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Isabella Guarini

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Inserito da Isabella Guarini il 9 Apr 2008 - 16:52
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Vi è stata un'altra botta e risposta tra Libenskind e Berlusconi. che ha fortemente criticato i grattacieli.
La risposta dell’architetto Daniel  Libenskind, nell’intervista al Corsera del 09/04/08 pag. 24, alle critiche dell’onorevole Silvio Berlusconi  ai tre grattacieli che dovrebbero essere edificati nella vecchia Fiera di Milano appare  dettata dal rancore, causato dalle vicende belliche del Novecento, non ancora lenito. Le critiche all’architettura  che si contorce, che  si accartoccia, che gesticola in tutte le direzioni, che s’inchina come il grattacielo dello stesso Libenskind per Milano  sarebbero il segno di un non dimenticato nazi-fascismo che mette la museruola agli architetti (sic!). Questa mi sembra una risposta  davvero  banale, se non immatura, da parte di chi si dichiara persino seguace  di Leonardo  da Vinci. Poiché  tutti gli architetti operanti sono seguaci di questo o quel grande dell’architettura, la questione  sta  nei modi con cui  l’architettura dialoga con la città storicamente consolidata, tra appartenenza e alterità. Nel caso di Milano, l’icona che rappresenta da sempre la città unitariamente è quella del Duomo che è  anche l’unica  cattedrale  gotica in tutta Italia. Milano, perciò, è una città che  aspira ad elevarsi  con le guglie e i pennacchi della sua Cattedrale, costruiti  quando  far crescere un edificio verso l’alto era davvero un' impresa architettonica miracolosa,  divenuta  simbolo della operosità  e sfida contro le avversità dell'umanità.  Mi sembra logico che  un milanese resista alla sostituzione della propria identità storica con grattacieli simili a guglie contorte, che s’inchinano, che recidono  il filo con la storia della città  e la sua rappresentazione.  Se almeno a MIlano ci fosse stato un ampio sviluppo dell'architettura barocca, come Roma e Napoli, si potrebbero  capire alcune destrutturazioni del linguaggio architettonico. Ma, Milano  aspira ancora oggi  a elevarsi  per uscire dalla crisi che attanaglia l'Italia all'inizio di questo terzo millennio. Se dopo tanta violenza, prodotta dalle guerre, non riusciamo a salvare il rapporto tra architettura, potere  e storia vuol dire che i mali vengono davvero solo per nuocere e che qualcuno pensa  alla nemesi della seconda guerra mondiale senza soluzione di continuità attraverso l’architettura  che è  l’arte  più legata alle vicende politiche,  sociali ed economiche. Altrimenti dove si prenderebbero le ingenti somme di danaro, necessarie per la costruzione delle  grandi opere delle archistar?

Isabella Guarini
In risposta al messaggio di Oliverio Gentile inserito il 7 Apr 2008 - 10:37
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