.: Discussione: Gli alloggi popolari di via Feltrinelli: dal Comune solo promesse

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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 8 Lug 2010 - 09:01
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Da milano.corriere.it:

la storia degli inquilini delle case popolari in zona Rogoredo e della loro battaglia

Noi, quelli delle case all'amianto

Il documentario «Le White» di Simona Risi è stato appena premiato al festival «Cinemambiente»


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«Vi togliete due mila euro a testa e vedrete che non si ammala più nessuno». Aveva urlato così il rapper Oscar White, due anni fa ad «Annozero», rivolgendosi ai politici ospiti di Santoro, tra cui Stefania Prestigiacomo e Dario Franceschini. Parole dettate dalla rabbia, la rabbia di vivere alle «Bianche», case popolari in zona Rogoredo rivestite di amianto, materiale cancerogeno, illegale in edilizia dal 1992. Non sono rimaste inascoltate: oggi il palazzo di via Carlo Feltrinelli, periferia sud-est di Milano, è vuoto; il Comune ha trasferito le 150 famiglie che vi abitavano in altri appartamenti. Ci sono voluti 25 anni, però. Nel frattempo sono morte 49 persone e altre 18 si sono ammalate: non si sa se per colpa dell’amianto, sono in corso accertamenti, ma è possibile. Ed è stata necessaria una battaglia lunga e faticosa, fatta di manifestazioni, esposti e denuncie, per ottenere quel risultato. La racconta Simona Risi nel documentario «Le White», appena premiato al festival «Cinemambiente». «Non un film di denuncia», precisa la regista milanese, 40 anni. «Mi interessava cogliere l’aspetto umano di una lotta che per tanto tempo ha unito persone di tutti i tipi, giovani, anziani, casalinghe. Una lotta fatta anche di scontri tra punti di vista diversi, ma da cui è sfociato un senso di solidarietà incredibile».

Elena, Paolone, Rosa, Graziella, Oscar… Sono loro l’anima del comitato
che negli anni ha informato gli abitanti delle White sui rischi legati all’esposizione all’amianto. Nel documentario li osserviamo discutere nel parchetto sotto casa, organizzare assemblee, incontrare i rappresentanti delle istituzioni. Li vediamo rassegnarsi, litigare, farsi forza, sperare. «Mi auguro solo, egoisticamente, che non mi abbia colpito, quella bestia lì», dice una signora riferendosi alla sostanza cancerogena. «Che Dio me la mandi buona», dichiara un’altra. Ma c’è anche chi non crede al pericolo: «Chi è morto, è morto per destino della vita». «In un anno e mezzo di riprese ho notato molte contraddizioni», osserva la Risi. «C’era chi, mentre mi parlava della paura dell’amianto, fumava una sigaretta dopo l’altra. Non tutti, poi, erano convinti di rischiare davvero la salute. Ma sognare una casa più bella, in quel contesto, era legittimo: i soldi per la bonifica delle White sono stati stanziati più volte senza che se ne facesse nulla. Il palazzo era in cattive condizioni. Già la scelta di costruirlo in amianto, negli anni Ottanta, quando le voci sulla nocività di questo materiale iniziavano a circolare, è discutibile; in più è mancata la manutenzione».

In extremis, la soluzione è stata il trasloco. La Risi riprende gli abitanti
delle White mentre preparano gli scatoloni, si salutano, si commuovono, promettono di rivedersi ancora. «Alla fine dispiaceva a tutti andarsene, la battaglia contro l’amianto aveva dato un senso alle loro vite», osserva la regista. C’è anche la soddisfazione, la gioia di non aver lottato per nulla. «Per scappare la gente ha accettato quello che ha proposto il Comune», spiega Rosa davanti alla telecamera. Una vittoria a metà, sembra suggerire, lei che alle White ha perso il marito, ma pur sempre una vittoria: «Finalmente sono riuscita ad avere una casa come una cristiana».

Raffaella Oliva

07 luglio 2010

In risposta al messaggio di Alessandro Rizzo inserito il 22 Maggio 2008 - 14:00
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