generazioni future, e necessario, opportuno. Prosegue Barack dicendo:"oltre al nostro proverbiale individualismo, c'è un altro ingrediente nella lunga storia americana: una convinzione che siamo tutti uniti come popolo". Ed è in questo il senso del riscatto di un'intera popolazione, senza scadere in frazionismo e in strumentalizzazioni faziose, che deve essere universale in un momento in cui la cosidetta civile America è scaduta in un esempio tragico e irrazionale di un'esportazione forzata e violenta di una democrazia che, a detta di Gore Vidal, è in crisi, in quanto è in crisi ogni modello assoluto e ogni principio fondante la stessa. Ricordiamo Guantanamo? Ricordiamo i bombardamenti al fosoforo su città civili dell'Iraq occupato? Ricordiamo le nefandezze di una guerra che ha ribalitato la tortura? Ricordiamo la volontà dell'attuale presidenza Bush di erigere un muro per evitare che i clandestini, da sempre considerati come risorse per gli USA, per il sistema americano, da sempre visti come elementi umani che potessero mettere in azione quel senso di cosmpolitisimo, di cuis empre la tradizione storica e civica statunitense si è forgiata, potessero valicare le frontiere del sud texano e introdursi nella vasta landa statunitense. Barack parla di diritti umani come di principi universali, parla a quelli che sono ultimi per dire che i primi devono non essere mossi dalla compassione di un conservatorismo bushista che prevede il lascito di misere briciole, se avanzano, del copioso pranzo, ma per dire che i primi dovranno assumere su di sè i problemi degli altri perchè ci sia convivenza sociale e civile unitaria, perchè ci sia coesione, perchè ci sia progresso umano. Sto parlando di accountability, si quel senso di responsabilità che fa di noi portatori di una politica, di scelte responsabili, pensate, ragionate, per il futuro nostro e delle prossime generazioni, per il benestare di noi tutt* e, quindi, anche dei nostri prossimi: se il mio prossimo sta male perchè leso in alcuni propri diritti, anche io sto male in quanto sono convinto che il suo stare male, in quanto offeso e leso, implica un venire meno di quelle certezze, i diritti sociali e civili, di cui anche io beneficio. Io penso che Barack possa apportare un minimo di speranza di cambiare un'America offesa: un'America oltraggiata da un apresidenza irresponsabile, integralista, oscurantista, antitetica alla sua storica cultura giuridica costituzionale, alla visione della tolleranza e dell'universalità dei diritti. Importante è contornare questi diritti civili di una visione pubblica: quella visione che vuole fare la politica come vocazione alta da noi tutt* perseguibile e da noi tutt* richiedibile, esigibile. "La politica è un'altra cosa", dice Obama: è la più grande cosa, è la dedizione, la responsabilità, l'accountability. Avanti Obama, forse con te un minimo di riscatto etico è possibile, un auspicio che riporti gli USA a sperare, a sognare, a immaginare come sulle onde emozionanti di un lungo progetto che da Martin Luther King continua a proseguire. Le grandi battaglie, seppure portate avanti da un candidato criticato per la breve esperienza senatoriale, tre anni di carica, possono essere le uniche che garantiranno un cambiamento per gli USA e per il mondo, verso la multilateralità e la promozione dei diritti umani e sociali. Barack sarà un politico "politicante" con giovanissima esperienza, ma tale era anche Lincoln e non possiamo nascondere che, come dice lo stesso Obama, se i grandi esperti tattici sono Cheeney e Rumsfeld, con quello che hanno apportato al mondo tutto, forse è meglio essere candidati con una breve carriera politica.
Avanti Barack: hai tutto il mio sostegno.
