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Un manifesto per Milano «Alla Scala per scrivere il futuro della città Il sindaco Moratti: «Pensare a un domani che coniughi sicurezza e accoglienza, per assicurare più libertà a tutti» Il monito del cardinale Dionigi Tettamanzi: «Milano ritrovi se stessa». Le 50 idee per rilanciare la città a partire da una parola d’ordine fondamentale: il lavoro. Il Manifesto di Milano lanciato dal presidente della Triennale, Davide Rampello, prende forma e concretezza. Dall’alto e dal basso. Il sindaco Letizia Moratti chiama a raccolta la città. Tutti alla Scala, simbolo della ricostruzione, per trasformare in progetti le parole chiave del Manifesto. Ma anche tanti interventi dei cittadini sul sito del «Corriere». Chi ci vede una speranza e chi cede al pessimismo. Il dato certo è che il Manifesto ha accesso i riflettori sul futuro di Milano. Caro direttore, la crescita necessita di amore. Amare qualcosa o qualcuno significa prima di tutto riconoscere le sue qualità e dare modo di esprimerle. È in una parola riconoscere il suo merito. Milano, da sempre, basa su questo riconoscimento la sua identità. E non è un caso che proprio sulla questione del merito si stia avviando la nuova riflessione sul nostro futuro. Solo il primato del merito saprà disegnare la nuova crescita di Milano, come del nostro Paese. Gli interventi del professor Giavazzi e del ministro Gelmini hanno ben dimostrato come le più alte coscienze si stiano già muovendo in questo senso. E il lavoro del Governo sta ponendo condizioni essenziali perché sul merito si fondi la nuova stagione dell’Istruzione italiana. Ma anche nelle parole dei tanti che sulle pagine del Corriere della Sera hanno animato il dibattito sulla cultura di Milano, questo tema torna in continuazione. A volte in modo esplicito, altre in maniera più implicita, pronto a riemergere con decisione. Ed è proprio la forza di questo tema che rende esplicita la vitalità di una città. Si parla di un orgoglio da ritrovare a fronte di tanta eccellenza e di tanta voglia di partecipare. È vero che Milano sta vivendo una stagione particolare della sua storia. L’Expo rappresenta una opportunità straordinaria per riscrivere l’identità della città. Ci sono state alcune difficoltà di partenza, è vero. Ma l’Expo di Milano sarà del tutto diversa da quelle viste fin qui: non sarà tanto o solo la rassegna dei progressi dell’uomo quanto un percorso di progetti concreti e un luogo di riflessione capace di lanciare il nuovo paradigma della vita futura. Milano, nelle sue eccellenze, ha già colto questo significato e oggi è impaziente di dare il proprio contributo. Milano vuole essere il laboratorio delle idee, delle regole e dell’operatività. Milano sa di avere le carte in regola per dare un contributo fondamentale alla soluzione dei grandi sfide globali del millennio. Ed è dalla cultura del merito che vuole e deve partire. Solo così, infatti, è possibile legare l’impegno individuale, la responsabilità personale, la competenza ad obiettivi concreti, a risultati misurabili e verificabili da parte di tutti. Non è una strada né facile né agevole e si scontra con molte resistenze culturali e sociali. Ma è inevitabile se si vogliono riaccendere motivazioni e desideri, realizzare il bene individuale, affermare l’integrazione e il bene comune. Non c’è ambito che rimanga estraneo alla necessità di valorizzare le energie positive che cittadini, imprese e istituzioni hanno, possono e vogliono liberare. La scuola e l’università, il lavoro e l’economia, la cultura e l’arte, il volontariato come i servizi ai cittadini, l’amministrazione della giustizia come la salute e l’assistenza a chi ha più bisogno. Tutte queste dimensioni devono poter contare su percorsi di crescita che coniughino il valore personale con il bene collettivo.Per cogliere questi obiettivi occorre trovare nuove forme di alleanza. Occorre battere