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Il Blog di Alessandro Rizzo | www.partecipaMi.it
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Sabato, 28 Giugno, 2008 - 12:26

Undici tesi dopo lo tsunami

Undici tesi dopo lo tsunami

Ultima modifica: mercoledì 25 giugno 2008
Centro per la Riforma dello Stato
1. Aprile 2008: va rilevato il tratto di discontinuità, forse di salto. Non si può riprendere il discorso dall’heri dicebamus. Occorre un cambio di passo, nella ricerca e nell’iniziativa. Non stava scritto che la transizione si chiudesse a destra. Ma così è avvenuto. E tuttavia non è la sorpresa il sentimento dominante: i segni c’erano, nel paese, e anche a Roma. Perché non siano stati letti, è il problema. D’altra parte, non è la paura il sentimento che ci deve dominare. Non c’è Annibale alle porte, non ci sarà un passaggio di regime. C’ è una nuova destra, di governo, e di amministrazione, da sottoporre ad analisi e da contrastare nella decisione, con uno scatto di pensiero/azione.
2. Si conferma il dato, che viene da lontano, di una maggioranza di centro-destra nel paese reale. Negli ultimi quindici anni, l’opinione di centro si è avvicinata all’opinione di destra. Se la Dc era un centro che guardava a sinistra, Forza Italia è un centro che guarda a destra. Questo ha dato l’illusione che ci fosse un residuo di centro da conquistare a sinistra. C’era, ma meno consistente di quanto si pensasse. I mutamenti, non colti, di società, a livello di territorio, sono stati più forti dell’iniziativa politica. Sono state due le risposte a questi smottamenti di opinione: una a vocazione maggioritaria, una a vocazione minoritaria. La prima, una risposta, diciamo così, espansiva: competere al centro, per togliere al centro-destra un pezzo di consenso. Così, i Progressisti, poi l’Ulivo, poi l’Unione, poi il Partito democratico. Che quest’ultimo potesse assolvere a questa funzione da solo come un tutto, si è dimostrato un progetto, a dir poco, non realistico. La seconda, una risposta, diciamo così, difensiva: marcare una posizione alternativa, con una grande ambizione e una piccola forza. Non si può essere, troppo a lungo, anticapitalisti e deboli, antagonisti in pochi. Aprile, il più crudele dei mesi: due fallimenti, del centro-sinistra e della sinistra, del grande partito di centro-sinistra e della piccola aggregazione di sinistra.
3. Qui, un punto teorico-politico, che va affrontato. Si potrebbe chiamare l’equivoco della rappresentanza. Anzi, il rapporto tra l’equivoco della rappresentanza e quella che si dice la crisi della politica. Che cosa viene prima, una crisi di rappresentanza sociale o una crisi di proposta politica? Che cosa fa più difetto, la rappresentanza o la rappresentazione? Proviamo a rovesciare il senso comune. E diciamo così: la crisi della politica comincia non quando la politica non sa più ascoltare, ma quando la politica non sa più parlare. Certo che bisogna ascoltare, la rappresentanza è essenziale, capire la società, conoscerla, ma non è tanto la mancanza di questo che sta al fondo della crisi della politica. Il fondo della crisi della politica è nel crollo di soggettività politica, nella caduta, relativamente recente, della proposta soggettiva. La politica non sa più parlare proprio perché non sa più leggere, non sa più interpretare. E quindi non sa orientare, non sa dirigere. L’equivoco della rappresentanza è il fatto di assumere il dato così com’è, anche il dato della società, anche il dato della maggioranza di centrodestra nel paese. Se tu lo assumi così com’è, e cerchi di correggere questo, e non ti fai carico invece di una proposta politica forte, lì inneschi appunto un processo che va a finire nella crisi della politica. Prima produci l’antipolitica e poi ti fai carico di rappresentarla.
4. Quando la politica non sa più parlare, allora viene fuori un ceto politico, e un ceto amministrativo, autoreferenziale, che parla a se stesso e di se stesso, perchè non sa più parlare al paese, alla società. Questo ceto politico, impegnato a occuparsi di se stesso, entra nella logica di qualsiasi altro ceto, di qualsiasi altro corpo della società. Per garantirsi il consenso insegue le pulsioni di massa. Più le rappresenta, più vince. La politica non è scollata dalla società civile, è incollata ad essa. Se società civile è il campo degli interessi particolari e degli egoismi corporati, allora la politica di oggi non la rappresenta poco, piuttosto le assomiglia troppo. Questa politica è un pezzo di questa società, subalterna alle leggi di movimento, nazionali e sovranazionali, attraverso cui essa si autogoverna. Di qui, la crisi di senso dell’agire politico, vero e proprio fatto d’epoca del nostro tempo. Perché, compito principale della politica non è dare risposte, è fare domande. E’ la politica che deve interrogare la società, e il dato che c’è, deve appunto saperlo leggere, decifrare, tradurre, e solo dopo che lo ha interpretato, può rappresentarlo, ma mai rappresentarlo come riflesso passivo, mai specchiarlo così come si presenta oggettivamente, nel suo gioco incontrollato di forze.
5. Quale, su questo punto, la differenza tra l’adesso e ieri? In passato c’erano le grandi classi, che avevano una voce, che parlavano, esprimevano, sì, interessi, ma grandi interessi, di per sé riconoscibili. In quel caso la politica era più facilitata a rappresentare, a raccogliere, perché la voce veniva da potenti aggregati, già autonomamente, in qualche misura, organizzati. Era meno importante allora leggere e interpretare, era più possibile direttamente rappresentare. Ma quando le grandi classi si disgregano, e ti trovi di fronte a una società frammentata, pluralistica, corporativizzata, cetualizzata, anarchicamente individualizzata, quando non c’è più quindi voce sociale, aumenta l’obbligo della voce politica. Parlare a questa frammentazione, vuol dire elaborare una proposta riunificante. Il sociale ormai, nel capitalismo dopo la classe, va costruito, non va descritto. Produrre legame sociale, e produrlo attraverso il conflitto, o meglio, attraverso i conflitti, ecco il volto nuovo della Sinistra, dopo il Movimento operaio. La Destra, nemmeno la nuova destra, può e sa farlo. Il discrimine è qui. Fare società, ma con la politica: se deve esserci missione, per la Nuova Sinistra, questa è.
6. C’è un’ondata di destra, che arriva, con il solito ritardo in Europa, dall’America di Bush, proprio mentre lì va forse declinando. E’ una febbre da rivoluzione conservatrice in tono minore, che attacca i corpi malandati dei nostri sistemi politici. Lo schema è quello tradizionale: la paura come risposta al disagio. Perché la paura non è la causa scatenante, la causa scatenante è il disagio, di società, di umanità, e quindi di civiltà. La paura è un rimedio mobilitante per chi non ha difese, e dunque le cerca, per chi non ha sicurezza del futuro e dunque cerca sicurezza almeno nel presente. La destra corrisponde di più e meglio al lato oscuro dell’animo umano, e la sinistra ha i Lumi ma da tempo li tiene spenti. Una tesi politica, controcorrente, da sostenere a questo punto con buone ragioni potrebbe dire così: la destra vince perché non c’è la sinistra. E’ una tesi dimostrabile empiricamente, ultimi dati elettorali alla mano, nel paese Italia e, soprattutto, in quell’evento simbolico che è la caduta di Roma: non ha sfondato il centro-destra, è franato il centro-sinistra. La verità da cominciare a dire è che il centro-sinistra non ha futuro se non si riorganizza intorno a una Grande Sinistra.
