.: Democrazia e cittadinanza
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Inserito da il Inserito da Vincenzo Giudice il Gio, 05/01/2006 - 12:55
Il passaggio dei Comuni e delle Province dalla forma di governo “parlamentare” a quella “presidenziale” con premio di maggioranza per la coalizione collegata al candidato Sindaco o Presidente, eletto direttamente dai cittadini se, da un lato, ha garantito stabilità alle Amministrazioni locali, dall’altro, ha esaltato in misura forse eccessiva il ruolo dello stesso Sindaco e Presidente nei confronti delle Giunte e dei Consigli comunali e provinciali.
A mio modesto parere, infatti, l’asserita maggiore efficienza / efficacia delle istituzioni locali, dovuta alla stabilità politica assicurata dalla predetta forma di governo, non può né deve entrare in collisione con le istanze democratiche delle comunità amministrate, eliminando insieme a quasi tutti i controlli amministrativi esterni anche ogni forma di controllo politico. Alla lunga, verranno meno anche l’efficienza e l’efficacia degli Enti, con gravi rischi anche per la legalità.
Allego la relazione prodotta il 16 novembre 2005, nel corso dell'Assemblea Nazionale dei Presidenti dei Consigli provinciali, che si è tenuta a Milano, durante la quale, tra gli altri argomenti, si è discusso de "Il deficit di democrazia delle assemblee elettive".
Vincenzo Giudice
Presidente del Consiglio Comunale di Milano

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Inserito da il Inserito da Elisabetta Pellarin il Mar, 03/01/2006 - 09:16

mi ero ripromessa, assai delusa dal (fin qui) livello di interazione in copia incolla del candidato Fo, di lasciar perdere con i miei interventi su Comunalimilano2006.

Oggi mi accorgo di un'altra piccola "stortura", che mi dispiace, visto il candidato, ancora di più.

Avevo inviato al sito di Bruno Ferrante una mail minima, semplicemente il disegnino a "dito e touchpad" improvvisato sulla lavagna di un paint di Capodanno in segno augurale per Milano, e per il mio candidato, che vi lascio qui sotto.

Mi sono resa conto, purtroppo, che viene operata una "scelta di interventi", e, tra questi, il mio non è stato pubblicato. Non conosco i criteri. Dato che non possono essere solo quelli della semplice civiltà e cortesia (vedrete il mio tono) mi chiedo quali siano in effetti e aggiungo che se il candidato - in un giorno lontano!- fossi io, lascerei board libero a tutti per poter conoscere a fondo il gradiente di "affetto"  politico che si sta creando attorno alla mia (eventuale...eventuale....) candidatura.

 
Spero di avere qui una risposta, che certamente non sarà, da parte del candidato Ferrante - ben conosciuto per la sua correttezza e disponibilità al dialogo - in un triste e scialbo copia incolla, e neppure limitata al mio piccolo caso: le basi di una comunicazione trasparente e biunivoca sono fondamentali per quella che io ritengo essere un'azione politica condivisa e utile alla città che amiamo.

 
Elisabetta Pellarin 

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Inserito da il Inserito da Giampaolo Artoni il Lun, 02/01/2006 - 19:33

Berlusconi da Vespa spara numeri, Albertini invia a tutti i milanesi i "numeri" della sua amministrazione, non c'è politico che non sia attratto dal citare una percentuale, qualsiasi feed back ti (s)consola con numeri. E le parole? Non esistono più davanti al dato per eccellenza: il numero. Davanti al numero qualsiasi possibilità dialettica capitola. Il bello è che tutti questi numero li può controllare nessuno. Se qualcuno intendesse prendersi la briga di controllare i "numeri" nella comunicazione quotidiana avremmo qualche bella sorpresa: ma non preoccupiamoci, la possibilità che questo accada è, per fortuna dei parlatori, assai remota. Solo su macro numeri, facilmente verificabili, arriva in soccorso la dialettica per la quale il peso di una percentuale o di un valore varia a secondo di come e di chi tratta l'argomento. Speriamo la campagna elettorale non sia fatta a suon di numeri ma da parole che meglio illustrano le idee comprensibili da tutti.

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Inserito da il Inserito da Elisabetta Pellarin il Lun, 26/12/2005 - 10:29

sono in disaccordo sulla definizione della categoria della moderazione per come appare nel discorso di Fo alla città.

 

vi sarei grata se poteste fargli arrivare questa mia.

