Questo è il quarto, e ultimo, di una serie di incontri sul tema generale Religioni nella società oggi. Il 16 gennaio ci siamo occupati di Le religioni nello spazio pubblico tra pluralismo e tradizione; il 30 gennaio di La “sacralità della vita” nel dibattito bioetico italiano; il 13 febbraio, Chiese e secolarizzazione oggi: confronto o scontro?

Sabato 27 febbraio 2010, ore 17.00

Avv. Massimo Clara, Associazione Italiana Giuristi Democratici

Prof. Daniele Garrone, Facoltà Valdese di Teologia di Roma

Il valore della laicità si direbbe ormai scontato per tutti: fatichiamo infatti a immaginare una moderna forma di Stato democratico che non sia laico; e nessuno, nel dibattito pubblico italiano, si dichiara apertamente contro la laicità.

Ma se tutte le forze politiche e le maggiori istituzioni ecclesiastiche potrebbero sottoscrivere lo slogan “non possiamo non essere laici”, le incertezze e le divisioni si ripresentano non appena si tratta di definire una via concreta alla laicità. In linea di principio essere laici significa distinguere fra la sfera di competenza dello Stato e la dimensione che riguarda la fede. Significa cioè che l’ambito delle decisioni pubbliche spetta alle istituzioni civili, e non alle comunità di fede, che devono però essere garantite nella loro autonomia. Ma tale principio di base non basta per dar vita a una strategia concreta e condivisa.

In Europa e in America, infatti, troviamo diversi modelli operativi di laicità, con forme di applicazioni anche contrastanti fra loro. Quanto all’Italia la confusione è massima: tanto che ultimamente si è fatta strada la distinzione fra una “sana laicità” – che di fatto reintroduce elementi di clericalismo – e un “laicismo” che sarebbe “cattivo” per il solo fatto di voler mantenere una chiara distinzione fra Stato e religione. Mentre sul piano legislativo e applicativo nessun modello concreto è stato ancora elaborato.