Per la stima e l’ammirazione umana e professionale che nutriamo nei confronti del prof. Umberto Veronesi, che conosciamo ed apprezziamo anche per il suo impegno civico, ci permettiamo di intervenire rispetto a quanto da lui affermato nei giorni scorsi a un convegno degli operatori dell’automobile, organizzato dall’Aci. Il professor Veronesi ha in tale sede dichiarato che l’inquinamento atmosferico è responsabile soltanto del 2% dei tumori polmonari, al contrario di alimenti e tabacco che, insieme, rappresentano il 75% delle cause. Questa affermazione corrisponde pacificamente a quanto da anni riporta la manualistica in materia di fattori di rischio oncologico, ma, se non correttamente interpretata, si presta facilmente ad essere strumentalizzata per fini politici, soprattutto da parte di chi vuole negare i perversi effetti prodotti dal traffico delle nostre città, o frettolosamente equivocata nelle sintesi giornalistiche, che giungono difatti in qualche caso ad affermare: “Lo smog non fa vittime” oppure “Veronesi riapre il dibattito su polveri e blocchi delle auto: Il fumo peggio dello smog”, o ancora “Veronesi assolve lo smog”.
E’ facile ritenere che tali affermazioni, già udite in altre circostanze, in questo caso abbiano forse risentito di una ulteriore amplificazione probabilmente legata anche al contesto in cui sono state rese: uno studio delle case automobilistiche sulle responsabilità degli agenti inquinanti, specialmente del particolato fine. Riteniamo quindi opportuno esprimere pure una nostra (assai più modesta) riflessione, come associazione ambientalista.
Pur con la legittimità che ogni opinione ha in un dibattito, non pensiamo infatti che sia utile un rincorrersi di affermazioni le une contrapposte alle altre, dove, su problemi gravi, si dice tutto e il contrario di tutto.
L’inquinamento nuoce oppure no? Ci avvelena o no? E’ un fattore negativo o appare invece desiderabile?
Per essere corretti, dunque, bisogna cominciare a osservare che i valori citati dal professor Veronesi sono delle medie riferite ad aree molto ampie, ad interi Stati e non, invece, a zone di inquinamento ad elevata intensità, come è l’area urbana milanese. Sono cioè valori complessivi e non dati puntuali. Richiedono quindi molta cautela nel loro utilizzo in chiave interpretativa di realtà specifiche. Basti pensare che stime prudenti, riferite alla esposizione in aree ad alto inquinamento atmosferico, come Milano, indicano una incidenza causale di patologie tumorali intorno al 12%.
E’ peraltro evidente che la parola “cancro” non va usata solo come spauracchio per incutere terrore. Ed è altrettanto evidente che il tumore, pur con il suo carico di stigma sociale, non è l’unica patologia dalla quale doversi difendere. Sfuggiamo pure alle “facili correlazioni” e partiamo quindi da un punto, che speriamo non più controverso: traffico e inquinamento incidono pesantemente sulla “qualità” della vita di tutti i cittadini, prima ancora che sulla “quantità” di vita.
Sono innegabili i costi individuali e sociali, diretti e indiretti, che il traffico genera: quanto tempo perso, quanti soldi, quanto stress, quante malattie psicofisiche, (ma anche quanti incidenti, quanti feriti, quante vittime)? Quanto costa alle casse dello Stato e alle nostre il traffic jam, l’ingorgo che ci assedia ogni giorno? Sul versante inquinamento non ci sembra che la situazione sia più rosea: comunque la si voglia vedere, vivere in un ambiente inquinato, a prescindere dal fatto che esso accorci o no la nostra esistenza, ci logora, ci fa stare male, ci costringe a vivere male, aumenta intensità e frequenza di molte patologie, moltiplica il disagio sociale, rende anche il nostro futuro assai meno desiderabile. E, parlando di inquinamento (di cui quello atmosferico è una parte), neppure ci si può dimenticare che alcuni agenti inquinanti sono spesso ampiamente sottovalutati, in qualche caso neppure del tutto conosciuti nei loro effetti, e investono tutti i nostri sensi: non esistono solo le polveri sottili, il particolato fine che inaliamo ad ogni atto respiratorio, di cui leggiamo quotidiani bollettini che suscitano un allarme che, con clamori alterni, si stempera in un senso di impotenza, ma anche idrocarburi, gas, rumore, eccetera.
Meglio allora inalare un tot di polveri sottili o fumarsi una sigaretta? Se non si vogliono assecondare inopportune confusioni, è bene dire chiaro che un conto è scegliere di fumare, essendo ormai consapevoli della gravità del danno che il fumo infligge; un altro conto è subire, essere costretti a respirare un’aria resa mefitica, anche se, per mera ipotesi, meno dannosa della sigaretta che si è magari scelto di non fumare.