ALESSANDRO Rizzo
Via Ovada: torri al posto del parco
Allego l'articolo del Corriere della Sera sulle problematiche della via Ovada. Da tempo i cittadini e i comitati hanno chiesto all'Amministrazione di rivedere la viabilità di via Ovada. Hanno anche presentato un progetto - approvato dal Consiglio di Zona 6 - che prevede il senso unico nel primo tratto da via Voltri a via Cusi e nel tratto terminale da via Beldiletto a via S.Vigilio. Il tratto centrale rimarrebbe doppio senso. Purtroppo nonostante il parere favorevole della VV.UU. sono passati 2 anni e forse più senza che ci sia stato alcun intervento. La via Ovada viene usata come alternativa alla Famagosta ed è percorsa nei due sensi quotidianamente da oltre 2000 auto e mezzi pesanti, trasporto terra, che provengono dall'autostrada e dal vicino cantiere della MM2. Numerosi gli incidenti, vista l'alta velocità di percorrenza, anche mortali. Dall'anno scorso è iniziato il cantiere del Comune per la realizzazione di 120 alloggi di edilizia residenziale pubblica. Le case - o per meglio dire - le torri sono a ridosso della strada e dell'ospedale S.Paolo. I cittadini e il Consiglio di Zona avevano approvato tempo addietro un progetto sulla stessa area per la realizzazione di parcheggi sotterranei e verde pubblico attrezzato di superficie. Invece il Comune ha pensato bene di realizzare nuove case popolari e residenze per gli universitari, in una zona dove la presenza di edifici popolari è già molto alta.A.Valdameri, consigliere di zona 6 Lista Fo
Campagna per un'altra tv: la storia
Campagna per un'altra tv: la storia
di Tana de Zulueta
Quella di “Un’AltraTv” è una proposta di legge di iniziativa popolare per la riforma del sistema radiotelevisivo italiano lanciata per ripristinare il diritto costituzionalmente garantito di ognuno di noi a essere informato in modo libero, plurale e obiettivo, sottraendo il servizio pubblico all’ingerenza dei partiti. La promotrice più convinta di questa proposta è Sabina Guzzanti, che di censura e del peso morto della politica sulla libertà del servizio pubblico ne sa qualcosa. Molti si ricorderanno che dopo l'uscita del suo film 'Viva Zapatero', Sabina lanciò un'appello per dotare il paese di un servizio pubblico "all'altezza delle sue esigenze democratiche". Firmarono in tanti. Noi tentammo un passo in più: insieme ad un gruppo di giornalisti e di giuristi provammo ad andare aldilà delle generiche dichiarazioni di principio, formulando un'ipotesi di soluzione concreta, una bozza di legge che potesse dare risposta all'appello di Sabina per una RAI "libera dal controllo dei partiti", e al contempo nuove regole di sistema per uscire dal duopolio e dal far West delle frequenze.
I proponenti della bozza e i consulenti che ci aiutarono erano così diversi fra di loro da garantire un risultato libero da preconcetti ideologici, oserei dire realmente liberal.
C'erano i giornalisti Giovanni Valentini, Giulietto Chiesa, Curzio Maltese, Maria Cuffaro, Udo Gumpel (corrispondente della TV tedesca ARD), Lidia Ravera, Enrico Fontana, Marco Travaglio, il filosofo nonché fondatore dei girotondi romani Edoardo Ferrario, la stessa Sabina e altri. I nostri consiglieri furono Alberto Gambino, giurista e allora assistente del Presidente Oscar Luigi Scalfaro, e due suoi colleghi docenti alla Luiss. (I nomi si trovano in appendice al libro di Travaglio e Peter Gomez 'Il Regime'.) Aderirono, con le proprie proposte, Paolo Serventi Longhi, segretario nazionale della FNSI, e Roberto Natale dell'USIGRAI.
Credo che l'idea di raccogliere le firme per una proposta di legge di iniziativa popolare fu di Sabina. Un'idea forse temeraria, ma molto giusta: in fondo, quello che è in gioco nel buon governo del sistema radiotelevisivo è la libertà di espressione. La Costituzione italiana la garantisce, ma è anche una delle poche al mondo che consente ai propri cittadini di farsi promotori di leggi. Quale miglior tema, allora, per esercitare questo diritto che l'informazione?
La nostra proposta fu depositata presso la Cassazione a dicembre dell'anno scorso. Il 15 gennaio di quest'anno lanciammo la campagna per la raccolta delle firme con un'affollatissima assemblea al teatro Ambra Jovinelli di Roma, presenti sul palcoscenico (e firmatari) Corrado Guzzanti, Moni Ovadia, Paolo Flores D'Arcais, Daniele Luttazzi, Paolo Hendel, Fiorella Mannoia, Federico Zampaglione dei Tiro Mancino, Nando Popu dei Sudsoundsystem, Claudia Gerini, Paolo Beni dell'ARCI, Roberto Natale, e tanti altri.