nuove strade, anche in una prospettiva internazionale, per una collaborazione tra la dimensione «pubblica» e quella «privata» non più rimandabile. Ma anche tra Centro e Territorio. Tra Singoli e Organizzazioni. Tra locale e globale. A questa urgenza Milano non si sottrae. Dalla fine dello scorso anno, nell’ambito dell’Assemblea Nazionale dell’Anci, ho proposto e condiviso con molti altri colleghi Sindaci il «Manifesto del Merito» (www.comune.milano.it). Un Manifesto che nasce proprio dall’esperienza di amministrare una Città che del merito ha fatto la propria bandiera e dalla consapevolezza delle grandi potenzialità presenti in ogni città d’Italia. A questo Manifesto hanno già aderito circa 200 Sindaci delle più diverse parti d’Italia, da Ragusa a Torino, da Trieste a Palermo, riconoscendo in questo strumento un’occasione per far fare alle nostre città, al nostro Paese un profondo cambiamento culturale. Ma non solo. Il lavoro degli scorsi mesi ha permesso a Milano di promuovere e di essere protagonista di più di 50 accordi con le città italiane in vista dell’Expo, di siglare diverse forme di collaborazione con Stati esteri e con Organismi Internazionali nonché di avviare oltre 400 progetti di solidarietà fattiva in più di 90 Paesi. Si sta dunque costituendo una rete vasta e ambiziosa in grado di diffondere e far crescere quanto Milano deciderà di mettere a disposizione del Paese e del Mondo. In vista dell’Expo. E anche oltre. In questa prospettiva, in questa ambizione, in questa generosità Milano può ritrovare il suo orgoglio. Ne è sintomo il nuovo spirito che la pervade. C’è voglia di ritrovarsi per disegnare un nuovo futuro. Un futuro che definisca la forma della città, che ne liberi nuove attività e ne determini un nuovo benessere. Un futuro che crei nei giovani fiducia e speranza. Un futuro che coniughi sicurezza e accoglienza. Questa coscienza deve progredire in città. È arrivato il tempo di farlo. Gli Stati Generali dell’Expo rappresenteranno la prima tappa di un lungo percorso di partecipazione popolare. Io auspico che tutte le forze di Milano parteciperanno attivamente al nuovo futuro della città. A partire dalle sue eccellenze che del merito hanno fatto una regola di vita. È il momento di uscire allo scoperto. Chi sente e vuole partecipare si metta in gioco. Con qualità, ingegno e generosità. Mi piace sottolineare che proprio con la Scala si sia conclusa questa serie di interventi ospitati e sollecitati dal Corriere della Sera . E proprio alla Scala potremo ritrovarci per riscrivere insieme la nuova identità di Milano. Per assicurare più libertà per tutti. Per attrarre i giovani, il patrimonio più importante di un Paese che deve tornare ad essere protagonista nello scenario mondiale. Per migliorare la qualità della nostra vita. Il bene più prezioso del nostro futuro. Letizia Moratti NOTIZIE CORRELATE: Il forum: invia la tua opinione sulla Milano delle idee Le adesioni della società civile
IL DIBATTITO I primati, le eccellenze, il ruolo nel Paese. Così l'Expo può diventare un'occasione. La città e l'orgoglio da ritrovare di GIANGIACOMO SCHIAVI Dov'è Milano e dove sono i milanesi è una domanda ricorrente di questi tempi. Se l’è fatta il cardinale Tettamanzi e se lo chiedono in tanti, tra crisi identitarie e cupi pessimismi che portano a leggere il presente con gli occhi del passato, con qualche rimpianto e molta nostalgia. Ma anche se nei libri e nei dibattiti se ne celebra spesso la prematura scomparsa, Milano c'è. C’è coi suoi primati, le sue eccellenze, la sanità ai vertici mondiali, le università che attraggono migliaia di studenti, i teatri, la moda, il design, la ricerca, i mille appuntamenti culturali distribuiti in un ricco calendario, ma da un po’ di tempo, è vero, a Milano non si sente più l’orgoglio, scarseggia l’entusiasmo, manca quasi la passione: è come se la città avesse perso l’amore dei suoi cittadini. I guai del