7. C’è un retroterra di questo discorso, di cui bisogna essere consapevoli, un discorso di lungo respiro, che funge un po’ da convitato di pietra di tutti i nostri pensieri. Dice questo: la destra vince, perché il capitalismo è forte. Sta forse esaurendosi il ciclo neoliberista e sta forse riguadagnando spazio il ruolo delle politiche pubbliche, e c’è da capire dove cadrà l’accento, se sul passaggio di crisi o sul passaggio di ristrutturazione. La sfida è a livello globale, e sarebbe bene non lasciare alla destra tutta intera la denuncia degli effetti perversi della globalizzazione mercatista. Il capitalismo è forte perché riesce a tenere ancora insieme innovazione di sistema, democrazia politica ed egemonia culturale. Un blocco di potenza che ha permesso fin qui a proprio favore due, e due sole, soluzioni di governo: o un centro-destra forte o un centro-sinistra debole. La virtuosa alternanza nei sistemi bipolari o bipartitici, modello Westminster, si sappia, ha questo vizietto di fondo. In queste condizioni, non c’è spazio né per una politica di pura gestione né per una politica di mera contestazione. C’è posto solo per una guerra di posizione, di media durata. La difficile situazione economica impatterà con il governo politico della destra. E l’emergenza, che sembrava dover essere istituzionale, magari sarà di più sociale. La storia-mondo, poi, è un campo di imprevedibili eventi, se non la si guarda con la pappa del cuore, ma la si afferra con la lucida intelligenza di una politica-mondo. Qui c’è un terreno favorevole per la sinistra, se saprà essere meno Proteo e più Anteo, se saprà di meno apparire in tante forme e di più ritrovare la sola terra da cui ricava la propria forza.
8. Bisogna dire: il popolo della sinistra ha il diritto di avere, per sé, una forza politica. E poi dire: l’Italia, per stare in Europa e nel mondo ha bisogno di una sinistra. Non di una piccola sinistra, residuale, testimoniale, arroccata nei passati simboli e nelle antiche identità, ma di una Grande Sinistra, moderna, critica, autonoma, autorevole, popolare. Non si può concedere che l’anomalia italiana si ripresenti oggi nella forma dell’eccezione di un paese senza una grande forza politica che rivendichi con orgoglio questa funzione, nel nome, nei fatti, nei valori. Il problema di oggi non è: che cosa è sinistra, ma chi è sinistra. Più che conoscere, si tratta di andare a ri-conoscere il popolo della sinistra. Ma, anche qui, riconoscere non vuol dire rappresentare, vuol dire costruire, o meglio, ricostruire un campo di forze, in grado di portare un progetto di trasformazione, strategicamente pensato e tatticamente agito. Fondare un popolo: questo il Beruf - vocazione/professione - della politica, quando non è chiacchiera ma discorso, non immagine ma idea, non affabulazione ma organizzazione.
9. La nuova e antica centralità: dare forma politica al pluriverso del lavoro. Ci vuole un’idea politica di lavoro, anzi, di lavoratore. Dopo l’esperienza storica del movimento operaio, in che modo la persona che lavora, uomo e donna in modo differente, può avere in quanto tale, non solo come cittadino, una funzione politica? Come i lavoratori associati possono contare politicamente? In che modo, per quali vie, con quali forme, possono esprimere un progetto di modello sociale, di sistema politico, di egemonia culturale? E, anche qui, chi sono oggi i lavoratori? C’è questo ceto medio acculturato di massa, che è diventato un po’ la caricatura del blocco storico per il centro-sinistra: perché è isolato e lontano dal resto della società reale. Ha una parte alta, che va verso le professioni, una parte bassa che va verso il precariato, a volte le due condizioni si congiungono. E’ prezioso lavoro della conoscenza, un decisivo pezzo di lavoro immateriale, con in mano il futuro di sviluppo del paese. Va ricongiunto al lavoro materiale, al lavoro manuale, che c’è anche quando manovra le macchine, al lavoro operaio, salariato. Il lavoro sans phrase, direbbe Marx. Ma qui ne va della dignità della sinistra il farsi carico e porre rimedio a questa disperata solitudine operaia, che si esprime, come abbiamo visto in tanti modi, a volte sconcertanti, che vanno riconosciuti, non giudicati. Solo assolvendo politicamente a questo compito si può riaprire il discorso sul nuovo “mondo del lavoro”. Lavoro e sapere, si dice oggi. Più la differenza del lavoro femminile. Il lavoro autonomo, di prima e seconda generazione, che va ricongiunto al lavoro dipendente, garantito o precarizzato. Così come il centro urbano va ricongiunto alle periferie metropolitane. Non è possibile accettare come un destino il rovesciamento di consenso che si è verificato tra questi spazi di territorio e in questi luoghi del sociale. Non è possibile. O altrimenti essere di sinistra non ha più senso politico. Ecco la vera missione di un forte partito della sinistra: recuperare il senso della propria funzione, nel “fare popolo” come “soggetto politico”. Ricongiungere, riannodare e stringere il nodo tra campo sociale e forza politica.
10. Diceva Brecht: sul muro sta scritto “viva la guerra”/ chi l’ha scritto, è già caduto. Adesso si dice: non si può tornare indietro. Chi lo ha detto, ha già messo un piede nel vuoto. Il nuovo a tutti i costi restaura il vecchio che avanza. Abbiamo avuto a nostre spese, qui e ora, una lezione da manuale. Calcoliamo bene le mosse, prendiamoci il tempo necessario. Ma non escludiamo a priori il fatto che a volte è necessario fare un passo indietro per saltare in avanti.
11. Intendiamoci su questo. Non si tratta di mettere insieme i pezzi della vecchia sinistra. Sarebbe un’operazione fuori tempo e senza spazio. Il vecchio bisogna sempre che sia quello dell’avversario, mai il nostro. Tutte e due le tradizioni, quella comunista e quella socialdemocratica, sono esaurite. Ma non si creda che sia allora viva, per i bisogni della sinistra, la tradizione liberaldemocratica. Il partito del popolo della sinistra è oltre tutta intera questa storia. Le componenti popolari si sono sfaldate, ma le loro culture in senso lato, cioè le tracce di civiltà, che esse hanno depositato nella storia del nostro paese, sono lì, in attesa di essere riconosciute,valorizzate, riorganizzate e riunificate con le nuove culture, con i nuovi grumi di civiltà: le esperienze di organizzazione con le esperienze di movimento, il socialismo con il femminismo, il cattolicesimo sociale con i diritti della persona, il lavoro salariato con l’ambientalismo politico, la cultura del conflitto con la cultura della pace. Tutto questo, insieme, è popolo della sinistra. E può diventare partito del popolo della sinistra. Non è un blocco, è un campo. Non si comporrà da solo. Bisogna comporlo. Ci vuole decisione politica e pensiero forte. Ma, ecco: non si deve scherzare con i propri riferimenti, pratici e teorici. Altrimenti si diventa un’altra cosa.
Venerdì, 27 Giugno, 2008 - 18:56