All'Ambra Jovinelli c'erano Alfonso Pecoraro Scanio, presidente dei Verdi, Achille Occhetto e Elio Veltri, i quali hanno attivato i propri sostenitori e dato un contributo importante. La caratteristica, però, di quell'evento e della campagna che ne è seguita è stato il forte impegno della società civile. Il grosso delle firme furono raccolte all'uscita dei spettacoli degli artisti che ci sostenevano. Daniele Luttazzi fu molto generoso. Moni Ovadia offrì addiritura un suo spettacolo a Napoli per sostenere la campagna. Si sono mossi l'associazione Cittadinanza Attiva, circoli dell'ARCI, Megachip. Lilli Gruber è venuta in piazza per raccogliere le firme insieme a Sabina Guzzanti. Luciano Canfora firmò e organizzò una bella assemblea all'università. Ci furono banchetti anche a Saxa Rubra.
Strada facendo si sono aggiunti altri nomi importanti. Beppe Grillo, inizialmente scettico (ritiene che la televisione sia già in via di superamento grazie ad Internet), ci diede una grossa mano insieme ai ragazzi dei circoli Meet Up. Dario Fo e Franca Rame firmarono, poi ci fu uno spettacolo di Franca al teatro Eliseo, insieme all'attrice napoletana Rosaria De Cicco, sempre a sostegno della nostra proposta di riforma TV. Firmò anche Enzo Biagi.
Questi nomi e il loro impegno costituiscono indubbiamente un movimento d'opinione significativo. Non c'è dubbio che sia forte e radicata in Italia, in particolare nel mondo della cultura, la convinzione che la degenerazione della nostra vita politica e culturale negli ultimi anni sia in buona parte da ricondurre alla cosiddetta "anomalia italiana" che vede il monopolista della TV commerciale protagonista della vita politica, e per cinque lunghi anni addirittura capo del governo e dominus della stessa TV pubblica. Per sanare questa situazione non basta certo un cambio di governo con conseguenti nuovi equilibri politici a Saxa Rubra. Come disse Moni Ovadia all'Ambra Jovinelli: "La riforma della TV è la prima delle riforme, quella che dovrebbe precedere tutte le altre".
Va detto, però, che con l'importante eccezione dell'Unità, i giornali, almeno in Italia, parlarono poco di noi. All'estero, invece, la mobilitazione degli artisti italiani per l'indipendenza del servizio pubblico suscitò un certo interesse, e non solo in Europa. Ne parlarono Le Monde, Paris Match, il Times di Londra, il Toronto Star e il giapponese Asahi Shimbun, oltre che la BBC, la televisione tedesca, la PBS americana e Arte, tra gli altri. La chiusura a riccio della televisione italiana su questo tema fu probabilmente una reazione difensiva: della campagna per la riforma della TV parlarono le piccole, a cominciare da Europa7, vittima di uno sfratto ope legis (vedi la Gasparri e il decreto salva-Rete4).
