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Il Blog di Donatella Elvira Camatta | www.partecipaMi.it
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Sabato, 19 Aprile, 2008 - 13:32

INTERVENTO DI PIERO CALAMANDREI ALL'UMANITARIA

La Costituzione italiana: SALVIAMOLA!

INTERVENTO DI PIERO CALAMANDREI ALL'UMANITARIA DI MILANO DEL 26 GENNAIO 1955

Il 26 gennaio 1955 ad iniziativa di un gruppo di studenti universitari e
medi, fu organizzato a Milano, nel salone degli affreschi della Società
Umanitaria, un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana,
inviando insigni cultori  del diritto  ad illustrare, in modo accessibile a
tutti,  i principi morali e giuridici che stanno a fondamenta della nostra
vita sociale.

Il corso è stato inaugurato e concluso da Piero Calamandrei e, non senza
viva commozione, Egli ritorna tra noi con la sua eloquenza nobile e pur
semplice, con dottrina profonda, scientificamente serena e civilmente
incitatrice.

La parola del maestro indimenticabile suona, ancora oggi, come un altissimo
richiamo all’impegno scientifico e morale di tutti i giovani che si
apprestano  ad una sempre rinnovata battaglia di civiltà, di progresso e di
libertà.

Ecco la parte sostanziale  di ciò che Egli disse introducendo il corso e
precisando i fondamenti storici della Nostra Costituzione.

"L’art.34 dice: “i capaci ed i meritevoli, anche  se privi di mezzi, hanno
diritto di raggiungere  i gradi più alti degli studi.” E se non hanno mezzi!
Allora nella nostra Costituzione c’è un articolo, che è il più importante di
tutta la Costituzione, il più impegnativo; non impegnativo per noi che siamo
al desinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti a
voi. Dice così: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, di
ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione
politica, economica e sociale del Paese”. E’ compito di rimuovere gli
ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Quindi dare
lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a
tutti, dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto quando questo sarà
raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’articolo
primo “L’Italia è una  Repubblica democratica fondata sul lavoro”
corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è  questa possibilità per
ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza con il proprio
lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si
potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare  neanche
democratica. Una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto,
in cui ci sia soltanto una uguaglianza di diritto è una democrazia puramente
formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi
in grado di concorrere alla vita della Società, di portare il loro miglior
contributo, in  cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano
messe a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta
la Società. E allora voi capite da questo che la nostra Costituzione è in
parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà. In parte è ancora un
programma, un ideale, una speranza, un impegno, un lavoro da compiere.
Quanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro vi sta dinnanzi!

E’ stato detto giustamente che le Costituzioni sono delle polemiche, che
negli articoli delle Costituzioni, c’è sempre, anche se dissimulata dalla
formulazione fredda delle disposizioni, una polemica. Questa polemica di
solito è una polemica contro il passato, contro il passato recente, contro
il regime caduto da cui è venuto fuori il nuovo regime. Se voi leggete la
parte della Costituzione che si riferisce ai rapporti civili e politici, ai
diritti di libertà voi sentirete continuamente la polemica contro quella che
era la situazione prima della Repubblica, quando tutte queste libertà, che
oggi sono elencate, riaffermate solennemente, erano sistematicamente
disconosciute: quindi polemica nella parte dei diritti dell’uomo e del
cittadino, contro il passato. Ma c’è una parte della nostra Costituzione che
è una polemica contro il presente, contro la Società presente. Perché quando
l’articolo 3 vi dice “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, di
ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona
umana” riconosce,  con questo, che questi ostacoli oggi ci sono, di  fatto e
che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la Costituzione, un giudizio
polemico, un giudizio negativo, contro l’ordinamento sociale attuale, che
bisogna modificare, attraverso questo strumento di legalità, di
trasformazione graduale, che la Costituzione ha messo a disposizione dei
cittadini italiani. Ma non è una Costituzione immobile, che abbia fissato,
un punto fermo. E’ una Costituzione che apre le vie verso l’avvenire, non
voglio dire rivoluzionaria,  perché rivoluzione nel linguaggio comune
s’intende qualche cosa che sovverte violentemente; ma è una Costituzione
rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa Società,
in cui può accadere che, anche quando ci sono le libertà giuridiche e
politiche, siano rese inutili, dalle disuguaglianze economiche e dalla
impossibilità, per molti cittadini, di essere persone e di accorgersi che
dentro di loro c’è una fiamma spirituale che, se fosse sviluppata in un
regime di perequazione economica, potrebbe anch’essa contribuire al
progresso della Società. Quindi polemica contro il presente, in cui viviamo
e impegno di fare quanto è in noi per trasformare questa situazione
presente.

