.: Discussione: Se non ora quando? - Appello per commissione antimafia
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Riporto l'articolo pubblicato sul notiziario ChiamaMilano: la commissione appena insediata già affossata?!?!?
Cordiali saluti a tutte/i Antonella Fachin Consigliere di Zona 3 Capogruppo Uniti con Dario Fo per Milano ---------------------------------------------------- SIMBOLI NECESSARI La commissione consiliare sugli interessi mafiosi, anche se fosse solo un simbolo farebbe capire alla città la gravità dell’infiltrazione della criminalità organizzata ![]() Nella regione e nel capoluogo la criminalità organizzata è presente, radicata e con fortissimi interessi e, dato ancor più preoccupante, ha scelto quella strategia dell’invisibilità che lontano dal clamore criminale delle regioni di provenienza l’ha portata a mimetizzarsi all’interno del tessuto sociale e produttivo. A ben vedere si tratta di una non-notizia. All’ombra della Madonnina la criminalità mafiosa è ben insediata e fa affari dal secondo dopoguerra quasi senza soluzione di continuità. Dagli anni ’50 con Joe Adonis per arrivare a Luciano Liggio agli inizi degli anni ’70, fino ai giorni nostri con i consistenti interessi in molti settori economici. Dopo le parentesi clamorose di Epaminonda e Turatelo nella seconda metà degli anni ’70, la mafia a Milano è tornata ad inabissarsi ma è impossibile non ricordare la “Duomo connection” e il filo di denaro, droga e appalti che porta fino ad oggi. Lontani dai riflettori e dalle pratiche “militari” messe in atto in Campania, Calabria e Sicilia, i clan a Milano e nel suo hinterland –ma con saldi presidi in Brianza e nel Varesotto– si sono inseriti nel circuito economico, soprattutto nel settore edilizio e del movimento terra. Anche queste sono cose note (ne abbiamo già parlato: 1 -2 -3). Eppure se tutto ciò è vero, come è vero che la Lombardia è la terza regione per presenza della criminalità organizzata, che le ‘ndrine calabresi hanno interessi economici quasi più consistenti a nord del Po che attorno all’Aspromonte (come ha sintetizzato in un passaggio assai significativo l’ultima relazione della Commissione parlamentere antimafia: “Milano e La Lombardia rappresentano la metafora della ramificazione molecolare della ‘ndrangheta in tutto il nord”), sfugge il motivo per il quale la maggioranza in Consiglio comunale abbia eretto un vero e proprio fuoco di sbarramento contro la Commissione consiliare di indagine sugli interessi mafiosi. La motivazione? Una commissione ad hoc del Consiglio comunale sarebbe inutile, non ha alcun potere, sarebbe solo una perdita di tempo o, peggio, uno strumento di polemica politica che non aiuterebbe le indagini. Senza dubbio una commissione consiliare sugli interessi mafiosi a Milano non potrebbe, né dovrebbe, fare indagini o sovrapporsi al lavoro degli inquirenti. Non ne avrebbe gli strumenti, l’autorità e le competenze. Ma è noto che la battaglia contro la criminalità organizzata, soprattutto dove questa ha scelto la strategia dell’invisibilità infiltrandosi nel tessuto produttivo, si conduce con una pluralità di strumenti. Anche simbolici. L’attività della magistratura e delle forze dell’ordine, che da tempo lanciano allarmi sul grado di penetrazione delle mafie in Lombardia e a Milano, è indubbiamente lo strumento principe, ma se un’istituzione come il Comune di Milano e tutte le forze politiche che vi sono rappresentate prendessero finalmente coscienza della gravità de problema e si assumessero la responsabilità di accendere un faro su un cancro che sta colpendo anche Milano, sarebbe un passo avanti. Per la città, per la coerenza di chi ha fatto della sicurezza una bandiera politica, per la coscienza civica di Milano che non può far finta che la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra siano fenomeni criminali propri di una parte lontana del Paese. |
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