Mario Tronti: «La sconfitta di aprile può essere benefica"

Rinascita politica
Intervista a Mario Tronti: «La sconfitta di aprile può essere benefica. E spingere a un processo aggregativo»
Andrea Fabozzi
Il Manifesto 26 giugno 2008

Attenzione a non confondersi dietro Berlusconi. L'avvertimento di Mario Tronti arriva alla vigilia dell'assemblea del Crs nel momento in cui torna alto l'allarme di tutta l'opposizione per le iniziative del premier e anche il Pd che si era aperto al dialogo strilla al «ritorno del caimano». Tronti obietta: «Non ci sarà un passaggio di regime. Berlusconi è sempre lo stesso, le sue iniziative fanno molto rumore però poi vengono recuperate nell'andamento lento delle cose, il problema è non confondersi, è capire bene cosa è questa nuova, antica destra che si afferma in Europa».
Non c'è un caso italiano?
In Italia abbiamo di fronte questo personaggio con i suoi interessi personali, ma quando il ceto politico si misura soltanto sulla sua persona ci fa perdere di vista l'analisi di fondo. Berlusconi è un animale politico di una certa capacità intuitiva e ha improvvisamente tagliato i ponti con Veltroni per tornare sul terreno che predilige. Se non ci fosse questo antiberlusconismo enfatizzato fino al limite del dramma italiano la sua figura verrebbe ridimensionata e probabilmente verrebbe fuori un discorso di destra più profondo che potrebbe persino emarginarlo.
Destra italiana senza Berlusconi?
La destra è un dato organico che adesso si trova a una svolta. Il ciclo neo liberista è arrivato a conclusione e torna una destra più tradizionale, neoconservatrice. E la destra italiana si sta compattando. Ha molte delle caratteristiche della destra mondiale, a prescindere da Berlusconi. Una delle spie è la personalità di Tremonti. La destra sociale che pensavamo fosse una piccola porzione post fascista diventa invece una caratteristica della destra nel suo complesso. Di fronte a questa destra profonda c'è una sinistra leggera, dunque non c'è partita.
E gli operai votano Lega?
Su questo ho sentito troppi ragionamenti semplificatori. Come se il problema fosse quello di capire e non di spostare il voto di questi operai. La politica, dicono tutti, deve ascoltare, capire. Seconde me deve soprattutto parlare, dare risposte e intervenire. Se non lo fa la società si autogoverna ed è tanto peggio per chi vuole cambiarla.
Guardare al sociale è però uno slogan molto in voga nella sinistra uscita con le ossa rotta dalle elezioni. E anche il Pd vuole «tornare al territorio».
Il Pd e le formazioni che gli sono alla sinistra hanno peccato della stessa mancanza di iniziativa, sono stati incapaci di far parlare la politica. Sono rimasti chiusi in un'idea passiva della rappresentanza che magari era possibile quando avevi già nella società le grandi classi con una loro sostanza strutturale e dunque grandi interessi. Si possono rappresentare solo i grandi interessi, i piccoli bisogna orientarli e correggerne il particolarismo. Tornare al territorio è una scappatoia nel senso che non si tratta di rispondere ai singoli territori ma di riacchiappare tutto interpretandolo creativamente.
Un partito nazionale che sappia far parlare la politica con un'idea precisa della società. Vasto programma di fronte alle macerie elettorali.
Paradossalmente è un momento favorevole. Sono cadute le due illusioni che hanno dettato l'ordine del giorno della politica di sinistra negli ultimi venti anni. E' caduta l'illusione delle terza via tra sinistra e destra, con il suo ideatore Blair ma anche con il suo epigono tedesco Schroeder. L'idea che la sinistra dovesse farsi centro per gestire il ciclo neoliberista meglio della destra mi pare esaurita anche negli Usa, Obama non è Bill Clinton. Anche lì finisce la competizione al centro e le primarie indicano una polarizzante divaricazione.
Destra e sinistra categorie «emergenti»?
Per questo il partito democratico in Italia è arrivato fuori fase. Quando la fase in cui poteva essere protagonista è già passata e questo è il motivo per cui il progetto non marcia, anzi mi pare di vederlo già al capolinea.
L'altra illusione crollata?
E' finita la fase neomovimentista. Durante la quale l'egemonia culturale nella sinistra radicale era esercitata dal movimento no global. E' finita proprio perché è finita la fase neoliberista e la contrapposizione tra movimenti e grandi organismi economico finanziari mondiali non si ripropone. Anzi, ora c'è di fronte una destra neo conservatrice che torna a fare politica, contesta lei stessa l'autorità di questi organismi internazionali, torna protezionista.
Se è così, e se davvero il Pd è al capolinea, si può ipotizzare una ricomposizione a sinistra?
Si riapre un tema grande. Perché in questo paese non c'è più una forza che si dichiara di sinistra? L'anomalia italiana del più forte partito comunista dell'occidente finisce nel suo contrario. E' un problema che devono porsi tutti, sia quelli che stanno nel Pd sia quelli che stanno alla sua sinistra. La soluzione non può essere rimettere insieme i pezzetti di una piccola sinistra, ma ricomporre una forza politica a vocazione maggioritaria.
Cioè tu dici che dalle elezioni è uscita sconfitta l'illusione del fare da soli, non solo del Pd ma anche della sinistra di alternativa?
La sinistra alternativa non può concedersi il lusso di essere minoritaria. Tra l'altro è contro la nostra tradizione vorrei dire bolscevica. E non serve a fare gli interessi della nostra parte, l'operaio è costretto a votare per la Lega.
Ma l'idea di ricomporre la sinistra con un pezzo del Pd pare fuori dall'orizzonte politico. Anche i meglio disposti tra i democratici - D'Alema è annunciato all'assemblea del Crs - non si spingono oltre l'auspicio di nuove alleanze.
Non è un processo di breve periodo e per il momento credo sia giusto passare da una fase di aggregazione della sinistra, giusto incoraggiare chi ci sta tentando come Vendola dentro Rifondazione. Ma io credo che sarebbe sbagliato considerare questo soggetto unitario della sinistra come autonomo per i prossimi decenni di fronte a un Pd centrista. Questa nuova formazione di sinistra dovrebbe invece avere un ruolo per spostare gli equilibri interni del Pd in modo tale che si riapra il processo. E' una prospettiva, lo ripeto, che non esclude affatto che intanto si componga un soggetto di sinistra. Ma non bisogna considerarlo un approdo definitivo. Sarà quello che è oggi il Pd, una tappa. APPUNTAMENTO
A ROMA
L'assembela annuale del Centro Riforma dello Stato si tiene domani, dalle 9,30 alle 14,00, a Palazzo Marini, via Poli 19.
Introdotta dalle «11 tesi dopo lo tsunami» (pubblicate dal manifesto lo scorso 11 giugno), quest'anno ha un titolo esplicito: «Fare società con la politica». Una lettura della crisi italiana chiarita dall'intervista qui a fianco di Mario Tronti, che introdurrà i lavori.
PIENO
A DESTRA
«La destra italiana si sta compattando. Ha molte delle caratteristiche della destra mondiale, a prescindere da Berlusconi. Una delle spie è la personalità di Tremonti. La destra sociale che pensavamo fosse una piccola porzione post fascista diventa invece una caratteristica della destra nel suo complesso».
VUOTO
A SINISTRA
«Perché in questo paese non c'è più una forza che si dichiara di sinistra? E' un problema che devono porsi tutti, sia quelli che stanno nel Pd sia quelli che stanno alla sua sinistra. La soluzione non può essere rimettere insieme i pezzetti di una piccola sinistra, ma ricomporre una forza politica a vocazione maggioritaria».