Però vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto
va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non
si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il
combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di
mantenere queste promesse, la propria responsabilità; per questo una delle
offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica,
indifferentismo, che è, non qui per fortuna, in questo uditorio, ma spesso
in larghi strati, in larghe categorie di giovani, un po’ una malattia dei
giovani. La politica è una brutta cosa. Che me ne importa della politica. E
io quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella
vecchia storiellina, che qualcheduno di voi conoscerà di quei due emigranti,
due contadini che traversavano l’oceano, su un piroscafo traballante. Uno di
questi contadini  dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si
accorgeva che c’era una gran burrasca, con delle onde altissime e il
piroscafo oscillava. E allora uno di questi contadini, impaurito, domanda a
un marinaio “ ma siamo in pericolo?” e questo dice “secondo me, se continua
questo mare, tra mezz’ora il bastimento affonda.” Allora lui corre nella
stiva a svegliare il compagno, dice:  “Beppe, Beppe, Beppe”,….“che c’è!” …
“Se continua questo mare, tra mezz’ora, il bastimento affonda” e quello dice
”che me ne importa, non è mica mio!” Questo è l’ indifferentismo alla
politica.

E’ così bello e così comodo. La libertà c’è, si vive in regime di libertà,
ci sono  altre cose da fare che interessarsi di politica. E lo so anch’io.
Il mondo è così bello. E vero! Ci sono tante belle cose da vedere, da godere
oltre che ad occuparsi di politica. E la politica non è una piacevole cosa.
Però, la libertà  è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando
comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini
della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi,
giovani, di non sentire mai.  E vi auguro, di non trovarvi mai a sentire
questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le
condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai,
ricordandovi ogni giorno, che sulla libertà bisogna vigilare,vigilare, dando
il proprio contributo alla vita politica.

La Costituzione, vedete, è l’affermazione scritta in questi articoli, che
dal punto di vista letterario non sono belli, ma l’affermazione solenne
della solidarietà sociale, della solidarietà umana,  della sorte comune, che
se va affondo,  va affondo per tutti questo bastimento. E’ la Carta della
propria libertà. La  Carta per ciascuno di noi della propria dignità d’uomo.
Io mi ricordo le prime elezioni, dopo la caduta del fascismo, il 6 giugno
del 1946; questo popolo che da venticinque anni non aveva goduto delle
libertà civili e politiche, la prima volta che andò a votare, dopo un
periodo di orrori, di caos: la guerra civile, le lotte, le guerre, gli
incendi, andò a votare. Io ricordo, io ero a Firenze, lo stesso è capitato
qui. Queste file di gente disciplinata davanti alle sezioni. Disciplinata e
lieta. Perché avevano la sensazione di aver ritrovato la propria dignità,
questo dare il voto, questo portare la propria opinione per contribuire a
creare, questa opinione della comunità, questo essere padroni di noi, del
proprio paese, della nostra patria, della nostra terra; disporre noi delle
nostre sorti, delle sorti del nostro paese. Quindi voi giovani alla
Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù,  farla
vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la
coscienza civica, rendersi conto, questo è uno delle gioie della vita,
rendersi conto che ognuno di noi, nel mondo, non è solo! Che siamo in più,
che siamo parte di un tutto, tutto nei limiti dell’Italia e nel mondo.

Ora vedete, io ho poco altro da dirvi,  in questa Costituzione di cui
sentirete fare il commento nelle prossime conferenze, c’è dentro tutta la
nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre
sciagure, le nostre glorie: son tutti sfociati qui negli articoli. E a
sapere intendere dietro questi articoli, ci si sentono delle voci lontane.

Quando io leggo: nell’articolo 2 “L’adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà, politica, economica e sociale”  o quando leggo nell’articolo 11
“L’Italia  ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri
popoli”, “la patria italiana in mezzo alle altre patrie” ma questo è
Mazzini!Questa è la voce di Mazzini. O quando  io leggo  nell’articolo 8:
“Tutte le confessioni religiose, sono ugualmente libere davanti alla legge”
ma questo è Cavour! O quando io leggo nell’articolo 5 ”La Repubblica, una ed
indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”  ma questo è
Cattaneo! O quando nell’articolo 52 io leggo, a proposito delle forze armate
“L’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della
Repubblica”, l’esercito di popolo, e questo è Garibaldi! O quando leggo
all’art. 27 “Non è ammessa la pena di morte” ma questo, o studenti milanesi,
è Beccaria!!