E' vero che stavano succedendo tante cose: le elezioni, il nuovo governo. Ma anche nel (quasi) generale silenzio dei media un'idea ha cominciato a circolare: che è possibile, anzi urgente, garantire il pluralismo nel servizio pubblico radiotelevisivo facendo fare un passo indietro alla politica. A luglio lo dichiarò per la prima volta in un'intervista Paolo Gentiloni, neo-ministro delle telecomunicazioni. Ora annuncia una proposta di riforma della RAI da portare in Parlamento. La nostra proposta, che si basa sulla creazione di un Consiglio Nazionale dell'audiovisivo, composto da rappresentanti della società civile, è un'ipotesi di soluzione. E' stata depositata in Parlamento http://www.perunaltratv.it/in
La sinistra del futuro: nuova, unita, plurale
La sinistra del futuro: nuova, unita, plurale
sabato 2 febbraio 2008.Assemblea pubblica dopo gli Stati generali della Sinistra milanese dell’1-2 dicembre a Milano e l’assemblea della Sinistra e degli ecologisti del 8-9 dicembre a Roma
La sinistra del futuro: nuova, unita, plurale
La società civile, i movimenti e le associazioni per la costruzione della Sinistra L’Arcobaleno in Lombardia. Contro il modello Formigoni e il liberismo temperato: Lavoro e diritti, economia pubblica e alternativa, ecologia, comunità solidale, democrazia partecipativa
Milano - sabato 2 febbraio 2008 - ore 10-18 Camera del lavoro - Corso di Porta Vittoria 43
Mattina: ore 10-13
Le sfide per una sinistra nuova
Matteo Gaddi, Territorio, ambiente, beni comuni Pino Vanacore, Welfare, sanità, assistenza Dino Greco, Lavoro e trasformazioni produttive Tommaso Vitale, Inclusione sociale e problema della sicurezza Roberto Romano, Lavoro, industria e capitale lombardo da ri-progettare nel contesto europeo Dibattito
Ore 13-14
servizio ristoro e canti popolari e di lotta con la Lega di cultura di Piadena
Pomeriggio: ore 14-18
Le ragioni di una sinistra nuova
Mario Agostinelli, Governance e sistema di potere in Lombardia
Testimonianze: Esponente Associazione Sinistra Unita e Plurale di Firenze, Dario Fo, Fabrizio Nizi
Contributi di Nicotra (Prc), Magni (Sd), Gerardi (Pdci). Ripamonti (Verdi)
Partecipano, ascoltano e discutono:
Vittorio Agnoletto, Sabina Siniscalchi, Nicola Nicolosi, Giacinto Botti, Elena Jannuzzi, Ivana Brunato, Emilio Molinari, Cristina Tajani, Pietro Folena, Maria Sciancati, Basilio Rizzo, Bianca Daccomo Annoni, Paolo Cagna, Rocco Cordì
Dibattito
Promuovono
UnaltraLombardia-Uniti a sinistra, Socialismo XXI-Forum sinistra europea, Lavoro e Solidarietà, Network Comunità in movimento, Associazione Nuovi Municipi, Res (Reti di economia solidale) e altri in via di definizione
Girotondo per gli asili: Sgarbi scende in piazza
L´assessore: Fioroni è nel giusto, i figli non hanno colpe per la condizione dei genitori Salvini: ormai c´è un clandestino in giunta
di Teresa Monestiroli
www.repubblica.it
Mano nella mano con il consigliere comunale di Rifondazione comunista Patrizia Quartieri, l´assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi ha partecipato al girotondo "impertinente" organizzato da Retescuole per protestare contro la tanto contestata circolare che esclude i bambini irregolari dalle materne comunali. E per rivendicare «il diritto di tutti i bambini, regolari e clandestini, all´istruzione fin dalla scuola dell´infanzia».
A pochi giorni dalla rottura tra l´istrionico assessore e il sindaco milanese sulle mostre fotografiche di Witkin e Saudek - finita con l´ennesima riappacificazione fra i due - , Sgarbi torna a provocare partecipando a una manifestazione anti-Moratti e contro la compagna di giunta Mariolina Moioli, assessore all´Educazione. «Stavo lavorando, contrariamente a quello che pensa Salvini, e quando sono sceso dall´ufficio ho incontrato questo gruppo di persone. Non avevo buone ragioni per sottrarmi alla protesta» spiega l´assessore.
Ma lo sa, Sgarbi, che in piazza si manifesta contro il suo sindaco? «Non sono contro nessuno - prosegue - ma a sostegno di qualcosa. A lume di naso penso che le argomentazioni di Fioroni (che prima ha diffidato il Comune poi ha deciso di revocare la parità delle scuole materne e di conseguenza di tagliare i finanziamenti, ndr) siano più convincenti». E ancora: «Credo che la Moioli capirà che i bambini non hanno colpa per la condizione delle loro famiglie e che se mandarli a scuola vuol dire tenerli lontani dalla strada che insegna solo la delinquenza. Meglio il libro della pistola. Mi auguro che Fioroni e Moioli facciano pace in nome dei bambini e della sicurezza. Del resto erano entrambi democristiani».
