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Da ViviMilano - caso del giorno Caro Piazza, alle tante osservazioni sagge, precise o polemiche sull’aria più o meno inquinata di Milano, voglio aggiungerne una strettamente personale, la sensazione registrata passando otto ore in strada: via Paolo Sarpi, mercoledì, nel traffico ininterrotto delle auto e dei furgoncini del carico e scarico. Sembrava davvero di essere in una camera a gas. Basta una prova sul campo per rendersi conto a naso, senza bisogno dei dati delle centraline, che l’aria in certe zone è diventata irrespirabile. È vero che negli anni Sessanta era anche peggio. Nessuno allora misurava i livelli dello smog. Nessuno quantificava i danni dei veleni ai polmoni e all’ambiente. Ricordiamo però il fumo di Londra: nella capitale inglese il bilancio delle vittime dell’inquinamento fu una carneficina. Venne dichiarato lo stato d’emergenza. Gli inglesi ne hanno tenuto conto, lanciando una sfida ai veleni che continua anche oggi contro i nuovi inquinanti. Noi abbiamo fatto troppo poco. Ci basta il naso per dire che l’aria di Milano è pessima, diceva Indro Montanelli. Volendo ci sono anche i dati: il professor Paolo Crosignani, dell’Istituto Tumori, spiega che i 60 microgrammi di polveri di media provocano 1.575 morti come effetto a lungo termine ogni anno, 160 tumori in più al polmone, 676 mila giornate di lavoro perse, perché in questo mefitico habitat nel quale si mescolano i gas di scarico delle auto e le emissioni di caldaie e centrali, un’influenza dura più a lungo, e così le bronchiti, le faringiti e i raffreddori. Portando a 30 la media annuale dello smog, si potrebbero evitare subito 193 morti, riducendo gli altri effetti indesiderati, i cui costi sono ripartiti sulla collettività. Abbiamo già detto che il ticket ai Bastioni con il suo caos organizzativo è un palliativo più simbolico che efficace nella lotta allo smog. E che gli effetti sanitari dell’inquinamento (bambini e anziani i più colpiti) non valgono quanto gli interessi che si vanno a toccare con politiche davvero ambientaliste. Ma qualcosa bisogna fare. Non si chiude il centro storico, non si pensa al polo logistico dove lasciare i camion per far entrare solo i furgoni a motore elettrico, non si trova il modo di avere un biglietto unico da Trezzano a Milano, non si potenziano i collegamenti con l’hinterland e si costruiscono 120 parcheggi in centro... Ci spiace aver coltivato l’illusione di una città meno inquinata. |
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