Venerdì, 27 Giugno, 2008 - 18:13

Tettamanzi: "Un errore militarizzare le città"

«Militarizzare le città serve solo ad aumentare il senso di smarrimento e la paura. Perché la paura non passa per decreto legge». Guarda dalla finestra del suo studio, il cardinale Dionigi Tettamanzi, e vede una piazza Duomo affollata di milanesi che la attraversano di corsa per spostarsi da un ufficio all´altro, ma anche di immigrati che si incontrano, bevono, bivaccano, litigano. «Non sempre - dice l´arcivescovo di Milano - affacciandomi vedo il cuore della mia città. Molto più spesso vedo piazza Duomo come il teatro in cui tante, troppe solitudini si sfiorano». Perché questo è il punto: «È la solitudine, causata soprattutto dalla privatizzazione dei tempi e degli spazi e dal conseguente calo della qualità della socializzazione, ad aver generato le paure della gente. Sono soli tanti anziani. Soli troppi giovani. Soli molti adulti, anche con posizioni sociali prestigiose. La solitudine causa ulteriore sfiducia verso l´altro e genera la paura dell´incontro. Le parrocchie e il volontariato, non solo cattolico, sono delle oasi di relazioni».

Quali risposte devono dare le istituzioni a questo disagio?
«Guardiamo in avanti, non speculiamo sulla paura. Da sempre il forestiero desta sospetti e pregiudizi. Ma nel passato Milano è stata capace di rimettere in discussione la propria identità per ridefinirla insieme ai nuovi venuti. Penso alla migrazione dal Veneto o dal Mezzogiorno che ha raddoppiato in pochi decenni il numero di abitanti di Milano e decuplicato la popolazione dell´hinterland. Sono stati processi non privi di fatiche e ferite. Il principio che ha portato alla costruzione del volto sintetico della città è stato il forte senso di solidarietà che la animava. Una forza inclusiva che si è indebolita».

Sì, ma come si spiegano alla gente i valori dell´accoglienza e della solidarietà, in una città dove si susseguono i reati, perfino i più odiosi come le violenze sulle categorie più deboli?

«Milano saprà trasformare tutti suoi abitanti, anche gli immigrati, in cittadini. È per il bene, la sicurezza, l´arricchimento di tutti che dobbiamo compiere questo sforzo. Barricarsi in casa, criminalizzare alcune categorie di persone, presidiare militarmente le città, sono gesti che aumentano il senso di smarrimento e solitudine. La solitudine cessa se si sperimenta la bellezza dell´incontro. Chi ne è deputato faccia rispettare la legge per impedire quegli atteggiamenti che rendono spiacevoli o pericolosi questi incontri».

Legalità, appunto. È - dicono il governo e le istituzioni locali - il perno intorno a cui far ruotare le politiche sulla sicurezza e l´immigrazione.
«Non è mio compito promuovere o bocciare le leggi dello Stato. Papa Benedetto XVI ai vescovi italiani ha chiesto di non chiudere gli occhi di fronte alle povertà, rispettando le leggi. Sia all´interno dello Stato che nei confronti di chi vi giunge dall´esterno. Solidarietà, rispetto delle leggi e accoglienza devono coniugarsi. Da anni a Milano promuoviamo il "patto di legalità" con chi chiede di vivere da noi. Le istituzioni devono far rispettare le leggi e creare le condizioni affinché siano rispettate e gli immigrati non siano risucchiati dall´illegalità. Carità e legalità non sono mai in contrapposizione: gli immigrati, prima di essere tali, sono persone. Chi delinque sia affidato celermente alla giustizia. Ma il rispetto della dignità delle persone non può mai essere omesso».