Ma veniamo infine all’argomento scientifico da cui è nata questa riflessione: assodato che la qualità della vita dei cittadini comunque ne risente, è proprio vero che l’inquinamento atmosferico prodotto dal traffico, nella fattispecie quello da polveri sottili, non ha tuttavia conseguenze mortali provate sul piano medico-scientifico ed epidemiologico? Gli studi condotti a livello internazionale indicano ormai chiaramente che una correlazione c’è. L’inquinamento è dunque un fattore patogeno (si pensi alle malattie a carico dell’apparato respiratorio e cardiovascolare), nonostante che la sua efficacia nel causare malattie tumorali appaia inferiore a quella di altri agenti. Ma questo, di per sé, non significa nulla: certamente non vuol dire che si debba abbassare l’asticella nella lotta al traffico e all’inquinamento. Anzi.
Il bello della scienza è che essa è libera: è libera di discutere e addirittura capovolgere qualunque assunto, non importa quanto consolidato, senza veli dogmatici, ma ha anche il dovere di essere sempre critica verso sé stessa. La libertà della scienza, perché continui ad essere strumento di ragione, ha un vincolo ineludibile: quello di ancorarsi ai dati, di dimostrare le proprie tesi, di confrontarsi in modo aperto e senza slogan. Accanto a ciò, il dovere di chi compie scelte politiche, di chi amministra, come di chi informa, è quello di non piegare tali dati per utilità diverse, ma di confrontarsi con essi per quello che stanno effettivamente a significare.
Ed è in definitiva per questo che, partendo dai dati scientifici (seri, obiettivi e misurabili) e conoscendo il rigore laico dell’oncologo Veronesi, in una situazione compromessa come quella milanese, speriamo che egli non accetti di veder accostare impropriamente il suo nome a tesi “buoniste” e auto-assolutorie che appaiono quantomeno superficiali ed erronee. Perché traffico e inquinamento restano, nei fatti, una delle prime emergenze, non solo nella nostra città. E nessuno può chiamarsene fuori.
Lo smog elisir di lunga vita?
Per la stima e l’ammirazione umana e professionale che nutriamo nei
confronti del prof. Umberto Veronesi, che conosciamo ed apprezziamo anche
per il suo impegno civico, ci permettiamo di intervenire rispetto a
quanto da lui affermato nei giorni scorsi a un convegno degli operatori
dell’automobile, organizzato dall’Aci.
Il professor Veronesi ha in tale sede dichiarato che l’inquinamento
atmosferico è responsabile soltanto del 2% dei tumori polmonari, al
contrario di alimenti e tabacco che, insieme, rappresentano il 75% delle
cause.
Questa affermazione corrisponde pacificamente a quanto da anni riporta
la manualistica in materia di fattori di rischio oncologico, ma, se non
correttamente interpretata, si presta facilmente ad essere
strumentalizzata per fini politici, soprattutto da parte di chi vuole negare i
perversi effetti prodotti dal traffico delle nostre città, o
frettolosamente equivocata nelle sintesi giornalistiche, che giungono difatti in
qualche caso ad affermare: “Lo smog non fa vittime” oppure “Veronesi riapre
il dibattito su polveri e blocchi delle auto: Il fumo peggio dello
smog”, o ancora “Veronesi assolve lo smog”.
E’ facile ritenere che tali affermazioni, già udite in altre
circostanze, in questo caso abbiano forse risentito di una ulteriore
amplificazione probabilmente legata anche al contesto in cui sono state rese: uno
studio delle case automobilistiche sulle responsabilità degli agenti
inquinanti, specialmente del particolato fine.
Riteniamo quindi opportuno esprimere pure una nostra (assai più
modesta) riflessione, come associazione ambientalista.
Pur con la legittimità che ogni opinione ha in un dibattito, non
pensiamo infatti che sia utile un rincorrersi di affermazioni le une
contrapposte alle altre, dove, su problemi gravi, si dice tutto e il contrario
di tutto.
L’inquinamento nuoce oppure no? Ci avvelena o no? E’ un fattore
negativo o appare invece desiderabile?
Per essere corretti, dunque, bisogna cominciare a osservare che i
valori citati dal professor Veronesi sono delle medie riferite ad aree molto
ampie, ad interi Stati e non, invece, a zone di inquinamento ad elevata
intensità, come è l’area urbana milanese. Sono cioè valori complessivi
e non dati puntuali. Richiedono quindi molta cautela nel loro utilizzo
in chiave interpretativa di realtà specifiche. Basti pensare che stime
prudenti, riferite alla esposizione in aree ad alto inquinamento
atmosferico, come Milano, indicano una incidenza causale di patologie
tumorali intorno al 12%.
