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Aveva poco più di 20 anni e faceva la modella. Era alta, bionda, bella e levigata. Si è buttata dal settimo piano
Gentile dottor Schiavi, sabato 11 ottobre, poco dopo le 23, una ragazza si è buttata dal 7˚piano di via Ravizza 5. È morta poche ore dopo all'ospedale Fatebenefratelli. Abito in quel palazzo da 24 anni. Ho sentito lo schianto, confuso nel rumore e nel brusio del sabato sera. Quasi non ci facevo caso a quel rumore appena più forte e diverso dagli altri. Poi mio marito si è affacciato al balcone e mi ha detto «non guardare, è un brutto spettacolo. Si è suicidata una ragazza dell'ultimo piano». Di lei so solo che aveva poco più di 20 anni e faceva la modella. Era alta, bionda, bella e levigata. Uno schianto se l'è portata via. Viveva nel nostro palazzo assieme ad altre ragazze, «appoggiata» in un appartamento scarno e precario, dato in uso dal proprietario a un'agenzia di modelle straniere. Quattro mura e un tetto tra un set fotografico e forse una sfilata. Qualcuno nel palazzo aveva da ridire, ma senza troppa convinzione. In fondo erano belle ragazze quelle che giravano per le scale. Dopo la sua morte ci siamo resi conto che non sapevamo neanche il suo nome. L'avevamo vista qualche volta e basta.
Poco per dedicarle solo un pensiero, una preghiera. In fondo, anche quando era viva nessuno di noi le ha dedicato molta attenzione. Di lei abbiamo scoperto che era canadese, in Italia come modella. Voci raccolte dalle sue colleghe raccontano che si sia uccisa dopo aver saputo della morte della sorella. Come starà quella madre? Di lei è rimasto solo il tonfo di una caduta da oltre 20 metri, neanche una goccia di sangue sull'asfalto. Dopo che l'ambulanza l'ha portata via la vita dei locali è ripresa normalmente. Nessuno vuole perdere l'incasso del sabato sera. Così finisce una vita invisibile in questa città. Vorrei poterle dedicare almeno una preghiera con quel nome che nessuno di noi nel palazzo di via Ravizza 5 ha mai conosciuto, ma posso solo pensare ai suoi capelli biondi scomposti sul marciapiede di via Ravizza mentre qualcuno con un gelato la osserva e passa oltre.
Iaia Deambrogi Davini
Gentile signora, c'è un senso di impotenza dietro una morte così: una storia senza storia che si apre e si chiude intorno a una grande solitudine. Se ci voltiamo indietro vediamo altre finestre lasciate aperte, e poi un plaid o un mucchio di segatura sull'asfalto freddo della città. Grazie per questa pietas: ci fa sentire meno aridi nel deserto che dobbiamo attraversare con un figlio o una figlia. Non ci deve sfuggire la fragilità che si mangia le vite di tanti giovani: forse il disagio non è sempre invisibile, come la ragazza di via Ravizza 5.