Di recente la Curia ha sottolineato che in alcuni casi, per esempio lo sgombero del campo rom della Bovisasca, si è agito sotto i livelli minimi di rispetto della dignità umana. Ne è nata una polemica con il sindaco di Milano, Letizia Moratti.
«Quando il vescovo interviene lo fa a partire dal Vangelo e per ricordare a tutti che esistono valori umani così alti che esigono di essere non solo proclamati ma rispettati, sempre».

Lei pensa che i blitz all´alba nei campi rom, le schedature, i controlli a tappeto sui mezzi pubblici, gli slogan "zero campi rom", la carcerazione dei clandestini abbiano effetti positivi e siano compatibili con il rispetto della dignità delle persone?

«Che beneficio portano certi metodi? Servono veramente a risolvere il problema, a rassicurare adeguatamente la gente contro la paura, oppure corrono il rischio di rivelarsi tentativi effimeri? Ho la sensazione che causino l´effetto contrario a quello sperato...».

Cardinal Tettamanzi, l´Expo a Milano è un´opportunità o un rischio?
«È un´opportunità grande e un motivo di orgoglio. Mi piace lasciarmi guidare da una suggestione, dal significato del nome della nostra città. Milano rimanda a Mediolanum, ad una terra che "sta nel mezzo". Un luogo dove si converge, ci si incontra, si dialoga. Che opportunità l´Expo se - già da oggi - permette a Milano di essere sempre più città dell´incontro. Tra religioni e culture differenti, tra collocazioni sociali diverse, tra chi è cittadino a tutti gli effetti e chi lo vorrebbe diventare, tra età della vita distanti, tra chi ha un lavoro e chi l´ha perso o non l´ha mai avuto, tra chi è sano e chi è malato...»

Come giudica lo sviluppo urbanistico di Milano? Interi pezzi della città stanno cambiando volto.
«Occorre che la città diventi "bella". Bella nella sua dimensione più interiore, spirituale. Mi hanno incuriosito e affascinato i progetti da realizzare per il 2015. Abbiamo bisogno di questo e di molto altro splendore: una città "bella" nella sua architettura rende migliori anche i suoi abitanti. Occorre porre da subito l´uomo al centro della Milano che sarà, con i suoi bisogni. Anche spirituali: dove sono gli spazi per vivere questa dimensione? Progettando, pensiamo al 2015 ma anche e soprattutto ai cittadini di Milano nel 2016, quando i visitatori se ne saranno andati. Sento un gran discutere di grattacieli, finanziamenti, deleghe... Ma del bellissimo tema al centro di questa Expo "Nutrire il pianeta, energia per la vita" qualcuno se ne sta occupando?»

Ma lei preferisce i grattacieli dritti o quelli storti?
«E lei? Difficile dire in assoluto se siano più belli dritti o curvi. Ciascuno giudica secondo i suoi criteri estetici. Ma se devo proprio dire la mia opinione, io li preferisco dritti».

In definitiva, cardinale, che Milano vede dalle sue finestre? La Milano ricca metropoli internazionale proiettata nel futuro o la Milano metropoli delle diseguaglianze, dell´intolleranza e del disagio sociale?
«L´unico mio giudizio su Milano è l´amore per questa città e per i suoi abitanti. Sono fiero di essere milanese. È un amore che mi spinge ad appassionarmi a questa città e ai suoi abitanti, specie quando le circostanze ne causano la sofferenza. Più che di giudicarla, sento il bisogno di amarla».

(21 giugno 2008)

fonte
La Repubblica

Venerdì, 27 Giugno, 2008 - 18:10

Comunicato stampa Lista Fo per augurio a Emilio Molinari

La notizia del ricovero di Emilio Molinari, dirigente storico della
Sinistra lombarda, ha preoccupato tutta la Milano antifascista e
alternativa, quella dei movimenti, del mondo associazionistico, dei
soggetti politici e delle persone di buona volontà.
Emilio è stato colto da un infarto, qualche giorno fa, e oggi si trova
ancora in ospedale dove le cure e i trattamenti certamente aiuteranno il
compagno a uscire da questo momento. Le condizioni sono migliorate e
confidiamo con forte convinzione che Emilio possa ritornare a impegnarsi
tra noi e con noi per dare un progetto diverso e di rinnovamento sociale e
culturale per questa nostra comunità cittadina.
La nostra Lista ha sempre condiviso con Emilio non solo percorsi ma anche
mobilitazioni e vertenze storiche, all’insegna della difesa dei diritti
sociali, la promozione di uno sviluppo eco sostenibile, per l’emancipazione
delle classi subalterne, per l’estensione dei diritti delle lavoratrici e
dei lavoratori, in una dimensione civile e culturale antirazzista fondata
sulla giustizia sociale, l’eguaglianza e la libertà.
Sicuramente questi valori che condividiamo da sempre con Emilio potranno,
una volta che il compagno ritornerà a essere in forma, augurio che noi gli
facciamo e rivolgiamo con tutto il cuore, l’affetto e la stima encomiabile
che ci vincola a lui, ritornare a essere le stelle polari delle azioni
quotidiane per un mondo nuovo e altro che con lui promuoveremo pro futuro.
Emilio siamo con te e ti aspettiamo per ricominciare, con la stessa
dedizione e coerenza di sempre.

Lista Uniti con Dario Fo

Giovedì, 26 Giugno, 2008 - 17:47

alcune citazioni famose su politica e società

La società borghese manca di eroismo.
Karl Marx

La libertà non è una cosa che si possa dare; la libertà, uno se la prende, e ciascuno è libero quanto vuole esserlo.
James Baldwin

Non è grave il clamore chiassoso dei violenti, bensì il silenzio spaventoso delle persone oneste.
Martin Luther King

Lo stato di guerra si concede la libertà di commettere ingiustizie e prepotenze che disonorerebbero l'individuo singolo.
Sigmund Freud

La democrazia come la conosciamo oggi è la democrazia dei grandi consumatori di energia, è la democrazia di quelli con la pancia piena.
Alex Langer

I fanatici della logica sono insopportabili come vespe.
Friedrich Wilhelm Nietzsche

Finché ci sarà uno stato non ci sarà libertà. Quando ci sarà libertà non ci sarà uno stato.
Lenin
Quando la gente non crede più a nulla, è pronta a credere a tutto.
Gilbert Keith Chesterton

