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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 21 Maggio 2009 - 11:02
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Da Milano 2.0:

Il Cardinale Tettamanzi interviene sulla moralità di Milano. Letizia Moratti risponde
Pubblicato da Matteo Failla, Blogosfere staff alle 11:03 in Milano arte e cultura, Milano cronaca, Milano politica

Per il cardinale Tettamanzi Milano non ha più un'anima. Per Letizia Moratti l'anima c'è, eccome, ma è mutata nel tempo. Chi ha ragione? Possiamo trovare una via di mezzo per non dover dare ragione all'uno o all'altro? Oppure dobbiamo schierarci? Liberi di farlo. Se proprio dovessi scegliere tra le due affermazioni qui sopra direi che quella di Tettamanzi mi pare leggermente più azzeccata. E penso anche al discorso che riguarda i giovani milanesi. Ne abbiamo parlato spesso qui su Milano 2.0.

Certo, bisogna capire cosa si intende per anima di una città. No perchè è bene ricordare che il cardinale parla da cattolico e ha principi che possono anche non essere condivisi. Insomma, se la mutazione della città appare quasi innegabile resta da stabilire cosa sia cambiato e dove si stia andando.

Aspetto le vostre riflessioni, i commenti qui sotto sono disposizione, vorrei però prima riportare le affermazioni di Tettamanzi e la risposta di Letizia Moratti, affidata al Corriere. E nell'intervista al sindaco i punti che riguardano l'Expo sono decisamente interessanti.

Tettamanzi afferma (qui l'intervista completa):

Una città smarrita, frantumata, in­cattivita. Cadono i miti in questa Milano con poco orgoglio e molte paure. Era la città dell’accoglien­za. Oggi si discute di apartheid in metrò. Soffia un vento di intolleranza: e a volte il Duomo sembra un fortino assediato. Tempo fa sventolava uno stri­scione della Lega: «Vescovo di Kabul». C’è chi esa­gera, anche con le minacce. Il cardinale Dionigi Tettamanzi considera gli im­migrati una risorsa e parla a una città che ha perso un po’ della sua anima. «La diversità è sempre un problema — dice — ma noi dobbiamo avere la vi­sta lunga dei profeti, preparare il domani. L’inte­grazione è più avanti di quel che si pensi: basta im­parare dal mondo dei ragazzi, recuperare un po’ della loro saggezza». C’è una paura che nasce dal­l’egoismo, dall’assenza di visione. «Alla Milano di oggi manca la consapevolezza del suo ruolo, della sua responsabilità verso i propri abitanti e il Paese, della sua vocazione europea». Non c’è futuro senza solidarietà, gli ha scritto una giovane studentessa. La lettera è diventata il titolo del suo ultimo libro. Con la crisi bisogna ri­tessere tessuti sociali sfilacciati, riscoprire la so­brietà, lavorare per una convivenza più umana. «Dobbiamo assumerci tutti le nostre responsabili­tà — spiega — chi non lo fa non è solo inutile, è anche dannoso». La notte di Natale ha messo a di­sposizione dei nuovi poveri e di chi ha perso il po­sto qualcosa di suo e poi ha detto: ai poveri le case dei preti. Certi immobili del clero sono troppo grandi, possono essere usati da chi ha più biso­gno. È il concetto del buon samaritano. Si sono per­se queste pratiche solidali nella città di Milano? «No. La solidarietà non si è persa a Milano. Ne ho prove concrete. Il Fondo Famiglia-Lavoro ha raccolto in poco più di quattro mesi 4,3 milioni di euro tra la gente. E al tempo stesso nelle parroc­chie sono state donate ingenti quantità di denaro per i terremotati d’Abruzzo, in Quaresima dalle mille comunità della Diocesi sono scaturiti senza clamore altrettanti rivoli di solidarietà che hanno dissetato i bisogni di tanti poveri assistiti dai mis­sionari ».

Letizia Moratti risponde (qui l'intervista completa. Di questa intervista riporto qui sul blog la parte che riguarda l'Expo).

«Raccogliamo la sfida del nostro cardinale. Siamo pronti a dare il nostro contributo per fare sistema: con una raccolta di idee per la città e valorizzando il molto che già esiste». Letizia Moratti scorre l'intervista dell'arcivescovo Dionigi Tettamanzi e ad un tratto scuote la testa: «Questo no. Condivido molti passaggi dell'analisi dell'arcivescovo, ma non si può dire che Milano abbia perso la sua anima. Milano ha un'anima molto radicata, ha risorse molto grandi, ha consapevolezza del proprio ruolo e della propria missione». Signor sindaco, l'arcivescovo Tettamanzi si chiede se esista ancora la borghesia milanese. Cosa gli risponde? «La borghesia esiste ancora e fa ancora la sua parte, pur restando nascosta. Ma Milano oggi ha nuovi protagonisti, che sono cresciuti e si sono imposti di pari passo con la trasformazione della città. E in questi nuovi protagonisti vedo la volontà di partecipare al bene comune».

Quindi, i milanesi ci sono?
«Certo. E ci hanno sostenuto anche nella vicenda di Expo: singoli cittadini, associazioni, imprenditori, banche e fondazioni. Milano c'è e ci crede».

Anche il cardinale riconosce che Expo sia un'occasione: ma l'impasse di questo anno? «C'è un'altra Expo oltre a quella raccontata dai media, che si concentrano sui problemi della governance e dei fondi. Ci sono accordi, paesi che hanno avviato progetti grazie al nostro contributo: Milano si riconosce in questo».

Tettamanzi dice: «Occorre ricondurre tutte le scelte amministrative ad una grande, organica visione di città». Manca la visione?
«Manca, come ben spiega il cardinale in un altro passaggio, la capacità di fare sintesi. Mi spiego: è riduttivo parlare per compartimenti stagni e pensare all'ambiente, poi al sociale, poi alla cultura. Ci sono tanti fili e a noi spetta il compito di intrecciarli: per questo accettiamo la sfida e pensiamo a 50 progetti. Diamoci l'obiettivo del 2015, anno di
Expo. Raccogliamo le 50 idee più significative che possano caratterizzare la nuova Milano. Accanto, però, diamo visibilità a 50 realtà che già esistono: è il nostro modo per far vivere e crescere la speranza, seguendo il monito di Tettamanzi».

In risposta al messaggio di Oliverio Gentile inserito il 20 Maggio 2009 - 21:57
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