E’ peraltro evidente che la parola “cancro” non va usata solo come
spauracchio per incutere terrore. Ed è altrettanto evidente che il tumore,
pur con il suo carico di stigma sociale, non è l’unica patologia dalla
quale doversi difendere.
Sfuggiamo pure alle “facili correlazioni” e partiamo quindi da un
punto, che speriamo non più controverso: traffico e inquinamento incidono
pesantemente sulla “qualità” della vita di tutti i cittadini, prima
ancora che sulla “quantità” di vita.
Sono innegabili i costi individuali e sociali, diretti e indiretti, che
il traffico genera: quanto tempo perso, quanti soldi, quanto stress,
quante malattie psicofisiche, (ma anche quanti incidenti, quanti feriti,
quante vittime)? Quanto costa alle casse dello Stato e alle nostre il
traffic jam, l’ingorgo che ci assedia ogni giorno?
Sul versante inquinamento non ci sembra che la situazione sia più
rosea: comunque la si voglia vedere, vivere in un ambiente inquinato, a
prescindere dal fatto che esso accorci o no la nostra esistenza, ci logora,
ci fa stare male, ci costringe a vivere male, aumenta intensità e
frequenza di molte patologie, moltiplica il disagio sociale, rende anche il
nostro futuro assai meno desiderabile.
E, parlando di inquinamento (di cui quello atmosferico è una parte),
neppure ci si può dimenticare che alcuni agenti inquinanti sono spesso
ampiamente sottovalutati, in qualche caso neppure del tutto conosciuti
nei loro effetti, e investono tutti i nostri sensi: non esistono solo le
polveri sottili, il particolato fine che inaliamo ad ogni atto
respiratorio, di cui leggiamo quotidiani bollettini che suscitano un allarme
che, con clamori alterni, si stempera in un senso di impotenza, ma anche
idrocarburi, gas, rumore, eccetera.
Meglio allora inalare un tot di polveri sottili o fumarsi una
sigaretta?
Se non si vogliono assecondare inopportune confusioni, è bene dire
chiaro che un conto è scegliere di fumare, essendo ormai consapevoli della
gravità del danno che il fumo infligge; un altro conto è subire, essere
costretti a respirare un’aria resa mefitica, anche se, per mera
ipotesi, meno dannosa della sigaretta che si è magari scelto di non fumare.
Ma veniamo infine all’argomento scientifico da cui è nata questa
riflessione: assodato che la qualità della vita dei cittadini comunque ne
risente, è proprio vero che l’inquinamento atmosferico prodotto dal
traffico, nella fattispecie quello da polveri sottili, non ha tuttavia
conseguenze mortali provate sul piano medico-scientifico ed epidemiologico?
Gli studi condotti a livello internazionale indicano ormai chiaramente
che una correlazione c’è. L’inquinamento è dunque un fattore patogeno
(si pensi alle malattie a carico dell’apparato respiratorio e
cardiovascolare), nonostante che la sua efficacia nel causare malattie tumorali
appaia inferiore a quella di altri agenti. Ma questo, di per sé, non
significa nulla: certamente non vuol dire che si debba abbassare
l’asticella nella lotta al traffico e all’inquinamento. Anzi.
Il bello della scienza è che essa è libera: è libera di discutere e
addirittura capovolgere qualunque assunto, non importa quanto consolidato,
senza veli dogmatici, ma ha anche il dovere di essere sempre critica
verso sé stessa.
La libertà della scienza, perché continui ad essere strumento di
ragione, ha un vincolo ineludibile: quello di ancorarsi ai dati, di
dimostrare le proprie tesi, di confrontarsi in modo aperto e senza slogan.
Accanto a ciò, il dovere di chi compie scelte politiche, di chi
amministra, come di chi informa, è quello di non piegare tali dati per utilità
diverse, ma di confrontarsi con essi per quello che stanno
effettivamente a significare.
Ed è in definitiva per questo che, partendo dai dati scientifici (seri,
obiettivi e misurabili) e conoscendo il rigore laico dell’oncologo
Veronesi, in una situazione compromessa come quella milanese, speriamo che
egli non accetti di veder accostare impropriamente il suo nome a tesi
“buoniste” e auto-assolutorie che appaiono quantomeno superficiali ed
erronee.
Perché traffico e inquinamento restano, nei fatti, una delle prime
emergenze, non solo nella nostra città. E nessuno può chiamarsene fuori.
Eugenio Galli (presidente Fiab CICLOBBY onlus)