Grandi voci lontane, grandi nomi lontani. Ma ci sono anche umili nomi, voci
recenti. Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione!!
Dietro ogni articolo di questa Costituzione o giovani, voi dovete vedere
giovani come voi, caduti  combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti
di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti
per le strade di Milano, per le strade  di Firenze, che hanno dato la vita
perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta.
Quindi quando vi ho detto che questa  è una Carta morta: no, non è una Carta
morta. Questo è un testamento, un testamento di centomila morti.

Se voi volete andare in pellegrinaggio, nel luogo  dove è nata la nostra
Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri
dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto
un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani,
col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione."

Venerdì, 18 Aprile, 2008 - 15:24

Provocazione alla sede milanese di punto rosso

ANCORA UNA GRAVE PROVOCAZIONE ALLE SEDE MILANESE DI PUNTO ROSSO.
SCRITTE NAZISTE SULLE SARACINESCHE

Dopo il furto "sospetto" con devastazione della sede di Punto Rosso
avvenuto martedi 8 aprile, questa mattina abbiamo trovato le
saracinesche imbrattate con scritte naziste minacciose, come "Rossi al
Muro", con le doppie esse al modo dei corpi speciali di Hitler.

Il fatto è estremamente allarmante ancor più ad una settimana dal 25
aprile e dopo le elezioni. Evidentemente corroborati dai risultati
elettorali, i fascisti tentano di rialzare la testa nella città
medaglia d'ora della Resistenza, annunciando come sempre la loro
volontà di violenza e prevaricazione.

Invitiamo tutti i democratici milanesi alla vigilanza antifascista e
alla mobilitazione, a partire dalla manifestazione del 25 aprile,
perché i valori fondanti della nostra convivenza democratica e della
sinistra non siano imbrattati ancora una volta dalla fogna fascista e
nazista.

Noi non ci facciamo impaurire sicuri che la lotta di popolo e di tutti
i cittadini democratici sia la forma migliore di risposta a questa
ennesima provocazione.

ASSOCIAZIONE CULTURALE PUNTO ROSSO

Venerdì, 18 Aprile, 2008 - 15:23

Solidarietà al circolo Mario Mieli e a Punto Rosso

Sono a dir poco sconcertato e preoccupato dalle ultime notizie. Qualcuno si sente autorizzato perchè forse "tutelato e garantito" nelle proprie nefandezze violente ad aggredire sedi storiche di associazioni e movimenti antifascisti, democratici, progressisti, da sempre impegnati nella costruzione di mobilitazione e nelle battaglie per la difesa dei diritti civili e sociali, nell'idea di progresso e giustizia sociale.
Sono sconcertato leggere notizie che sembrano rieccheggiare fantasmi del passato, di un passato non tanto remoto, di un passato inquietante, eliminato e vinto da un lotta di Liberazione, che ripristinato la dignità, l'indipendenza del nostro Paese, la libertà e l'eguaglianza.
Ieri a Roma, ancora in attesa di vedere il responso elettorale del ballottaggio per la guida del Comune, la sede dello storico circolo "Mario Mieli", da sempre attivo nella difesa dei diritti degli omosessuali per un'emancipazione sociale e civile, è stata devastata da un attacco fascista, squadrista, intimidatorio. Oggi leggo che a Milano la sede di Punto Rosso è stata oggetto di un altro atto intimidatorio, sempre di matrice fascista, quale la scrittura di frasi naziste sulle saracinesche.
E' un allarme che deve destare in noi attenzione e deve chiamarci alla mobilitazione permanente perchè ci sia una condanna e una mobilitazione per difendere i valori della Resistenza. oggi altamente compromessi difronte ad aggressioni di tale portata.
Il timore non può diminuire la nostra attenzione e il nostro contributo a rendere operativo e monito sempiterno il motto "Ora e sempre Resistenza", quel motto che è stato proferito da uno dei padri fondatori della Repubblica antifascista, Calamandrei, e che oggi deve risuonare come riferimento politico, culturale e civile.
Nessuno può fermarci come cosceinze democratiche a vigilare con determinazione sulle istituzioni e sulle realtà associazionistiche che si battono ogni giorno a propugnare un altro modello sociale di sviluppo e di democrazia reale.

Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano

Giovedì, 17 Aprile, 2008 - 11:11

VITA E CULTURA GAY

PRESENTAZIONE DEL LIBRO "VITA E CULTURA GAY" di Robert Aldrich

(sabato 26 Aprile Ore 17.00)

 

www.libreriababele.it

SABATO 26 APRILE 2008 ORE 17.00
presentazione del libro

"VITA E CULTURA GAY"
storia universale dell'omosessualità dall'antichità ad oggi

ed. Cicero
Curato da Robert Aldrich

INGRESSO LIBERO

In Italia, si sa, siamo un po’ lenti, ma prima o poi le cose si aggiustano (speriamo anche in altri campi, naturalmente...). Stavolta mi riferisco ad uno straordinario libro edito nell’ottobre dell’anno scorso dalla casa editrice inglese Thames & Hudson, Gay Life and Culture. A World History, già tradotto in sei lingue (oltre l’edizione americana). Bene: c’è voluto un anno intero prima che un editore veneziano, Stefano Bortoli, trovasse il coraggio di pubblicarlo in Italia, dopo che editori più altisonanti lo avevano rifiutato con la scusa del costo eccessivo dovuto alle numerose illustrazioni ma in realtà spaventati dal soggetto.
Comunque sia, ora il risultato è magnifico. Vita e cultura gay – Storia universale dell’omosessualità dall’antichità a oggi è una tappa fondamentale per la nostra cultura, di cui colma un vuoto. Il libro, composto da 13 saggi, è arricchito dalla prefazione del curatore Robert Aldrich, professore di storia dell’Europa all’università di Sydney e autore di importanti saggi, purtroppo non ancora tradotti in italiano (ricordo Who’s who in gay & lesbian history e The seduction of the Mediterranean). Sette saggi ripercorrono la cultura omosessuale nel mondo occidentale mediante un percorso cronologico (L’omosessualità in Grecia e Roma, Il Medioevo, L’Europa nella prima età moderna 1440-1700, Omosessualità maschile nell’età dei Lumi e delle rivoluzioni 1680-1850, L’era omosessuale 1870-1940, Omosessualità e politica nelle società occidentali del secondo dopoguerra e Il mondo gay: dal 1980 a oggi), due sono sul lesbismo (Lesbiche e donne all’inizio dell’età moderna in Europa 1500-1800 e Amare una donna nel mondo moderno), uno sull’America (Le Americhe: dall’epoca coloniale al XX secolo), uno sull’Asia (Asia: desiderio e intimità fra persone dello stesso sesso), uno sull’Oriente (L’omosessualità nel Medio Oriente e in Nord Africa) mentre l’ultimo esplora i comportamenti sessuali degli europei modificati dopo le conquiste in altri continenti (Scoprire l’omosessualità: un raffronto interculturale e la storia della sessualità).
I vari saggi (scritti da eminenti studiosi, provenienti da molti paesi, specializzati in studi gay e lesbici) danno vita, tassello dopo tassello, a un discorso completo (tanto che non sono molti gli argomenti o i personaggi importanti che rimangono fuori), ma calato in una pluralità di punti di vista, sapientemente omogeneizzati da Aldrich, e soprattutto espressi in maniera chiara, alla portata di tutti. È questo il pregio più grande dell’opera, assieme al ricchissimo apparato iconografico (circa 300 foto), scelto in stretta sintonia con lo scritto. 
Il libro è dunque un epico viaggio dell’omosessualità attraverso il tempo e i continenti, sia quando essa è stata esaltata sia quando, purtroppo ben più frequentemente, è stata vista come peccato o tara incurabile. Si rivivono dunque i momenti più importanti di un percorso che, almeno nelle nostre società occidentali, appare come una continua conquista di spazio e di visibilità, dovuta a una maggiore coscienza civile.
            Vincenzo Patanè
PRESIEDE L'INCONTRO VINCENZO PATANE'
Giovedì, 17 Aprile, 2008 - 11:07

A Napoli nasce Divercity, un progetto per i migranti LGBT

Arcigay Napoli con il sostegno del Comune di Napoli lancia il progetto Divercity.Il progetto è rivolto espressamente a migranti omosessuali e transessuali che vivono in Italia ed in particolare nel territorio della Campania.
La vita dei migranti in Italia è difficile, in particolar modo per quelli senza permesso. La situazione è ancor più complicata quando l'orientamento sessuale va contro la cultura e la morale religiosa.
Questa è la condizione di molti migranti che vivono così in maniera critica la loro condizione di gay e trans.
Il progetto attaverso il sito web (http://www.divercity.na.it/) 
vuole
essere punto di riferimento per migranti lgbt ed ha lo scopo di informarli sulla legislazione vigente, sui servizi a loro disposizione quali sportelli legali, assistenza sanitaria e altri.I contenuti del sito (che rappresenta una costola di quello di Arcigay Napoli) sono in italiano, inglese, francese e spagnolo.

