Gentile signora Paola,
quando si fanno sgomberi forzati indifferenziati questa è la conseguenza: le persone sgomberate sono trattate tutte nello stesso modo a prescindere dal fatto che abbiano avviato o no il percorso di integrazione per sé e per i propri figli.
Le conseguenze sono devastanti: quelli che cercano di realizzare un progetto di vita integrata (lavorando e mandando i figli a scuola) vengono ricacciati sotto i ponti, insieme a coloro che continuano a vivere di espedienti!
L’episodio che lei ha raccontato purtroppo capita da noi tra stranieri come tra italiani: in certe città i bulli di quartiere non sono meno volgari e pericolosi. Inoltre, il 70% delle violenze avvengono tra le pareti di casa (parenti, amici, conoscenti) e di questo se ne parla troppo poco, perché incredibilmente non suscita paura anche se statisticamente è la violenza più diffusa.
Io resto convinta che la sicurezza deve essere un valore condiviso e soprattutto difeso collettivamente: non avremo mai abbastanza forze di polizia se deleghiamo solo a loro la difesa e il mantenimento delle regole di convivenza civile.
Dobbiamo riprendere ad avere senso civico. Invece, se ciascuno di noi finge di non vedere, borbotta tra sé e sé e va per la sua strada, non manifesta solidarietà nei confronti della persona maltrattata e la propria indignazione e il proprio biasimo nei confronti delle persone (italiane o straniere, non importa) che vanno oltre le regole della convivenza civile e del rispetto dell’altro, non vivremo mai in sicurezza e avremo sempre paura per noi e per i nostri cari, nella consapevolezza che non potremo fare affidamento sulla solidarietà e sull’aiuto dei vicini e degli altri cittadini in caso di bisogno
Questa è la cosa più grave per me: viviamo in una città in cui non c’è solidarietà, né senso di comunità! E ne stiamo pagando le conseguenze perché ciascuno di noi è solo di fronte ai pericoli ecc.
Ovviamente non dico che si debba fare gli eroi, ma neppure bisogna vigliaccamente pensare solo a se stessi, perché questa indifferenza verso gli altri si sta ritorcendo contro ciascuno di noi, in quanto anche noi siamo “altri” per i nostri vicini. Vale perciò il principio “fai agli altri quello che vuoi che sia fatto a te”! Aiuta, se vuoi essere aiutato!
Il mio invito quindi è molto semplice: sentiamoci tutti parte della nostra città, ricostituiamo il senso di comunità!
Lei ricorda “
Si prova ad aiutare le donne, i bambini”: già questa è la scelta dell’assessore Moioli, ma questa scelta è la negazione delle famiglie, come se ci fossero famiglie di serie A e famiglie (quelle rom) di serie B. Tra i rom sgomberati da via Rubattino vi erano numerose famiglie seguite/assistite dai volontari della comunità di Sant'Egidio: il comune ha offerto alle donne e ai bambini posti letto nei dormitori e agli uomini ha detto di arrangiarsi, ma le mogli non volevano separarsi dai mariti, né i bambini dai loro papà!
E conclude:
“ma vogliono integrarsi o voglio solo vivere di espedienti senza lavorare?” Gli uomini che vivevano con la loro famiglia in via Rubattino lavoravano nei cantieri edili: muratore, manovale, piastrellista, idraulico, imbianchino.
Solo alcuni erano assunti in regola, potevano e volevano prendere in affitto un appartamento per sé e la propria famiglia ma nessuno glielo vuole dare perchè sono "zingari". Tutti gli altri lavoravano in nero per datori di lavoro italiani che così evadono i contributi previdenziali e assicurativi e le imposte sul reddito!
In genere i rom in Italia (il 50% dei Rom in Italia sono italiani, gli altri appartengono ad altre nazionalità: bosniaci, rumeni, bulgari, albanesi ecc.) oltre a svolgere i lavori di cui sopra,
- lavorano come operai;
- lavorano nell'ambito delle giostre/circhi;
- le donne, se possono, fanno le pulizie;
- oppure, ai margini della nostra società, vivono –per scelta o per necessità- come possono, vivono di espedienti: furti, accattonaggio, elemosine ecc.
Se vogliamo risolvere i problemi e non enfatizzarli per tenere la gente nella paura, bisogna saper separare il grano dal loglio, e quindi tener conto delle famiglie rom che hanno da anni avviato un processo di integrazione. Invece il vice sindaco De Corato li tratta tutti nello stesso modo e addirittura disintegra i processi di scolarizzazione e di integrazione lavorativa.
E’ una sconfitta per i rom che hanno creduto nella possibilità di una vita diversa per sé e per i propri figli; è la conferma, per i rom che vivono di espedienti, che “l’uomo bianco” è razzista, che odia i rom e non vuole avere niente a che fare con i rom.
I volontari della comunità di Sant’Egidio ad oggi hanno inserito tre famiglie in case ma tutto grazie al loro lavoro o all’aiuto di amici; 12/15 bambini continuano –con molte difficoltà (alcuni vengono dall’altra parte di Milano) a frequentare le scuole del quartiere; gli altri sono sparpagliati per la città, in altri campi che vengono continuamente sgomberati.
La cosa più utile -e difficile- rimangono le segnalazioni di persone disponibili ad affittare (possibilmente a prezzi non elevatissimi) e offerte di lavoro anche di poche ore.
Se il Comune di Milano, come peraltro le norme europee prevedono e molti altre città italiane già fanno, sia di destra che di sinistra (Bologna, Bergamo, Padova, Roma, Mantova, Trento, Venezia), si facesse carico del processo di integrazione i risultati non sarebbero inevitabilmente più numerosi? E i soldi non sarebbero ben spesi, invece di essere buttati in sgomberi inutili (alcuni campi sono stati sgomberati 9 o 11 volte!!! A circa 30.000 ogni sgombero!!!)
Il comune di Milano, invece, continua a distruggere tutto, con una determinazione che rasenta la persecuzione etnica.
Cordiali saluti a tutti/e
Antonella Fachin
Consigliera di zona 3
Uniti con Dario Fo per Milano
Facebook: Antonella Fachin