Perina e i diritti
Flavia Perina "Sosteniamo il Gay Pride". Bocchino"Parla a titolo personale". No Bocchino, Flavia Perina parla in sintonia con le battaglie trentennali per i diritti, senza preoccuparsi di presunte coerenze nel posizionamento destra/sinistra. Tieni duro Flavia, se non ora quando?
Le allusioni di Lusi
Lusi, prima notte in carcere E avverte: "Ho molto da dire ai giudici".
E dillo! Altrimenti ancora una volta siamo di fronte a ricatti, trattative e allusioni.
Ma bravi!
Blitz di Lega e Pdl sulle riforme accantonato taglio parlamentari. Complimenti! si portano avanti con il lavoro in vista delle elezioni. Ma bravi!
le idee di Paolillo
Idea del Sottosegretario all?Economia Paolillo "Si rinunci ad una settimana di ferie" "Gli italiani si sono goduti la vita, siamo il Belpaese abituati agli agi e pensiamo di continuare" "Non resisto alla realtà cruda dell'aritmetica". Io invece non resisto a queste stronzate, cosa devo fare? Rinuncio al fegato e lo metto a disposizione del Demanio?
Non solo biscotti per i calciatori
Non solo biscotti per i calciatori italiani, anche riflessioni laiche, aperte e serene. Marchisio "Sono favorevole ai matrimoni gay""Se uno esce dal posto di lavoro per mano al proprio compagno per fortuna non fa più scalpore; all'uscita da un campo di allenamento, invece, la scena non si può immaginare. E non è giusto." sull'adozione dei figli "Trovo istintivamente più indicate le figure tradizionali di un uomo e di una donna.Provo a pensare all'equilibrio necessario ai ragazzi, ma è un tema complicato. Non è che si possa sostenere che una coppia eterosessuale sia per forza in grado di dare più amore ad un bambino."
Una nuova stagione dei diritti
La nuova stagione dei diritti
Il fronte dei diritti si è appena rimesso in movimento. Obama ha affrontato senza reticenze il tema difficile dei matrimoni omosessuali, e lo stesso ha fatto François Hollande inserendolo nel suo programma e mettendo all´ordine del giorno quello ancor più impegnativo del fine vita. Di questa rinnovata centralità dei diritti dobbiamo tenere conto anche in Italia.
In che modo, però, e con quali contenuti? Qualche esempio. La recente sentenza della Corte di Cassazione sui matrimoni gay è un dono dell´Europa. Così come lo è l´avvio dell´estensione alla Chiesa dell´obbligo di pagare l´imposta sugli immobili. Così come può diventarlo l´utilizzazione degli articoli 10 e 11 del Trattato di Lisbona.
Mi spiego. La Cassazione ha potuto legittimamente mettere in evidenza il venir meno della “rilevanza giuridica” della diversità di sesso nel matrimonio, e il conseguente diritto delle coppie dello stesso sesso ad una “vita familiare”, proprio perché queste sono le indicazioni della Corte europea dei diritti dell´uomo e soprattutto dell´innovativo articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea. Sappiamo, poi, che la norma sul pagamento dell´Ici da parte della Chiesa è andata in porto solo perché erano ormai imminenti sanzioni da parte della Commissione europea. E la discussione sui rapporti tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa, tornata con prepotenza in Italia anche per effetto degli ultimi risultati elettorali, trova nel Trattato chiarimenti importanti, a cominciare dal nuovo potere che almeno un milione di cittadini può esercitare chiedendo alla Commissione di intervenire in determinate materie. Lo ha appena fatto il Sindacato europeo dei servizi pubblici che si accinge a raccogliere le firme perché l´Unione europea metta a punto norme che riconoscano come diritto fondamentale quello di accesso all´acqua potabile.
Scopriamo così un´altra Europa, assai diversa dalla prepotente Europa economica e dall´evanescente Europa politica. È quella dei diritti, troppo spesso negletta e ricacciata nell´ombra. Un´Europa fastidiosa per chi vuole ridurre tutto alla dimensione del mercato e che, invece, dovrebbe essere valorizzata in questo momento di rigurgiti antieuropeisti, mostrando ai cittadini come proprio sul terreno dei diritti l´Unione europea offra loro un “valore aggiunto”, dunque un volto assai diverso da quello, sgradito, che la identifica con la continua imposizione di sacrifici.
Questa è, o dovrebbe essere, una via obbligata. Dal 2010, infatti, la Carta ha lo stesso valore giuridico dei trattati, ed è quindi vincolante per gli Stati membri. Bisogna ricordare perché si volle questa Carta. Il Consiglio europeo di Colonia, nel giugno del 1999, lo disse chiaramente: «La tutela dei diritti fondamentali costituisce un principio fondatore dell´Unione europea e il presupposto indispensabile della sua legittimità. Allo stato attuale dello sviluppo dell´Unione, è necessario elaborare una Carta di tali diritti al fine di sancirne in modo visibile l´importanza capitale e la portata per i cittadini dell´Unione». Sono parole impegnative. All´integrazione economica e monetaria si affiancava, come passaggio ineludibile, l´integrazione attraverso i diritti. Fino a che questa non fosse stata pienamente realizzata, al già mille volte rilevato deficit di democrazia dell´Unione europea si sarebbe accompagnato addirittura un deficit di legittimità. Si avvertiva così che la costruzione europea non avrebbe potuto trovare né nuovo slancio, né compimento, né avrebbe potuto far nascere un suo “popolo” fino a quando l´Europa dei diritti non avesse colmato i molti vuoti aperti da quella dei mercati.