www.arcigay.it

Giovedì, 17 Aprile, 2008 - 11:02

Arcigay e il nuovo quadro politico

Ciò che è accaduto con le elezioni politiche impone a tutto il movimento lgbt una profonda riflessione. Un nuovo forte governo di destra si sta per insediare ed è nostro preciso dovere farci i conti, mantenendo ferma la linea di Arcigay di avere sempre rapporti corretti e aperti con le istituzioni, quali siano le maggioranze che le governano.
Bisogna prendere atto che l'elettorato ha dato indicazioni precise. La scomparsa della Sinistra Arcobaleno e dei Socialisti dal Parlamento, il limitato risultato del PD pongono a noi e, a tutti i movimenti sociali, di libertà e di conquista di nuovi diritti, il tema di quale tipo d'interlocuzione interpretare nel futuro.
Arcigay ha da tempo superato il ruolo svolto in anni passati d'intermediazione tra le istanze del movimento e i partiti, questo ha determinato una forte autonomia d'azione e di giudizio.
Tutto ciò va preservato e messo al servizio del principale impegno che ci siamo prefissi, la costruzione di una forte e radicata lobby sociale gay e lesbica in tutto il paese, strumento indispensabile per realizzare i nostri obiettivi.
Questo significa per noi, a partire dai prossimi appuntamenti politici e sociali, primo fra tutti il Pride nazionale di Bologna del 28 giugno, metterci completamente al servizio di un'impresa che richiederà il massimo dello sforzo politico ed organizzativo. Il popolo lgbt, le sue rivendicazioni, la sua presenza organizzata potrà avere un peso politico solo quando sarà in campo un soggetto politico e sociale unitario, solidale, al passo con i tempi.
Siamo addolorati dal fatto che Franco Grillini Gianpaolo Silvestri, Wladimir Luxuria, Titti De Simone, non siano stati riconfermati in Parlamento e, che tutti gli altri candidati lgbt in corsa non abbiano centrato l'obiettivo dell'elezione. Salutiamo l'elezione alla Camera dei Deputati di Paola Concia, referente del Tavolo lgbt del PD, e gli assicuriamo fin d'ora sostegno e collaborazione.
Si apre una fase nuova: Arcigay, come già deciso un anno fa al suo Congresso nazionale, s'impegnerà essenzialmente nella relazione con il popolo lgbt, ampliando servizi, comitati, strumenti di sostegno.
Tutti i temi di cui siamo portatori rimangono irrisolti, dal riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali, alle normative contro l'omofobia e le discriminazioni per orientamento sessuale. Si tratta di questioni concrete che incidono sulla qualità della vita e la dignità sociale di milioni di persone. Su questi due punti e su altri, insisteremo sia con i settori della maggioranza e sia con quelli dell'opposizione disponibili, affinché siano possibili convergenze parlamentari, in linea tra l'altro con tutte le normative europee.
Svilupperemo, quindi, con tutte le forze politiche presenti nel Parlamento, nelle Regioni, nei Comuni e nelle Province, un rapporto di confronto e collaborazione istituzionale, al fine di realizzare concrete azioni a favore delle cittadine e dei cittadini lesbiche e gay.

