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Il degrado in città Marciapiedi sporchi, mezzi fermi. De Corato: ma ricevono centinaia di milioni in tasse MILANO - Milano è sporca: per Silvio Berlusconi è diventato quasi un chiodo fisso. Dopo aver lanciato l’accusa agli Stati generali di Expo, il premier è tornato sull’argomento in alcuni recenti incontri di lavoro a Palazzo Grazioli. Ai politici milanesi il capo del governo ha sollecitato maggiore attenzione alla cura della città, ribadendo ancora una volta che «non possiamo pretendere che milioni di visitatori stranieri si scomodino per venire nella nostra città e trovarla così sporca». Ma il Cavaliere non è il solo nel governo ad avere a cuore la pulizia di Milano. Il ministro Ignazio La Russa, nella sua veste di deputato milanese, ha richiamato Amsa al rispetto della sua mission: «Pulire la città». E facendo riferimento al gruppo A2A, nella quale Amsa è stata incorporata: «Sono contento che siano così bravi all’estero e che acquistino aziende — ha sottolineato il ministro della Difesa — ma vorrei che ci fosse attenzione per quella che è la priorità: dare risposte ai cittadini». E a quanto pare sono proprio i milanesi a non essere soddisfatti. Le strade attorno al Duomo brillano come specchi, così come alcuni punti strategici (piazza della Scala, stazione Centrale), ma l’efficienza ambrosiana in fatto di ramazza si ferma qui. Se appena si esce dalle vie del quadrilatero le strade sembrano discariche a cielo aperto e i parchi non sono mai stati così sporchi, come ha denunciato in consiglio comunale anche Marco Osnato del Pdl. Per alcuni, politici e tecnici, l’inizio del decadimento del servizio va fatto risalire a un passaggio preciso: l’incorporazione di Amsa nel gruppo A2A, nato il primo gennaio 2008 dalla fusione di Aem Spa Milano e Asm Spa Brescia. Fino a quel momento, ricordano in azienda, l’input del Comune all’Amsa (prima con Albertini e poi all’inizio del mandato di Letizia Moratti) era stato di chiudere il bilancio con utili modesti ma di riversare tutte le efficienze realizzate sul servizio. Ora la situazione è diversa: il Comune ha un peso ridotto nell’assetto societario, circa il 27 %, e non è difficile immaginare che le indicazioni degli azionisti siano cambiate. Amsa lo scorso anno ha fatto 16 milioni di euro di utili e la previsione per l’anno in corso è di 21. Fin qui tutto bene, se non fosse che — come non si stanca di ripetere Berlusconi — «la città è sporca». Fonti aziendali parlano di manutenzioni trascurate con l’effetto di parecchi mezzi fermi o poco efficienti. Sarebbe stato tagliato il servizio di pulizia dei marciapiedi e si registrerebbe un calo nelle frequenze di svuotamento dei cestini. Da qui le preoccupazioni nel Pdl, condivise nella sostanza dal sindaco Letizia Moratti che ha già sul tavolo la bozza di un piano d’azione di Amsa che verrà lanciato nelle prossime settimane e che passa da una seconda campagna anti-graffiti all’arrivo di 19mila nuovi cestini di grandi di dimensioni che manderanno in pensione gran parte di quelli appesi ai pali, più una serie di consistenti investimenti. «Amsa è sempre stata un grande patrimonio di professionalità — sottolinea il vicepresidente della Camera e milanese di Baggio, Maurizio Lupi — la nostra preoccupazione è che nei processi di fusioni industriali non si perda la missione della nostra azienda di servizio, che è quella di dare più efficienza e non di fare utile». Timori che rimbalzano in giunta. «L’Amsa riceve centinaia di milioni provenienti dalla Tarsu — ricorda il vicesindaco Riccardo De Corato — quindi l’obiettivo in primo luogo deve essere la pulizia della città». «Gli utili devono essere all’ultimo posto — rincara l’assessore Maurizio Cadeo, che gestisce i rapporti con l’azienda di via Olgettina — prima devono essere garantite qualità, efficienza e flessibilità». Anche perché il Comune, per far pulire Milano, ha pagato quest’anno la bellezza di 240 milioni di euro. Per il 2010 la crisi porterà una contrazione, ma si parlerà comunque di 220 milioni. Rossella Verga |
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