Negli ultimi tempi questo doppio deficit si è ulteriormente aggravato. L´approvazione del “fiscal compact”, con la forte crescita dei poteri della Commissione europea e della Corte di Giustizia, rende ancor più evidente il ruolo marginale dell´unica istituzione europea democraticamente legittimata – il Parlamento. Oggi si levano molte voci per trasformare la crisi in opportunità, riprendendo il tema della costruzione europea attraverso una revisione del Trattato di Lisbona. In questa nuova agenda costituzionale europea dovrebbe avere il primo posto proprio il rafforzamento del Parlamento, proiettato così in una dimensione dove potrebbe finalmente esercitare una funzione di controllo degli altri poteri e un ruolo significativo anche per il riconoscimento e la garanzia dei diritti.
Non è vero, infatti, che l´orizzonte europeo sia solo quello del mercato e della concorrenza. Lo dimostra proprio la struttura della Carta dei diritti. Nel Preambolo si afferma che l´Unione “pone la persona al centro della sua azione”. La Carta si apre affermando che “la dignità umana è inviolabile”. I principi fondativi, che danno il titolo ai suoi capitoli, sono quelli di dignità, libertà, eguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia, considerati come “valori indivisibili”. Lo sviluppo, al quale la Carta si riferisce, è solo quello “sostenibile”, sì che da questo principio scaturisce un limite all´esercizio dello stesso diritto di proprietà. In particolare, la Carta, considerando “indivisibili” i diritti, rende illegittima ogni operazione riduttiva dei diritti sociali, che li subordini ad un esclusivo interesse superiore dell´economia. E oggi vale la pena di ricordare le norme dove si afferma che il lavoratore ha il diritto “alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato”, “a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose”, alla protezione “in caso di perdita del posto di lavoro”. Più in generale, e con parole assai significative, si sottolinea la necessità di “garantire un´esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti”. Un riferimento, questo, che apre la via all´istituzione di un reddito di cittadinanza, e ribadisce il legame stretto tra le diverse politiche e il pieno rispetto della dignità delle persone.
Tutte queste indicazioni sono “giuridicamente vincolanti”, ma sembrano scomparse dalla discussione pubblica. Si apre così una questione che non è tanto giuridica, quanto politica al più alto grado. Il riduzionismo economico non sta solo mettendo l´Unione europea contro diritti fondamentali delle persone, ma contro se stessa, contro i principi che dovrebbero fondarla e darle un futuro democratico, legittimato dall´adesione dei cittadini. Da qui dovrebbe muovere un nuovo cammino costituzionale. Se l´Europa deve essere “ridemocratizzata”, come sostiene Jurgen Habermas, non basta un ulteriore trasferimento di sovranità finalizzato alla realizzazione di un governo economico comune, perché un´Unione europea dimezzata, svuotata di diritti, inevitabilmente assumerebbe la forma di una “democrazia senza popolo”. Da qui dovrebbero ripartire la discussione pubblica, e una diversa elaborazione delle politiche europee.
Conosciamo le difficoltà. L´emergenza economica vuole chiudere ogni varco. Dalla Corte di Giustizia non sempre vengono segnali rassicuranti. Lo stesso Parlamento europeo ha mostrato inadeguatezze sul terreno dei diritti, come dimostrano le tardive e modeste reazioni alla deriva autoritaria dell´Ungheria. Ma l´esito delle elezioni francesi, e non solo, ci dice che un´altra stagione politica può aprirsi, nella quale proprio la lotta per i diritti torna ad essere fondamentale. Di essa oggi abbiamo massimamente bisogno, perché da qui passa l´azione dei cittadini, protagonisti indispensabili di un possibile tempo nuovo.
(“La Repubblica”, 12 maggio 2012)
Un esempio di scuola della politica
IUS SOLI
Non stupirsi ma indignarsi dei partiti
Scandalosa spartizione autoreferenziale dei partiti, tutti!, per AGCOM e PRIVACY, alla faccia della competenza e della terzietà che dovrebbero caratterizzare le candidature e le nomine. Non c'è da stupirsi ma da scandalizzarsi sì. Sono questi partiti, queste cordate che occupano e usano la Cosa Pubblica la forma virale dell'antipolitica, capaci solo di suscitare distacco e rivolta. Occorre che l'indignazione che ogni persona libera e assennata prova si trasformi in una reazione costruttiva, ne va della democrazia e delle istituzioni libere.
Parco Sud, non molliamo!