Aurelio Mancuso
Presidente nazionale Arcigay

Mercoledì, 16 Aprile, 2008 - 14:56

Ripartiamo da 3, da Sinistra

 
La sconfitta nostra è ormai dato di fatto ineliminabile e indiscutibile: il “che fare” tanto propugnato da Lenin rimane come sempre e in modo più drammatico un quesito che ci deve fare riflettere, ora, come forze e soggettività diverse che fanno parte della sinistra, della sinistra di alternativa, per un’alternativa.
Innanzitutto grazie a tutte e a tutti noi che abbiamo creduto e crediamo ancora con passione in un progetto di cambiamento: abbiamo fatto una campagna elettorale difficile, forse la più difficile e la meno avvertita e compresa dalla cittadinanza della storia della Repubblica, impiegando risorse umane, idee, progetti, visioni, confronti, esperienze, promuovendo iniziative, dibattiti, confronti, momenti di aggregazione. Questo è un dato incontrovertibile, chiaro, assoluto, da cui occorre ripartire. Perché penso che noi tutte e tutti che abbiamo investito tempo ed energie pensino che di sinistra c’è bisogno in Italia, oggi più che mai, in un terribile momento per il Paese e per il suo futuro, nel momento in cui siamo stati spazzati via, vuoi per una legge elettorale assurda e insensata (forze minime, i Radicali, riescono ad avere deputati e senatori solo perché in coalizione), vuoi per un disegno strategico di un partito, quale il PD, che per assecondare e avvallare le richieste imprenditoriali e del mondo della finanza ha giocato il ruolo dell’annientatore della sinistra, di quella voce che impedisce istituzionalmente derive plebiscitarie e manovre socialmente insostenibili, dettate dalle logiche ciniche e ingiuste di un mercato multitentacolare.
Io credo che non dobbiamo abbandonare gli ormeggi e proseguire con la stessa passione e la stessa volontà, pur mantenendo quello che gramscianamente definiamo “il pessimismo della ragione”, che è opportuno mantenere vivo e riprenderlo con vigore e determinazione nell’analisi di una società complessa e in accelerata trasformazione, dove modernismo spesso è sinonimo di esclusione sociale e di emarginazione. Rossana Rossanda dice, e condivido: “Resta un futuro tutto da costruire: se si partirà dalla lezione subita, ricominciando da zero a praticare il conflitto sociale e capire come dare veste politica a un'ipotesi d'alternativa al quadro liberista, persino una simile sconfitta può diventare un'occasione”.
In queste parole si esplica quello che io asserisco: ossia se siamo fuori dal parlamento, se non siamo riusciti ad avere una rappresentanza del conflitto sociale esistente e che aumenterà all’alba di una terribile e drammatica stagflazione, dobbiamo sapere parlare ai bisogni delle persone, diventando portatori insieme a chi rappresenta la nostra classe di riferimento, che è aumentata, che non sa di essere classe in sé, non solo per sé, se usiamo termini a noi prossimi culturalmente, di un’alternativa possibile perché praticabile, realizzabile, di società rispetto a un modello che impone il pensiero unico del mercato imperante, della logica nefasta e devastante di un liberismo, addolcendolo come “liberismo dal volto umano”, nel momento in cui genera altri morti e altre sofferenze. Perdiamo è vero quasi 3 milioni di voti rispetto alle politiche del 2006, in un aumento dell’astensione che è del 3 %, dato drammatico e preoccupante nel nostro Paese. E’ chiaro che la maggioranza delle astensioni ha penalizzato la nostra formazione, come è anche vero che una buona parte del nostro elettorato si è fatto intimorire e abbagliare dalle sirene del voto utile lanciate a “spron battuto” dal PD, nella propria ottica e finalità di annientare una sinistra sociale e istituzionale, considerando di prendere consensi sia a sinistra, come in parte è avvenuto, sia al centro, cosa che non è avvenuta, ma che ha portato, anzi, al rafforzamento dell’UDC. Un’altra parte, seppure minima, ha riversato le proprie preferenze agli schieramenti altri della sinistra, Sinistra Critica in primis, penalizzandoci di alcune scelte che non sono state comprese, fatte durante il governo e che hanno tradito le nostre proposte, la nostra cultura ideale e valoriale, a partire da una ferma e convinta opposizione al sistema di guerra, ai sostegni drammatici e disastrosi a ogni intervento militare, millantato come “umanitario”. La guerra non è mai azione umanitaria, è distruzione di massa, come dice Zanotelli. E tale rimane. L’esperienza di governo non ha giovato, dobbiamo dirlo: non ha giovato a una sinistra diffusa che attendeva risposte sociali e di contenuto riformatore alle proprie necessità, ai propri bisogni, ai propri diritti. Non abbiamo ricavato nessun tipo di spostamento cospicuo dell’azione politica amministrativa verso progetti di redistribuzione del reddito: siamo stati soggetti a scelte, avvenute in contesti alieni da quelli politici e rappresentativi, spesso eterodirette da pressioni infauste di confindustria e del clero, che hanno visto un’azione di risanamento senza giovamento sociale, senza giustizia sociale, che hanno visto stoppare il riconoscimento dei diritti per coppie di fatto. Nel momento in cui abbiamo migliorato l’accordo sulle welfare, uscito dal confronto con le parti sociali, aumentando i casi di “lavori usuranti”, aumentando garanzie sociali e diritti per i precari, chiedendo il totale superamento della legge 30, la terribile infamia oggi ancora vigente, siamo stati bloccati da un insensato e corporativistico dettato: quello era l’accordo voluto dai sindacati e dagli imprenditori e tale deve rimanere, a prescindere dal confronto in Parlamento.