L'uomo avrà superato la superstizione non appena avrà la forza di deporre la fede non solo negli spiriti, ma anche nello spirito.
Max Stirner

La democrazia è due lupi e un agnello che votano su cosa mangiare a pranzo. La libertà un agnello bene armato che contesta il voto.
Benjamin Franklin

Siate realisti: chiedete l'impossibile.
Albert Camus

Là dove regna la lucidità, la scala di valori diventa inutile.
Albert Camus

Quanto più civile è un popolo, tanto più numerosi sono i princìpi e gli ideali che esso racchiude.
Carlo Cattaneo
E' duro soggiacere al comando di chi val meno di noi.
Democrito
Sogno che un giorno nessuno farà più gol in tutto il mondo.
Eugenio Montale

Le battaglie si vincono sempre, non si perdono mai.
Ernesto Che Guevara
I poveri, quelli veri, sono coloro che hanno solo la libertà di scegliere fra un canale televisivo e l'altro.
Eduardo Hughes Galeano
Il capitalismo? Libera volpe in libero pollaio!
Ernesto Che Guevara

Non è possibile rinchiudere le idee in una galera.
Francesco Guccini

La libertà non è una cosa che si possa dare; la libertà, uno se la prende, e ciascuno è libero quanto vuole esserlo.
James Baldwin
C'è chi è nato nel dolce piacere, chi nella notte senza fine.
Jim Morrison
Chi lotta, può perdere. Chi non lotta, ha già perso.
Ernesto Che Guevara
Le religioni sono come le lucciole: per splendere hanno bisogno delle tenebre.
Arthur Schopenhauer

L'uomo moderno si è perso fra la massa in un modo che non ha precedenti nella storia, e questo è forse il suo aspetto più caratteristico.
Albert Schweitzer

L’Italia è un paese dove cambiare le cose è molto difficile, dove c’è una tendenza indomita al pasticcio, dove tutto sembra incrostato d’un indifferentismo impenetrabile.
Lelio Basso

La libertà è impossibile in una società dominata da enormi corporation.
Noam Chomsky
La sicurezza del potere si fonda sull'insicurezza dei cittadini.
Leonardo Sciascia
Non ci si libera di una cosa evitandola ma soltanto attraversandola.
Cesare Pavese

La storia di ogni società esistita fino ad oggi è la storia delle lotte di classe.
Karl Marx
Chi può pagare, potrà anche inquinare.
Alex Langer
Confessiamo una buona volta a noi stessi che da quando l'umanità ha introdotto i diritti dell' uomo, si fa una vita da cani.
Oskar Kraus
La mia non è l’ingenuità dell’orbo in un mondo di furbi, ma quella di chi preferisce consapevolmente la buona fede alla furberia.
Ferruccio Parri
Finchè un americano medio "pesa" sulla biosfera quanto ottanta abitanti medi dell'India, nessun accordo internazionale potra' coniugare ambiente e sviluppo.
Alex Langer

Se dopo cinquant’anni di politica io mi trovo fuori dai partiti, è per un’insoddisfazione al cui fondo c’è l’idea che se uno vuol cambiare questa società deve cambiare mentalità, scoprire nuovi valori culturali e politici.
Lelio Basso

Ogni persona possiede un'inviolabilità fondata sulla giustizia, su cui neppure il benessere della società nel suo complesso può prevalere.
John Rawls
I principali nemici del libero mercato sono i... liberi mercanti.
George Soros

Poche persone riescono a essere felici senza odiare qualche altra persona, nazione o credo.
Bertrand Russell

Socializzare i mezzi di produzione non basta. La socializzazione è un mezzo. Il fine è la liberazione dell’uomo.
Lelio Basso

Indicatemi un capitalista e vi mostrerò una sanguisuga.
Malcom X

Le ricchezze in mano al sapiente servono, in mano ad uno stolto comandano.
Seneca
Chiunque è un uomo libero non può starsene a dormire.
Aristofane

Non odio Berlusconi, in fondo come me porta tacchi alti e si trucca.
Vladimir Luxuria
Noi dobbiamo avere una legge: quella della libertà, della verità e della giustizia.
Ferruccio Parri

Tutti i pensieri intelligenti sono stati già pensati, occorre solo tentare di ripensarli.
Johann Wolfgang von Goethe

La libertà comincia con l'educazione dell'uomo e si conclude col trionfo di uno Stato di liberi, in parità di diritti e doveri.
Carlo Rosselli

I dubbi te li crea la libertà.
Jim Morrison
In Italia, ancora più grave del fascismo, c'è il mussolinismo.
Piero Gobetti
La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire.
George Orwell

Una voce libera è sempre liberatrice.
Georges Bernanos

L'evoluzione della civiltà consiste in un progressivo addomesticamento dell'animale che sta dentro l'uomo.
Carl Gustav Jung

Ho preso a 18 anni la mia prima tessera socialista, e adesso sono fuori da tutto. Ma le dimissioni le ho date dai partiti, non dalle mie idee, a cui resto attaccato tenacemente.
Lelio Basso
Dato che non penseremo mai nello stesso modo e vedremo la verità per frammenti e da diversi angoli di visuale, la regola della nostra condotta è la tolleranza reciproca.
Mohandas K. Gandhi

Creare è dare una forma al proprio destino.
Albert Camus
Finché esiste il potere privato nel sistema economico, è una barzelletta parlare di democrazia.
Noam Chomsky

Padre di tutte le cose e di tutte le cose signore è il conflitto: e gli uni fece dèi e gli altri uomini, gli uni servi, gli altri liberi.
Eraclito

Una società democratica dovrebbe essere tale in tutti i suoi centri di potere. E questo non è ancora mai avvenuto in nessuna democrazia.
Norberto Bobbio

E' ragionevole che l'uomo buono non esponga al pericolo la propria vita per la patria, perchè non deve rigettare la propria saggezza per l'utilità degli stolti.
Diogene Laerzio

Noi siamo quel che pensiamo.
Buddha

La calma è la vigliaccheria dell'anima.
Lev Nikolaevič Tolstoj

C'è chi è nato nel dolce piacere, chi nella notte senza fine.
Jim Morrison
Abbiamo a che fare con la generazione meglio educata della storia. Ma hanno un cervello ben vestito che non sa dove andare.
Timothy Leary

Ogni vero uomo deve sentire sulla propria guancia lo schiaffo dato a qualunque altro uomo.
Ernesto Che Guevara