Caro Dario,

innanzitutto: io non sono [....ancora, chissà mai ... :-)  ...] un Nobel e non sono una smoderata.

Quindi parto gravata da pesanti penalità, rispetto a quelli che indichi come punti di forza per fare la storia della città.
Ti chiedo: il valore opposto della smoderazione è la moderazione?
E in aggiunta: che cosa è veramente “moderato” o invece“smoderato”?

Allora provo a dirti la mia:

chi è forte con i deboli e debole con i forti è un uomo senza midollo, una vergogna, un probabilmente corrotto, un venduto, un estremista del Male (politico): altro che moderato.
Chi finge di risolvere i problemi senza affrontarli è un infingardo, un cultore del pensiero debole: altro che moderato
Chi chiude gli occhi sulle speculazioni edilizie è perché li ha invece ben aperti sul panorama delle proprie tasche e degli amici potenti da accontentare: altro che moderato.
Chi caccia gli inquilini dalle case del centro, e le rivende ai magnati della speculazione, è un amministratore senza lungimiranza, uno sciocco senza rimedio, un amante degli affari estremi e delle bolle (immobiliari) da Guinness: altro che moderato.
Chi trasforma in un ghetto le periferie è attore e portavoce delle politche destre più estreme, esecrabili e pericolose: non è un moderato.
Chi accetta una scuola per i ricchi e una per i poveri è un ignorante, un analfabeta della storia e della politica, e come lo zero “in condotta politica” che si merita, fattore di annullamento di ogni forza, di ogni progetto, di ogni cambiamento possibile.....non è un moderato.
Chi lascia intristire la città, e applaude ai grattacieli è un cretino senza rimedio, e, come tu ben saprai, il cretinismo non è un indice di moderazione.

Chi temerà di dispiacere ai cittadini che contano sarà un vanesio e un insicuro, un soggetto con debole psiche: altro che un moderato.
Chi non concederà la parola a quelli che non hanno voce sarà un dittatore, e, come tale, non è un moderato.
Chi non cambierà mai nulla è un uomo senza futuro, forse senza un passato, non è nulla, è proprio un niente: e come tale non è un moderato.
Chi non risolverà il problema dell’inquinamento di Milano, non salverà i polmoni da settantenni dei bambini di 5 anni è l’Everest dell’irresponsabilità, e, come tale, non è un moderato.
Chi non ci libererà dal traffico, dal milione di automobili spernacchianti che hanno trasformato la città in una camera a gas sarà il corresponsabile omicida di una quantità di evitabili morti innocenti: non è un moderato.

Chi invece continua più a protestare attenzione che dar voce ai suoi concreti programmi, chi gioca (to play) sulla politica spettacolo e sullo spettacolo della politica, che è come dire - per la proprietà commutativa - che cambia l’ordine degli addendi ma non il loro triste risultato, non è certo un moderato, ma, più probabilmente, una persona di cui io non condivido il progetto e il senso di responsabilità che mostra, e che a questo punto certamente non voterò.

Elisabetta Pellarin

(che ti era seduta accanto alla “Morte accidentale di un anarchico” all'Elfo, e che si è congratulata con te alla fine dello spettacolo per il tuo eccezionale senso del teatro, e la tua capacità assolutamente shakesperiana di trarre dramma, commedia e tragedia dal politico quotidiano)

 

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Inserito da il Inserito da Corrado Angione il Mar, 20/12/2005 - 12:51
Penso che una delle leve principali per facilitare i percorsi d'inclusione sociale degli gli immigrati, sia quello di riconoscere loro il diritto di voto, attivo e passivo.
Il tema deve essere affrontato da una legge del Parlamento.
Nel frattempo, il Comune di Milano può, a legislazione invariata, introdurre il diritto di voto per gli immigrati regolarmente residenti a Milano da un certo tempo, per esempio 3 anni, per gli organi del decentramento.
C. Ang.

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Inserito da il Inserito da Massimo Mario Andrea Boncristiano il Sab, 10/12/2005 - 11:07

L'articolo 7 della Costituzione Repubblicana sancisce che "lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani".

Nei giorni scorsi si è assistito ad un dibattito dai toni accesi e aspri che ha visto come protagonisti la Chiesa cattolica e il mondo politico italiano relativamente ad una eventuale modifica della legge 22 maggio 1978, n. 194 in materia di norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza. Più volte, in passato, non ultimo anche in concomitanza con il referendum sulla fecondazione assistita, la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha voluto intervenire su temi che hanno un forte impatto sociale.

