.: Discussione: E-participation: io sono un cittadino che ancora "ci crede"

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Alessandro Rizzo

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Inserito da Alessandro Rizzo il 9 Gen 2009 - 18:06
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Un altro esempio di e-participation da porre a confronto, l'Emilia Romagna, entrata a fare parte della Rete demo.net, che unisce le varie realtà locali della Pubblica Amministrazione che hanno adottato gli strumenti della e-participation: dal Meeting on-line regolato alla Web Map, dall'Anagrafe alla Certificazione, al Progetto E 21.

Alessandro Rizzo

 

Fare rete sul tema dell'e-participation: Partecipa.net affiliato a DEMO-net

22/02/2007 - Nel settembre dello scorso anno la Regione Emilia-Romagna, con il progetto Partecipa.net, è entrata a far parte di DEMO-net, il network europeo di eccellenza nel campo della e-participation. Quando ci si occupa di un argomento così innovativo, diventa fondamentale "fare rete", scambiare esperienze, conoscenze e best practices con chi, nel panorama europeo, affronta le nostre stesse tematiche.

Per avere uno sguardo sull’e-participation, le tendenze in atto, i problemi e le possibili soluzioni, abbiamo intervistato la Dott.ssa Anna Carola Freschi, dell’Università degli studi di Bergamo e membro del Network europeo di eccellenza sulla e-participation.


Da alcuni mesi la Regione Emilia-Romagna, con il progetto di e-democracy Partecipa.net, è una delle istituzioni associate a DEMO-net, un network europeo che lavora sui temi della e-participation.
Dott.ssa Freschi, perché nasce DEMO-net e quali sono le sue finalità?

Demo-Net è un progetto finanziato dalla DG Information Society per favorire la cooperazione fra ricercatori e operatori pubblici e privati attivi nel campo della sperimentazione e dello sviluppo di strumenti digitali a sostegno della partecipazione dei cittadini alla vita delle istituzioni politiche. Il network unisce 20 istituzioni fondatrici, e un gruppo crescente di partner istituzionali, associativi e privati. E' possibili affiliarsi alla rete anche come esperti o ricercatori individuali. Il campo della e-participation è in effetti molto frammentato, c'e' bisogno di fare rete sia a livello di sviluppo della ricerca che in tema di scambio di esperienze. L'integrazione della ricerca, che soffre in tutti i paesi, ma in modo accentuato in Italia, di una grande frammentazione purtroppo accentuata dal fatto che si tratti di un campo interdisciplinare, e lo scambio di esperienze fra operatori sono i principali obiettivi del network.

Che cosa si intende per e-participation?

Con questo termine si vuole sottolineare una dimensione specifica della e-democracy. Non ci si concentra più sul voto elettronico o il sondaggio per intenderci, ma sui processi di formazione delle preferenze, di loro trasformazione, di proposta e di definizione dell'agenda che possono vedere i cittadini protagonisti con e anche prima che le istituzioni e gli attori classici della politica assumano un ruolo. Per e-participation quindi si intende un vasto campo che comprende l'uso dei media digitali tanto nella politica istituzionale che quella 'informale' oggi in espansione a fronte delle difficoltà del sistema politico nell'assolvere le sue funzioni di intermediazione della  domanda politica espressa da una società sempre più complessa.

Quando si parla di e-participation, e-goverment, e-democracy in Italia si è tutti concordi sul fatto che, pur avendo molti casi di eccellenza, è mancato il “sistema-paese”: molti progetti validi ma slegati fra loro, tanta frammentazione e discontinuità. Una policy, come lei ha detto in occasione del TALeP, (il convegno sull’e-participation svoltosi a Pisa il 27 e il 28 novembre 2006), settoriale e isolata da altri interventi fondamentali per la democrazia. Come correggere la rotta?