Il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l'imbecille, mentre il contrario è del tutto impossibile.
Woody Allen

Un elemento pericoloso dei divieti è che ci si fida di essi e non si riflette su quando sarebbero da cambiare.
Elias Canetti

Il pericolo più grande nella vita è rappresentato da quelle persone che vogliono cambiare tutto...oppure niente.
Astor
Un uomo che non ha pensieri individuali è un uomo che non pensa.
Oscar Wilde

Abbiamo a che fare con la generazione meglio educata della storia. Ma hanno un cervello ben vestito che non sa dove andare.
Timothy Leary

Il governo esiste per proteggere la proprietà di quelli che posseggono più di quanto hanno bisogno.
Living Theatre

Solo se non saremo implacabilmente seguiti dalla registrazione d'ogni traccia che lasciamo, la costruzione della identità di ciascuno potrà essere libera.
Stefano Rodotà
La tragedia dell'uomo contemporaneo è che non osa più avere paura. Questo è pericoloso, perchè ne deriva che grado a grado sarà costretto a smettere anche di pensare.
Dagerman

Il comunismo storico è morto, però i motivi per i quali era nato sono ancora vivi.
Norberto Bobbio

In ogni sistema c'è un punto che non si riesce a spiegare con gli elementi del sistema stesso.
Kurt Gödel
Bisogna conciliare il massimo amore per il mondo con la più severa opposizione all'ingiustizia.
Mohandas K. Gandhi
Fanno un deserto e lo chiamano pace.
Tacito

Libertà e verità! Signori, scrivete queste parole sulle porte di tutte le università.
Carlo Cattaneo

Ci siamo messi alla ricerca di un socialismo autonomo e libertario, intimamente rivoluzionario.
Vittorio Foa

I filosofi hanno interpretato il mondo in modi diversi, ma quel che più conta è cambiarlo.
Karl Marx

Il comunismo è finito ma l’anticomunismo continua a imperversare non come tentativo di ragione ma come insulto, non come ricerca ma come aggressione.
Vittorio Foa

Se qualcuno vi toglie il pane, sopprime nel medesimo tempo la vostra libertà.
Albert Camus

Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario.
Ernesto Che Guevara
Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione.
Immanuel Kant
Il vero nemico non è oggetto di odio né di disprezzo: è oggetto di lotta.
Ludovico Geymonat
Non è che manca la libertà, è che mancano gli uomini liberi.
Leo Longanesi
Ci sono situazioni in cui occorre il radicalismo, perché bisogna far presto e andare fino in fondo.
Vittorio Foa

Noi dobbiamo partecipare a questa guerra tra il progresso e l'inerzia, tra il pensiero e l'ignoranza, tra la gentilezza e la barbarie, tra l'emancipazione e la servitù.
Carlo Cattaneo

Noi collochiamo con chiarezza l'ampliamento dei diritti e delle libertà nel cuore della politica della sinistra.
José Luis Rodríguez Zapatero

La questione sociale è un problema di libertà, non di eguaglianza.
Piero Gobetti

La coscienza non può mai essere qualche cosa di diverso dall'essere cosciente, e l'essere degli uomini è il processo reale della loro vita.
Karl Marx

Noi ci comprendiamo meglio costruendo la torre di Babele che non il parlamento.
Viktor Šklovskij

Dal rapporto tra uomo e donna si può giudicare ogni grado di civiltà.
Karl Marx

Quando il cittadino è passivo è la democrazia che s'ammala.
Alexis de Tocqueville

L' umanità è fragile, ha bisogno di pane, non sopporta la libertà ma chiede miracoli, mistero, autorità.
Saul Bellow

La conoscenza è l'unica fonte dalla quale nascono sia l'amore che i principi dell'umana libertà.
David Webster

dal sito
http://www.radicalsocialismo.it/

Giovedì, 26 Giugno, 2008 - 17:19

Una lista per fare respirare Milano

Uniti con Dario Fo per Milano è una lista che ha appoggiato il candidato sindaco Bruno Ferrante. Fondata da Dario Fo e da persone attive in associazioni, comitati, nel volontariato, persone che credono nel valore della partecipazione collettiva alla vita della città e vogliono farne strumento di governo di una città di tutti e per tutti.

Una lista che vuole dar voce e visibilità alle esperienze autorganizzate di lotta nei quartieri e nella città contro una politica miope ed egoista che investe nel centro e abbandona le periferie, non offre speranza ai giovani, ai più deboli e agli emarginati, confonde lo sviluppo con la rapina del territorio, cancella il verde, considera la cultura, la salute, la casa merce per pochi, non diritti per tutti.

Una lista che vuole costruire a partire da queste esperienze un progetto di rinascita per la città, aggregando e rimettendo in moto tutte le energie, le risorse, la voglia di cambiare che già ne costituiscono il tessuto vivo, per sconfiggere il grigio, il vuoto, la solitudine di una Milano che non appartiene più ai suoi cittadini.

Giovedì, 26 Giugno, 2008 - 17:12

IO NON SONO UN MODERATO

IO NON SONO UN MODERATO
Se cercate un moderato state attenti a votare per me, perché con me si rischia!

Ma veramente volete un sindaco moderato?
Il moderato è forte con i deboli e debole con i forti.
Il moderato finge di risolvere i problemi senza affrontarli!
Il moderato chiude un occhio sulle speculazioni edilizie.
Il moderato caccia gli inquilini dalle case in centro e poi le rivende ai magnati della speculazione.
Il moderato trasforma in ghetto la periferia.
Il moderato accetta una scuola per ricchi e una per i poveri.
Il moderato lascia intristire la città, e applaude ai grattacieli.
Il moderato teme di dispiacere ai cittadini che contano e non concede la parola a quelli che non hanno voce.
Il moderato non cambierà mai nulla.
Il moderato non risolverà il problema dell’inquinamento di Milano, non salverà i polmoni da settantenni dei bambini di 5 anni.
Il moderato non vi libererà dal traffico, dal milione di automobili spernacchianti che hanno trasformato la città in una camera a gas.

Oggi sembra che non essere moderati sia un difetto o un delitto; oppure che sia un privilegio dei giovani.
Ma ci vogliono tanti anni… per diventare veramente giovani!
Milano, se la mi musica e’ troppo forte, allora vuol dire che stai diventando troppo vecchia.
Nessun moderato ha mai fatto la storia, e nessun moderato ha mai preso un Nobel.
Io non sono un moderato!
Sarò un sindaco che rischia. Perché credo che il rischio del cambiamento sia l’unica risposta corretta per chi investe il suo voto in un progetto per Milano.
Se scegliete di votare per me, rischiate molto… rischiate persino di trovarvi finalmente a vivere in una città migliore!