La presa di posizione di Sgarbi dalla parte dei girotondini sostenuti da associazioni, sindacati e partiti di sinistra, ha suscitato non poche critiche fra i suoi alleati. Matteo Salvini, capogruppo della Lega a Palazzo Marini, è secco: «Ormai Sgarbi è un clandestino in giunta. Contiamo che prima o poi il sindaco lo espella. Al suo posto meglio il Gabibbo, più utile alla città, sobrio e coerente». Carlo Fidanza, capogruppo di An, ironizza: «Non vorremmo che a forza di girare Sgarbi si dimenticasse da che parte dovrebbe stare». Duro anche Giulio Gallera, Fi: «Sgarbi ha sbagliato nuovamente il tempo e il contenuto del suo intervento. Lo invitiamo a occuparsi di più di cultura». Mentre il vicesindaco Riccardo De Corato ricorda che «Milano è un modello di integrazione nel rispetto della legalità».
Ma le polemiche non arrivano in piazza dove invece oltre trecento persone protestano in allegria. Musica e striscioni, passeggini e fischietti. In corteo, tra gli altri, Vittorio Agnoletto e Gianni Occhi di Rifondazione, Cgil, Comunisti italiani, Sindacato dei lavoratori, Verdi, Sinistra Critica e Sinistra Democratica con Chiara Cremonesi, che conclude: «Milano è sempre stata la città dei diritti e delle opportunità e l´istruzione, a partire dalla scuola materna, è un diritto fondamentale».
Salvate i due gay iraniani dalla forca
NUOVA PETIZIONE DEL Gruppo per i diriTTI UMANI EveryOne
«Salvate i due gay iraniani dalla forca»
I due giovani hanno confessato sotto tortura la loro omosessualità e ora rischiano la vita
Due giovani iraniani sono stati arrestati perché gay e ora rischiano di essere impiccati. Lo denuncia il Gruppo EveryOne, organizzazione no profit per la difesa dei diritti umani, che si è già occupata in passato della vicenda della lesbica iraniana Pegah Emambakhsh, rifugiatasi a Sheffield, nel Regno Unito, dove le è stato negato l'asilo come rifugiata, e dove è ancora in attesa della decisione della magistratura inglese.
ARRESTO E TORTURE - I due ragazzi sono arrestati nell'Azerbaijan iraniano il 23 gennaio scorso. L'accusa, emessa nei loro confronti dal Tribunale islamico, è di «mohareb», ovvero nemico di Allah, e «lavat», ovvero sodomia. «Le autorità usano metodi di tortura fisica e psicologica per ottenere le confessioni delle persone che cadono nelle loro mani, e i due giovani hanno ammesso di amarsi, di avere una relazione sentimentale», riferisce EveryOne. La confessione dei due giovani, secondo il Gruppo, è bastata perché il tribunale islamico li rinviasse a giudizio con due accuse gravissime: «Mohareb», il reato di chi è «nemico di Allah» e «Lavat», sodomia. Il codice penale iraniano prevede la forca per gli omosessuali, che sono considerati «nemici di Allah».
PETIZIONE- Per salvare la vita a Hamzeh Chavi e Loghman Hamzehpour, di 18 e 19 anni, EveryOne ha lanciato una raccolta di firme. Una petizione destinata a figure istituzionali che vanno dall'Onu al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e al suo ministro della Giustizia, dalle ambasciate a organismi Ue quali la presidenza del Parlamento europeo e della Commissione Ue.
PRECEDENTE- Appena del 5 dicembre scorso è il «barbaro assassinio» con l'accusa di «Lavat» di un altro giovane gay iraniano, Makwan Moloudzadeh, 21 anni, avvenuto nella prigione di Kermanshah, altro caso denunciato da EveryOne nella «campagna per la vita in Iran».
Petition for two young gay men who are in love and risk the death
Petition for the lives of Hamzeh and Loghman: two young gay men who are in love and who risk the death sentence in Iran. And let’s not forget Pegah: the United Kingdom could still hand her over to the executioner.