Non è un obiettivo facile. Certo sarebbe necessario un approccio che rompesse le barriere dell'intervento settoriale, che integrasse l'azione sul versante delle politiche delle telecomunicazione, dell'istruzione e della ricerca, di riforma istituzionale, di cittadinanza, di modernizzazione della PA con quelle dell'innovazione tecnologica in senso stretto (in particolare e-gov) e dell'inclusione sociale e digitale. Tenendo conto dei diversi livelli istituzionali coinvolti e della necessità di procedere attraverso tavoli che coinvolgano non solo i diversi settori della PA, ma anche la società civile.

Sempre durante il suo intervento al TALeP, lei ha affermato che più che sull’offerta dei servizi ai cittadini, occorrerebbe soffermarsi sull’uso che ne viene fatto da parte loro. Alla luce anche dei dati in suo possesso, come giudica la risposta dei cittadini italiani impegnati in queste sperimentazioni?

Questo è un punto secondo me molto importante. C'e' molta attenzione sulla quantità di servizi offerti dalle PA, con attenzione anche al loro potenziale di interattività con il cittadino; ma il rischio è che all'offerta non corrisponda l'uso o a volte che una cattiva gestione dei servizi possa allontanare i cittadini, accrescere la loro delusione e sfiducia. Il problema è quindi offrire servizi di buona qualità e valutare le performance su questo parametro piuttosto che sulla mera offerta.

Come le ICT possono sostenere le esperienze partecipative?E in che modo è possibile evitare che queste, anziché allargare l’arena della partecipazione, creino nuovi divari?

E' molto importante non partire dall'idea, tanto diffusa nel recente passato, che la partecipazione si debba o si possa 'virtualizzare'. E' necessario abbandonare un approccio sostitutivo, del resto riduttivo rispetto alle opportunità che derivano da una integrazione fra online ed offline. L'ICT è oggi uno strumento chiave a sostegno della partecipazione nella misura in cui riesce ad intrecciarsi con i canali tradizionali. Questo è un modo sensato per tenere insieme cittadini diversi per accesso alla rete e modalità di partecipazione, avvicinandoli fra loro, avvicinandoli ai nuovi mezzi sulla base di una effettiva utilità. Sono molto convinta che vada seguita questa strada e che sia imprescindibile la scala locale e diretta (in presenza) della esperienza di partecipazione.

L’e-democracy viene spesso presentata come un antidoto alla crisi del sistema della rappresentanza in Italia, al disincanto con cui molti guardano alla politica e alla scarsa partecipazione dei cittadini al processo di policy making, nonché come la possibilità di ricreare in uno spazio virtuale, quella “community”, quel sentirsi parte di un territorio, che si è andato perdendo.
Ma non c’è il rischio di creare nuovi individualismi?Inoltre, proprio perché tutti possono dire la loro, rappresentando anche solo se stessi, non si arriva al paradosso per cui poi è impossibile decidere? 

La democrazia non è mai stata facile, anche quando la società era meno complessa di quella di oggi, una società globale dell'incertezza oltre che del rischio. Ne' possiamo aspettarci che il problema della democrazia oggi possa essere risolto solo dalla tecnica, perché appunto non siamo davanti ad una sfida meramente tecnologica. I processi di individualizzazione della vita sociale indubbiamente sono una componente importante della trasformazione, ma non possiamo neppure sottovalutare l'emersione di nuove forme di partecipazione e di identità collettiva, che si raccolgono attorno a proposte di contenuto e di portata appunto non meramente particolaristica, ma piuttosto pongono sfide sostanziali in termini di alternative politiche, di modelli di razionalità diversa. L'uscita dal paradigma organizzativo della società fordista verso altre forme di coordinamento/controllo, un processo avviato da qualche decennio, ha anche nella sfera politica importanti conseguenze.


A cura di Michela Monacelli

 

fonte: http://www.partecipa.net/wcm/partecipanet/news/news_demo_net.htm

 

In risposta al messaggio di Alessandro Rizzo inserito il 31 Dic 2008 - 12:31
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