traffico, l’aria inquinata, i vizi della lottizzazione, l’imbarbarimento della vita civile nascondono, e a volte oscurano, l’estrema vitalità di una metropoli che da anni cerca di ritrovarsi attorno a un grande progetto, ma poi si trova a fare i conti con le tante occasione perdute. Oggi, in un momento difficile per tutti, si chiede di nuovo a Milano uno scatto, un sussulto, una ritrovata voglia di mettersi in gioco, come negli anni sempre evocati del miracolo economico, quando qui accadevano le cose e l’asprezza della vita era temperata dalle grandi opportunità offerte, dalla sensazione di far parte di una comunità che si riconosceva in alcuni principi, in un fortissimo senso d’appartenenza e in una straordinaria risorsa: quella della solidarietà. Forse Milano dovrebbe ogni tanto riepilogare se stessa, e dare un nome alle sue risorse, che sono tante, mettendo anche le positività davanti alle negatività, allontanando con qualche voce autorevole l’immagine di una decadenza che va contrastata, coniugando gli antichi valori con la fantasia e la creatività che si coltivano nei laboratori culturali, della scienza, dell’arte e della moda. Serve una leva, un’occasione, per resuscitare un po’ di orgoglio e di entusiasmo. Questa leva può anche essere l’Expo. Con una gestione sana e trasparente, si può mobilitare quel grande serbatoio di intelligenze che si muovono oggi senza cornice sul territorio, coinvolgendo sanità, arte, cultura, architettura, ecologia, mobilità, tecnologia, design, agricoltura. Bisogna rimuovere qualche ostacolo. Bisogna credere in qualche obiettivo. Ma si può fare: rinunciare sarebbe solo un’altra, inutile perdita d’immagine. Bisogna spiegare a Milano cos’è Milano, ha detto un giorno Piero Bassetti. Oggi c’è questa possibilità. Milano deve ritrovarsi, tornare ad essere la città che sale, come nel dipinto-manifesto di Boccioni. E non è un caso che un altro manifesto, in questi giorni, si stia delineando dalle pagine della Cronaca del Corriere, con gli interventi di uomini e donne del mondo della cultura. Milano che ritrova il coraggio del proprio tempo è forse il primo, vero miracolo dell’Expo, la manifestazione bandiera del 2015 che fin qui ha collezionato più critiche che consensi, più paure che speranze. E questa è una novità che merita attenzione, perché riapre un cantiere lungamente interrotto: quello delle idee, del pensatoio, del merito, e offre alla città la possibilità di darsi un ruolo di indirizzo, di guida, che si alimenta con la competenza e non con la convenienza. Tocca al sindaco Moratti, adesso, al presidente Formigoni con gli Stati Generali, a chi ha un ruolo di opposizione ma ama allo stesso modo la città, trasformare l’Expo in un avvenimento capace di coinvolgere il meglio di Milano e dei suoi cittadini, per rilanciare lo spirito del fare, per far crescere, oltre al volano economico, una nuova cultura, più civica, più attenta alla qualità della vita, più attenta all’uomo. Serviranno nuovi meccanismi di partecipazione, di controllo civico, ci vorrà una vigilanza attenta per denunciare, se servirà, l’insidia di qualche degenerazione. Ma si comincerà così ad uscire dal corto circuito della negatività, a rimuovere quel blocco psicologico che da troppo tempo impedisce a questa città di tornare a pensare in grande. Non basta un manifesto, ne servirebbero tanti. Ma si può cominciare dalla Cultura per arrivare alla Scienza, alla Ricerca, alla Meritocrazia, alla Solidarietà... E iniziare un lungo viaggio che passa attraverso la Milano che c’è, non è scomparsa e non si arrende. 05 luglio 2009 NOTIZIE CORRELATE: Cultura, lavoro, solidarietà Ecco le idee per entrare nel futuro (5 luglio 2009) LO SPECIALE "Un manifesto per Milano" partecipa alla discussione "A proposito del Manifesto per Milano: coraggio, orgoglio...e pregiudizio?" avvita da Fiorella De Cindio con questo post ! |
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