.: Il Blog di Alessandro Rizzo
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Perchè sostengo Barack Obama
Usa ancora parole e definizioni che rieccheggiano il grande discorso di Martin Luther King, la grande frase "I have a dream, I still have a dream". Forse si può parlare di retorica, ma in Barack la retorica, che è arte oratoriale, non si discosta dalla realtà dei fatti compiuti. Obama ha sempre palesato una condanna, una denuncia della guerra in Iraq.
L'audacia della speranza, rimane da sempre il concetto fondamentale di ogni espressione di Barack, oltre al motivo continuo, come in una musica rap, del "Yes we can", a fine di ogni discorso. Io penso a questa espressione come a un nuovo conio della sempre storica frase "ottimismo della ragione". Barack parla ai suo* concittadin* con definizioni del tipo: non dovete crede in me, in quanto persona, ma in voi tutt* che state proseguendo nelle vostre scelte verso un cambiamento possibile, per voi, per le generazioni future, e necessario, opportuno. Prosegue Barack dicendo:"oltre al nostro proverbiale individualismo, c'è un altro ingrediente nella lunga storia americana: una convinzione che siamo tutti uniti come popolo". Ed è in questo il senso del riscatto di un'intera popolazione, senza scadere in frazionismo e in strumentalizzazioni faziose, che deve essere universale in un momento in cui la cosidetta civile America è scaduta in un esempio tragico e irrazionale di un'esportazione forzata e violenta di una democrazia che, a detta di Gore Vidal, è in crisi, in quanto è in crisi ogni modello assoluto e ogni principio fondante la stessa. Ricordiamo Guantanamo? Ricordiamo i bombardamenti al fosoforo su città civili dell'Iraq occupato? Ricordiamo le nefandezze di una guerra che ha ribalitato la tortura? Ricordiamo la volontà dell'attuale presidenza Bush di erigere un muro per evitare che i clandestini, da sempre considerati come risorse per gli USA, per il sistema americano, da sempre visti come elementi umani che potessero mettere in azione quel senso di cosmpolitisimo, di cuis empre la tradizione storica e civica statunitense si è forgiata, potessero valicare le frontiere del sud texano e introdursi nella vasta landa statunitense. Barack parla di diritti umani come di principi universali, parla a quelli che sono ultimi per dire che i primi devono non essere mossi dalla compassione di un conservatorismo bushista che prevede il lascito di misere briciole, se avanzano, del copioso pranzo, ma per dire che i primi dovranno assumere su di sè i problemi degli altri perchè ci sia convivenza sociale e civile unitaria, perchè ci sia coesione, perchè ci sia progresso umano. Sto parlando di accountability, si quel senso di responsabilità che fa di noi portatori di una politica, di scelte responsabili, pensate, ragionate, per il futuro nostro e delle prossime generazioni, per il benestare di noi tutt* e, quindi, anche dei nostri prossimi: se il mio prossimo sta male perchè leso in alcuni propri diritti, anche io sto male in quanto sono convinto che il suo stare male, in quanto offeso e leso, implica un venire meno di quelle certezze, i diritti sociali e civili, di cui anche io beneficio. Io penso che Barack possa apportare un minimo di speranza di cambiare un'America offesa: un'America oltraggiata da un apresidenza irresponsabile, integralista, oscurantista, antitetica alla sua storica cultura giuridica costituzionale, alla visione della tolleranza e dell'universalità dei diritti. Importante è contornare questi diritti civili di una visione pubblica: quella visione che vuole fare la politica come vocazione alta da noi tutt* perseguibile e da noi tutt* richiedibile, esigibile. "La politica è un'altra cosa", dice Obama: è la più grande cosa, è la dedizione, la responsabilità, l'accountability. Avanti Obama, forse con te un minimo di riscatto etico è possibile, un auspicio che riporti gli USA a sperare, a sognare, a immaginare come sulle onde emozionanti di un lungo progetto che da Martin Luther King continua a proseguire. Le grandi battaglie, seppure portate avanti da un candidato criticato per la breve esperienza senatoriale, tre anni di carica, possono essere le uniche che garantiranno un cambiamento per gli USA e per il mondo, verso la multilateralità e la promozione dei diritti umani e sociali. Barack sarà un politico "politicante" con giovanissima esperienza, ma tale era anche Lincoln e non possiamo nascondere che, come dice lo stesso Obama, se i grandi esperti tattici sono Cheeney e Rumsfeld, con quello che hanno apportato al mondo tutto, forse è meglio essere candidati con una breve carriera politica.
Avanti Barack: hai tutto il mio sostegno.
ALESSANDRO Rizzo