The Islamic Republic of Iran is persecuting homosexuals, dissidents and free thinkers, and carrying out political crimes towards them. Homosexual relationships in Iran are considered a crime liable to sadistic corporal punishment and the death sentence. On January 23rd, 2008, Hamzeh Chavi and Loghman Hamzehpour, two homosexual young men of 18 and 19, were arrested in Sardasht, in Iranian Azerbaijan.
The authorities use physical and psychological torture to obtain confessions from people who fall into their hands, and the two young men admitted to being in love and having a relationship. Their confession was enough for the Islamic court to commit them to trial with two very serious charges: Mohareb, the crime of those who are “enemies of Allah” and Lavat, sodomy. Iranian criminal law envisages the gallows for homosexuals, who are considered “enemies of Allah”. Nevertheless, there are many moderate political and religious figures in Iran who would like to change things and prevent the loss of so many innocent lives. The majority of Iranians are against the horrors of capital punishment through hanging and stoning; only a few extremists believe torture and flogging are admissible methods. The clandestine human rights movements are fighting heroically against these barbaric practices, risking their own lives in an effort to build a better Iran, a country in which minorities are respected and human life becomes a value once more. Thousands of Muslims believe Allah is a God of love, that the death sentences and brutal corporal punishment are crimes against humanity. On December 5th, 2007 an innocent Iranian boy was martyred by the Teheran regime and then murdered on the scaffold.
From all over the world, in answer to the campaign for the life of Makwan Moloudzadeh - promoted by EveryOne Group - thousands of Muslims, Christians, Hindus, Buddhists and non-believers sent red and white flowers to President Ahmadinejad and the Iranian judges: red, in an attempt to avoid the spilling of innocent blood; white to implore his executioners to spare the life of yet another blameless condemned man. This vast international campaign served only to delay an execution which had already been decided. Today Makwan is the symbol of the martyrdom of the many innocent victims of a ruthless regime. Let us also remember Pegah Emambakhsh, the Iranian lesbian woman who is still waiting for the result of her appeal in the United Kingdom, and who risks being deported to Iran, where torture and stoning await her. EveryOne has received worrying news from the United Kingdom, where the Court of Appeal does not appear inclined to grant Pegah political asylum - in defiance of all the international conventions. Pegah is crushed by the attitude of the British Government and has told us she is tired of fighting, she is reluctant to appear in the newspapers and no longer believes in what Anne Frank defined as “man’s inner goodness”.
We must respect Pegah’s wishes, but we have to be ready to say no to the British Government, which has abandoned the path of respect for the rights of women, homosexuals and refugees. We have to be ready to raise a chorus of protest, throughout the world, in order to stop the hand of the executioner and his accomplices.
That is why we are asking you to devote a few minutes of your time to this petition; add your signature and send a protest to all the addresses listed below, because many human lives, the concept of justice itself and the value of human rights are at stake here.
Io ho aderito convintamente e sono il numero 4106
Alessandro Rizzo
ITALIA LAICA E LAICI IN GINOCCHIO
Circolo Carlo Rosselli di Milano – Associazione Sinistra Rossoverde – Fondazione Critica Liberale – Circolo Critica Liberale Milano – CGIL Lombardia – Circolo La Riforma – Laboratorio Politico Metropolitano – Arciragazzi – Donne in Rete – Associazione Donne Arabe in Italia (DARI) – Associazione Luca Coscioni – Aspide – Associazione Enzo Tortora-Radicali Milano – Circolo Nuova Società – Associazione per il Rinnovamento della Sinistra – Aprile – Circolo Il Socialista – Associazione Unione Laica di Cernusco Sul Naviglio – Associazione per una Libera Università delle Donne – Lega Italiana Nuove Famiglie
ITALIA LAICA E LAICI IN GINOCCHIO
Perché in questo Paese i laici contano così poco,
quando la società si sta sempre più secolarizzando?
presso ARCHIVI DEL 900 (ex Tikkùn) in via Montevideo 9
a Milano (zona Parco Solari – MM2 Sant’Agostino)
Susanna CAMUSSO segretaria regionale CGIL Lombardia
Dounia ETTAIB rappresentante dell’Associazione Donne Arabe in Italia
Giulio GIORELLO docente di filosofia della scienza Università degli Studi di Milano
Franco GRILLINI deputato socialista, presidente onorario Arcigay.
