.: Discussione: A Milano altri episodi di omofobia. E' ora di dire BASTA

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Alessandro Rizzo

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Inserito da Alessandro Rizzo il 5 Dic 2009 - 10:36
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Gentile signor Bruno,

il fatto per cui ci siano delle persone meno oneste intellettualmente che potrebbero utilizzare strumentalmente norme di buon senso e di civiltà per altri fini non deve precludere l'esigenza di un'intera comunità universale di poter godere di diritti fino a oggi non riconosciuti. Non si può adottare l'aberrante concetto punirne uno per educarne cento: già oggi esistono norme di garanzia, soprattutto a livello procedurale penale, utilizzate strumentalmente da chi ha il potere e ne abusa. E' abbastanza all'ordine del giorno, me lasso, nelle cronache quotidiane. 

Lei asserisce "visto che sia in un mondo ideale che nel nostro l'esigenza di difendere i diritti di tutti i cittadini in egual misura (come garantito dalla costituzione) viene a coincidere e non credo sia il caso di stabilire categorie più o meno tutelate". Non ha mai sentito parlare di diseguaglianze positive? Di atti scriminanti positivi? Giusto ribadire che in alcuni casi eccezionali e di forte gravità, come quelli che viviamo quotidianamente nel nostro paese in cui l'omofobia sta raggiungendo livello persecutori inconcepibili per uno stato che si definisce europeo, la nostra giurisdizione prevede l'opportunità di costituire norme per categorie assicuranti a queste categorie più deboli misure e strumenti di garanzia che possano avvantaggiarli nel godimento di diritti e di opportunità finora a loro negate. Mi viene in mente il diritto del lavoro che garantisce il cosiddetto "favor debolis" nella parte contrattuale a favore, appunto, del lavoratore, parte più ricattabile.

Io rispetto la sua posizione che, però, non deve ledere la libertà altrui. Vede io penso che fino a oggi lo stato italiano si è trovato in una gabbia moralistica e perbenista, confessionale, per cui la legge divina, quella religiosa, quella del credo, si è fatta spesso legge dello stato, si è imposta ad altre morali laiche comportamentali. Chi eviterebbe e negherebbe il diritto di coloro i quali vogliono costituire una famiglia eterosessuale, non la definirei con la terribile qualità di normalità, a fini procreativi  qualora venissero riconosciute unioni civili e convivenze di fatto basate sull'amore reciproco e sull'affetto? Tante conquiste civili sono tutt'oggi ostaggio di ingerenze confessionali a livello legislativo: vediamo, per esempio, la questione della procreazione assistita. Ma se io permetto di vivere secondo il proprio credo o morale religiosa, o morale comportamentale, perchè non dovrebbero gli altri fare altrettanto riguardo al mio comportamento, se questo comportamento non lede nessuna altra sfera di libertà individuale?

Lei asserisce "Io voglio che le leggi esistenti siano applicate meglio o migliorate (per tutti) se necessari": ed è questo il punto le leggi esistenti devono essere migliorate in quanto una conquista civile per una determinata categoria, mi spiace ma la società attuale impone le categorie, è una conquista di civiltà per tutta la cittadinanza. Riconoscere i diritti civili per le persone lgbt, come riconoscere i diritti per le donne, significa migliorare la nostra democrazia, rafforzarla. I diritti umani in quanto prepolitici, pre giuridici, sono universali e come tali non sono "finiti", per cui se ne riconosco alcuni a categorie finora non beneficianti ne elimino altri ad altre categorie. Non sono competitivi. 

Non credo sia un'anomalia riconoscere alle famiglie senza figli dei diritti: credo che sia un riconoscimento della libertà totale di autodeterminare i propri rapporti. E poi, mi scusi, ma perchè, è lei che cade nella categorizzazione precostituita, suddividere in famiglie che possono "crescere" un figlio e famiglie che non possono farlo? Risulta da alcuni ultimi dati che le coppie omogenitoriali siano quelle che maggiormente esprimono un bisogno di filiazione. E' innaturale secondo lei questo elemento di fatto?

Lei dice: E' brutto affermare che questa incapacità sia una colpa, ma se viene protratta nel tempo lo diventa. Non credo che chi rivendica i propri diritti commetta una colpa. E' abbastanza assurdo come principio non trova? Lei delinea una colpa in alcune pratiche rivendicative magari genuine e spontanee, senza individuare la causa di tale malessere diffuso? Io penso che sia vergognoso che ci sia una situazione politica che legittima comportamenti spesso discriminatori, attraverso il proprio silenzio, la propria noncuranza, la propria disattenzione, una radicata sotto cultura che esprime emarginazione. Questa è una colpa: di chi governa innanzitutto e di chi è soggetto a una cultura di massa spesso discriminante e pregiudiziale.

 

Vede su alcuni punti possiamo discutere e mi piace farlo e proseguire. Un dialogo pacato e rispettoso è sempre piacevole. Ma rimango perplesso su alcune sue osservazioni. Per ultima 

"Trovo importante fare distinzione tra una legge per tutti e una legge per alcuni. Il problema dell'omofobia va risolto riflettendo sui motivi all'origine di quest'odio"

Questo è un concetto che ripete spesso e che rispetto, ma che non condivido per nulla, mi consenta. Esiste un'origine che possiamo pensare essere dovuta a una cultura italiana che si basa sul conservatorismo, sull'esclusione del diverso, spesso sulla perseguibilità dell'altro, molto spesso su un radicamento confessionale che vive di disumanità. L'essere civile come cittadino spesso non viene visto come persona: l'italia è arretrata su molte conquiste perpetrate da altri paesi. Non solo per i diritti delle persone lgbt, ma mi fa senso pensare che in Italia non esista ancora una legge che regoli positivamente il diritto di procreare anche per quelle coppie che non ne hanno la possibilità. Mi sovviene anche l'indecente norma sul tema delle droghe, basata sulla penalizzazione della vittima prima dell'utilizzo dei stupefacenti, trattandola come non persona, appunto.

Ce ne sarebbero di casi di esclusione. L'origine è in questa struttura culturale che vede i pregiudizi a fondamento della propria vita. Ed è qui che bisogna agire, cambiando la cultura, come avvenuto in Spagna da poco tempo e in modo brillante ed efficace.

Un cordiale saluto

Alessandro Rizzo

In risposta al messaggio di Bruno Alessandro Bertini inserito il 2 Nov 2009 - 19:32
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