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Inserito da Silvia Brexan il 4 Feb 2009 - 14:54
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Foto di gruppo in nero (Saverio Ferrari - Left - 30/01/2009) Dalla nuova Skinhouse di Bollate a Cuore nero, da Forza nuova a Patria e libertà l'estrema destra milanese e i suoi rapporti con Alleanza nazionale Il capannone è basso e grigio, delimitato da un muro, tra due palazzine. Fino a qualche tempo fa ospitava una carrozzeria. La via è senza uscita. Poco oltre i prati. Siamo alla periferia di Bollate, a Madonna in Campagna, in via Alfieri 4. È qui che il 18 ottobre scorso è stata inaugurata la nuova Skinhouse. La precedente esperienza, in via Cannero a Milano, nel quartiere Bovisa, si era conclusa dopo dodici anni a metà ottobre del 2006, causa i lavori per l’apertura della stazione di Dergano della linea tre della metropolitana. Anche in quel caso lo spazio era stato messo a disposizione da un privato, una costruzione inserita nell’area di un'ex officina, e a nulla erano valse le proteste dei cittadini che si erano costituiti in comitato per chiederne la chiusura a seguito dei concerti fino a tarda notte, con naziskin provenienti da diverse città, anche dalla Svizzera, con il contorno di inni fascisti cantati a squarciagola e montagne di lattine di birra ovunque. Eppure proprio da via Cannero il 7 agosto 2004 era partita una spedizione di teste rasate, con magliette nere con svastiche e aquile naziste, diretta ai Navigli dove aveva accoltellato sei giovani dei centri sociali, uno dei quali rimasto per giorni tra la vita e la morte. Lo stesso pubblico ministero Luisa Zanetti nella sua richiesta di custodia cautelare nei confronti dei partecipanti al raid squadristico aveva sottolineato come la “Skinhouse di Milano” fosse una “base per ritrovarsi, per organizzarsi, per riunirsi, per pianificare e decidere gli atti aggressivi e intimidatori (quali risse, lesioni, danneggiamenti, furti, devastazioni, incendi)”, un “luogo di partenza per le spedizioni punitive e per rifugiarsi al termine delle stesse”. Il 13 dicembre dello stesso anno, nel corso di una perquisizione erano anche stati sequestrati coltelli, bastoni, mazze da baseball e catene. THE HAMMERSKIN NATION In Italia la “fazione madre” degli Hammerskin è da sempre quella milanese. Ora ha anche riaperto la sede. Una cinquantina i militanti, compresi gli aderenti ad Ambrosiana skinheads e a Brianza skin, due gruppi locali ora federati agli Hammer. Agli Ambrosiana skinheads fa ancora riferimento quel Riccardo Colato, detto “Riki”, già condannato per un raid a Bari, il 3 gennaio 2006, dove si trovava in vacanza, contro un pub frequentato da gay. Denunciato per discriminazione razziale e danneggiamenti, assieme ad altri cinque, ebbe il foglio di via con l’ordine di non tornare più nel capoluogo pugliese per tre anni. Ogni “fazione” deve essere composta da almeno sei membri, ma per diventare Hammerskin, e cioè entrare in quella che i suoi promotori considerano “l’élite dell’élite” del movimento naziskin, è necessario seguire una lunga trafila: essere presentato da un altro membro e prestarsi a un periodo di prova che dura almeno quattro anni. Successivamente si è sottoposti a riti iniziatici. Si parla di pestaggi ai danni di immigrati e di lotte con il coltello contro cani da combattimento. Solo alla fine si potrà ricevere la toppa e tatuarsi su una parte visibile del corpo, collo o avambraccio, il simbolo con i due martelli in marcia mutuato dal film, di cui si rovesciano il senso e le intenzioni, di Alan Parker, The Wall, del 1982, basato sulle musiche dell'omonimo album dei Pink Floyd. Il doppio martello nell'immaginario degli Hammerskin rappresenterebbe l'arma per abbattere i muri che proteggerebbero le minoranze etniche e religiose. Surreali, in questo contesto, le dichiarazioni di alcuni esponenti della Skinhouse rilasciate a un giornale locale: “Noi non siamo assolutamente nazisti e nessuno di noi ha mai avuto denunce per aggressioni”. Ma è sufficiente entrare nella sezione eventi del loro sito per imbattersi subito nell’effige di un manifesto del 1944 utilizzato per il reclutamento nelle Ss italiane, seguito da una locandina dedicata agli “Eroi della Rsi” che invita a un pellegrinaggio al Campo X del Cimitero Maggiore a Milano, dove sono stati sepolti alcuni dei più importanti gerarchi del fascismo, tra gli altri Alessandro Pavolini e Francesco Maria Barracu. È possibile poi visionare un poster a firma “Italia Hammer