Enzo MARZO direttore di Critica Liberale
Bruno MELLANO deputato radicale
Carlo Augusto VIANO professore emerito dell’Università degli Studi di Torino
FESTA ANTIRATZISTA
Maistat@zitt@, Calusca City Lights e Cox18
organizzano una
FESTA ANTIRATZISTA
sabato 2 febbraio 2008, dalle 22
csoa COX18, via conchetta 18 Milano
dj set: Piperita, Tricche&Barlacche, Pavlov
ospite speciale da Fano: dj Sbattezzo
danze liberatorie, cocktails anticlericali, frocioromanzo vaticano e banchetti informativi
la festa contribuisce all¹autofinanziamento della manifestazione
No Vat Autodeterminazione, laicità, antifascismo, liberazione (Roma, 9.2.08)
Fuori i preti dalle mutande: deRATZizziamoci!
Petizione Software Libero
Alessandro Rizzo
Per l'approvazione della Legge lombarda a sostegno del Software libero, dei formati aperti e per l'innovazione della Pubblica Amministrazione
http://www.marcellosaponaro.i
Ettore Adalberto Albertoni
Alla Presidente la I Commissione (Bilancio)
Rosa Angela Mauro
Al Presidente la VII Commissione (Cultura, formazione professionale, sport, informazione)
Daniele Belotti
I sottoscritti sollecitano il Consiglio Regionale della Lombardia a iniziare l'esame del Progetto di Legge 236 ("Contributo alla competitività e all'innovazione della pubblica amministrazione lombarda attraverso l'utilizzo di formati aperti e FLOSS per la gestione dei dati elettronici"), presentato il 21 maggio 2007.
L'utilizzo di software libero e open-source non è una mera posizione ideologica. E' già utilizzato da governi e amministrazioni locali in Italia e in Europa, indipendentemente dallo schieramento politico.
Esso è, infatti, una grande occasione di sviluppo per la società e per la pubblica amministrazione. Consente di controllare direttamente come funzionano i programmi per elaboratore, tutelando tra l'altro in modo più adatto i dati sensibili per la privacy dei cittadini; di ridurre i costi delle licenze per l'uso di software; di avere computer che possono dialogare tra di loro, indipendentemente dalla marca e dal modello; di agevolare gli imprenditori e gli sviluppatori di software locali; di sviluppare un sistema produttivo basato sulla creazione invece che sull'importazione di tecnologie essenziali; di aprire nuove possibilità di lavoro altamente qualificato per i giovani nel settore cruciale della tecnologia; di ottimizzare gli investimenti della pubblica amministrazione; di ridurre il divario digitale, offrendo ai cittadini la possibilità di avvalersi di strumenti facilmente accessibili.
Nel settore dell'informatica, ogni giorno perso ha costi e ripercussioni gravi, sia economiche, che sociali. La Lombardia non può permettersi di rimanere indietro nello sviluppo dell'hi-tech rispetto ai propri concorrenti sia in Europa che nel mondo; e la pubblica amministrazione lombarda non può perdere un'occasione di ridurre i propri costi strutturali, migliorando al contempo efficienza e sicurezza.
Per questo, i sottoscritti invitano Gli Uffici di Presidenza delle Commissioni I e VII e del Consiglio Regionale a iniziare la discussione sul PdL e ad approvarlo quanto prima.
Il Progetto di Legge è nato dal lavoro del Tavolo di lavoro "Politica del Software nella PA" http://politicadelsoftware.op enlabs.it/
promosso da:
Marcello Saponaro, Silvia Ferretto Clementi, Luciano, Muhlbauer, Osvaldo Squassina, Carlo Monguzzi, Stefano Zamponi, Alberto Storti, Mario Agostinelli, Elisabetta Fatuzzo, Giuseppe Civati, Riccardo Sarfatti, Francesco Prina, Maria Grazia Fabrizio, Luca Gaffuri, Carlo Spreafico, Marco Cipriano, Ardemia Oriani, Stefano Tosi, Gianfranco Concordati