La Chiesa cattolica ha senz’altro il diritto di esprimersi e di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, come del resto sancisce l’articolo 21 della nostra Carta Costituzionale, ma credo che lo debba fare rivolgendosi ai cattolici, alle loro coscienze, che certi strumenti/mezzi sono inadeguati specialmente se praticati senza una maturazione interiore dell'essere. Saranno i cattolici, con la loro testimonianza di vita, essere di esempio agli altri, casomai.
Nel Trattato sulla tolleranza universale del 1763 Voltaire offre all’umanità il vero significato di libertà di espressione, il più sublime: “Disapprovo ciò che dici, ma difenderò alla morte il tuo diritto di dirlo”.
A me non infastidisce e non mi destabilizza se nello Stato vige una legge che tutela l'interruzione volontaria della gravidanza, probabilmente cercherò di dissuadere, con motivazioni reali e concrete, mia moglie o la mia compagna, dal compiere questo gesto.
Io sono un cattolico praticante, sono fermamente contrario all’aborto, ma altrettanto fermamente convinto che uno Stato si dice civile quando garantisce, ai propri cittadini, diritti e libertà di coscienza e di agire.

Molti sono i motivi che giustificano la legalizzazione dell’aborto, tra questi:
a) il vietarlo non ne impedisce la pratica, la rende invece clandestina, costosa e pericolosa per le donne;
b) la maternità deve essere una scelta responsabile e consapevole.

Nessuno ha il diritto di intervenire minimante sulle motivazioni che portano una donna a compiere un gesto del genere. E' una questione di civiltà!
Però a tale proposito è bene ricordare che l’art. 5 della citata legge stabilisce che “quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante” i consultori e le strutture socio-sanitarie hanno il compito in ogni caso, “di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto”.

Comunque la scelta politico-legislativa di lasciare la donna unica responsabile della decisione di interrompere la gravidanza e' insindacabile da parte della Corte costituzionale, trattandosi di una scelta non irrazionale, coerente al disegno dell'intera normativa e, in particolare, all'incidenza - se non esclusiva sicuramente prevalente - dello stato gravidico sulla salute sia fisica che psichica della donna.

Spero che ci sia una discussione matura e responsabile su questo tema così delicato!

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Inserito da il Inserito da Vincenzo Giudice il Gio, 01/12/2005 - 17:51
Cari Cittadini,
con questo messaggio esordisco su Comunali Milano 2006, di cui condivido ed apprezzo l'obiettivo di stimolare il confronto sulla città, permettendo a chiunque di dare il proprio contributo di idee e documenti per far maturare proposte da sottoporre a coloro che si candideranno a vari livelli al governo di Milano per la legislatura che partirà nel 2006.
La Commissione comunale per la concessione delle Civiche Benemerenze del Comune di Milano ha deciso di assegnare, il 7 dicembre, l' "Ambrogino d'oro", tra gli altri, a Oriana Fallaci. Avrete letto sui giornali che in Consiglio Comunale il dibattito è stato molto "accesso".
Molti ignorano i criteri di assegnazione di questa benemerenza, per cui allego il documento ufficiale.

Mi piacerebbe conoscere il parere dei cittadini favorevoli e di quelli contrari a questa decisione.
Vincenzo Giudice
Presidente del Consiglio Comunale di Milano

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Inserito da il Inserito da Massimo Mario Andrea Boncristiano il Sab, 19/11/2005 - 11:14
Il compito principale di ogni amministratore deve essere sempre improntato ad un  impegno di qualità serio e responsabile, affinchè facciano ritrovare, in particolar modo ai giovani milanesi, il desiderio di essere sempre più cittadini che vivano la città in ogni sua espressione, compresa la politica. Sono le coscienze che devono essere toccate!!!

I giovani di Milano devono essere supportati nel ritrovare il giusto entusiasmo di impegnarsi per il bene comune con gli strumenti che la cultura, il diritto, la scienza, la tecnologia ed il progresso mettono a disposizione.

Sono convinto che ogni amministratore dovrà creare le condizioni, innanzi tutto con la propria testimonianza di vita, perché i giovani concepiscano che la politica non è assolutamente malcostume, ma è l’arte divina di governare con giudizio e senza discriminazioni di alcun genere.
Mi piace ricordare che politica non significa destra, sinistra o centro, ma politica è tutto ciò che si riferisce alla città.