Giovedì, 26 Giugno, 2008 - 15:02

Oltre questo limite non vogliamo andare!

 
Oltre questo limite non vogliamo andare!
 
Appello per fermare Razzismo e Intolleranza, figli spietati di Paura e Miseria.
 
Non volevamo credere ai nostri occhi, ma l'escalation di intolleranza dell'ultimo periodo, culminata nell'odiosa schedatura avvenuta a Milano di cittadini “nomadi”, un atto basato su discriminanti etniche (Rom e Sinti, non a caso nel passato obiettivo anche delle “pulizie razziali” naziste), ci ha spinto a mettere in chiaro le cose: oltre questo limite, non vogliamo andare!
 
La sprezzante noncuranza con cui alcune forze politiche (purtroppo anche di centrosinistra) e molti media e giornali da tempo battono senza pietà e coscienza sul ferro caldo del senso di sicurezza, ci fanno temere un preciso disegno politico sul fondo di questa vicenda.
 
Che sia il pretesto, o il capro espiatorio, per non affrontare i problemi di un'Italia vicina allo sfascio? Sembra di intravedere lo scenario non nuovo di una guerra tra poveri. La difficoltà di arrivare alla fine del mese, pagare la casa, la luce, la spesa, quando si lavora tutto il santo giorno per mille euro al mese quando va bene, fa il paio con il bisogno di vivere in luoghi accoglienti, con aria respirabile, servizi alla persona e, per dirla tutta, con la possibilità di stare insieme. E se si perde la fiducia che lo stato abbia la forza e il coraggio di cambiare le cose, perché le cose potrebbero cambiare se noi cittadini veramente lo volessimo (citiamo Mario Monti: “E' il nostro modo di chiuderci in tante caste, a dover cambiare, non solo i nostri politici”[1]) il problema sono loro, i più poveri di noi.
 
Non importa se le (benedette...) statistiche affermano che i reati in Italia sono in calo, che le nostre città restano tra le più sicure al mondo. Si preferisce giocare la carta di un vecchio meccanismo piuttosto abusato in Italia, azionando la leva della paura, e soprattutto della spaventosa immaturità, un delirio onnipotente, del cittadino che tutto vuole rifiutandosi di pagarne il prezzo. Vogliamo le metropoli e il benessere, ma non vogliamo affrontare i problemi che queste portano con sé: l'inquinamento, il traffico, la frammentazione del tessuto sociale, l'asfalto dappertutto, la crescita di sacche di emarginazione e povertà (e quindi il rischio criminalità).
 
Chiediamo ai cittadini in che genere di posto vorrebbero vivere, e se credono di risolvere i problemi che assillano il nostro paese e le nostre esistenze schedando e scacciando una “razza” che ha la particolarità di avere più difficoltà ad integrarsi in un sistema sociale che già “noi” troviamo così impoverito, sordo, immutabile e chiuso. Chiediamo come le coscienze (spesso caritatevoli e cristiane, almeno nelle parole) di chi applaude gesti come questo possano tollerare il peso della discriminazione e dell'umiliazione. Una vergogna che oggi si abbatte con particolare durezza su Rom e Sinti, ma che non risparmia gli altri “invisibili”, a prescindere dalla loro provenienza etnica.Un'onda di intolleranza razzista comoda e carogna, che sfrutta il lavoro di questo popolo di senza diritti e che ogni giorno, calpestando legge e umanità, dà una bastonata al benessere e allo sviluppo di tutta la collettività.
 
 
Associazione Arci Varieazioni

[1]    http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/200802articoli/30401girata.asp – Si legga con attenzione l'opinione di un economista autorevole e “non schierato” come Monti sul tema delle caste e dei privilegi, di cui qui riportiamo un frammento particolarmente significativo: “Uno Stato che sappia imporre a noi cittadini, a tutte le nostre organizzazioni e corporazioni, un disarmo della foresta di protezioni e rendite. Una foresta che si è ampliata a dismisura nei decenni proprio con la complicità di uno Stato debole. Per acquisire consensi, ha introdotto norme che riparano dalla concorrenza e ha eretto le organizzazioni delle categorie in protagonisti ufficiali delle decisioni di politica economica.”
Giovedì, 26 Giugno, 2008 - 12:17

ULTIM'ORA di Daniele Luttazzi

ULTIM'ORA
DANIELE LUTTAZZI
da Il Manifesto del 25 giugno 2008

Fa così caldo
che ieri Berlusconi ricusava giudici eschimesi
Famiglia Cristiana: «Berlusconi è Frottolo, un demagogo
che antepone
i suoi problemi
a quelli del paese, accidenti a noi
che lo abbiamo
fatto votare
dalle beghine»
Pacchetto sicurezza, gli extracomunitari
ai semafori rimpiazzati da extracomunitari
di plastica
New York, arrestato per frode l'imprenditore Follieri, credeva
di essere in Italia

Mercoledì, 25 Giugno, 2008 - 16:05

I Rom invitano al Bellezza

ARCI BELLEZZA E OPERA NOMADI
invitano a un incontro con la cultura e le tradizioni zingare
Lunedì 30 Giugno
presso ARCI Bellezza via Bellezza N° 16/A, Milano
PROGRAMMA
h 15.00 - LABORATORIO DI CUCITO
Le ragazze del campo di via Monte Bisbino invitano le ragazze milanesi
per cucire e realizzare insieme un arazzo (posti a numero limitato)
per prenotazioni e info (Valentina 3335747726 / Paola 3477702752)
h 18.00 - ESPOSIZIONE
Libri, dvd e prodotti del laboratorio di cucito “IMÈ ROMNÌ”
h 20.00 - CENA ROM...
La cucina tzigana: un ponte tra oriente e occidente
Buffet a cura della cooperativa Romano Drom
Chef: Luciana Parussati Rom Istriana
h 21.00 - ROM CABARET con DIJANA PAVLOVIC
Spettacolo di musica, poesie e racconti rom …tra passato presente e futuro
alla fisarmonica Mario Ruggeri e Naum Jovanovic
INGRESSO SERATA EURO 7.00 TESSERA ARCI OBBLIGATIORIA
per info (3334327131) - (3391647929) - (3334327131)

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