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Avere un obiettivo da raggiungere impone il rispetto di certe regole: in genere ci si attrezza al meglio
Caro Schiavi, si può parlare ancora di Expo a Milano oppure è meglio lasciar perdere e dedicarci a rattoppare le strade, a pulire meglio la città, a dotarci finalmente di una segnaletica degna della capitale del design (a proposito, vada a vedere la confusione in Centrale...). Temo una figuraccia coi cantieri aperti per anni e una città impazzita. Dopo l'assegnazione e siamo fermi al punto di partenza. Leggo di fantasiosi tunnel sotterranei e di suggestive vie d'acqua, mentre siamo in ballo con i parcheggi da sei anni...
Marcello Ricossi
Caro Ricossi, quando si parla di Expo devo riordinare le idee, perché anch'io non mi raccapezzo più. Dunque, eravamo rimasti alle poltrone. È saltata quella di Paolo Glisenti, consigliere (ex) di fiducia del sindaco; ne è pronta una per Lucio Stanca, ex ministro dell'Innovazione. Ma c'è ancora un via vai continuo sulle seggiole. Dodici mesi per lottizzare la cabina di regia dell'Expo sono il capolavoro del peggio: Milano si meritava di più. Così si rafforza il partito degli Expopessimisti. A quelli che un anno fa dicevano «Forza Smirne» si aggiungono tanti come lei, che si domandano: ce la faremo? Vivremo sette anni coi cantieri? Finiremo in tempo? Ci sarà la 'ndrangheta negli appalti? E che cosa faremo? Le autostrade, le metropolitane, il fantasmagorico tunnel autostradale da Rho a Linate, la via navigabile? Io non sono pessimista, per natura: anche se l'acqua intorno all'Expo è un po' torbida, faccio lo sforzo di vedere il lato positivo dell'operazione. Avere un obiettivo da raggiungere impone il rispetto di certe regole: in genere ci si attrezza al meglio. Come faceva l'ammiraglio Nelson sulla Victory: massima efficienza, coraggio, un po' di fortuna e anche la giusta dose di paura di non farcela: una vittoria non arriva mai per caso. Per ora caro Ricossi si vede il bicchiere mezzo vuoto. La vera sfida dell'Expo è quella del progetto: «Nutrire il pianeta, energia per la vita». Vuol dire pensare alla città per l'uomo, alla scienza e alla tecnologia al servizio dei nuovi bisogni: significa anche investire nella ricerca e nei giovani. Sono convinto che qui si possono mobilitare entusiasmi e sensibilità, senza lasciare scheletri di cemento vuoti dopo il 2015. Ci credono davvero nel comitato che verrà? O vedono solo appalti e autostrade? Milano ha ancora le energie per dare il meglio: ma sono energie disperse. Dice il sindaco che l'Expo è l'unico strumento anticrisi che abbiamo: può creare 70 mila posti di lavoro, dare un fatturato di 45 miliardi di euro, portare 28 milioni di visitatori a Milano. Il problema però è oggi, è la Milano di Ricossi che non va. Così, anche la Victory rischia di affondare...
Giangiacomo Schiavi 28 marzo 2009 (ultima modifica: 29 marzo 2009)