E’ fondamentale il ruolo che il Comune ha per la risoluzione dei piccoli e grandi disagi sociali, anche quando essi non siano di competenza degli amministratori locali. In questi casi gli amministratori devono essere maggiormente impegnati attivando ogni procedura tesa alla risoluzione delle situazioni di disagio, facendosi anche carico anche di oneri.
Il comune, specialmente quello di Milano, ha una articolazione capillare in tutta la città con uffici e assessorati, con propri dipendenti in grado di prevedere, prevenire, monitorare e di aiutare concretamente chiunque si trovi in difficoltà.

E' necessario cambiare, specialmente dal punto di vista ideologico, il rapporto cittadini-Istituzioni che sia esclusivamente improntato sulla centralità e le necessità dell'individuo.

Milano deve ritornare ad essere una città adatta ad ognuno di noi ed in particolar modo per i più piccoli con la creazione di piste per biciclette e pattini, fontane e fontanelle per giocare con l’acqua, aree pedonali per giocare liberamente, marciapiedi larghi per camminare tranquillamente, percorsi protetti per poter andare a scuola da soli, idonei spazi condominali nei quali non sia vietato giocare, ludoteche, campi di soggiorno estivo, laboratori e computer appositamente attrezzati anche per bambini portatori di qualsiasi disabilità, istituzione di biblioteche ed infine consigli comunali aperti alle idee dei bambini, dei giovani, degli adulti e degli anziani.
Milano ha bisogno di poliche energetiche e ambientali sostenibili.

Ognuno di noi desidera tutto questo! 

Sono cosciente che chi è preposto ai vari livelli della pubblica amministrazione non possieda alcuna bacchetta magica, ma penso che nella gestione della vita sociale ed economica sia prioritario considerare innanzitutto i diritti dei cittadini, in particolare dei più deboli.

UNITI PER MILANO SI VIVRA' SENZ’ALTRO MEGLIO!
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Inserito da il Inserito da Rosanna Saija il Ven, 18/11/2005 - 10:25
Persone e istituzioni sono soggetti portatori di diritti e di doveri: ad un dovere del cittadino corrisponde un diritto delle istituzioni e viceversa. Ma diritti e doveri sono facce di una stessa medaglia anche nei rapporti interpersonali.
I cittadini chiedono che la vita della città migliori. Per ottenere questo, oltre a programmi e scelte che spettano alle forze politiche, credo che i cittadini debbano dare un contributo attivo ispirandosi ai valori del vivere in una comunità.
Esistono diritti di cittadinanza comuni a tutti ma esiste anche il dovere di esercitare questi diritti. Non mi riferisco solo al diritto di parola, di libertà, di giustizia da esercitare nei confronti dello Stato e degli altri cittadini, ma anche al diritto di voler vivere in una città accogliente, pulita, vivibile, sicura, con trasporti e servizi efficienti…E’ così che il diritto del cittadino diventa un dovere. Il dovere di contribuire nel suo piccolo, nel suo quartiere, a fare cose concrete e giuste, utili a sé e agli altri: c’è, in questo, il valore del gesto ma anche la trasformazione dell’uomo in cittadino, la consapevolezza che fare delle cose utili anche agli altri è fare una cosa utile anche a sé stesso.
Questo significa che i cittadini devono partecipare più attivamente, non solo con critiche ma anche con proposte, rivalutando senso civico e responsabilità civile, non solo solidarietà.
Questo significa avere rispetto degli altri, sotto tutti i punti di vista, guardare e sentire la città come cosa ( e casa) propria mettendo in rapporto interessi particolari ed interessi generali.
Rosanna Saija

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Inserito da il Inserito da Marco Gianfala il Mar, 15/11/2005 - 15:31

Qui stiamo cercando di costruire qualcosa insieme. Abbiamo la poco felice alternativa di pensare che il nostro punto di vista personale annegherà nell'indistinto delle opinioni personali e non servirà mai a nessuno, oppure che qualcun altro possa condividere il nostro punto di vista, rilanciarlo, far emergere affinità, prospettive, progetti.
Chiusa l'epoca delle grandi ideologie conviene ripensare all'azione sociale come un'azione che parta dal basso. I nostri bisogni personali, la famiglia, il piccolo gruppo, il gruppo allargato.
Qui siamo già nella fase del gruppo allargato. Ma per parlare la stessa lingua occorre riflettere su quello che stiamo facendo, perché lo stiamo facendo, perché ci piace farlo.
E se andremo nella stessa direzione potremo continuare a sperare.
Marco Gianfala

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