Skinheads” con tanto di saluti romani, ma anche una foto scattata in occasione dell’Hammerfest del 2007, il più importante raduno internazionale del gruppo, con la bandiera di guerra del Terzo Reich con il doppio martello al posto della svastica. Fino a qualche tempo fa compariva anche l’istantanea di uno striscione esposto allo stadio di San Siro in favore della liberazione di “Norberto”, cioè Norberto Scordo. La storia è questa: la scorsa estate, essendo rimasta ancora vacante la carica di capo degli Hammer, dopo la scelta del vecchio leader Alessandro Todisco, detto “Todo”, di impegnarsi a tempo pieno in Cuore nero, si era deciso di affidare temporaneamente le redini del gruppo a un triumvirato. Tra loro anche Norberto Scordo, già condannato insieme ai due fratelli Todisco, Alessandro e Franco, per aver aggredito a martellate nel 1992 due giovani, un ragazzo e una ragazza di 18 anni, usciti dal Centro sociale Leoncavallo. Neanche il tempo di insediarsi che Scordo, a seguito di un’altra aggressione ai danni di alcuni punkabbestia, il 19 luglio, alle colonne di San Lorenzo, è finito dietro le sbarre, processato e condannato a sei mesi per direttissima. È uscito solo qualche settimana fa. CUORE NERO BREWERY DIASPORE Il piccolo arcipelago dell’estrema destra milanese vive comunque una fase di stallo. Forza nuova vivacchia con le solite iniziative che si tengono al cosiddetto Presidio di piazza Aspromonte 31, a metà tra una sede e un pub. Pochi gli appuntamenti culturali: uno dei più pubblicizzati qualche mese fa, in marzo, riguardava una “serata in onore” di Leon Degrelle, l’ex generale belga comandante di una Divisione delle Waffen Ss. È qui, comunque, che il 17 maggio scorso gli Hammer hanno potuto tenere un loro concerto di nazirock dopo il divieto, giunto a seguito delle numerose proteste, di suonare alla palazzina Liberty. Forza nuova a Milano ha fatto ultimamente parlare di sé solo per alcuni volantini e striscioni minacciosi nei confronti degli extracomunitari, distribuiti a fine settembre al liceo linguistico Manzoni di via Rubattino, in zona Ortica, confinante con un dormitorio di proprietà dei “Martinitt”, ospitante una ventina di ragazzi magrebini e kossovari fra i 14 e i 18 anni. Ma il gruppo, ormai composto solo da una trentina di fedelissimi guidati da Duilio Canu, continua a perdere pezzi. L’ultimo ad andarsene, per far ritorno, sembrerebbe, alla Lega nord, è stato Remo Casagrande, uno dei più famosi squadristi di Milano negli anni Settanta. La Fiamma tricolore e La Destra, nella quale sta confluendo a livello nazionale il Fronte sociale nazionale di Adriano Tilgher, a Milano città praticamente non esistono più, anche se ufficialmente sono ancora rappresentate rispettivamente da Attilio Carelli e Roberto Perticone. In particolare La Destra, nel giro di pochi mesi, ha subito un vero tracollo. A sbattere la porta per prima è stata, agli inizi di marzo, Carla De Albertis, ex assessore comunale alla Salute, in quota ad An, silurata nel novembre 2007 dal sindaco Moratti per la sua opposizione all’Ecopass, poi Barbara Ciabò, consigliera comunale passata in novembre a Forza Italia. In ottobre ad abbandonare il partito, con un durissimo comunicato, era stata invece l’intera organizzazione giovanile de La Destra, Gioventù italiana, con l’ex responsabile Vincenzo Sofo in testa. Presenze solo virtuali sono al momento anche quelle formatesi a seguito di questa diaspora, dal Movimento per l’Italia di Daniela Santanchè, che aveva lasciato il partito di Francesco Storace ancor prima del congresso di novembre, a La vera destra del Nord di Carla De Albertis, per arrivare a Destra federale, animata da Carmelo Lupo, consigliere circoscrizionale di zona 4. Così dicasi per Destra libertaria di Luciano Buonocore, uno dei leader della cosiddetta Maggioranza silenziosa nei primi anni Settanta, che nelle ultime elezioni politiche, pur essendo tra i dirigenti nazionale de La Destra, improvvisamente dopo un incontro con Ignazio La Russa lanciò un appello di voto in favore del Pdl al Senato. Qualcuno, come Roberto Jonghi Lavarini, mai smentito, parlò in un blog d’area di una somma di 35 mila euro finita nelle tasche di Buonocore e di un appalto di MilanoSport a uno dei figli. Comunità in movimento, la sigla dietro la quale si sono aggregati Lino Guaglianone e il suo gruppo, dal canto suo, risulta inattiva dal 28 maggio, giorno della sua presentazione. PATRIA E LIBERTÀ SENZA CONFINI |
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