Abbiamo pagato tutto questo: siamo stati fedeli alla coalizione fino alla fine, chiedendo non per mezzo stampa ma tramite il consiglio dei ministri, i nostri ministri, una verifica di governo dopo che il “tesoretto”, oggi sarà impiegato per favorire i ceti abbienti, era emerso dalle ultime finanziarie come surplus nelle entrate. Il PD ha mantenuto nelle proprie liste una parlamentare che aveva votato contro il proprio governo sui DICO; noi abbiamo allontanato chi aveva votato contro alle missioni “umanitarie” per dare esempio di una lealtà nei confronti della coalizione. Ma il PD ha voluto isolarci, andando da solo ed eliminando nel paese la pregiudiziale antiberlusconiana, sciogliendo, elemento che si ripercuoterà nelle realtà locali e amministrative, una coalizione di governo, minandone la base.
Noi, ora, paradossalmente siamo tornati a essere autonomi: questo è un dato che, pur nel panorama inquietante di un parlamento quasi monocolore, esistevano nella prima repubblica i governi monocolori, ma i parlamenti rappresentavano la complessità sociale del Paese, ci può indurre a sperare nel ricominciare insieme un percorso.
Bertinotti aveva detto: come vadano le elezioni il 15 riprendiamo il cammino verso l’unità. Io credo che questo obiettivo debba essere ancora presente nella nostra agenda politica. Ma dobbiamo ritornare a essere sinistra sociale, lo siamo stati certamente, ma abbiamo teorizzato ottime analisi sul disastro che proviene con il liberismo non comprese da quella “classe in sé” che non riconosce neppure di essere “classe per sé”, e che si è riversata su voti di protesta plebiscitaria, poujadista, populista, che parla alle “pance” promettendo soluzioni immediate a problemi che hanno radici economica e sociologiche profonde, dando il proprio consenso al più bieco e pericoloso movimento xenofobo esistente in Europa, la lega, e in derive antipolitiche e superficiali, giustizialiste di stampo dipietrista. Parlato dice giustamente che le tute blu si sono tradite, proclamando una lotta tra poveri. Ecco noi dobbiamo incominciare a tornare nelle piazze, davanti ai cancelli delle fabbriche, come dice giustamente Bertinotti, e parlare con questa nostra classe, che esiste, a differenza di chi millanta il superamento della conflittualità di classe nella società attuale, e costruire con la partecipazione un progetto altro e alto di società, di cambiamento, di trasformazione del reale, senza abbandonarsi all’apologia del dato di fatto, come fatto dal PD. Oggi più che mai il monito poeticamente definito e romanticamente espresso nei bellissimi versi della poesia di Majakowsky "partito esci dalle tue stanze e vai a prendere i ragazzi in strada..." devono essere un impegno politico che dobbiamo assumerci. Non si tratta di eliminare nessuna cultura, nessuna differenza, nessun pluralismo, che è ricchezza nella sinistra, che è stimolo a un continuo confronto costruttivo: non si tratta di eliminare storie ed esperienze, si tratta di saperle finalmente, in una permanente convenzione, in un laboratorio continuativo, aperto, dinamico, presente nel tessuto sociale, presente nella realtà, visibile, raggiungibile, metterle a confronto partendo da valori forti che ci uniscono e che rimangono inalterati. I valori della giustizia, della libertà, concetto che non è sinonimo del ricettario dell’individualistico motto “man self made”, ma è sinonimo di autodeterminazione ed emanicipazione sociale collettiva, di eguaglianza, di solidarietà. La crisi economica in agguato ha portato a una virata tragica del Paese a destra: una destra irresponsabile, irrazionale, antieuropea, disgustosamente aziendalista, affarista, individualista, cinica, xenofoba, totalizzante, confessionale, protezionista e autarchica: la paura del futuro è sfociata in una paura del diverso, di chi non è causa di un malessere generalizzato, ma che viene individuato come fonte di ogni disagio per deviare l’attenzione sulle vere radici di una società iniqua e divisa. E’ avvenuto nel 1933 in Germania, nel 1921 in Italia. Solo nel 1929 con Roosevelt e il suo New Deal, pur in presenza di una crisi devastante, si è voluti dare fiducia a un progetto di rigenerazione sociale. Dobbiamo, oggi, ritornare a essere liberi interlocutori con la classe in sé e farle comprendere della sua esistenza sociale, diventando classe per sé: le contraddizioni della modernità sono molteplici e condannano i molti a vivere all’inferno, mentre i pochi dettano le condizioni di un avvenire di una propria ed egoistica prosperità e opulenza, partendo dal conflitto lavoro e capitale finanziario, arrivando al conflitto ambiente e capitale, eguaglianza tra generi e orientamenti sessuali e visione patrimoniale maschilista di conduzione del potere. Aprire le nostre stanze, come suggeriva il grande poeta russo, significa aprire le nostre case, le case della sinistra, e renderle realtà presenti sui territori, presso i luoghi di lavoro e di studio, diceva Togliatti, dinanimici dove il confronto sia orizzontale e di pari grado tra soggettività diverse, dai partiti alle associazioni, dai comitati di quartiere in difesa del territorio pubblico, ai collettivi, dai singoli studenti, lavoratori, precari, donne e uomini, giovani e anziani, ricostruendo quello che abbiamo bisogno di ricostruire: la connessione sentimentale e un progetto di riforma culturale, oltre che di rigenerazione organizzativa e politica della sinistra, senza buttare al macero niente, ma riprendendo il tutto e conducendolo verso quella strada che abbiamo saputo intraprendere fino a oggi, con difficoltà e non compresa per assenza di ponderazione e di tempo di analisi.
Alessandro Rizzo

Mercoledì, 16 Aprile, 2008 - 14:53

Oltre il muro - ANPI ZONA 5 INIZIATIVA

A.N.P.I di Zona 5

Sezioni Vigentina - Martiri di Via Tibaldi - Stadera
 

ORGANIZZANO

 
Mercoledì 23 aprile 2008 ore 21,00

 

c/o Consiglio di Zona 5 in Via Tibaldi 41 a Milano 
 
 
UN incontro su:

 

 OLTRE QUEL MURO:
LA RESISTENZA NEL LAGER DI BOLZANO, UNO DEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO IN ITALIA

Interverranno:

 
DARIO VENENGONI 
 ANED - Fondazione Memoria della Deportazione  di Milano
 
LEONARDO VISCO GILARDI
Studioso della Resistenza
 
GIANCARLO RESTELLI
Scrittore e studioso delle deportazione degli italiani nei lager nazisti
 
PRESENZIERA’
 
GIOVANNI FERRARI Presidente del Consiglio di Zona 5
 
LA CITTADINANZA E’ INVITATA
 
DOPO LA CONFERENZA I PARTECIPANTI, IN CORTEO, PORTERANNO LA CORONA DELL’ANPI ALLA LAPIDE DEI MARTIRI DI VIA TIBALDI
 
L’incontro è realizzato in collaborazione con l’Associazione La Conta
 
Info: Coord. Sezioni ANPI di Zona 5 – Via Ripamonti  27 – Milano Tel. 02.58321606

Mercoledì, 16 Aprile, 2008 - 10:30

Netpolitica

Ciao a tutti.

 

Per conoscere la mia attivita, per chiarimenti, consigli o per prendere contatto con me vi invito su

 

www.netpolitica.it

o

www.blog4pdl.it

 

Un caro abbraccio.

 

Deco

3939181745 

Domenica, 13 Aprile, 2008 - 14:40

Presidio-Evento solidarietà con Il Popolo Tibetano

Associazioni e cantanti, insieme per realizzare il simbolo della pace

PRESIDIO-EVENTO DI SOLIDARIETA'

CON IL POPOLO TIBETANO

Sabato 19 aprile 2008 ore 17.00, p.zza Duomo


Sabato 19 aprile alle ore 17 in piazza Duomo le associazioni Students for a free Tibet, Centro delle Culture, la Casa del Tibet e Italia-Tibet, insieme alla Nazionale Italiana Cantanti, organizzano un evento di solidarietà con il popolo tibetano per ribadire il proprio sì alla pace e al dialogo tra i popoli.

Obiettivo dell'evento è riportare l’armonia tra la comunità tibetana e quella cinese. Per questo a ogni partecipante verrà offerto un palloncino colorato e chiesto di unirsi alla creazione di un grande simbolo della pace umano con i colori della bandiera del Tibet. Dopo la creazione del simbolo, i palloncini verranno liberati rappresentando simbolicamente la speranza della risoluzione di questo e di tutti i conflitti.

Durante l'evento sarà letto il messaggio di pace che il Dalai Lama ha rivolto al popolo e al governo cinese e verrà esposta una gigantesca bandiera tibetana.

Mentre la fiaccola olimpica prosegue il suo viaggio verso la Cina, tra manifestazioni represse, censure, imbarazzanti silenzi dei governi e violazioni dei diritti umani, l'evento vuole dare dare voce al dialogo e alla nonviolenza come unica soluzione ai tanti conflitti che ancora affliggono il nostro pianeta.

Siete tutti invitati ad intervenire partecipando alla creazione del simbolo della pace.


Promuovono:
Students for a free Tibet
Centro delle Culture Milano
Nazionale Italiana Cantanti
Casa del Tibet
Associazione Italia-Tibet

Ad oggi hanno aderito:



Per informazioni e adesioni:
Dhundup Chomphel Gelek
Presidente Students for a Free Tibet
cell. 3477922346

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